Lavoce.info

Ipocrisie bianche

In occasione della festa dei lavoratori si è tornato a parlarne. Ma sulle morti bianche si dicono e scrivono una marea di ipocrisie. E’ un problema di lunga data del nostro paese, non un’emergenza degli ultimi giorni. Affrontarlo con nuove leggi non serve, perché nasce dalla disapplicazione delle leggi già in vigore, peraltro allineate a quelle di paesi con il numero più basso di incidenti mortali sul lavoro. Se il sindacato non si fosse opposto a suo tempo alla riconversione del personale del collocamento, avremmo ora un corpo di ispettori del lavoro in grado di effettuare molti più controlli. Si è ancora in tempo di farlo, basta che il sindacato lo consenta.

Sulle morti bianche si dicono e scrivono una marea di ipocrisie. E’ un problema di lunga data del nostro paese, non un’emergenza degli ultimi giorni. Affrontarlo con nuove leggi non serve, perché nasce dalla disapplicazione delle leggi già in vigore, peraltro allineate a quelle di paesi con il numero più basso di incidenti mortali sul lavoro. Se il sindacato non si fosse opposto a suo tempo alla riconversione del personale del collocamento, avremmo ora un corpo di ispettori del lavoro in grado di effettuare molti più controlli. Si è ancora in tempo di farlo, basta che il sindacato lo consenta.

Un’emergenza da anni, non da venerdì scorso

Molti politici sembrano essersene accorti solo sabato scorso quando i giornali hanno dato ampio risalto alle quattro morti bianche avvenute il giorno prima. Ma è da anni che in Italia c’è un più alto numero di incidenti mortali sul lavoro che negli altri paesi europei con un livello di reddito pro capite comparabile al nostro. Le statistiche non sono strettamente comparabili perché in paesi con un forte settore informale, molte morti bianche vengono fatte passare come incidenti automobilistici. Ad esempio, è noto che in molti cantieri irregolari, le vittime di incidenti mortali vengono portate ai bordi di una strada, fingendo che siano state investite da una macchina.
In ogni caso, le statistiche disponibili (fonte Bls, Eurostat e Ilo) dicono che in Italia ci sono ogni anno sei incidenti mortali ogni 100mila lavoratori, sei volte l’incidenza i questi incidenti nel Regno Unito, quattro volte la Svezia, due volte la Germania. Il divario negativo esiste da decenni, non è certo un fatto recente. Semmai, l’incidenza degli infortuni mortali, soprattutto se escludiamo quelli avvenuti a bordo di un mezzo di trasporto nel corso del lavoro, è fortemente diminuita negli ultimi dieci anni. Non tanto perché si sia trovato un modo più efficace per affrontare il problema quanto, perché è diminuita in Italia la quota di lavoratori in agricoltura, edilizia e trasporti: i tre settori in cui si concentra il più alto numero di infortuni. E l’automatizzazione ha progressivamente assorbito molte operazioni manuali.

Non è un problema di leggi, ma di controlli

Da più parti è stata invocata negli ultimi giorni la rapida approvazione di una nuova legge contro gli infortuni sul lavoro. Ma la legislazione italiana attuale è stata allineata nel corso degli anni ’90 agli standard comunitari, considerati i migliori su scala mondiale. Nessuna legge, comunque, potrà mai affrontare in modo efficace il problema delle morti bianche finchè le normative di sicurezza continueranno a essere largamente disapplicate, come lo sono oggi in Italia. Il problema vero è quello dei controlli sull’applicazione delle norme di sicurezza nella vasta area dell’economia sommersa e anche in molte imprese cha agiscono alla luce del sole, ma in cui c’è un insufficiente radicamento della cultura della sicurezza. I controlli richiedono una presenza più capillare degli ispettori su tutto il territorio. Per quel che riguarda gli ispettori del lavoro, il loro organico ammonta a circa duemila ispettori, che sono stati negli ultimi anni quasi tutti promossi (quasi il 50 per cento ha oggi l’inquadramento più alto contro il 10 per cento che lo aveva nel 2000). Il che riduce il numero di quelli che operano quotidianamente nel vivo del tessuto produttivo. E sono sotto organico anche i servizi di ispezione anti-infortunistica delle ASL.

Leggi anche:  Quali sono i lavori minacciati dalle tecnologie digitali?

Le responsabilità del sindacato

È difficile dare torto al segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani quando dice che ogni morte bianca è una sconfitta del sindacato, ma al tempo stesso denuncia che “resta irrisolto il problema degli ispettori del lavoro” e in particolare della grave insufficienza dei loro organici. (1) Va, però, anche detto che all’insufficienza degli organici degli ispettorati del lavoro e delle ASL hanno contribuito e contribuiscono in modo determinante le rigidità caratteristiche dell’impiego statale. Quando, dieci anni or sono, in ossequio a una sentenza della Corte di giustizia europea, la legge Treu ha abolito il monopolio statale dei servizi di collocamento, è stata subito rilevata la sovrabbondanza degli organici addetti ai vecchi uffici di collocamento – circa ottomila impiegati – e l’opportunità di un trasferimento di gran parte di essi agli ispettorati del lavoro, i cui organici erano già gravemente insufficienti (allora circa 1500 ispettori sull’intero territorio nazionale). Logica avrebbe voluto che almeno due terzi, se non tre quarti, dei “collocatori” – di fatto inutili per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro – venissero prontamente trasferiti agli ispettorati delle rispettive città. Se questo non è avvenuto, lo si deve alla paralisi di quel potere di trasferimento, che la legge attribuisce al management pubblico con una norma identica a quella vigente nel settore privato, ma che nel settore pubblico i sindacati di fatto consentono di esercitare soltanto mediante accordo con i rappresentanti locali dei lavoratori, cioè soltanto quando i singoli lavoratori accettano di trasferirsi.

L’inamovibilità dei “collocatori”

L’operazione di trasferimento dei collocatori agli ispettorati avrebbe potuto essere compiuta senza alcun grave sacrificio per loro, salvo quello di dover frequentare un corso di riqualificazione e incominciare a svolgere una funzione veramente utile e impegnativa. Il sovradimensionamento degli uffici del lavoro meridionali avrebbe consentito un corrispondente maggiore rafforzamento degli ispettorati proprio nelle regioni dove il lavoro nero è più diffuso e dove il tasso di disapplicazione della legge è più alto. Senonché questa operazione è stata impedita dall’inamovibilità di fatto degli impiegati pubblici, efficacemente presidiata, come sempre, dai sindacati del settore. Settemila statali addetti agli uffici di collocamento sono stati, sì, trasferiti con il decreto legislativo n. 469/1997: ma solo nominalmente, nel senso che quel decreto ha imposto la sostituzione sulla porta dei loro uffici della denominazione di “ufficio statale del lavoro” con quella di “ufficio regionale”, poiché la funzione del collocamento veniva, appunto, decentrata alle Regioni. E, a scanso di equivoci, su pressante richiesta dei sindacati del settore, quello stesso decreto si premurava di precisare che struttura e funzione degli uffici avrebbero dovuto rimanere inalterate.

Leggi anche:  Occupazione senza crescita, il puzzle del 2023

Quali sono le vere priorità del sindacato?

Ora Epifani e gli altri dirigenti sindacali confederali giustamente chiedono un rafforzamento degli organici degli ispettorati. Operazione sacrosanta; e attuabile con costi davvero ridottissimi per l’erario. A condizione che le confederazioni stesse consentano di fare oggi ciò che i loro sindacati di settore non consentirono di fare dieci anni fa. Per quel che riguarda gli ispettorati del lavoro, si tratta di trasferirvi d’ufficio, nell’ambito di ciascuna provincia, dunque senza alcun mutamento di residenza, un congruo numero di impiegati pubblici dagli uffici in cui oggi sono male o per nulla utilizzati, affidando agli ispettori più esperti e qualificati il compito di introdurre questo nuovo personale alle funzioni che esso potrà svolgere in affiancamento a loro e, dopo qualche mese di addestramento, anche in loro sostituzione. In modo analogo, anche se qui formazione e addestramento richiederanno qualche risorsa in più, si può operare per rafforzare i servizi di ispezione anti-infortunistica delle ASL.
Per favorire l’operazione, può essere utile istituire un premio una tantum riservato ai trasferiti, attingendo agli oltre tre miliardi stanziati per il rinnovo dei contratti collettivi degli statali (purché questo non significhi reintrodurre il principio della “volontarietà” del trasferimento, che significherebbe ancora una volta l’insabbiamento sine die dell’operazione). Sarebbe un primo modo concreto di attuare quel nesso tra recupero di efficienza e premio retributivo, che il memorandum governo-sindacati del 18 gennaio scorso prevede, ma che corre un elevatissimo rischio di rimanere sulla carta, dato che l’accordo raggiunto prima di Pasqua concede subito gli aumenti e rimanda nel tempo le riforme.
Con o senza premio una tantum, dalla rapidità con cui questa operazione verrà concordata e attuata da sindacati e governo – assai più che dalla rapidità con cui verrà emanata l’ennesima legge sulla materia – si vedrà se e quanto la lotta contro gli infortuni sul lavoro costituisca davvero, per i primi e per il secondo, una priorità assoluta.

(1) Su Repubblica del 15 aprile 2007.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Nascite: è il lavoro delle donne a fare la differenza

Precedente

Ma a Telecom serve una strategia industriale

Successivo

Fino all’ultimo miglio

44 commenti

  1. mario giaccone

    premetto che non ho seguito la riorganizzazione delle strutture preposte al mercato del lavoro post pacchetto Treu, a differenza dell’oggi che ho una qualche cognizione di causa.
    Innanzi tutto, i collocatori servono se si attribuisce al pubblico una funzione di collocamento, che mi pare che nessuno abbia negato il linea di principio, ma solo aperto un mercato: a condizione che siano in numero congruo e ben addestrati. Se viene meno una delle due condizioni, allora la scelta è privilegiare il collocamento privato, lasciandolo libero di fare creaming scaricando sul pubblico le persone con un qualche stigma psicofisico (disabili ma non solo) e sociale (donne in primo luogo): un concorrente che mi propone solo questo profilo di prodotto deve pagare per farselo “comprare” (e questo avviene con le varie “doti”). Tutto questo con tanti saluti per le auspicate “politiche attive per il lavoro”, che possono funzionare solo con un forte ruolo pubblico o nell’erogazione del servizio o con un monitoraggio molto stringente dei quasi mercati che si vengono a creare (e i casi australiani e olandesi testimoniano dei problemi e dei costi di monitoraggio per minimizzare il problema di agenzia).
    Da quanto affermano Boeri e Ichino, delle due l’una: o mancavano le risorse per la loro formazione in partenza (cosa che non mi sembra, data l’abbondanza di risorse FSE dedicate) o c’era una volontà chiara ma taciuta pubblicamente (se non da alcune persone, che esprimevano il loro pensiero personale, anche se influente, non quello “ufficiale”). Mi chiedo allora se l’ipocrisia stava tutta da una parte: e dalla mia argomentazione, credo che sia una domanda retorica.

    • La redazione

      Richiamiamo la risposta data sopra al commento di Noviello. Certo,l’attivazione di un trasferimento presuppone sempre una valutazione di minor produttività dell’impiegato nell’ufficio di origine rispetto alla valorizzazione possibile del suo lavoro nell’ufficio di destinazione; ma nel settore pubblico proprio questa sequenza valutazione-trasferimento è oggi totalmente atrofizzata, anche per l’opposizione sindacale all’esercizio di questa funzione da parte del management. E c’è ragione di ritenere che nel settore dei servizi pubblici per l’impiego ci siano ancora vaste aree di improduttività.

  2. Teresa Marras

    Sono un medico del lavoro, dirigente di un servizio preposto alla vigilanza e prevenzione degli infortuni e malattie professionali; condivido le premesse dell’articolo, bisogna far applicare le leggi esistenti e rafforzare i controlli. Faccio osservare che preposti a tali controlli non sono gli ispettorati del lavoro, ma le ASL, che hanno organici assolutamente inadeguati. Cordiali saluti

    • La redazione

      Gli ispettori del lavoro hanno per legge competenza sull’applicazione di tutte le leggi protettive. Certo, c’è la competenza spèecialistica delle ASL, ma nell’area dell’economia sommersa l’ispettore della ASL non interviene mai se non c’è la segnalazione dell’ispettore del lavoro. Comunque il nostro ragionamento si applica anche per le carenze di organico delle ASL. Grazie comunque per l’opportuna precisazione.

  3. Corrado Fontaneto

    Sono d’accordo con i due autori : da che parte sta il sindacato ?

  4. Luro62

    Concordo perfettamente con quanto detto nell’articolo. Aggiungo che i controlli devono essere almeno quindicinali per ogni cantiere superiore a 1.000.000 di Euro. (con meno non si risolve- deve essere percepito che il controllo è costante) Il costo di tale impegno di lavoro si ripaga imponendo di destinare all’Ispettorato lo 0,5% del valore dell’appalto (5.000 euro ogni miglione) togliendolo all’ammontare degli oneri sulla sicurezza che oggi si si danno alle imprese (non soggettia al ribasso) e che di fatto in molti casi sono solo un regalo – visti i risultati- . Non c’è un maggiore aggravio. Considerando che una visita puù avere un costo di 200 euro su un cantiere di 1.000.000 di euro che dura 225 giorni si possono programmare 15 visite che costerebbero solo 3000 euro – quindi anche con un margine di riserva- ma farebbero molto bene.

  5. Emanuele Noviello

    Il commento alla situazione degli infortuni sul lavoro appare francamente semplicistico e orientato a colpevolizzare i lavoratori pubblici ed il presunto sistema iperprotezionistico che, a parere degli autori, caratterizza il settore pubblico. Tesi che ormai rappresenta l’unica lente di lettura anche a fronte di argomenti assai diversi fra loro.
    Non è stato evidenziato che la accentuata liberalizzazione del mercato del lavoro ha prodotto effetti non solo sul piano della certezza – per le aziende e per i lavoratori – riferita ai contratti utilizzabili ma ha soprattutto lanciato un messaggio secondo cui ognuno dovesse agire sulla base delle proprie convenienze, liberandosi di illegittimi lacci e lacciuli delle regole. Ciò all’interno di un approccio culturale che ha pervicacemente attaccato il ruolo regolatorio, di controllo e di repressione del pubblico.Non è stato evidenziato come il precedente governo abbia delegittimato nei fatti la funzione ispettiva facendogi mancare uomini e mezzi.
    Non è stato evidenziato come il decentramento dei centri per l’impiego abbia comportato la più grande operazione di riorganizzazione di una funzione pubblica sinora realizzata in Italia. Questa ha coinvolto circa 5000 addetti che, su 8000, sono stati allocati presso i centri per l’impiego.
    Sulla base di quali considerazioni gli autori affermano che gli addetti ai centri per l’impiego sono troppi?
    Sono certamente molti meno di quanti operano presso i job center inglesi (dove sono 15 mila) e certamente l’attività dei centri per l’impiego è ben più articolata rispetto al favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.
    Come in tutti i paesi del mondo, la domanda e l’offerta di lavoro ha bisogno di intervento pubblico nei segmenti problematici e l’intervento dei Centri per l’impiego deve essere improntato ad azioni di consulenza, orientamento, formazione.
    Una lettura meno “talebana” e più articolata sarebbe utile e più rispettosa delle ragioni di queste morti.

    • La redazione

      La rinviamo al commento di Bianca Rosa, qui sopra: “sarebbe veramente opportuno che si facessero adeguate riflessioni sui Servizi per l’Impiego…, chi di dovere leggesse l’articolo del “Sole 24 Ore” di alcune settimane fa che riportava informazioni sul grande” FALLIMENTO DEI CENTRI PER L’IMPIEGO”. In ogni caso è un problema di priorità. Proviamo a chiederci: quanti cantieri dove si lavora in nero potrebbero essere scoperti se gli ispettorati del lavoro disponessero di 2000 persone in più? e, se queste persone venissero sottratte dai 5000 addetti ai Centri per l’impiego, quanti lavoratori italiani ne avrebbero un danno nella ricerca di una nuova
      occupazione?

  6. Lorenzo Marzano

    In merito al vs interessante articolo ho scritto da pochi giorni a Repubblica (sintesi )”Dall’inizio dell’ anno grandissima attenzione viene dedicata dai politici e dai media agli infortuni sul lavoro e alle morti che essi causano . Si spera che questo contribuisca i)alla creazione di una “cultura della sicurezza” (da mia esperienza poco presente nella classe imprenditoriale ) ii ) a migliorare la legislazione in materia di sicurezza sul lavoro (anche se quella esistente fatta rispettare a mio avviso basterebbe ) iii) dotare le strutture preposte ai controlli di maggiori risorse qualificate per far rispettare la legge .
    Peraltro ho consultato il sito dell’INAIL alla voce statistiche europee sugli infortuni –purtroppo aggiornate solo al 2004 . Ho rilevato che il trend degli infortuni in Italia è in diminuzione . Circa tasso di mortalità “normalizzato ” (morti ogni 100 mila lavoratori ) esistono numeroso paesi della UE che superano l’Italia quali la Spagna ,il Portogallo , la Francia, il Belgio, l’Austria ,il Lussemburgo . Rritengo sia importante porre il problema nella sua giusta prospettiva anche in rapporto ad altre cause di morte e invalidità permanente che non ricevono altrettanta continua attenzione (es. incidenti stradali , mala sanità, alcolismo ) .”
    Resto sorpreso delle difformità tra i dati INAIL e quelli da voi forniti circa il tasso di mortalità normalizzato (salvo variazioni peggiorative negli ultimi due anni . Possibile che uno degli enti preposto fornisca dati sottostimati o comunque errati ? Saluti Lorenzo Marzano

    • La redazione

      Come spieghiamo nel nostro intervento, le statistiche differiscono a seconda che si includano o meno gli incidenti che avvengono nel recarsi sul posto di lavoro. Cordialmente

  7. Bianca Rosa

    Sono una ex dipendente del Ministero del Lavoro, transitata alla Provincia, lavoro presso il Centro Impiego di Faenza, sono una categoria D4, condivido in pieno quanto detto dai Proff. Boeri e Ichino.
    aggiungo che in Provincia di Ravenna le disposizioni sono che nessuna segnalazione debba essere inoltrata all’ispettorato del Lavoro, tranne pochissimi casi, che sono quelli che non si verificheranno quasi mai.
    Devo dire che sarebbe veramente opportuno che si facessero adeguate riflessioni sui Servizi per l’Impiego e una volta tanto che i monitoraggi parlano chiaro, chi di dovere leggesse l’articolo del Sole 24 Ore di alcune settimane fa che riportava informazioni sul grande” FALLIMENTO DEI CENTRI PER L’iMPIEGO”.
    Personalmente nelle sedi e nelle situazioni opportune esprimo il mio punto di vista, nonostante questo abbia contribuito molto a valorizzare molto di più colleghi ( senz’altro in gamba ) assunti come co.co. ( sono tanti in Provincia di Ravenna e quasi tutti in possesso della laurea in psicologia ).
    Nonostante questo, la mia esperienza, insieme ancora ad entusiasmo riconosciuti ed apprezzati dagli utenti, fanno sì che io non molli, fiduciosa che qualcosa possa cammbiare.

    Saluti.

    Bianca Rosa

  8. Roberto

    Non si può che sottoscrivere in toto quanto “gridato” da Ichino e Boeri. Solo un dubbio anzi una fantasia (chè tanto quanto auspicato non si realizzerà mai …) :
    Ma chi vi garantisce che l’esercito di fannulloni riciclati in ispettori del lavoro non si faccia allegramente comprare dai controllati ? Io credo che la bassa “soglia etica” della maggioranza di questi, mista al controllo mafioso/omertoso del mercato del lavoro illegale/non in regola nelle regioni del sud ( e non solo) costituisca una miscela esplosiva per dare luogo all’ennesimo fiasco e scandalo.
    E’ FONDAMENTALE (!!!) invece che si istauri una vera cultura degli interessi contrapposti. Quale che sia il numero degli ispettori (problema invero non secondario !) si stabilisca un principio di responsabilità in solido del controllore sulla evenienza di incidenti nell’azienda controllata. Multa al controllore in caso di incidente, fino al licenziamento in caso di estrema fatalità.
    Un esempio banale ? Quando comprate un capo di abbigliamento, spesso trovate nelle tasche il numero dell’addetto che ha effettuato il controllo di qualità.
    Una (forse) leggenda dice che il medico cinese era pagato quando la famiglia era in salute ed il suo compenso si sospendeva quando qualcuno si ammalava …
    Basta nascondersi dietro un dito ! Gli strumenti di legge ci sono, 1500 ispettori anche: si istituisca il principio della responsabilità oggettiva e se ne misuri l’efficacia !!!

    R.C.

  9. Luca Guerra

    E’, purtroppo, sin troppo facile dirlo, ma ancora una volta il sindacato del pubblico impiego rappresenta un macigno inamobivile sulla strada del miglioramento della pubblica amministrazione! certo che la sua forza è tanto maggiore quanto è minore quella della politica che dovrebbe governare i processi di trasformazione.
    A quando una Thatcher italiana?

  10. Carmelo Marazia

    Ancora una volta si conferma, drammaticamente, il problema: affermare un potere (effettivo), una capacità di gestire e una volontà di gestire da parte dei manager pubblici. Tutti e tre i termini non stanno l’uno senza l’altro. Il problema riguarda le relazioni sindacali, e purtroppo il testo dell’intesa sul pubblico impiego è ancora disperante da questo punto di vista: invece di sanare preesistenti commistioni di ruoli, queste si aggravano. Ma riguarda innanzitutto la politica. Se non sarà essa a tutelare questi veri e propri valori civili, sarà essa a pagarne le conseguenze (insieme, purtroppo, ai lavoratori e ai cittadini).

  11. angela padrone

    Credo che tutti i commenti qui raccolti aggiungano elementi di conoscenza a un tema sottovalutato e che, come spesso succede, diventa improvvisamente una “parola d’ordine”. Vi trascrivo un commento arrivato sul mio blog, che sostanzialmente conferma la trascuratezza in cui sono tenuti gli ispettori del lavoro:

    Egregia Signora Padrone,
    sono un ispettore del lavoro da ormai un po’ di tempo, vorrei far osservare che quanto da Lei osservato nell’articolo in commento non corrisponde esattamente alla realtà per almeno tre ragioni:
    a)Formare dignitosamente un ispettore del lavoro non è affatto facile come sembra all’emerito Prof. Ichino, occorrendo anni di esperienza pratica di un certo spessore. Riciclare” gli impiegati amministrativi degli ex collocamenti avrebbe probabilmente gravato ulteriormente i Servizi Ispezione del Lavoro di nuovi compiti (nella fattispecie, sarebbe stato necessario addestrare gli ex collocatori), senza l’ottenimento di risultati apprezzabili;
    b)che gli impiegati pubblici, più di ogni altro lavoratore, sono assai poco “duttili”, e mal si adattano allo svolgimento di nuove competenze (che, oltretutto comportano considerevoli responsabilità);
    c) che una delle cause maggiori dei morti sul lavoro è costituita dallo “spezzettamento” delle competenze, essendo la sicurezza sui luoghi di lavoro riservato alle ASL, e, in materia edilizia, anche ai Servizi Ispezione del Lavoro, senza però coinvolgere seriamente, ad esempio, la polizia locale (che, Le assicuro, sa tutto…).
    Vorrei in ultimo farLe notare che i passati governi hanno fatto di tutto per “trattenere” gli ispettori in ufficio, attraverso normative cervellotiche (vedi, il d.lgs. n 124/2004), e che i nuovi ispettori non hanno i dispositivi di protezione individuale per accedere nei cantieri edili
    Fabrizio del Roscio

    • La redazione

      Rispondiamo all’ispettore del lavoro. Il trasferimento non deve necessariamente essere fatto a livello dirigenziale. Occorrono anche assistenti degli ispettori che possano gradualmente e sul campo affinare le proprie conoscenze in materia, posto che come collocatori, devono già conoscere la normativa.

  12. Giuseppe Bolognini

    Non mi sembra giusto scaricare la responsabilità di quello che non funziona nella pubblica amministrazione al conservatorismo che è presente neanche nel sindacato. Rispetto a quanto esposto da Boeri e Ichino non si può imputare al mancato trasferimento del personale all’ispettorato del lavoro nel momento della riforma del collocamento quando da anni le funzioni
    importanti sulla sicurezza sul lavoro erano già decentrate alle regioni senza una chiara scelta riorganizzativa dell’intero sistema, creando ulteriori discrasie affidando ad esse in questo ambito sia il compito della prevenzione sia quello della sanzione. Inoltre nelle nuove strutture da esse realizzate sono predominanti le figure sanitarie rispetto a quelle tecniche. Risultato quando si fanno i controlli il personale normalmente non è in grado di valutre il rischio degli impianti. All’ispettorato del lavoro è rimasto sostanzialmente solo il controllo sui cantieri edili per quanto attiene le problematiche della sicurezza e la verifica della regolarità del rapporto di lavoro, e sia il precedente governo che l’attuale tagliano continuamente le risorse per il funzionamento ispettivo alle strutture provinciali.

  13. Claudio Resentini

    Gli ispettori del lavoro sono senza dubbio importanti e necessari per la verifica della legittimità del rapporto di lavoro già in essere, e quindi in funzione repressiva, ma chi si preoccupa più della funzione preventiva che viene svolta prima e durante l’instaurazione del rapporto, cioè in una parola del collocamento.
    Il senso comune accetta ormai che una pletora di soggetti (più o meno qualificati: non è questo il punto) abbiano ampliato a dismisura l’area del “caporalato”, mestiere premoderno antecedente alla creazione del collocamento pubblico, oggi nobilitato in strumento di gestione del mercato del lavoro postmoderno.
    Meno caporali e meno ricatti ai lavoratori, più stabilità e più diritti esigibili costituirebbero una efficace cura preventiva delle situazioni di rischio e pericolo, spesso non denunciate per paura, che sono alla base degli incidenti sul lavoro.
    Finchè si dovrà scegliere tra il “posto” di lavoro e l’incolumità fisica (ma anche psichica), visto che il lavoro rappresente per la maggior parte delle persone l’unica garanzia di vita perlomeno dignitosa, la battaglia contro gli incidenti sul lavoro sarà una battaglia persa in partenza.
    Con il rischio assurdo di trovare i lavoratori dalla stessa parte dei caporali, contro gli ispettori, a difesa del posto di lavoro, per quanto pericoloso.
    Cordiali saluti.

  14. Andrea Trinchera

    Condivido appieno (come sempre) quanto scrivono il prof. Ichino ed il prof. Boeri che paiono essere rimasti, da un lato, tra le poche persone di buon senso in questo Paese e, dall’altro, soggetti cui non mancano idee concrete che, a COSTO ZERO, portebbero migliorare il funzionamento della res publica.

  15. mb

    In controtendenza ritengo necessario un riassetto della disciplina ispettiva in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro. Nella scorsa legislatura il governo ha perso un’occasione importante, non avendo dato seguito a una delega. Le competenze in materia sono frastagliatissime e questa è una fonte di inefficienza del sistema dei controlli.

  16. Alex Zoppi

    Spett. redazione de La Voce, ma di che cosa stiamo parlando? Sul sito dell’Inail trovo i seguenti dati (TAV.23 – Casi mortali – Tassi di incidenza standardizzati per 100.000 occupati nell’Unione Europea per Stati Membri e anno : Anni 1995 – 2004) per l’anno 2004: Italia 2,5 – Germania 2,2 -Francia 2,7 – Spagna 3,7 (2003) – Regno Unito 1,4 (ma con la nota seguente “paese in cui i dati non provengono dal sistema assicurativo e presentano livelli consistenti di sottodenuncia) – Svezia 1,0 (stessa nota del Regno Unito). I dati standardizzati non tengono conto (chissà perché) “… oltre che gli infortuni in itinere, anche quelli dovuti a incidenti stradali e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto nel corso del lavoro.”
    Chi ha ragione? Voi o l’Inail? Se consideriamo buoni i dati Inail mi sembra che l’Italia sia allineata agli altri paesi, o no?
    Ciò significherebbe che il problema NON si riduce SOLO al numero degli ispettori attivi, o mi sbaglio?
    Non esistono anche altre cause, come p.e. sottolineava il sig.Noviello “… la accentuata liberalizzazione del mercato del lavoro ha prodotto effetti non solo sul piano della certezza … ma ha soprattutto lanciato un messaggio secondo cui ognuno dovesse agire sulla base delle proprie convenienze, liberandosi di illegittimi lacci e lacciuoli delle regole”?
    Io spero vivamente che abbiate ragione voi (e lo dico senza la minima ironia): cosa c’è di più semplice che salvare molte vite semplicemente spostando alcune persone?
    Cordialmente, Alex Zoppi

    • La redazione

      Come sottolineiamo nel noostro articolo molte morti bianche sui cantieri vengono fatte passare come incidenti stradali. quindi non è solo un problema di sicurezza stradale.

  17. paolo

    a mio giudizio una soluzione potrebbe essere quella di mettere mano su alcuni capisaldi dello stato sociale, incominciando ad esempio ad usare il termine lavoro illegale anzichè quello di lavoro irregolare (con tutto quello che ne potrebbe conseguire).
    mi spiego meglio:
    non sarebbe il caso di far pagare qualcosa anche al lavoratore colto in fallo e non solo al datore di lavoro?
    non sarebbe il caso di rivedere l’assicurazione che automaticamente inail fa scattare per il lavoratore colto in fallo, ad esempio riducendone del 50% il valore nel caso di lavoro illegale?

  18. franco

    Vorrei far notare, in riferimento a controlli ispettivi, che oltre agli ispettori del Lavoro e delle ASL vi sono anche gli ispettori INPS e INAIL. Questi effettuano quotidianamente visite ispettive anche sui cantieri, anche se i loro compiti sono un pò diversi. Ma il punto che vorrei sottoporre all’attenzione è proprio questo.
    Perchè non si utilizza al meglio questa “forza”? Perchè limitare i compiti degli ispettori INPS e INAIL? Se questi entrano in un cantiere, non sarebbe il caso di dar loro la possibilità (o meglio sarebbe il caso di utilizzare questa visita ispettiva) di verificare tutto, anche il rispetto della normativa sulla sicurezza ecc? Questa divisione di compiti tra INPS, INAIL, Ispettorato del Lavoro,Ispettori ASL ecc non risponde certamente ai principi di efficienza ed efficacia. Basterebbe davvero poco per attrezzare sopratutto dal punto di vista formativo gli ispettori degli enti previdenziali e quindi rendere più capillare i controlli.

  19. Ing. Marzio Marigo

    Credo che la strategia della “nuova” sicurezza di stampo comunitario non può articolarsi solo attraverso maggiori controlli repressivi, ma deve incentrarsi primariamente ad una responsabilizzazione dei datori di lavoro (DDL), snodo centrale della sicurezza sul lavoro aziendale. Non è pensabile che nell’attuale complessità dei cicli produttivi ed organizzativi, una singola ispezione possa evidenziare tutte le criticità in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro. E’ solo il DDL ed il suo staff che può implementare un sistema di gestione della sicurezza ed igiene. Che fare quindi? Reale condivisione di senso ottenibile con: 1) informazione, formazione per il DDL (unita a reali incentivi economici da applicare alle aziende virtuose). A questo proposito l’attuale D.Lgs. 626/94 dispensa da tale formazione i DDL (circa il 95%) nominati responsabili prima del 31/12/1996. 2) Informazione, formazione, addestramento per i lavoratori con verifica della reale ricaduta nei reparti di lavoro, 3) certificazione delle aziende virtuose (in termini di gestione organizzativa, formazione interna, attrezzature di lavoro ed igiene del lavoro) convalidata da organismi notificati privati. Quest’ultima condizione permetterebbe agli UPG di concentrare maggiormente gli sforzi nella verifica delle aziende più critiche. L’ispezione delle aziende è cosa complessa e specialistica (ricordo l’applicazione delle direttive prodotto PED, ATEX, macchine, LVD, EMC e delle direttive sociali la 89/655, per non parlare degli aspetti di igiene legati al rumore, vibrazioni, rischio chimico, ecc. oltre all’applicazione della “gloriosa” ma vetusta legislazione anni ’50). Il servizio di ispezione, per essere realmente efficace, deve quindi essere realizzato da personale tecnico serio, competente e professionale; non credo sia affatto semplice riconvertire personale in esubero in questo delicatissimo settore che richiede competenza, e, perché no, un pizzico di passione. Cordialmente, Marzio Marigo

    • La redazione

      Il potenziamento degli Ispettorati del lavoro non può certo supplire alle carenze dei servizi ispettivi specialistici gestiti dalle Asl. Ma può contribuire a combattere il lavoro nero, che è premessa di gran parte degli infortuni nei cantieri. Gli esperti osservano in proposito che la maggior parte degli infortuni gravi è determinata dalla disapplicazione plateale di misure preventive elementarissime, possibile appunto nelle situazioni di
      totale illegalità dell’azienda. Contro il determinarsi di queste situazioni può essere assai più efficace – almeno sul piano quantitativo – l’attività classica degli Ispettorati del lavoro, volta a far emergere il lavoro sommerso, che l’attività specialistica degli ispettori specificamente preposti alle attività prevenzionistiche.

  20. Gianluca Cocco

    Il fatto che l’Italia abbia questo triste primato da decenni non significa che dobbiamo continuare a convivere con questa piaga. Parliamo di veri e propri omicidi di Stato, per i quali andrebbero incarcerati, non solo i dirigenti e i titolari delle imprese coinvolte, ma anche i responsabili istituzionali orientati a difendere le logiche padronali, che si permettono di usare parole beffarde nei confronti delle vittime, definendole martiri. Le responsabilità dei sindacati appaiono fuori luogo. Il trasferimento degli impiegati delle ex Scica è stato irrisorio perché solo in pochi hanno deciso di optare di rimanere al Ministero del Lavoro, essendo questa opzione giustamente a discrezione del lavoratore. Di questi, solo alcuni sono stati “riconvertiti” in accertatori del lavoro. Quanto al sovradimensionamento dei CPI, si tratta di un luogo comune non suffragato da dati oggettivi. Ad es. in Sardegna, c’è un problema di sottodimensionamento di questi uffici, il cui personale, nonostante l’aiuto dei precari mascherati da autonomi, non riesce ad adempiere alle funzioni che è chiamato ad espletare. Nella mia regione, prevalentemente, l’impiegato del CPI ha il diploma, ha un’anzianità superiore ai 18 anni, svolge da sempre mansioni ripetitive (essendo svolte le nuove funzioni quasi sempre dai neo-assunti) e si è stabilizzato nella città in cui ha sede il proprio lavoro. Come è pensabile che questa persona venga trasferita contro la sua volontà, in un’altra città, a svolgere funzioni che nulla hanno a che vedere col proprio lavoro? Sarebbe, nella maggior parte dei casi, come riconvertire un bidello in insegnante! Voi che invocate i livelli di produttività, pensate che queste persone possano rivelarsi efficienti nel far rispettare le norme sulla sicurezza? E che per riconvertirli sia sufficiente un semplice corso di formazione? E’ sacrosanta l’assunzione di nuovi ispettori del lavoro, dell’Inps e delle Asl, per mezzo di concorsi pubblici. Saluti.

    • La redazione

      Il sovradimensionamento degli organici va sempre determinato in riferimento all’utilità effettiva del servizio, che nel caso dei Centri per l’Impiego è sovente piuttosto bassa. In ogni caso, qui il trasferimento ben potrebbe avvenire entro la stessa città, quindi senza alcun trasferimento del dipendente pubblico.

  21. Bruno

    Ci sono concorsi espletati per ispettori del lavoro, (occorre la laurea e i collocatori non avevano tale requisito) basta assumere gli idonei. Per i costi basta far cessare quelli delle consulenze e incarichi esterni che la Corte dei Conti ha rilevato (altro che Authority) . Gli ispettori non dipendono dalle agenzie del lavoro, ma dal ministero. La mobilità d’ufficio è materia di competenza centrale ma “di solito” essa è preceduta da quella volontaria, a volte ostacolata non dal sindacato, ma dal ministero che è retta dal livello politico (altro che separazione politica e amm.ne). Spostare i dipendenti? Farli diventare ispettori? E il tempo? E le risorse per la formazione? Inoltre se la classe politica non è stata capace di far funzionare mobilità volontaria (più agevole) figuriamoci quella d’ufficio. La causa è la mancata attuazione di un sano federalismo, poiché gli organici sono centralizzati, ma questo è un altro discorso e qui i sindacati non c’entrano proprio. Il fabbisogno di personale è determinato con decreti e in genere il sindacato non è avvezzo ad emanarne. Non è un problema di soldi, ma di funzioni centrali e locali, di centri di costo, di unità previsionali contabilmente separate che impongono livelli decisionali distinti. Si dia attuazione al federalismo fiscale e tutto sarà più visibile e forse anche più comprensibile, non abbiamo bisogno di migrazioni forzate o di ennesime controriforme. Quelle fatte nella pubblica amministrazione bastano e avanzano. Le morti sul lavoro sono una priorità per il sindacato. Se non ci fosse il sindacato ci sarebbe solo “silenzio” e indifferenza. Non confondiamo le responsabilità tra chi rappresenta il lavoro e chi deve mettere mani al “portafoglio”. Nell’ultima legge finanziaria è previsto persino un “allungamento” generoso dei tempi di adeguamento alle leggi sulla sicurezza sul lavoro allorquando il datore di lavoro dichiari una emersione dal lavoro nero…altro che resistenze sindacali!

    • La redazione

      Oggi di fatto la maggior parte degli addetti ai Centri per L’Impiego ha la laurea; gli ispettori avrebbero grande necessità anche di assistenti, che ne potenzierebbero notevolmente l’attività.

  22. brown

    L’articolo è pieno di inesattezze. Si prefigge lo scopo ormai noto di cercare di far ricadere sul sindacato le responsabilità che sono della classe politica e oltretutto sulla vicenda collocatori e mobilità evidenza una lettura molto approssimativa dei contratti e delle norme di contabilità pubblica.
    Come sindacalista ciò non mi spaventa. I professori hanno la stampa e qualche politicante, purtroppo noi abbiamo gli strumenti della democrazia che sono le assemblee e il poter raggiungere sempre come e quando vogliamo i soggetti, le persone in maniera capillare. Non me ne vogliate ma continuare su questo piano ci reca solo vantaggi. Mi auguro e auguro a voi che possiate continuare questa campagna di disinformazione per tanto tempo ancora così le file dei nostri iscritti si incrementeranno sempre di più.

  23. accertatore

    Condivido appieno quanto esposto da Ichino e Boeri in quanto, unitamente a ciò che denunciano da tempo i sindacati di base del ministero del lavoro, hanno sottolineato l’ipocrisia che da tempo regna sovrana intorno alla grave problematica delle morti nei cantieri edili e non solo. Si fa bene a rimarcare il ruolo negativo dei sindacati confederali nella gestione e nella valorizzazione del personale ispettivo in quanto proprio i sindacati confederali sono stati artefici di gran parte delle divisioni in cui è costretto ad operare da tempo il personale ispettivo delle DPL. Una parte di questo personale, da sempre in prima linea nella lotta al lavoro irregolare, è stato sempre penalizzato dall’amministrazione centrale e dai sindacati confederali; considerato una sorta di ispettore di serie “b” da retribuire con uno o due livelli di differenza dal restante personale denominato ispettore. Questo personale, con l’ultimo contratto integrativo, è stato denominato “accertatore del lavoro” che, pur avendo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, non può emanare atti di rilevanza esterna.
    Come può dunque operare al meglio delle sue possibilità un funzionario che viene demansionato, deretribuito dalla sua stessa amministrazione?
    Tutto ciò per sottolineare che le iniziative di potenziamento o di riconversione di personale in esubero saranno solo velleitarie se non si affronterà la situazione anche facendo lavorare al meglio chi è già operativo sul campo da decine di anni e non può fregiarsi ancora della qualifica di ispettore.

  24. renato

    credo che due siano i momenti di ipocrisia, il primo è quello el rolo del “sindacato” il secondo è della stampa. posso capire che un cantiere possa non avere un iscritto ma è possibile che il fatto sia sconosciuto ai lavoratori tutti ? per quello che so, non credo e non lo credo perchè il fenomeno è talmente grande e generalizzato da essere “normale” fino a quando non ci scappa l’incidente. allora il problema è di rinnovare il modo di concepire la denuncia come momento di collaborazione tra sindacato , istituzioni e datori di lavoro, finalizzato si alla difesa della legalità, che sembra essere il vero problema quello che condiziona e condizionerà sempre più il sindacato.

  25. roccor

    Da circa 20 anni faccio l’ Ispettore del lavoro , prima da addetto alla Vigilanza oggi da Accertattore del lavoro. Lo faccio ma non lo sono.
    Il D. Lgs 124/2004, art. 6 parla del personale ispettivo presso le DPL e DRL, tutto con qualifica di UPG, senza più distinzioni tra addetti o Ispettori.
    Qualcuno ha parlato di pietra tombale sulla questione. Ciò non è stato. Poichè oggi si parla di assistenti dell’ Ispettore. Oggi Io ed altri 300 come me, che hanno svolto attività ispettiva da 20 anni, dovrebbero assistere?

    Tutto il danno e il male di questo nostro Paese è consequenziale alla politica sindacale condotta da alcuni personaggi che meriterebbero di essere presi come minimo a calci nel c..o.
    Non appena in vigore il d.Lgs. 124/2004 si sono affrettati a porre quesiti sull’ attribuzione della qualifica di UPG agli Addetti alla Vigilanza, scomodando il MLPS che a sua volta Ha interpellato il Ministero di Grazia e Giustizia.
    Nel momento in cui è stata riconosciuta anche agli AV la qualifica di UPG, poichè personale ispettivo, hanno forzato affichè si espletasse un corso-concorso per accertatori del lavoro che di fatto demansiona gli AV.
    Pertanto negli Ispettorati del lavoro chi professionalmente potrebbe svolgere attivita di prevenzione e di controllo è di fatto tagliato fuori perchè così vogliono i nostri sindacalisti, e quel che è peggio, oggi sono sempre di meno quelli che parlano di personale ispettivo, ovvero di legge dello Stato, mentre si moltiplicano gli azzeccacarbugli. Povera Patria nostra e poveri Lavoratori.

    • La redazione

      Quello che conta non è la greca sul cappello o l’etichetta sulla porta, ma l’efficienza del servizio. Quale che sia la qualifica formale del personale in ipotesi trasferito agli ispettorati, è evidente che questi potrebbero incrementare di molto la propria efficienza se disponessero di organici più
      numerosi.
      p.i.

  26. mario

    Come al solito, i due autori sono scorretti: il sindacato non poteva opporsi a nulla, dato che si trattava di lavoratori pubblici che andavano ricollocati, e lo si è fatto in larga misura facendogli scegliere la destinazione (se passare ad altro incarico nell’ambito del Ministero del lavoro, se andare in mobilità tra i ministeri, oppure se passare al ruolo delle Regioni ed enti locali, restando quindi nei rinnovati centri per l’impiego).
    Trasformare impiegati del collocamento in ispettori è difficile come trasformare impiegati addetti a controllare la correttezza formale delle procedure in impiegati con l’obiettivo di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
    ciao
    Claudio

    • La redazione

      Trasformare direttamente un impiegato addetto al collocamento in un ispettore può essere difficile in tempi brevi (anche se non sempre lo è: molti collocatori sono laureati e hanno una formazione coerente con i requisiti professionali necessari per l’attività ispettiva). Ma nulla vieta di trasformare il collocatore in impiegato dell’Ispettorato del lavoro. E
      Dio sa quanto l’attività degli ispettori potrebbe essere potenziata dalla disponibilità di assistenti che li aiutino nella loro attività, sgravandoli di mansioni esecutive d’ufficio, effettuando sotto la loro direzione rilevazioni nelle documentazioni esibite dalle aziende ispezionate, ecc. E
      dopo qualche anno di attività di questo genere anche l’ex collocatore maturerebbe la capacità di diventare ispettore a pieno titolo.
      (p.i.)

  27. tenzo

    Quando il prof. Ichino parla di politiche attive del lavoro, pensa che la loro attuazione vada affidata agli Ispettorati del Lavoro?
    Se davvero i Centri per l’Impiego fossero un fallimento (e si potrebbe anche concordare visto che ci lavoro) ci si potrebbe ad esempio chiedere da chi e in quale maniera è stata “curata” la riforma del 1999 e quale grado di coordinamento ci sia in Italia tra Ministero del Lavoro, Regioni e Provincie.
    Capisco la superficilità culturale della massa beota che si compiace della generica inefficienza della P.A., ma da docenti universitari mi aspetterei spunti più assennati.

  28. C. G. Catanoso

    Oggi su Repubblica, cronaca di Milano, veniva citato il Vs articolo riguardo gli ennesimi due infortuni mortali sl lavoro.
    Il solo incremento della vigilanza non è sufficiente e non sarà mai sufficiente. Ci vuole anche altro.
    1) Creare dei meccanismi più efficaci per l’“accesso” e la “permanenza” delle imprese nel mercato; 2) Passare da sistemi di aggiudicazione dei lavori pubblici da “massimo ribasso” a “offerta economicamente più vantaggiosa”; 3) Applicare concretamente le norme esistenti in tema di verifica dell’idoneità tecnico professionale e di esclusione dalle gare d’appalto nei LLPP; 4)Rivedere profondamente il D. Lgs. n° 494/1996, modificando, in particolare, gli artt. 3, 4, 5 e 12, in modo da riavvicinarci alla strategia ed agli obiettivi del legislatore europeo, in quanto la direttiva 92/57/CEE è stata emanata per: a) integrare la sicurezza nelle scelte progettuali ed organizzative, b) – migliorare la gestione dei rischi aggiuntivi ed interferenziali derivanti dalla presenza in cantiere di più imprese e più lavoratori autonomi; 5)Potenziare il funzionamento dei Comitati Paritetici Territoriali e delle Scuole Edili, al fine di permettere loro: a) un’efficace e continua attività di ricerca e selezione delle migliori soluzioni tecniche, organizzative e procedurali; b) la successiva diffusione delle stesse mediante un servizio consulenziale specialistico che fornisca alle imprese, soluzioni facilmente adottabili. 6) Predisporre un permanente e selettivo sistema di finanziamento agevolato delle piccole e medie imprese del settore delle Costruzioni abbandonando iniziative lodevoli ma di tipo emergenziale, quali quelle recentemente portate avanti dall’INAIL; 7) predisporre un sistema che permetta alle imprese di portare in detrazione le spese sostenute per il mantenimento del livello di sicurezza; 8) costruire (non è una novità) e far rispettare (questa sì…) dei percorsi formativi obbligatori minimi per tutte le figure del settore delle costruzioni.

  29. beniamino grillo

    Sono un Accertatore del Lavoro dipendente del Ministero del Lavoro e sarà utile informarVi che siamo circa 400 in tutta Italia che da circa otto mesi non possiamo più uscire in autonomia in quanto il Ministero ad un certo punto si è ricordato che noi non possiamo più emettere atti a rilevanza esterna in modo autonomo perchè la nostra declaratoria contrattuale non lo prevede anche se in precedenza lo abbiamo fatto per circa 20 anni. Questo è un altro ringraziamento ai nostri rappresentanti sindacali.

  30. Giuseppe Caffo

    L’articolo è veramente interessante e mi ha colpito profondamente. Quello che per me è assolutamente incomprensibile è il comportamento del sindacato. Vi chiedo, se possibile, di spiegare i meccanismi oscuri che sono alla base di tale comportamento.

  31. Tommaso Salvato

    E’ vero che abbiamo buone leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (626/94).Abbiamo anche contratti nazionali che prevedono l’inserimento del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) nelle RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria). Dove queste figure possono operare si sono raggiuti buoni risultati nel contenimento degli infortuni. Purtroppo in migliaia di aziende, specialmente in quelle piccole, non si riesce per responsabilità datoriale ad essere presenti con le conseguenze che si possono immaginare…. I controlli esterni sono necessari ma non risolvono la situazione, mentre la vigilanza continua in azienda dell’ RLS ed il confronto, unitamente ai corsi sulla sicurezza possono diffondere la cultura della prevenzione necessaria per evitare tragedie come quella di Torino.

  32. chiesi

    http://www.areagiuridica.com reca un caso di illegittimo demansionamento estromissione eliminazione dall’ufficio di un lavoratore, condanna datoriale (inottemperata) al reintegro esclusivamente nelle precedenti mansioni. Conseguenze.

  33. squillaci antonio

    E’ fuori dal mondo la protesta verso il sindacato che si sarebbe opposto alla riconversione degli accertatori in Ispettori del lavoro in quando forse per la prima volta la teoria del Todos Caballeros di Brunettaria memoria non trova asilo nella P.A.. Faccio presente che in giro vi è una quantità enorme di sottoutilizzati nella stessa PA con qualifiche e titoli di studio appropriati, per cui forse sarebbe il caso di attingere prima da questo personale e in seguito dopo acquisizione dei titoli di studio specifici anche dagli accertatori in questione o dai dipendenti amministrattivi del collocamento.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén