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Quel test è uno specchio della scuola italiana

Il test di ingresso alla facoltà di Medicina è una prova nazionale e molto selettiva. Le differenze fra le sedi nei punteggi mediani degli ammessi sono ampie. E potrebbero essere legate al diverso livello di preparazione fornito dalle scuole superiori italiane. Il Nord-Est ottiene i migliori risultati, con tre università fra le prime quattro. All’opposto, delle ultime otto, sette sono meridionali. Con alcune importanti eccezioni, come Bari e Palermo dove il punteggio medio è superiore alla media nazionale. Discutibile la creazione di una graduatoria per ogni sede.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati i tentativi per valutare il sistema scolastico italiano, tuttavia non esiste un procedimento per confrontare aree diverse del paese in modo rapido, semplice e poco costoso. Si può però provare a saggiare la preparazione degli studenti delle diverse regioni italiane al termine delle scuole superiori utilizzando i risultati del test di ingresso al corso di laurea di sei anni della facoltà di Medicina, attraverso una rielaborazione delle graduatorie pubblicate nel sito del ministero dell’Università.
Il test del 2006, come sempre uguale a livello nazionale, è stato somministrato in contemporanea all’inizio di settembre in trentasette università statali, per assegnare 6.875 posti di futuri medici. Il test è molto impegnativo: spazia dalla chimica alla fisica, dalla biologia alla matematica, dalla cultura generale alla logica e alla comprensione di testi. È stato anche assai selettivo, perché l’84 per cento dei concorrenti ha dovuto rinunciare al sogno di diventare medico (tabella 1).

Differenze fra sedi

I criteri di selezione sono stati ovunque rigidi: solo a Parma la proporzione di ammessi ha superato il 25 per cento di chi ha partecipato al test, per giungere fino al caso limite di Catanzaro, dove i concorrenti sono stati undici volte più numerosi dei posti disponibili.
Le differenze fra le sedi nei punteggi mediani degli ammessi sono ampie. Il Nord-Est – con l’esclusione di Trieste – è l’area del paese con i migliori risultati, con tre università fra le prime quattro (Padova, Udine e Verona). All’opposto, i risultati meno brillanti si osservano al Sud, perché fra le ultime otto università, sette sono meridionali. Tuttavia, il gradiente Nord-Sud presenta alcune importanti eccezioni: nei due grandi atenei di Bari e di Palermo il punteggio medio degli ammessi è superiore alla media nazionale e a quello osservato per gli ammessi in molte università del Nord.
Qual è la ragione di queste grandi differenze fra le sedi? Possiamo senz’altro escludere che il voto mediano degli ammessi dipenda dall’intensità della selezione, ossia dal rapporto fra aspiranti e ammessi. A Padova il rapporto era la metà rispetto a Catanzaro, ma il punteggio mediano degli ammessi è stato di quasi sette punti superiore nella città veneta rispetto a quella calabrese. A Varese e a Napoli “Federico II” il punteggio mediano è stato simile, ma nell’università partenopea il rapporto aspiranti/ammessi è stato il doppio rispetto alla città lombarda.
Le differenze, verosimilmente, dipendono da altri due fattori: la capacità delle facoltà di Medicina di attrarre studenti bravi e la diversa preparazione degli studenti medi dopo la maturità.
Per valutare il primo fattore, si potrebbero confrontare i voti alla maturità degli aspiranti medici con quelli medi provinciali o regionali, e osservare, sede per sede, la proporzione di aspiranti che provengono da licei classici o scientifici piuttosto che da istituti tecnici e professionali. Sono studi possibili, con i dati normalmente a disposizione degli atenei. La mia impressione generale, tuttavia, è che ovunque gli studenti che sostengono il test di Medicina (che richiede una notevole preparazione durante i mesi estivi e ottime conoscenze culturali di base) siano fra i più preparati e motivati fra quelli “sfornati” dalle scuole superiori, e che le “migrazioni” per entrare nelle facoltà più prestigiose siano relativamente contenute.
Di conseguenza, gran parte delle differenze osservabili in tabella 1 potrebbero essere effettivamente legate al diverso livello di preparazione fornito dalle scuole superiori italiane.

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Meglio una graduatoria unica

Un’ultima considerazione riguarda la capacità di questo meccanismo di selezionare i migliori candidati a diventare medici. La perplessità maggiore – a mio avviso – non sta tanto nel tipo delle domande poste nel test. Piuttosto, è discutibile la creazione di una graduatoria per ogni sede. Con questo meccanismo, moltissimi candidati delle sedi con punteggi mediani più elevati sarebbero tranquillamente entrati in altre università. Ad esempio, il quattrocentesimo di Padova sarebbe entrato a Ferrara, il settecentesimo di Padova sarebbe entrato a Campobasso. Una procedura alternativa potrebbe essere la costruzione di una graduatoria unica nazionale, con possibilità, per chi ottiene i risultati migliori, di scegliere la sede, un po’ come avveniva nei corsi allievi ufficiali. Certamente, si rischierebbe, per il prossimo futuro, di avere pochissimi medici del Molise. Tuttavia, si aumenterebbe la probabilità di avere i medici migliori, e quindi, in prospettiva, il benessere dei cittadini. Inoltre, le scuole superiori delle aree ora più scadenti sarebbero pungolate, dai risultati del confronto, a migliorare la preparazione dei loro studenti.

Tabella 1. Risultati del test per l’ammissione alle facoltà di Medicina (corso di sei anni) nelle università statali italiane per l’anno 2006-07. Università classificate secondo il punteggio mediano degli ammessi

Gradua-toria

Università

Totale

concorrenti

Posti disponibili

Concorrenti per ogni posto disponibile

Punteggio mediano degli ammessi

Punteggio

ultima matricola ammessa

1

PADOVA

1.307

239

5,5

51,25

46

2

UDINE

361

80

4,5

50,50

46

3

MILANO Bicocca

489

100

4,9

50,00

45

4

VERONA

713

145

4,9

49,00

44

5

MILANO Statale

1.520

300

5,1

48,75

44

6

BOLOGNA

1.402

300

4,7

48,25

43

7

MODENA

607

136

4,5

48,00

44

8

PAVIA

942

200

4,7

47,75

43

9

BARI

1.707

324

5,3

47,50

42

10

PALERMO

1.538

250

6,2

47,50

42

11

ROMA La Sapienza

3.728

482

7,7

47,25

42

12

FIRENZE

1.143

220

5,2

47,00

42

13

BRESCIA

850

180

4,7

46,75

42

14

GENOVA

944

200

4,7

46,75

43

15

PISA

1.234

251

4,9

46,25

41

16

TORINO

1.704

365

4,7

46,00

41

17

FERRARA

620

145

4,3

45,75

40

18

VERCELLI

331

75

4,4

45,75

41

19

VARESE

535

130

4,1

45,50

39

20

NAPOLI Federico II

2.215

263

8,4

45,25

40

21

MESSINA

1.172

200

5,9

45,00

41

22

NAPOLI 2

1.902

280

6,8

45,00

40

23

ROMA Tor Vergata

942

165

5,7

45,00

40

24

SASSARI

583

100

5,8

45,00

41

25

TRIESTE

530

110

4,8

45,00

41

26

PARMA

777

200

3,9

44,75

40

27

CATANZARO

883

80

11,0

44,50

41

28

PERUGIA

1.020

200

5,1

44,50

39

29

MARCHE

606

130

4,7

44,00

39

30

CHIETI

1.090

144

7,6

43,50

39

31

CATANIA

1.791

270

6,6

43,00

39

32

L’AQUILA

741

111

6,7

43,00

38

33

SIENA

625

144

4,3

42,50

38

34

CAGLIARI

1.101

170

6,5

42,00

37

35

FOGGIA

461

71

6,5

42,00

37

36

SALERNO

573

65

8,8

41,00

37

37

MOLISE

345

50

6,9

40,75

34

Totale

39.032

6.875

5,7

45,50

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  1. Ludovico Fontana

    Sono d’accordo sulla creazione di una graduatoria unica nazionale, ma ho due perplessita’. la prima e’ che in questa maniera verrebbero favorite le universita’ meno serie, ossia quelle in cui durante i test si copia oppure alcuni ragazzi sono aiutati dai professori-controllori. si tratta di un problema difficile da risolvere, perche’ i controlli sono sempre effettuati da persone del luogo.
    La seconda perplessità è una conseguenza della prima: le altre universita’, per evitare di fare brutta figura e presentare pessimi risultati, potrebbero addirittura incentivare i copioni e i professori-assistenti-bidelli corrotti. e’ una conseguenza estrema, ma possibile.
    Pensate a un test nazionale dove i primi duecento posti sono occupati dai duecento candidati di una sola citta’.

  2. Aureo Muzzi

    Una graduatoria unica nazionale consentirebbe di recuperare qualche buon studente di medicina, non ncessariamente un buon medico, che si forma attraverso la passione per il lavoro e non proprio sui banchi di questa università. Obbligherebbe poi a costose trasferte chi dopo troverà un lavoro mal (più che poco) pagato, pieno di inutile burocrazia, che difficilmente nobiliterà i migliori studenti.

  3. Marco La Marca

    Buongiorno.
    Ho trovato senza dubbio interessante l’analisi, anche perché contribuisce a diffondere dati di cui non ero a conoscenza.
    Mi chiedevo, tuttavia, se è possibile disaggregare i dati per provenienza degli studenti (si sa che gli studenti meridionali sono molto più “mobili” degli studenti settentrionali, nel senso che il siciliano a Milano è sicuramente più facile da trovare rispetto al milanese in Sicilia).
    Inoltre, rispetto all’ultima affermazione dell’articolo, mi chiedo quali incentivi dovrebbero avere i docenti dei licei “peggiori” a migliorare la preparazione che danno ai propri studenti: basterebbe la soddisfazione che entrino a medicina?
    Resto a disposizione per discutere ulteriormente quanto segnalato.
    Saluti

  4. De Stefano

    Ma siete sicuri che le condizioni di effettuazione del test siano analoghe in tutte le sedi universitarie? Vivo a Roma, e ho ascoltato vari commenti da parte di studenti che, negli ultimi anni, hanno sostenuto queste prove. Sono disgustati da:
    1) mancanza di una seria vigilanza durante lo svolgimento delle prove;
    2) presenza di esperti (a volte genitori-medici di candidati), iscritti regolarmente alla prova e pronti a passare il compito giusto.

  5. Alberto Mura

    L’articolo parla di “grandi differenze tra le sedi”. Non metto in dubbio che le differenze siano statisticamente significative, i campioni essendo piuttosto ampi. Tuttavia ho qualche dubbio sul fatto che le differenze tra le sedi siano da giudicarsi “grandi” nel merito, che cioè esse siano indicative di una grande differenza di preparazione tra gli studenti delle prime università nella graduatoria e le ultime. Anche una piccola differenza può essere statisticamente significativa. Se le differenze siano da giudicarsi “grandi” o no dipende anche dall’attendibilità del test, che non è stata pubblicata. Bisognerebbe somministrare due test simili a ciascun candidato (o confrontare le domande pari con quelle dispari). Se il punteggio ottenuto nel primo test distasse in media dal secondo per un punto o due al massimo, allora le argomentazioni svolte sarebbero plausibili. Ma se invece la distanza media tra le due prove fosse di 6 o 7 punti, allora — considerato che l’80% delle università si trova in un intervallo di tale ampiezza intorno alla mediana — la pretesa di trarne conclusioni applicabili ai casi singoli (sino al punto di proporre una graduatoria nazionale) sarebbe del tutto ingiustificata.

  6. Giorgio Corani

    Trovo l’oggetto dell’articolo senz’altro interessante.
    Tuttavia, avendo insegnato per qualche anno in università, le posso dire che grosse variazioni nella qualità degli studenti si osservano, all’interno della stessa sede, anche semplicemente tra un anno ed il successivo.
    Sarebbe interessante sapere se la classifica in termini di mediane tra gli studenti dei vari atenei viene sostanzialmente confermata anche in anni diversi da quello considerato nell’articolo.
    Cordiali saluti

    Giorgio Corani

  7. Alessandro Figà-Talamanca

    E’ stato già segnalato il fenomeno di studenti meridionali (in genere appartenenti alla borghesia medio-alto e quindi presumibilmente più preparati) che si spostano per studiare nelle università del nord. Ma i dati presentati mettono in evidenza un altro fenomeno: quello degli studenti che si spostano nelle sedi dove si ritiene che la soglia per l’ammissione sia più bassa. Solo così si può spiegare la presenza di 25 candidati per ogni posto in sedi che non presentano particolari attrattive. Prima di dedurre informazioni sulla preparazione offerta dalle scuole secondarie delle varie regioni bisognerebbe analizzare più accuratamente la provenienza degli studenti.

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