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CONTAGIOSO COME IL FUMO *

Il divieto di fumare nei locali pubblici è sempre più diffuso in tutta Europa. Tuttavia, fumare è un’attività sociale. Cosicché proprio l’interazione può indurre il gruppo dei pari a emulare chi ha questa abitudine. Ma anche a imitare chi smette. Per esempio, negli Stati Uniti il bando della sigaretta dai luoghi di lavoro influenza anche i comportamenti dei coniugi dei lavoratori. Il che agisce da moltiplicatore sociale e rende ancora maggiori i benefici sulla salute pubblica. Se i divieti fossero estesi a tutto il territorio, i risultati sarebbero ancora migliori.

I fumatori europei, di questi tempi, vengono "guardati male" e "lasciati fuori al freddo". L’Irlanda è stata la prima a bandire il fumo dai locali pubblici, nel 2004. Francia, Italia, Norvegia, Scozia, Svezia e molti altri paesi ne hanno seguito l’esempio. (1)
Per giustificare il divieto di fumare, si argomenta che il fumo passivo è pericoloso per i non-fumatori. Ma studi recenti sottolineano l’importanza di un altro fattore a sostegno dei divieti: il fumo è contagioso.

IL GRUPPO DEI PARI

Il fatto che i comportamenti delle persone dipendano dalla loro posizione sociale non è certo una novità. I possibili effetti di tali comportamenti non sono stati sinora presi in considerazione dai responsabili delle scelte politiche, a meno che non fossero disponibili dati ben precisi. Ma d’ora in poi non sarà più così. Un numero sempre crescente di ricerche dimostra che le scelte degli individui vengono influenzate dagli amici e dal gruppo dei pari. Persino l’"epidemia" di obesità, che si registra negli Stati Uniti, si diffonde da persona a persona, come un virus, secondo uno studio recente. (2)
Anche il fumo è soggetto allo stesso meccanismo? David Cutler e Ed Glaeser, in una loro recente ricerca, esaminano il ruolo svolto dall’interazione sociale nella decisione di fumare, sottolineando l’enorme importanza delle complementarietà interpersonali. (3)
Per non limitarci a considerazioni generiche, bisogna riflettere sul meccanismo che sta alla base del desiderio di fumare.
Fumare è, allo stesso tempo, attività individuale e sociale. Se un amico va fuori a fumarsi una sigaretta, ti vien voglia di farlo. Se invece l’amico non fuma, c’è un costo sociale nel fumare da solo o nel chiedere a qualcuno di uscir fuori con te. Il comportamento dei pari influenza profondamente le opinioni di un individuo. Gli amici che si accendono una sigaretta comunicano implicitamente che fumare è cosa buona. Addirittura, possono far credere che non solo è un’attività piacevole, ma che non è dannosa. L’influenza dei pari ha quindi la stessa importanza delle altre fonti di informazione, come fotografie scioccanti, campagne contro il fumo, eccetera.
Può crearsi, tuttavia, anche un diverso rapporto di causa-effetto quando, ad esempio, si diventa amici di qualcuno solo nel momento in cui costui comincia a fumare. È una possibilità che impedisce di quantificare con esattezza la reale influenza dei pari.

FUMO DI COPPIA

Cutler e Glaeser, nella loro ricerca, usano una tattica astuta, chiamata dagli economisti strategia di identificazione, per riuscire a comprendere l’influenza esercitata dai pari, in particolar modo per individuare quale ascendente marito e moglie abbiano uno sull’altro in fatto di fumo. Usando i dati dell’ultimo Rapporto Usa sulla popolazione, giungono a stabilire che un individuo con coniuge fumatore ha il 21 per cento di probabilità in più di diventare egli stesso un fumatore. Ma fumare, quando si è in coppia, dipende ovviamente sia da chi si è scelto come partner (è probabile che i fumatori si sposino tra loro), sia dall’ascendente che un partner esercita sull’altro (se uno dei due smette è probabile che anche l’altro smetta). Per classificare questi risultati, i due ricercatori hanno avuto bisogno di trovare qualcosa che incidesse sull’essere fumatore di uno dei due coniugi, senza influire sulla probabilità che la coppia si sposasse.
Il divieto di fumare nei luoghi di lavoro, che negli Stati Uniti può riguardare tutta l’azienda o essere limitato all’edificio, costituisce uno strumento ideale per curiosare al di là delle scelte di coppia. I lavoratori cui viene imposto il divieto di fumare in ufficio, hanno il 4,6 per cento di probabilità in meno di fumare, ma è improbabile che il divieto influisca sulla scelta del coniuge. (4)
Gli autori, ricorrendo a uno stratagemma, arrivano a un risultato sbalorditivo. Usando, infatti, il divieto di fumare per suddividere i risultati, scoprono che nel 40 per cento dei casi i partner di una coppia esercitano l’uno sull’altro un’influenza determinante. In parole povere, ciò significa che il partner di una persona che non fuma più a causa del divieto di fumare in ufficio, ha il 40 per cento di probabilità in meno di fumare, rispetto a quello che accadrebbe se non esistesse il divieto. Si tratta di un enorme moltiplicatore di salute sociale.
L’idea, assai plausibile, che la decisione di fumare di un individuo dipenda dalla decisione di fumare di amici, vicini e parenti implica importanti conseguenze per le strategie politiche da adottare. È evidente che forze esogene, in grado di influire sulla scelta di non fumare delle persone, come il divieto di fumare nei luoghi pubblici chiusi, incidono anche sulla probabilità che fumino i loro pari. E dunque se i divieti venissero estesi a tutto il territorio, ne conseguirebbero migliori risultati, perché ne verrebbero influenzate vaste categorie di persone, appartenenti a specifici gruppi sociali. In altre parole, divieti estesi a tutta la nazione sortirebbero maggior effetto che divieti limitati a aree regionali o cittadine.

(1) La lista dei paesi in cui esiste il divieto di fumare.
(2) Christakis, Nicholas A. e James H. Fowler, "The Spread of Obesity in a Large Social Network over 32 Years", New England Journal of Medicine, 357(4), luglio 26, 2007, 370-379
(3) Cutler, David M. e Glaeser, Edward L., "Social Interactions and Smoking" (marzo 2008). Harvard Institute of Economic Research Discussion Paper no. 2153.
(4) Ciò conferma I risultati di una ricerca precedente: Evans, William N., Farrelly, Matthew C. e Montgomery, Edward B., "Do Workplace Smoking Bans Reduce Smoking?" American Economic Review, 89(5), settembre 1999, 729-747.

(traduzione di Daniela Crocco)

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ALITALIA, TOTO E CATRICALA’

  1. andrea.cocliago@unimib.it

    Buongiorno,

    il divieto di fumo nei locali chiusi mi sembra naturale. Vietarlo su tutto il territorio è, con un eufemismo, illiberale.

    Andrea Colciago

  2. Giacomo Costa

    L’autore osserva che le preferenze individuali non sono, nel caso del fumo, indipendenti le une dalle altre, ma piuttosto dipendenti attraverso la partecipazione degli individui a diversi gruppi (la coppia coniugale, i compagni di lavoro, gruppi amicali vari.) L’autore non si pone il problema dell’efficacia dei divieti, che dà per scontanta. In Italia credo che l’enforcement della legge sul fumo sia minimo. Credo il potenziale dissuasivo della legge sia scarso. E tuttavia è stata un grande successo! Suppongo che un altro effetto della legge sia stato di agire come un segnale di coordinamento, di fornire un pretesto visibile di un equilibrio che potenzialmente c’era già. Sarebbe interessante approfondire questi aspetti.

  3. alberto maina

    Il divieto di fumare in tutti i luoghi pubblici mi trova daccordo, ma ritengo comunque importante poter lasciare libera scelta a tutti i cittadini maggiorenni che decidono di avvelenarsi con l’inganno della nicotina. E’ vero, esiste la cosidetta sigaretta "sociale", ma un fumatore, in crisi di astinenza da nicotina, fumerebbe anche in totale solitudine in un qualunque squallido luogo privato.

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