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PAURA DELLA MATEMATICA

I dati sui test di matematica dell’indagine Pisa sono impietosi per gli studenti quindicenni italiani. Solo il Nord-Est è in media europea, con punte di eccellenza nei licei. Sud e Isole hanno punteggi da paese in via di sviluppo. La situazione è ancora peggiore se si considerano gli iscritti agli istituti regionali di formazione professionale, che invece sono sottorappresentati nel campione. Ma per essere efficace nel risollevare lo scarso livello di competenze una azione di monitoraggio deve concentrare l’attenzione sulle scuole con i risultati peggiori.

I dati recentemente pubblicati dell’indagine Ocse-Pisa 2006 (Programme for International Student Assessment) sugli studenti quindicenni hanno riconfermato alcuni risultati già noti. Commentiamo qui gli esiti sui test matematici, perché riteniamo che siano più oggettivamente confrontabili tra paesi, indipendentemente dai percorsi curriculari, oltre a essere l’area di competenza dove minore è l’influenza dell’ambiente familiare.

GLI STUDENTI ITALIANI E LA MATEMATICA

Nella rilevazione, condotta nella primavera del 2006, l’Italia si colloca complessivamente nella parte bassa della classifica. Mentre Cina, Finlandia e Corea, paesi in cima alla classifica, sono a 548-547 e la media Ocse è intorno a 500 punti, l’Italia è a 462, preceduta dal Portogallo a 466 e seguita da Grecia (459) e Israele (442). Solo l’area del Nord-Est è in media europea, con le punte di eccellenza collocate nei licei. Sud e Isole hanno punteggi equivalenti a quelli di un paese in via di sviluppo: basti pensare che la Tailandia raggiunge 417. Oltre a quello territoriale, si registra un consistente divario tra tipologie di scuola secondaria: dai licei del Nord-Est agli istituti di formazione professionale delle Isole c’è una differenza di due variazione standard rispetto alla media. Persino le scuole del Brasile (370) o della Tunisia (365) hanno una performance migliore di questo segmento della scuola italiana.

Competenze matematiche per macro-area e tipologia di scuola – Italia 2006

Nota: ciascuna cella riporta la media dei cinque plausible values delle competenze matematiche pesate secondo i pesi campionari degli studenti. “Nord-Ovest” include Piemonte, Val d’Aosta, Liguria e Lombardia; “Nord-Est”: Veneto, province autonome di Trento e Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna; “Centro”: Toscana, Marche, Umbria e Lazio; “Sud”: Abruzzo, Molise, Campania e Puglie; “Sud Isole”: Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Tuttavia, la performance delle scuole italiane è perfino peggiore di questo quadro già disastroso. Nelle intenzioni dei gestori del progetto, l’indagine Pisa deve fornire un quadro realistico dell’intera popolazione dei quindicenni che frequenti una istituzione formativa. Nel caso italiano, significa considerare le scuole secondarie del primo ciclo (qualora ci si riferisca a studenti in ritardo o pluribocciati) e del secondo ciclo, sia statali che paritarie. Ma dovrebbe anche riguardare le scuole di formazione professionale a base regionale. E infatti, nell’indagine Pisa 2006 sono state incluse ottanta istituzioni scolastiche appartenenti alla formazione professionale regionale, pari al 10 per cento delle scuole, ma sono distribuite in modo irregolare sul territorio nazionale: Liguria (22), Lombardia (5), Veneto (6), Trentino Alto Adige (41) e Basilicata (6). Se il livello di competenze degli studenti che frequentano questi corsi è mediamente più basso, una così strana distribuzione distorce sia la misurazione del livello nazionale sia eventuali confronti su base regionale.

VERIFICA DELLA RAPPRESENTATIVITÀ

Ci siamo così preoccupati di verificare la rappresentatività del campione delle scuole Pisa, a partire dalla distribuzione degli studenti nei diversi ordini di scuola. Purtroppo, non esistono dati completi sul numero di studenti iscritti alla formazione professionale, tanto più se disaggregati per età dei partecipanti. Nella tavola seguente abbiamo confrontato due metodi di stima: il primo si basa sui dati raccolti dalle anagrafi comunali, il secondo sul monitoraggio dell’Isfol sull’assolvimento dell’obbligo formativo. Nel primo caso, siamo partiti dalla popolazione residente di età pari a quindici anni e a essa abbiamo sottratto gli iscritti nelle scuole statali e paritarie. (1) La differenza, che può anche risultare negativa qualora alcuni studenti siano residenti in una Regione e frequentino una scuola secondaria in un’altra, rappresenta una stima per eccesso di coloro che potrebbero essere iscritti alla formazione professionale. Il secondo metodo si basa sull’incidenza della popolazione di quindicenni in formazione professionale sulla popolazione residente secondo i dati forniti dalla maggioranza delle Regioni nell’ambito del monitoraggio sull’obbligo formativo, l’anagrafe studenti. (2) I due metodi danno risultati relativamente coerenti tra loro. tuttavia, per un terzo delle Regioni, tutte meridionali, non esiste la possibilità di quantificare il fenomeno. Per correggere la sottorappresentazione delle scuole di formazione professionale nei dati Pisa siamo perciò costretti a utilizzare il primo metodo di stima, in assenza di valori corrispondenti per le Regioni meridionali. Questo produce una sovrastima dell’ordine del 2,5 per cento della popolazione nelle scuole professionali.

Incidenza percentuale della popolazione 15enne non in scuole o istituti statali o paritari – Italia 2006

L’Italia ha partecipato a Pisa 2006 con un campione di 21.773 studenti, in 799 scuole, stratificato per macroaree geografiche (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud, Sud Isole) e per indirizzi di studio: licei, istituti tecnici, istituti professionali, scuole medie, formazione professionale. La distribuzione degli studenti intervistati riporta un 42 per cento della popolazione studentesca nei licei, un 31 per cento negli istituti tecnici e un 23 per cento negli istituti di formazione professionale, il residuo è ripartito tra scuole secondarie di primo grado e scuole di formazione professionale.
Se vogliamo tenere globalmente conto di quel 5-6 per cento di studenti che escono dai percorsi scolastici statali ed entrano nella formazione professionale regionale, il campione deve essere ridisegnato. Deve calare il peso degli studenti liceali (-3,4 per cento, se prendiamo come riferimento la distribuzione attuale degli studenti quindicenni) o iscritti agli istituti tecnici (-2,5 per cento) e aumentare quello delle scuole professionali (+4,7 per cento) e dei quindicenni ancora nella scuola media (+1,24 per cento).
È chiaro che selezionare in misura maggiore le tipologie di scuola dove sono raccolti studenti che hanno competenze più alte produce un innalzamento “artificiale” della media dei punteggi del paese nel suo complesso e anche delle diverse aree. Nell’ultima tabella abbiamo ricostruito quale sarebbe stato il risultato medio per macro-area regionale se il campione Pisa fosse stato coerente con la distribuzione degli studenti esistente. (3) Il punteggio medio delle competenze matematiche scenderebbe da 461 a 449, sotto la Grecia e poco al di sopra di Israele. Analogamente, le scuole del Sud e Isole toccherebbero ora i livelli del Messico (406). Il divario regionale resterebbe pressappoco inalterato, in quanto poco più della metà della correzione è imputabile alla minor quota di studenti liceali, mentre la parte complementare è da attribuirsi alla sotto-rappresentazione degli studenti nella formazione professionale
Una azione di monitoraggio può essere efficace nel tentativo di risollevare lo scarso livello di competenze se e solo se ferma l’attenzione sulle scuole che registrano i risultati peggiori, ovverosia nel segmento della formazione professionale. Stupisce che tra le dodici Regioni che hanno partecipato all’indagine con un campione rappresentativo della popolazione, meno della metà abbiano ritenuto utile campionare anche le scuole di formazione professionale da loro regolate. Colpisce viceversa come best practice l’inclusione di un ampio campione di queste scuole da parte delle province autonome di Trento e Bolzano e della Regione Liguria. Non è forse casuale che in queste due Regioni le scuole di formazione professionale registrino livelli di competenze più elevate che nel resto del paese: le scuole professionali della provincia di Bolzano hanno un livello di competenza quasi equivalente a quello della media di tutte le scuole italiane.

Confronto tra macro-aree, con diversa ponderazione degli studenti – matematica – Pisa 2006

Note: il punteggio per gli studenti frequentanti la formazione professionale nelle macroaree dove non è stata rilevata (centro e sud) è stato posto pari a quello rilevato (isole)

(1) Rispettivamente Istat: Popolazione residente al 1 gennaio 2006 per età sesso e stato civile e ministero della Pubblica istruzione: quindicenni iscritti alle varie tipologie di scuole anno scolastico 2005/2006.
(2) Isfol (2007) “Partecipazione e dispersione. Settimo rapporto di monitoraggio dell’obbligo formativo”, novembre 2007.
(3) Usando i dati degli iscritti presso il ministero della Pubblica istruzione e le nostre stime sulla componente in formazione professionale.

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QUALCHE DATO IN PIU’

28 commenti

  1. Maurizio

    Credo che sia una storia vecchia purtroppo: la condizione del Mezzogiorno è merce di scambio da parte della politica. Comandare una popolazione, mediamente meno istruita e bisognosa di tutto, è più facile rispetto ad una popolazione istruita e che ha coscienza di ciò che stà accadendo. Quindi niente finanziamenti, niente lavoro, niente scuola, e voti più facili.

  2. giuseppe

    Vorrei correggere l’abstract del vostro articolo:" i dati sui test di matematica dell’indagine Pisa sono impietosi per (gli studenti quindicenni italiani) i docenti italiani. Insegno da diversi anni nelle scuole superiori, e ogni volta che ci sono gli scrutini i docenti di matematica vanno orgogliosi dei loro voti (5 quando va bene). Le frasi sono sempre le solite: "Non capiscono nulla", "Certo sulle materie orali, ma da noi c’è lo scritto e non possono ingannarci","…" . La ricerca da voi pubblicata, conferma che il problema è generalizzato e non riguarda gli studenti, ma i docenti che sono rimasti ad insegnare la stessa matematica che hanno studiato all’università. Certo ci sono delle eccezioni, appunto sono eccezioni che confermano la regola. Insegnando economia avevo chiesto ad un mio collega di fare degli argomenti correlati di economia e matematica (teoria dei giochi, funzioni per i calcoli finanziari), la risposta:"Che c’entra la matematica con l’economia". Agli esami li vedete in un angolo ad interrogare gli alunni da soli: "perchè la matematica non la possiamo collegare con nessuna materia". Ecco perchè gli alunni odiano la matematica e di conseguenza non la studiano.

  3. gianp

    Ipotizzo che esista una correlazione diretta tra la variabile competenza/passione nella disciplina insegnata dal docente e la variabile apprendimento degli allievi nella medesima. Verifichiamo qual è la provenienza dei docenti di matematica nella scuola italiana. Scuola elementare: i maestri storicamente erano formati negli istituti magistrali. Una caratteristica tendenziale di chi frequentava questa scuola era quella di soggetti, magari scolasticamente eccellenti, ma non particolarmente portati per le scienze matematiche; in conseguenza con tutta probabilità non amanti di esse. Scuola media: la stragrande maggioranza di chi insegna matematica qui lo fa con la laurea in biologia. Di matematici nella scuola media che insegnano la loro materia ce ne sono piuttosto pochini. Con ogni probabilità si dedicano ad altre professioni meglio remunerate oppure pochi al momento attuale si laureano in questa disciplina; o forse sono vere ambedue le cose. Se l’ipotesi formulata all’inizio e i dati successivamente e sommariamente riportati sono veri allora possiamo aver individuato uno dei fattori che contribuiscono all’ottenimento dei risultati scolastici di cui alle ricerche PISA.

  4. Luigi Proia

    La situazione dell’insegnamento della Matematica è seria, ma non perché i nostri alunni non risolvono i "quiz" PISA; la situazione è grave perché la matematica anzi l’aritmetica non si insegna più alle scuole elementari e medie. I professori delle scuole medie non sono laureati in matematica, ma in biologia e scienze naturali e nel biennio delle superiori ormai insegnano matematica laureati in ingegneria, mi auguro che non sia una laurea triennale. Personalmente non credo nemmeno alla favola che nel nord-est sono più bravi, la situazione è grave in tutta la scuola italiana; il fatto è che questa classe dirigente vuole distruggere la scuola e l’università pubblica e purtroppo ci sta riuscendo. Distinti saluti Luigi Proia.

  5. Luca Cornetta

    Gli studenti snobbano la matematica per motivi "politici". Quasi sempre nei consigli di classe dalle scuole medie alle superiori (istituto tecnico o liceo che sia) il professore di italiano che spesso ha in carico anche le altre materie umanistiche è il coordinatore. Ciò unito a un nostro antico retaggio culturale fa si che lo studente venga classificato come bravo o asino in base ai risultati nella materie umanische. Dato che i voti nelle altre materie danno solo le sfumature sul giudizio sul suo rendimento globale lo studente per massimizzare i risultati del suo impegno è portato a privilegiare l’antologia di italiano al testo di matematica.

  6. habsb

    Personalmente, e lo dico da genitore, credo che il problema sia unicamente nel rifiuto di bocciare. A quindici anni sono stati fatti circa 10 anni di scuola (più l’asilo) e l’alunno dovrebbe avere imparato che senza un livello minimo su TUTTE le materie non si può ottenere la promozione. Purtroppo bocciare un alunno per la sola matematica è pura utopia in un quadro scolastico rovinato dall’ideologia sessantottina “meglio tutti ignoranti che pochi sapienti”.

  7. luigi zoppoli

    L’indagine Pisa e la vostra analisi dimostrano come sia possibile non solo fare analisi qualitative-valutative sul livello degli studenti, ma anche dei docenti. Non vedo perchè non debba essere estesa largamente ed istituzionalizzata. Dire che la scuola e l’università sono strategiche dovrebbe implicare per logica conseguenzialità la messa in opera immediata di strumenti siffatti. Tra l’altro, in argomento scuola-pubblica amministrazione, ho un sogno: legare livello retributivo a parametri di valutazione. Lo so che è storia vecchia, ma in tempi duri di tagli al bilancio pubblico, tentare di usare normali strumenti per rendere efficiente la spesa rientra nella logica. E poi non è strategico il sistema di istruzione? Off topic: mi piacerebbe una vostra analisi sul disposto del DL 118/2008 e del DPEF in materia di Università. Luigi Zoppoli

  8. lisa

    Il fatto che ci siano delle specificità regionali nell’andamento di questi test indica che il territorio condiziona l’insegnamento (Il territorio, e non la provenienza territoriale dei docenti, caro Bossi). Quello che vorrei fosse evidenziato, quando si commentano questi risultati, è che la scuola pubblica italiana ha il potenziale per fornire una preparazione eccellente, a tutti, ricchi e poveri (i poveri ci sono anche nei licei del nord-est). Smettiamola di criticare scuola e docenti italiani in modo generalizzato e cerchiamo di capire perchè l’andamento scolastico, a parità di finanziamenti e programmi, è inversamente correlato con la latitudine, e di intervenire di conseguenza (come suggerito in un recente lavoro di Montanaro per Banca d’Italia). Con riferimento al commento di prima, vorrei far notare che nell’articolo non si parla di voti ma di competenze matematiche acquisite. E’ dimostrato purtroppo che c’è una correlazione molto bassa tra valutazioni interne alle scuole e valutazioni esterne. Non penso proprio che il voto medio in matematica nei licei veneti sia più alto di quello nei licei siciliani.

  9. Luigi

    Ho letto il bel libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo “La deriva“. Sono rimasto colpito dalle considerazioni fatte sulla preparazione culturale dei giovani: “I nostri ragazzi, che già erano in matematica al 27° posto tra i loro coetanei di 57 Paesi (i membri dell’Ocse e 27 partner) sono retrocessi in scienze addirittura al 36° posto. E lontanissimi dai migliori: finlandesi, estoni, olandesi, sloveni, tedeschi, inglesi, cechi.. Un disastro! Ed è tutta l’Italia a mostrarsi in tragico ritardo sul mondo che corre. Tra gli studenti al di sotto del primo livello di alfabetizzazione matematica i nostri sono davanti, tra tutti i Paesi dell’Ocse, solo alla Turchia e al Messico. E nel complesso affondano nel fango. Uno su tre non sa leggere un grafico o convertire una moneta in un’altra. Quattro su dieci si impappinano nella lettura di un testo discontinuo. Sei su dieci non riescono a spiegare da cosa dipenda l’alternarsi del giorno e della notte“. L’impressione che se ne trae è quella di una generazione di giovani ignoranti, lontani dalla lettura e che confermerebbe il luogo comune secondo il quale i ragazzi rifiuterebbero ogni rapporto con i libri.

  10. Federico De Vita

    La situazione della matematica in Italia non si limita a questi anni. La questione e’ culturale e piuttosto profonda. Il punto fatto da Giuseppe nel suo commento e’ tristemente simmetrico: lavoro in finanza da anni avendo un dottorato in matematica e quando sono in Italia mi sento chiedere continuamente che cosa possa entrarci la matematica con la finanza. Lavoro a Londra dove i miei simili si contano a migliaia e qui davvero non mi sento fare queste domande. Cerchiamo di convincerci in primo luogo che la matematica e’ cultura ed in secondo luogo che gli insegnanti vanno pagati bene – ed in base ad una seria valutazione – e forse dei passi avanti si fanno.

  11. Alessandro Figà Talamanca

    Mi sembra che i commenti eludano una delle conclusioni più importanti cui pervengono gli autori: per migliorare il rendimento ai test PISA degli studenti italiani è necessario intervenire sulle scuole professionali. Sono queste infatti che fanno precipitare la media. Tutti i commenti partono invece dall’esperienza comune dei commentatori che è quella dei licei. Forse i licei non funzionano, forse risentono del fatto che è profondamente cambiato l’estrazione sociale degli studenti. Forse tutto va male perché "non si boccia più". Ma non sono i licei, secondo gli autori, a determinare il pessimo rendimento dell’Italia nei test PISA. Prima di adottare rimedi di incerta validità per la parte relativamente sana del sistema di istruzione dei quindicenni, cerchiamo di occuparci della parte dimostrativamente malata. Cosa sappiamo delle scuole professionali regionali? Quali qualificazioni hanno i docenti di queste scuole? Come sono reclutati? Quali sono i programmi? E se si abolissero queste scuole facendo confluire tutti gli studenti nelle altre scuole?

  12. habsb

    La scuola italiana è purtroppo a un livello infimo, e i test PISA lo confermano senza pietà. Malgrado il numero di docenti per studente (tra i più alti al mondo), malgrado la grande tradizione sia letteraria che scientifica italiana, malgrado l’agiatezza media della popolazione (su una scala planetaria), siamo superati da nazioni che pochi decenni fa guardavamo da una grande altezza. Ritengo che i motivi siano la mancanza assoluta di rigore, disciplina e selezione, il numero di ore di presenza obbligatoria a scuola del docente (tra i più bassi del mondo), e la preparazione del docente medio (a quando un test PISA per gli insegnanti? Ne vedremo delle belle). Tutti motivi sacrosanti, ma anche soggetti tabù che un sindacato rigido e arretrato rifiuta immnacabilmente di discutere.

  13. Lorenzo Borghi

    Ritengo che in Italia, manchi la cultura della valutazione di sistema che deve, oltre che andare a migliorare i punti deboli della struttura di riferimento (come in questo caso, senza dubbio, gli istituti professionali), anche analizzare l’impatto che la struttura ha rispetto alla società civile. La negatività nei test standarizzati (come il PISA OCSE), specialmente per la parte matematica, ha anche motivazioni, reconditamente, presenti nel modo di pensare comune che si potrebbero sintetizzare con la seguente affermazione: nessuno rimarrà scandalizzato dal fatto che uno studente non sa risolvere un integrale mentre tutti lo riterrebbero un ignorante se non conoscesse Dante o i "Promessi Sposi". La situazione è complessa e, complessivamente, andrebbe analizzata.

  14. Marino

    Se il segmento di istruzione con i risultati peggiori è quello professionale, perchè il governo vuole abolire l’obbligo a 16 anni nella scuola pubblica statale e renderne possibile l’adempimento anche nella formazione professionale regionale? Come dire, mandiamo i pazienti nell’ospedale con il tasso di mortalità più alto così guariscono. Un altro settore da esaminare è l’istruzione tecnica, dove le materie d’indirizzo, da estimo a elettrotecnica, richiedono basi matematiche…eppure le rispettive valutazioni divergono in modo significativo. Tre in matematica, sei in qualche materia dove equazioni e funzioni sono indispensabili, mi suona strano. Più in generale, c’è un problema di minuta governance: negli scrutini ogni docente conta per uno, compresi ed. fisica e religione. Come mai, mi racconta mia moglie, lei (italiano) e la collega di matematica vengono regolarmente messi in minoranza dai docenti di indirizzo (spesso con il secondo lavoro) quando propongono voti bassi, recuperi e bocciature? Come si fa a studiare materie complesse come quelle di indirizzo senza le competenze linguistiche (sì, lettura e scrittura) e matematiche?

  15. padanus

    Il test PISA mostra in maniera oggettiva che nelle scuole del sud gli studenti sono meno preparati. Ieri apprendevo dall’ANSA che proprio gli studenti meridionali hanno la maggioranza relativa dei 100 e 100 e lode (viceversa l’incidenza dei bocciati è maggiore nel Est della Padania). Si sa che l’accesso ai posti pubblici per l’insegnamento è per merito e titoli, quindi voti più alti danno più possibilità di diventare insegnante nella scuola pubblica. E’ un fatto che molti insegnanti meridionali insegnino in Padania grazie alla migliore posizione nelle graduatorie. Oggi leggo che c’è Niki Vendola (RC-Puglia) che dice che l’insegnante trasferito sarebbe un altro caso in cui "il Sud si fa carico di accrescere la ricchezza del Nord". Sono perplesso, a me pare che più che di accrescimento, in questo caso si dovrebbe parlare di diluizione! Per risolvere i problemi non serve negare la realtà, nè tanto meno nasconderla dietro la tendina tricolorre di "Fratelli d’I….". Certo la competizione globale fa spallucce al buonismo e alla retorica, ma pare che l’Italia questo faccia fatica ad impararlo. Saluti

  16. Giuseppe Moncada

    Sono stato docente di Matematica e Fisica e oggi Dirigente Scolastico di un liceo scientifico . E’ vera l’osservazione del prof Figà Talamanca circa il fatto che gli autori hanno voluto far rilevare che il disastro è nella formazione professionale, tuttavia è anche vero che, la stragrande maggioranza dei docenti che insegna alle medie è laureata in biologia e scienze. Purtroppo lo studio, di un solo anno , delle Istituzioni di Matematica non è sufficiente per far acquisire ai suddetti docenti un approccio più scientifico dell’insegnamento della matematica. Solo ultimanente con le ssiss le cose sono migliorate. Incide anche il fatto che nel biennio delle superiori si è consentito di insegnare ai laureati in ingegneria. Il suddetto fenomeno, credo sia stato un fattore negativo per le scarse iscrizioni di giovani, sia in Matematica che in Fisica, tenuto conto che si sono visti occupare le cattedre. Altra verità è quella che la scuola media è diventata nella stragrande maggioranza dei casi un luogo di socializzazione e, non di impegno allo studio. Penso che non figurano le scuole Professionali del Sud e delle isole perchè spesso fino ai primi di Gennaio non sanno se iniziano.

  17. giampaolo storti

    L’area definita nord-est è interessante e non si riduce al Veneto. Riguardo ai Corsi professionali vorrei sottolineare un particolare Corso regionale, comune a tutta l’Italia ma particolarmente sviluppato nell’area nord-est, cioè: i Corsi per Operatore Socio-sanitario, corsi biennali (18 mesi per la Regione Veneto). L’Operatore Socio-sanitario è una figura professionale trasvesrale, che fa parte delle figure professionali riconosciute dal Ministero della Salute. Essa incide sia sulla formazione professionale dei giovani adulti italiani, come sui concittadini emigrati, trasformando ad es. il lavoro empirico delle badanti in professionalità certa (1000 ore di Corso, di 520 di tirocinio) e spendibile nel mercato del lavoro del terzo settore, nell’assistenza domiciliare, nell’ospedalità privata, nelle IPAB e una piccola quota nelle ULSS. Un’ultima osservazione: il Corso OSS permette di integrare le precedenti esperienze professionali tecniche (pregressa esperienza del campo dell’agraria si sposa bene con una cooperativa sociale di disabili che lavora nell’ortoflorovivaismo o un agriturismo, etc.

  18. edo

    Sulla matematica farei un discorso duplice, anche di tipo filosofico. Da un lato è scontato riconoscere che in Italia non ha mai avuto il posto che merita e da sempre viene insegnata poco e male. Dall’altro però occorrerebbe togliersi dalla testa la certezza della sua indispensabilità nel mondo di oggi, che poi è l’appproccio di tipo "anglosassone" che va per la maggiore nel mondo globalizzato di oggi. Società sofisticate e ben organizzate possono campare benissimo anche senza matematica: i Romani hanno fondato e mandato avanti per secoli un impero sapendo poco più delle quattro operazioni. La matematica non è una verità assoluta né un dogma: è un linguaggio come ce ne sono tanti nel mondo e in natura. Non illudiamoci che ci consenta di conoscere davvero la realtà delle cose, si rischia di prendere delle cantonate clamorose.

  19. Salvatore Gioitta

    MI sembra che dai commenti si possa rilevare l’ampia diffusione di una serie di luoghi comuni che cercherò, almeno in parte di contrastare: – Il numero di docenti per studente in Italia non è tra i più alti al mondo, in quanto da noi vengono inclusi tra i docenti anche i molti insegnati di sostegno che all’estero appartengono agli operatori socio-sanitari. – Le condizioni materiali della scuola italiania ( aule, laboratori, materiali didattici) sono piuttosto critiche, anche in aree del centro nord ma soprattutto nel centro sud dove non sono infrequenti scule pubbliche ospitate ( in affitto) in edifici ad appartamenti oppure doppi turni mattina – pomeriggio che credevo non esistere più dagli anni ’60. Di queste manchevolezze non possiamo imputare nè gli studenti nè i docenti. – Il rendimento nelle prove sembra seguire in modo puntuale l’andamento del reddto procapite medio nelle varie aree geografiche e questo non mi pare sia stato oggetto di alcuna riflessione.

  20. albertoroma

    Vorrei aggiungere al dibattito la mia esperienza personale: per lavoro addestro ad uno specifico sistema gli ingegneri neo assunti in Europa di una multinazionale americana. Nel corso c’e’ un giorno di statistica. Se confronto gli ingegneri italiani con quelli europei, le loro conoscenze matematico-statistiche sono in genere superiori. Diverso e’ il caso della media delle persone. Nel liceo scientifico ci sono piu’ ore di latino che di matematica. Inoltre, anche nel medesimo liceo, le materie letterarie sono piu’ importanti della matematica. Nella vita sociale fa chic dire che a scuola si andava male in matematica. Purtroppo in Italia la cultura scientifica e’ poco rappresentata e poco riconosciuta. Lo spazio dedicato dalla tv e dai giornali alla scienza e’ nullo. Chiaramente lo studente non e’ motivato a studiare la matematica o in genere le materie scientifiche. Non ho letto di simili indagini sulla fisica, ma il risultato sarebbe stato ancora peggiore. E questa mancanza di cultura scientifica penalizza le scelte della nazione, poiche’ si finisce per dare credito ai ciarlatani che vedono pericoli gravi dappertutto: i no tav, no discariche, etc…

  21. lorenzo

    Sicuramente nella scuola italiana il problema della matematica si pone. Per quanto riguarda le differenze territoriali e la scuola più in generale in tanti anni di insegnamento in Lombardia non ho mai ricevuto una raccomandazione; i genitori degli alunni tegono molto alla scuola, non solo dal punto di vista del risultato, ma come effettivo apprendimento; si informano sempre del comportamento dei figli; gli orari scolastici in genere vengono rispettati, le assenze degli insegnanti sono contenute. Si tratta di un problema culturale e di responsabilità sociale, la base di ogni proficuo lavoro.

  22. habsb

    Puo’ darsi che il numero di insegnanti italiani per docente non sia tra i piu’ alti del mondo, tali confronti sono sempre difficili a causa dei diversi modi di contabilizzare gli insegnanti. Ma a mia conoscenza l’Italia e` uno dei rarissimi casi se non l’unico dove la scuola primaria prevede piu’ insegnanti per classe. Tale stortura (chiaramente introdotta dalla solita mentalita` di voto di scambio che rovina il Paese), deresponsabilizza i docenti, introduce confusione nei bambini, e moltiplica il budget. Andrebbe eliminata da subito. Leggo poi l’ipotesi di una correlazione tra risultati ai test scolastici e reddito pro capite. Si tratta di un errore colossale. In primo luogo e` chiaramente smentita dai risultati a livello mondiale, dato che l’Italia e` superata da Sloveni e Cechi, e si situa a livello di Messico e altri paesi in via di sviluppo. In secondo luogo e` discutibile anche in Italia, dato che il reddito procapite ufficiale non prende in conto l’ampiezza del sommerso, particolarmente rilevante al Sud, proprio dove cioe’ si vorrebbe addurre un reddito minore come pretesto per risultati scolastici deteriori.

  23. Simone Secchi

    Non capisco l’obiezione sulla mancanza di collegamenti fra la matematica e le altre discipline. La matematica (che e’ il mio campo professionale) non si rende interessante facendo vedere che serve a fare cose piu’ belle, ma facendo capire che sono le applicazioni pratiche ad aver bisogno della matematica. MI sembra sbagliato far amare la matematica riducendola ad un passaggio noioso per arrivare a qualcosa che ci diverte, perche’ si perde proprio il linguaggio universale della matematica. Gli studenti non devono confondere la matematica con le sue applicazioni (spesso al limite del banale) alle altre discipline, piuttosto dovrebbero apprenderne la flessibilita’ e la modularita’ che consentono al matematico di dare interpretazioni e previsioni.

    Quanto poi alla sua supposta inutilita’, i romani erano una civilta’ antica e facevano quanto di meglio potevano con i propri strumenti. Dire che, nel 2008, si fa andare avanti una nazione, l’economia, l’industria, ignorando perfino le quattro operazioni e’ sintomo di ristrettezza di vedute. Una ristrettezza che paghiamo gia’ tutti i giorni.

  24. Michele

    I nostri giovani non sono stupidi o meno intelligenti degli altri ragazzi Comunitari. Lo dimostrano le loro capacità nell’utillizzo dei mezzi di comunicazione, dei telefonini e dei PC e forse sono più svegli degli altri ed hanno più fantasia e creatività che contraddistinuguono noi Italiani costretti da quotidianamente ad adottare l’arte di arrangiarsi non avendo a disposizione gli ausili e i vantaggi che i giovani del nord Europa hanno da sempre. L’enfasi va posta invece sul Corpo insegnante che non si rinnova e che non si aggiorna agli standard moderni. Tanti professori che dopo tanti anni di insegnamento sono rimasti ancorati ad un sistema obsoleto oppure che non riescono (anche se capaci) a colloquiare e a rapportarsi ai giovani d’oggi. Nessuno si pone questo problema: "Ho una classe di stupidi oppure sono io che non faccio capire?" Tantissimi sono i genitori che sono costretti a mandare i ragazzi a ripetizione privata (fenomeno molto diffuso per i frequentatori dei Licei scientifici) e questo la dice lunga sul circolo vizioso che si viene a creare. Di questa situazione il Ministro Gelmini è perfettamente al corrente, bisogna attendere solo i Suoi provvedimenti.

  25. Marcello Balasini

    Per migliorare il livello della matematica nel nostro paese e’ necessario un po’ piu’ di pragmatismo. Le metodiche di insegnamento seguono troppo spesso ideologie superate. Forse sarebbe meglio valutare i risultati, sperimentare ed essere prnti a cambiare sulla base dei risultati. Il mio professore di matematica al Liceo era considerato – anche dai suoi colleghi – un dinosauro per le sue idee su disciplina, compiti a casa e "quattro". La professoressa di letteratura era invece giovanile, ci si dava del "tu", utilizzava i "dal cinque al sei". Adesso capisco che il primo responsabilizzava gli alunni e forniva conoscenze essenziali. La seconda, ancorche’ amata all’epoca, non ha lasciato traccia.

  26. Francesco

    In un commento si dice che si accede alla Pubblica istruzione per merito e titoli. Falso. E’ necessario, dal 1999 in poi, il titolo abilitante della SiSS, cui si accede per concorso. Ma al nord fanno molta confusione sul funzionamento della Pubblica Amministrazione. Ancora oggi un deputato leghista difende la – sic – norma antiprecari poichè, parole sue, "alle Poste si deve accedere per concorso e non per stabilizzazione dopo un solo giorno di lavoro". E’ noto che da quando le Poste Italiane sono state privatizzate l’ente ha discrezionalità assoluta sul reclutamento del proprio personale, e che le assunzioni a t.i. degli utlimi anni derivano dalle violazioni della normativa sul t.d. Ritornando alla matematica forse proprio la Siss e le nozioni di didattica che in essa si impartiscono iniziano a giovare a questa disciplina, il cui linguaggio deve essere metabolizzato dagli studenti – checchè ne dicano docenti dalla formazione vetusta che pretendono di insegnare le equazioni senza un minimo di propedeutica – anche in modo multidisciplinare – si pensi al contributo che può dare la filosofia in quest’ambito -.

  27. Alberto

    Ritengo che, nei concorsi pubblici, non bisognerebbe considerare il voto di laurea in sé, ma questo dovrebbe essere pesato sulla media dei voti presi da tutti gli studenti dello stesso anno nello stesso corso di laurea. Questo comporterebbe un correttivo equo nei confronti di chi studia tanto per avere voti bassi, come succede nel nord Italia e sorpattutto nei corsi di laurea più difficili. In questo modo, gli studenti non cercherebbero di andare nelle peggiori università, che regalano le lauree, ma in quelle migliori, per ottenere punteggi migliori.

  28. Tiziana Pedrizzi

    L’interessante approfondimento di Checchi e Redaelli merita una precisazione a proposito del campione italiano di CFP. C’è una ragione per cui ad esempio nel campione dell’Emilia Romagna non è presente il campione dei CFP. Per il 2006 le Regioni avevano disposto in modo differenziato sulla possibilità di ottemperare all’obbligo (fino appunto a 15 anni) con la frequenza nei CFP. In generale le regioni di centro-destra hanno firmato con il Ministro Moratti accordi che prevedevano questa possibilità, mentre quelle di centrosinistra hanno previsto che l’obbligo si potesse frequentare solo negli istituti di Stato. Perciò la situazione è diversa e molto più confusa di quanto ipotizzato; si sa infatti che alcune regioni che avevano studenti nei CFP (anche di centro sinistra che però avevano adottato la soluzione "lombarda") non hanno chiesto il campionamento per mancati accordi con l’USR o semplicemente perchè non hanno o non vogliono dare i dati (Sud), mentre altre non hanno giustamente il campione.Evidentemente i responsabili centrali del campionamento non avevano le idee chiare. Ma anche per il 2009 la situazione non sembra limpida. Speriamo in Cipollone.

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