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IL BRAVO STUDENTE NON PAGA LE TASSE

Riconoscere il merito nell’ambito della formazione universitaria rappresenta un passaggio  quasi irrinunciabile, in un contesto in cui l’80 per cento circa dei diplomati si iscrive a una facoltà. Per questo l’università di Trento ha introdotto la borsa di merito. In generale, gli importi delle tasse universitarie sono stati aumentati di circa il 50 per cento. Però, per i singoli studenti varieranno sia in base alla condizione economica del nucleo familiare che ai risultati raggiunti. I maggiori proventi serviranno poi a finanziare altre iniziative per combattere l’abbandono.

La crescente attenzione sull’importanza di riconoscere il merito, segnala implicitamente l’affermarsi dell’idea secondo cui “premiare i bravi” ha riflessi che vanno oltre la dimensione individuale, producendo vantaggi per la collettività nel suo complesso. Così inquadrato il tema della meritocrazia finisce per rientrare nel contesto economico delle esternalità positive, ovvero di casistiche in cui il settore pubblico è tradizionalmente chiamato a intervenire per promuove i comportamenti che le generano. 

IL MERITO ALL’UNIVERSITÀ

Nell’ambito della formazione universitaria sono da sempre presenti, anche se in misura marginale, forme che premiano il merito sul piano individuale: i rimborsi delle tasse, che taluni atenei riconoscono agli studenti che si laureano in corso, e i criteri utilizzati, in aggiunta alla condizione economica, per graduare le borse del diritto allo studio. Più difficile è invece individuare un approccio che voglia promuovere la generalizzazione del merito, nella convinzione che un ambiente in cui sono molti a impegnarsi, finisca per “contagiare” positivamente anche la maggioranza degli indecisi che oggi prolungano inutilmente gli studi, mantengono bassi profili o alla fine abbandonano più per inerzia di comportamenti che per l’incapacità di conseguire i risultati che la formazione universitaria richiede.
Riconoscere il merito rappresenta, peraltro, un passaggio importante e quasi irrinunciabile, in un contesto in cui quasi l’80 per cento dei diplomati si iscrive all’università. Se non adeguatamente gestita, questa dimensione di “massa” rappresenta la premessa per un fenomeno di abbassamento degli standard formativi, già verificatosi negli altri livelli della formazione italiana e ben testimoniato dalle indagini dell’Ocse.
Come dimostra l’esperienza delle università “private”, l’introduzione di efficienti barriere all’accesso può mettere gli atenei al riparo da questo pericolo. I modelli di selezione all’entrata, se generalizzati a tutta l’offerta formativa di tutti gli atenei, produrrebbero però una tendenziale penalizzazione per coloro che provengono dai ceti che sino a oggi sono rimasti estranei all’università, riconfermando logiche di redistribuzione perversa a favore di coloro che invece possiedono una formazione di qualità, di norma associata a una condizione economica di maggior favore. Una riproposizione dell’università in cui sono i meno abbienti a finanziare la formazione dei benestanti.

LA RIFORMA DI TRENTO

In virtù di queste considerazioni, l’università di Trento ha introdotto la “borsa di merito” nel nuovo sistema di definizione delle tasse universitarie, in vigore a partire dall’anno accademico 2008-2009. Per i nuovi iscritti all’ateneo, gli importi delle tasse sono stati complessivamente aumentati di circa il 50 per cento. Per i singoli studenti, però, le tasse varieranno sia in base alla condizione economica del nucleo familiare, che ai risultati raggiunti.
Al termine del percorso formativo, una quota di studenti, almeno pari al 50 per cento dei laureati, potrà infatti ricevere un rimborso di importo variabile fra 500 e 5mila euro, finanziato interamente attraverso il maggior gettito delle tasse e graduato in base ai risultati raggiunti. Il sistema vuole premiare il merito, stimolando così gli iscritti:

·        ad abbreviare i tempi per conseguire il titolo;
·        a conseguire crediti e votazioni elevate nel primo anno di iscrizione (alle lauree triennali), caratterizzato per molti studenti da una fase di “adattamento” con basse performance e significativi tassi di abbandono;
·        a partecipare a programmi di mobilità internazionale e di doppia laurea;
·        a ottenere valutazioni elevate sia per le singole prove che per il titolo finale.

Con alcune distinzioni per le lauree triennali, le magistrali/specialistiche e quelle a ciclo unico, i quattro elementi di definizione del merito, sommati tra loro, concorrono a quantificare il punteggio finale, sulla cui base verrà poi graduato il premio-rimborso. Per superare le particolarità dei diversi corsi di studi, rappresentati ad esempio dalla votazione finale media, i punteggi vengono quantificati secondo una logica di standardizzazione. Ciò consente di ricondurre la valutazione di tutti i laureati a un unico contesto di ateneo, garantendo di riflesso che la quota di beneficiari sia sostanzialmente la stessa per tutti i corsi di studio. 
Un secondo passaggio importante della riforma trentina è rappresentato dalla definizione di tre diverse tipologie di contratto formativo, in base al tipo di impegno con cui lo studente intende dedicarsi allo studio universitario: il tempo pieno, il tempo parziale (pensato per chi già lavora) e l’“università aperta” (per chi studia in maniera occasionale e non vuole o non può assumere impegni sulla durata degli studi). Si tratta di un modello che consente la segmentazione della domanda, associandola peraltro a forme didattico-organizzative e di tasse universitarie diverse.
Per sostenere i giovani nell’avvio degli studi universitari, nel periodo cioè in cui più alto tasso di abbandono, saranno inoltre rafforzati i corsi di recupero e le attività di tutorato, anch’essi finanziati con il maggior provento delle nuove tasse universitarie. A questo compito saranno chiamati, e per questo pagati, gli studenti migliori degli ultimi anni e dei corsi di dottorato.
Ovviamente, il nuovo modello di contribuzione convive con il tradizionale sistema di borse per il diritto allo studio, di cui normalmente beneficia circa il 15 per cento dei laureati.

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COME FARE LE RIFORME ED ESSERE RIELETTI

17 commenti

  1. Nicola Fumagalli

    Commento da ex (molto ex…) studente universitario che abbandonò, ovviamente fuori corso, a pochi esami dalla laurea. Quella avanzata dall’università di Trento mi sembra un’iniziativa coraggiosa e controcorrente in un paese troppo avvezzo ad uniformare tutto. Parte però da due pre-condizioni formalmente corrette ma, all’atto pratico, a rischio. Prima di tutto la variabile "condizione economica del nucleo familiare" non può non essere distorta dal cancro nazionale dell’evasione fiscale grazie al quale gli onesti pagano sempre due volte mentre i furbi non pagano mai: e anche i vari indici correttivi introdotti (tipo reddito Isee) che prendono come base la dichiarazione dei redditi non hanno cambiato la situazione. In seconda battuta, per utilizzare i "risultati raggiunti" quale parametro premiante, sarà importante valutare bene la omogeneità di giudizio e l’affidabilità dei diversi docenti. In caso contrario, si correrebbe il rischio di premiare non solo i meritevoli ma anche i soliti furbi.

  2. gioegio

    Il merito è importante. Peccato che il sistema di borse di studio non permetta a chi non ha (cosa? soldi!) di frequentare l’università. Prima di parlare di merito bisogna garantire a tutti la possibilità di frequentare l’università (e senza lavorare durante gli anni di studio, chi lavora ha un rendimento per forza di cose scarso e di solito impiega più anni per terminare). Nota bene: il merito è dato dai voti degli esami e dal voto finale con tutto ciò che ne consegue in termini di possibilità lavorative. Inutile poi tagliare le tasse a chi ha tutti 30 e lode se è già pieno di soldi e si fa mantenere dai genitori (visto che è uno studente). Stiamo assistendo ad un vero regresso ideologico. Il merito è il primo passo per la selezione di classe secondo il capitale economico come spiegano bene Bourdieu e Boudon. Ricapitolando: prima garantire a tutti la possibilità di frequentare triennale e specialistica. Poi, ma solo poi, occuparsi del merito.

  3. zigiri andamare

    Chi ha problemi economici deve essere messo in condizione di non pagare immediatamente. Non di essere rimborsato più tardi.

  4. Nicola Limodio

    Sono uno studente universitario, e credo che le tasse universitarie dovrebbero aumentare per costruire un’Università di Eccellenza altamente fruibile, con fondi che finanzino la qualità della didattica e della ricerca (non solo della seconda come in alcune scuole d’eccellenza). Penso a tasse che varino tra i € 3,000 ed i 5,000, a seconda della fascia di reddito. I risultati di questo aumento sarebbero molteplici e positivi. Le tasse basse provocano sostanzialmente spiazzamento di quegli individui che dovrebbero lavorare, ed invece si “parcheggiano” per qualche anno all’Università finanziati dalle famiglie senza produrre risultati (soprattutto con l’aggravante di premeditare ciò). Di fronte a costi maggiori, questi dovrebbero scegliere il lavoro oppure lo studio, considerandolo come un investimento (se non lo facessero andrebbero a finanziare gli studenti meritevoli, vedi giù). Questa diminuzione di studenti andrebbe a beneficiare il rapporto docente-studente e la qualità delle lezioni. Questo aumento di tassazione, dovrebbe a mio avviso finanziare almeno per il 30% il Diritto allo Studio dando ai DSU risorse per Borse di Studio, Servizi, Premi ed Infrastrutture.

  5. Ebolo

    Premetto di aver studiato quando ingegneria aveva una mortalità del 75-80%. Premetto inoltre di essere rimasto come ricecatore libero professionista, è strano lo so, in università dalla mia laurea ad oggi. Oggi l’università è degradata sotto ogni forma dall’educazione che viene data al merito che ne consegue. I voti sono spesso altissimi quasi indipendentemente dalla preparazione: insegnano così poco che è facilissimo sapere tutto quello che è stato trattato nei corsi! Inoltre non c’è quasi più bisogno di approfondimenti personali, basta imparare le tre cose in croce che ha spiegato il prof. a lezione che minimo è 28. Non dico che si stava meglio con quelle mortalità dico solo che allora uscivi che qualcosa avevi imparato, se non di pratico almeno avevi dentro uno stile di vita. Oggi escono al terzo anno che non sanno allacciarsi le scarpe, al quinto non è detto che riescano a soffiarsi il naso. Premiare il merito?! Sarebbe meglio tornare ad insegnare qualcosa ai nostri ragazzi, compreso che i buoni voti sono sempre figli di molto sudore.

  6. Francesco Mendini

    Non capisco di cosa parlino coloro che antepongono il diritto allo studio al merito. Il diritto allo studio è già garantito dalle borse per i non abbienti. Non ci piove. Esistono anche enti come l’Esu i Veneto e l’Opera Universitaria in Trentino, che forniscono alloggi e pasti a prezzi quasi nulli a chi ha i requisiti. Il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, comunque, è garantito soltanto ai "capaci e meritevoli" (art. 34 comma 3 Cost.), non a tutti. Già da qui si capisce come il merito sia un metro di selezione previsto dal nostro ordinamento, anche per l’accesso all’università degli indigenti. Ovvio che un ricco, ma scemo, potrà sempre permettersi di studiare (o di andare in vacanza, o di comprare un auto di lusso). Vogliamo impedirglielo? Un plauso all’iniziativa dell’ateneo trentino!

  7. ik

    Sono uno studente di Economia dell’ateneo di Trento. Ho appena fatto un corso con l’autore dell’articolo (Economia Pubblica). Questa proposta ha sollevato non pochi dubbi fra i rappresentanti degli studenti ecc. Io per esempio non so quanto sarei capace di pagare quelle tasse. Per fortuna questo sara’ il mio terzo anno e avro’ ancora il vecchio sistema. La riforma in se’ e’ molto buona ma, come qualcuno ha gia’ sottolineato, anche pericolosa.

  8. Alessandro Figà Talamanca

    Vorrei osservare che dall’anno 2000-01 l’Istituto Nazionale di Alta Matematica bandisce 40-50 borse di studio (4000 euro l’anno) per chi vuole iscriversi a matematica, in qualsiasi sede. La selezione è sulla base di una prova scritta nazionale che si può sostenere nelle diverse sedi (nessuna condizione di reddito). La borsa è rinnovabile per chi completa gli esami entro ottobre e con la media di almeno 27. Penso che una iniziativa di questo tipo dovrebbe essere estesa a tutte le discipline.

  9. Dr. Felice Di maro

    Sono nato a Napoli il 23 febbraio del 1948 e il 23 febbraio mi sono laureato in economia presso l’università Politecnica delle Marche, sede di San Benedetto del Tronto. Vivo con 1100 circa di pensione per vari debiti. Non posso avere la borsa di studi perchè negli anni ottanta sono stato iscritto alla Sapienza di Roma. L’articolo è importante perchè mette in evidenza quanto sia lontana la meritocrazia dal diritto effettivo allo studio e naturalmente indipendente dall’età. Con i meritevoli di Trento sono pronto ad un confronto con un contradditorio pubblico sui temi, e oggetto di esami e di corrente attualità. L’inerzia di comportamenti va condannata senza se e senza ma. Bisogna però riconoscere che la società è cambiata e le leggi no e quello che è veramente triste è che non si vogliono cambiare. E Trento ne è un esempio eloquente.

  10. Marco Maggi

    Premiare il merito va bene ed è anche possibile rendere le valutazioni credibili dove possibile: basta togliere ai docenti un po’ di arbitrio tnel dare voti; se si insegna "a fare" (con simulazioni di progetto, applicazioni e analisi) invece che "a dire" la valutazione è necessariamente piú oggettiva. A filosofia magari non si può, ma a ingegneria, matematica, fisica… Dare a tutti la possibilità di frequentare l’università è impossibile, però si può togliere valore legale alla laurea.

  11. Stefania Sidoli

    Ammetto che trovo la proposta di Trento stimolante, certamente innovativa nelle modalità, forse utile nel contesto in cui quell’università opera. E tuttavia il problema di coniugare tutti e tre i fattori, merito-diritto-equità,rimane: a Trento e nella totalità delle università italiane. Perchè è certo che chi ha le capacità intellettuali, chi del percorso verso la laurea vede fatiche e prospettive, chi non ha paura di sacrificarsi pur di mettersi in gioco e raggiungere un successo non solo economico, chi ha curiosità verso la vita ha il diritto di frequentare l’università (una buona università) a prescindere dal reddito familiare che con tutto ciò nulla ha a che fare. Ed ha diritto a vedere che le sue qualità, il merito, vengono non solo riconosciuti ma rappresentano fin dall’università una differenza positiva. Ma perchè questo sia possibile-non in linea teorica ma nei fatti-ci vorrebbe un’equità praticata e possibile, che l’alto tasso italiano di evasione ed elusione fiscale il più delle volte impedisce. Anche se non è la sola ragione di un modello ancora discriminante, ne rappresenta ancora un tassello determinante.

  12. alberto reyes

    Non ho capito perché a chi ha un reddito alto se meritevole si tagliano le tasse. Un regalo ai ricchi. Dietro all’ideologia del merito si nasconde la solita selezione di classe. Prima si preveda un sistema di borse di studio che realisticamente permetta a chi non può di accedere all’università (considerando affitto + vitto + tasse + libri e il resto), poi si pensi al merito. Certo che, ripeto, tagliare le tasse al ricco di turno perchè è bravo mi fa sorridere.

  13. franco conte

    Plaudo anche come professore universitario all’iniziativa trentina. Da molto tempo sono convinto che l’Universita’ dovrebbe costare o moltissimo o niente. Chi vuole a tutti i costi seguire i corsi anche se con basso profitto, paghi per i meritevoli. Occorrono certo politiche per le pari opportunita’, ma non e’ compito delll’Universita’: questa deve avere l’obbiettivo di formare studenti al piu’ alto livello scientifico possibile.

  14. Alex Bernard

    Sottoscrivo appieno l’intento della riforma proposta dal Prof. Cerea. Da suo ex studente mi dispiace solo di essere in dirittura d’arrivo e non potere fruire di questa opportunità. Perchè di opportunità si tratta. Íl precedente sistema era ben più iniquo e regressivo, esso gravava (come in fondo ´l’intero sistema di tassazione in Italia) sulla classe media, ovvero su quel gruppo di giovani che non rientrano né fra il 15% dei beneficiari di borse (fra cui vi sono molti evasori, a proposito a quando, una revisione dell’Isee, privo di loopholes?), né fra quel tot% di “ricchi”.
    Avere una casa privava praticamente chiunque dell’accesso alla borsa. Ma per studiare cosa dovrebbe fare, vendere la casa? Cambiare residenza?
    Molto meglio così. Rimboccarsi le maniche e sudare sui libri. Per passione o per il proprio futuro.

  15. Enrico

    Il diritto allo studio universitario è una favola tutta italiana, probabilmente retaggio del ’68. Quasi tutti confondono lo studio universitario con l’alfabetizzazione. Mi sembra che lo stato italiano dia pieno diritto a chiunque, abbiente o meno, di arrivare a conseguire un diploma di scuola superiore. L’universita’ e’ una cosa diversa. O almeno dovrebbe essere diversa. Dovrebbe essere una scuola elitaria per definizione, che prepari con alti standard la classe dirigente del paese. Il merito dovrebbe essere l’unico parametro per accedere e proseguire negli studi universitari. E’ cosi’ in tutti i paesi del mondo. L’unica cosa che lo Stato dovrebbe fare e’ mettere in piedi dei sistemi di finanziamento super agevolato per gli studenti, come esistono in altri paesi. Ma con il sistema creditizio che ci troviamo in Italia la vedo una sfida molto difficile.

  16. camilla

    Chiaramente questa riforma dà la possisibilità di studiare a molte più persone. Ma, nonostante i vari articoli, blog, e quant’altro tenti di spiegare come sarà il metodo di pagamento, mi sorgono ancora dei dubbi… E’ chiaro ormai che chi ha redditi bassi e medie alte non pagherà la retta universitaria, però se non erro, con il vecchio sistema di pagamento, veniva erogato un contributo annuo che arrivava fino a 4.500€ per coloro che facevano parte di questa categoria. Ora come funziona? vi è solo l’esonero dal pagamento delle tasse? e i libri di testo (circa 500€ annui) chi li paga? Le famiglie a basso reddito non potranno comunque permettersi di iscrrivere il figlio all’università con la speranza che dopo 5 anni prenda una borsa di studio. Altra cosa sospetta ed incomprensibile: hanno creato tre tipologie di approcio allo studio: full time, part time e per coloro che lo fanno a tempo perso, come funziona in tal caso il pagamento?

  17. Valentina

    Sinceramente, non sono affatto d’accordo…non mi pare che la maggior parte delle università sia ancora attrezzata per accogliere un così grande numero di persone che si insedierà nelle facoltà…come gli studenti universitari sapranno bene, soprattutto durante il primo anno,ci sono molti problemi organizzativi. Che crescerebbero in maniera esponenziale con questo nuovo sistema introdotto dall’Univeristà di Trento. Ritengo invece che,i n quanto categoria di istruzione superiore alle altre(come scuole medie inferiori e superiori),il metodo di insegnamento dovrebbe essere più selettivo e mirato,con classi di numero ristretto (e ovviamente con la conseguente assunzione di più personale docente),invece di ritrovarsi con corsi in cui 400 persone tentano di captare ciò che il docente spiega!

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