Lavoce.info

LA BELLEZZA? E’ MEZZA RICCHEZZA

E’ opinione comune che altezza e bellezza siano di aiuto non solo nella vita in generale ma anche sul lavoro, determinando stipendi più alti per chi è esteticamente più “dotato”. Alcuni studi recenti sfatano però questo mito. Bellezza e altezza sono importanti nell’ adolescenza perchè incidono positivamente sull’autostima.  Ed è questo, a ben vedere, che nella vita adulta può fornire un vantaggio, anche salariale. Sia per gli uomini sia per le donne.

E’ opinione comune che essere belli sia di aiuto non solo nella vita in generale, ma anche sul lavoro. La letteratura scientifica conferma questa opinione (1). Per esempio, un noto studio basato su interviste di lavoratori canadesi e statunitensi correla i salari con la bellezza, quest’ultima misurata soggettivamente dall’intervistatore. La maggior parte dei soggetti (circa 55%) è classificata di “bellezza media”, ma non mancano i molto brutti e i molto belli (2). L’analisi statistica conferma l’esistenza di un premio salariale (in media) per i belli. Quel 32% degli uomini che sono di bellezza superiore alla media riceve un premio salariare del 5% rispetto agli uomini di bellezza media, mentre quel 9% degli uomini che sono più brutti della media ha un salario inferiore del 9%. Fra le donne, il premio salariale medio per le belle è 4%, la penalità media per le brutte è 5% del salario. Anche gli alti se la passano bene. Un altro articolo, che peasseremo in rassegna tra breve, mostra che ad ogni centimetro di altezza adulta in più corrisponde un premio salariale di circa l’1% in media. I belli e gli alti, insomma, guadagnano di più.
Come si spiegano il “premio alla bellezza” e il “premio all’altezza”? Tali premi salariali di solito sono assimilati a fenomeni classicamente discriminatori, come le differenze salariali associate con la razza o il sesso. Infatti, per la maggior parte delle occupazioni, non ci aspettiamo che la bellezza o l’altezza influiscano sulla produttività. Perciò, per spiegare il premio alla bellezza o all’altezza si invocano una gamma di fattori di carattere discriminatorio, dai socio-culturali (la bellezza/altezza è desiderabile nel nostro immaginario culturale, ed è quindi premiata inconsciamente) a quelli evolutivi (siamo condizionati ad apprezzare bellezza e altezza come segnali di "buoni geni", cioè di geni resistenti a malattie dell’infanzia). Dunque, appare esservi un’abbondanza di spiegazioni per il premio alla bellezza o all’altezza. Ma queste spiegazioni sono proprio vere?

ALTI? MEGLIO “DA PICCOLI”

Un recente articolo (3) suggerisce di no. L’articolo, basato sull’analisi di ampie indagini a campione inglesi e statunitensi, mostra che, benché i maschi adulti alti guadagnino mediamente di più degli adulti bassi (circa 1% del salario per ogni centimetro in più, sia in Inghilterra che negli USA), il premio salariale all’altezza afferisce non all’altezza da adulti, ma bensì all’altezza da adolescenti. Cioè, l’analisi dei dati mostra che un adulto basso che però era relativamente alto da adolescente riceve lo stesso vantaggio salariale di un adulto alto (e che era anche alto da adolescente). Di converso, un adulto alto che però era un adolescente relativamente basso non riceve (in media) il vantaggio salariale che corrisponderebbe alla sua altezza da adulto. I dati rivelano altresì che l’altezza pre-adolescenziale non contribuisce al premio all’altezza, né il premio all’altezza riflette uno sviluppo precoce (4). L’articolo mostra, dunque, che il “premio all’altezza adulta” non esiste; gli adulti alti guadagnano di più perché, in media, erano relativamente alti anche da adolescenti. Ciò che esiste è il “premio all’altezza da adolescenti”. Siccome l’altezza da adolescenti non è di solito nota sul posto di lavoro, si sospetta che il premio salariale afferisca ad un qualche fattore correlato all’altezza da adolescenti. La fiducia in se stessi, o altre qualità analoghe, appaiono quali fattori plausibili.
Questa analisi sfata un mito: il premio all’altezza non riflette una discriminazione o preferenza presente nell’ambiente di lavoro. L’apparente discriminazione, in realtà, riflette un fattore plausibilmente produttivo (forse la fiducia in se stessi) ma difficile da misurare.  Le spiegazioni evolutive, culturali, etc., non giocano dunque un ruolo, o se lo giocano, è un ruolo che si svolge nell’adolescenza e che possibilmente si ripercuote nella produttività da adulti attraverso un altro fattore: la fiducia in se stessi, appunto.

FIDUCIA IN SE’ E PERCEZIONE DELL’IO

E’ possibile che fattori analoghi operino nel caso del premio alla bellezza? Uno studio in tal senso non esiste ancora. Però vi sono degli studi condotti da psicologi che dimostrano che l’immagine di se stessi si forma appunto durante l’adolescenza, e poco si adatta alle mutate circostanze dell’età adulta. Uno studio interessante (5) chiede a un campione di ragazze americane il loro “ livello di soddisfazione con il proprio corpo” all’età di 18 anni e, allo stesso tempo, compila delle valutazioni “obiettive” sulla loro bellezza a 13 e 18 anni, chiedendo a dei “giudici” di valutare la loro bellezza in fotografia. L’analisi dei dati mostra che, per queste ragazze, il livello “soggettivo” di soddisfazione con il proprio corpo all’età di 18 anni è correlato alla bellezza “obbiettiva” a 13 anni, ma non alla bellezza “obiettiva” a 18 anni. Dunque, per le ragazze soggette allo studio, l’immagine di se stesse si ècristallizzata attorno ai 13 anni e non si è adattata alle circostanze sopravvenute dopo. Sembra ragionevole che anche la fiducia in se stessi sia “permanentemente determinata” dalla bellezza da adolescenti. In questo caso anche il premio alla bellezza, che i dati evidenziano, potrebbe mascherare un premio alla fiducia in se stessi.
I risultati ottenuti riguardo all’altezza fanno riflettere sull’interpretazione di una vasta letteratura che misura la discriminazione razziale, per sesso, e per altre importanti caratteristiche visibili. E’ possibile che, come per l’altezza, anche parte delle disparità salariali associate con la razza, o con il sesso, siano dovute a fattori "produttivi" di difficile misurazione, quali la fiducia in se stessi. Ovviamente la metodologia utilizzata per l’altezza non può essere applicata alla razza, o al sesso, poiché mentre l’altezza da adolescenti differisce da quella adulta, il sesso o la razza da adolescenti non mutano nel tempo.

E PER CHI CAMBIA SESSO?

A dispetto di questo ostacolo, un divertente studio ha fatto uso del solo caso in cui il sesso varia nel tempo: il cambio di sesso operato dai transessuali (6). Lo studio ha misurato la variazione del salario di 18 uomini che si trasformarono in donne, e di 25 donne che si trasformarono in uomini (7). E’ interessante che, mentre coloro che si trasformarono in donne ebbero in media una diminuzione di salario, le donne trasformate in uomini ebbero un incremento di salario. Naturalmente è rischioso generalizzare da questo campione singolare. Però, con tutte le cautele necessarie, questo studio sarebbe consistente con l’ipotesi discriminatoria classica, cioè che il premio salariale afferisce al sesso, come percepito nell’ambiente di lavoro.
In conclusione, il messaggio per i lettori adulti è questo: se eravate alti da adolescenti, il vostro salario riflette in parte la sicurezza in voi stessi; se non lo eravate, vi meritereste un salario più alto. Le lettrici, invece, sappiano che il premio all’altezza per le donne esiste, ma afferisce all’altezza adulta, non a quella da adolescenti.

(1)Daniel S. Hamermesh e Jeff E. Biddle , “Beauty and the Labor Market.” The American Economic Review, Vol. 84, No. 5, (Dec., 1994), pp. 1174-1194.
(2)L’intervistatore attribuisce a ogni soggetto un livello di bellezza scelto fra cinque possibilità, da “homely” (brutto/a, circa l’1% del campione) fino a “strikingly beautiful” (bellissimo/a, circa 2.5% del campione).
(3)Nicola Persico, Andrew Postlewaite, e Dan Silverman  “The Effect of Adolescent Experience on Labor Market Outcomes: The Case of Height”. Journal of Political Economy 112 (2004), pp. 1019 – 1053.
(4)Cioè dall’aver raggiunto la propria altezza finale in età precoce.
(5) Gianine D. Rosenblum and Michael Lewis “The Relations among Body Image, Physical Attractiveness, and Body Mass in Adolescence” Child Development, Vol. 70, No. 1 (Jan. – Feb., 1999), pp. 50-64.
(6) Kristen Schilt  and Matthew Wiswall, “Before and After: Gender Transitions, Human Capital, and Workplace Experiences.” Manoscritto, New York University, Agosto 2006. Per trasparenza osservo: il Professor Wiswall è un mio college nel dipartimento di Economia alla New York University.
(7) I dati sono stati raccolti a conferenze per transessuali tenutesi a Seattle, Los Angeles, e Austin. I questionari riproducevano ldomande di una ampia indagine a campione amministrata negli Stati Uniti, la Current Population Survey.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Dalle gabbie salariali all'aumento dei consumi
Leggi anche:  Quanto incide il contratto di lavoro nelle scelte di fecondità

Precedente

COME DARE RISORSE AI MIGLIORI

Successivo

Alitalia: una privatizzazione molto privata

  1. Pietro Manzini

    L’altezza delle persone ha curve del tutto prevedibili e sostanzialmente fisse. Chi è nel percentile alto nell’adolescenza lì si trova anche da adulto, e viceversa. Dunque la distinzione tra età adulta e adolescenza non tiene. Quanto alla fiducia in se stessi, è mai stata fatta un’indagine sull’attività sportiva degli adolescenti? Scommetterei che da adulto un’ottima ala destra di 165 cm gudagna di più di un portierone di 190 cm, messo lì dai compagni perché inabile ad ogni altro ruolo. Mi sembrerebbe una indagine con presupposti più solidi. A proposito, in quest’ottica qualcuno può spiegare i guadagni del nostro Primo Ministro?

  2. Raffaele Piria

    Se esiste una correlazione tra bellezza (percepita dal soggetto o da occhi esterni) e ricchezza, la relazione causale potrebbe essere in entrambe le direzioni. La bellezza può in vari modi determinare un salario più alto, come discusso nell’articolo, ma si può anche ipotizzare che un salario più alto (o altre caratteristiche indipendenti ad esso associate, come per esempio una posizione socialmente piu’ ambita, un lavoro fisicamente meno logorante) determini un aspetto fisico percepito come bello. In parole povere: a) chi guadagna bene forse si prende più cura del suo aspetto fisico. Diventa "bello" perché è ricco. b) il nostro concetto di bellezza è in parte determinato dal modo in cui si presentano i ricchi (anche di questo vive l’industria della moda) . "Bello" e’ cio che è ricco, Anche di questo vivono le industrie della moda, pubblicità, cosmetica etc.

  3. Franco

    Trovo molto interessante lo studio riportato nell’articolo: sarebbe però necessario analizzare lo stato di reale sicurezza interiore profonda (cioè avulsa dall’attuale situazione socioeconomica) degli adulti presi in esame e confrontarla con i parametri estetici adolescenziali loro propri per verificare fino in fondo se vi sia corrispondenza tra i due elementi. Molti dati infatti concorrono a creare il livello di sicurezza in sè di una persona: in cui la percezione della propria immagine fisica è certamente importante ma non l’unico. Si potrebbe poi confrontarli con ciò che dice la fisiognomica in rapporto agli aspetti caratteriali, intesi come interrelazione organica tra psiche e soma. Ad ogni modo complimenti per il coraggio dimostrato nell’affrontare un argomento che da molti va considerato un tabù, in quanto visto come l’anticamera dell’eugenetica.

  4. Philippe Bracke

    Nelle economie avanzate molte persone lavorano nel settore dei servizi. Nel relazionarsi con gli altri, l’aspetto fisico gioca un ruolo importante. Anche in campi non sospetti, come l’investment banking o la consulenza legale, meglio essere belli che brutti. Spesso chi discrimina non è il datore di lavoro, ma il cliente. Perciò il datore di lavoro, da agente razionale, si adegua aumentando la domanda (e quindi lo stipendio) dei lavoratori belli.

  5. Pasquetta cherchi

    Rimane solo una opinione comune. Uno stereotipo. Io parlo sempre per esperienza personale e mi ricordo la mia classe delle superiori, quindi adolescenti, i maschi alti di una timidezza infinita, molto impacciati, non sapevano neanche ballare, a differenza dei tarchiati. Per noi ragazze di allora le alte sempre preoccupate di essere troppo alte per i ragazzi di cui volevano essere corteggiate. Le basse sempre in lotta con la bilancia. Concludo dicendo che subentrano innumerevoli fattori, secondo me non catalogabili per quanto riguarda la sicurezza in se stessi. L’educazione e la genetica sono due fattori inscindibili importanti che possono fornire vantaggi nella vita e anche la bellezza e l’altezza non lo neghiamo.

  6. Stefania Sidoli

    Che nel mondo dell’impresa privata il management – maschile e femminile- tenda ad essere alto e bello è un dato oggettivamente vero. E forse sarebbe strano pensare il contrario in una società nella quale l’immagine appare sempre più determinante: esiste una vera e propria identificazione tra il valore del marchio e la qualità estetica di chi lo rappresenta o lo presenta. E tuttavia non credo che la considerazione che ciascuno ha di sè sia legata alla percezione della propria bellezza. Sono convinta che l’autostima ( anche nell’adolescenza) derivi da una complessità di fattori: i modelli esterni, ma anche quelli proposti dall’ambientefamigliare, educativo, amicale. E dalla capacità di farne una sintesi personale che si traduce nella conoscenza di chi siamo e di chi vogliamo essere.Essere belli aiuta? Sì, ma è un aiuto che dà frutti solo se dietro la bellezza c’è altro. E questo altro diviene prevalente.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén