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ASPETTANDO LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI

Sempre più immigrati compongono la nostra forza lavoro. Questo spiega come mai vi sono 300mila disoccupati in più rispetto allo scorso anno e al contempo è cresciuta anche l’occupazione. Ora è importante riformare il meccanismo degli ammortizzatori sociali. L’esperienza Alitalia insegna che, in Italia, solo una parte dei lavoratori riceve sussidi, mentre un’altra parte ne è totalmente esclusa.

 

Lunedì, mentre infuriava la tempesta sui mercati finanziari, sono usciti i nuovi dati Istat dell’indagine sulle forze lavoro. Sono dati importanti su cui occorre riflettere: nell’ultimo anno in Italia, la disoccupazione è aumentata di un punto percentuale. Anche l’occupazione è aumentata. Il fatto che aumentino (e in modo consistente) sia la disoccupazione che l’occupazione può apparire strano, ma si spiega soprattutto col forte incremento della popolazione immigrata, tutte persone che sono sul mercato del lavoro, come occupati o disoccupati. In ogni caso, ci sono oggi in Italia 300.000 disoccupati in più di un anno fa.

Da mesi si discute degli esuberi Alitalia, dai 3 ai 5000 lavoratori per cui sono stati previsti ammortizzatori sociali molto generosi (fino a 7 anni all’80% della retribuzione).  Ma ci si dimentica di quel milione e settecentomila lavoratori disoccupati che non hanno un santo in paradiso, un premier che pur di far accettare la sua cordata è disposto a concedere trattamenti molto generosi. Solo un disoccupato su cinque in Italia riceve un sussidio di disoccupazione. Siamo alle soglie di una recessione nella quale il numero dei disoccupati potrebbe ulteriormente aumentare. Presto sentiremo anche i contraccolpi della crisi sui mercati finanziari con una stretta del credito all’impresa. Per questi motivi bisogna al più presto interrompere la pratica di dare ammortizzatori sociali molto generosi a pochi beneficiari. E’ tempo di fare una seria riforma degli ammortizzatori sociali in Italia.

Fonte: Istat – rilevazione sulle forze lavoro, secondo trimestre 2008.

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ANATOMIA DI UN SISTEMA

28 commenti

  1. daniele dotti

    Non riesco a capire come mai la così palese e sacrosanta verità di questo articolo non venga recepita da chi potrebbe fare qualcosa in merito, premetto che ho 45 anni, disoccupato e che nessuno mi vuole più assumere perchè sono "vecchio", come faccio ad arrivare alla pensione? E sopratutto come faccio ora a mangiare e arrivare alla pensione? Volevo ringraziare per questo bell’articolo e spero che insistiate ancora su questo punto.

  2. vaglio serena

    Nel marasma esistenziale di chi è senza lavoro, di chi è “fuori”, anche solo sentirsi presi in considerazione può essere d’aiuto. E già! Per chi non ha scelto di indossare la divisa o di fare l’insegnante, per chi non se la sente né di fare l’infermiere, né di farsi sfruttare da un mercato del lavoro con i forti sempre più rinforzati ed i deboli sempre più esanimi, è dura farsi starda. La vita, che finché c’è la salute, dovrebbe essere bellissima è tanto più esacerbata quanto più un problema sociale viene fatto vivere come una colpa soggettiva.

  3. giovanni delfino

    Fa riflettere, caro Prof. Boeri, come di tanto in tanto, su questo "foglio on line" riappaiano le stesse parole e i medesimi appelli: fu proprio su lavoce.info, se non ricordo male, che circa due anni fa lei lanciò la sfida del "Reddito Minimo di Cittadinanza", e oggi torna sull’argomento- con un tono un pò dimesso e a tratti arreso a mio parere, ma visti i tempi che corrono e i leader politici che ci ritroviamo, non posso che comprendere le sue preoccupazioni – parlando di riforma degli ammortizzatori sociali. Ma non ha la terribile sensazione di rivolgersi a un muro di gomma? Secondo lei c’è veramente qualcuno, nella nostra classe politica che percepisce il problema fondamentale del sostegno al reddito o alla flessibilità, in definitiva alla crescita? Io non vedo dibattito politico su questo argomento: non è elettoralmente redditizio, almeno non nella misura in cui lo sono. Si tratta di temi scomodi che non fruttano valanghe di voti, come le sterili polemiche sul nucleare (intanto il nostro paese è uno dei pochi a non essersi dotato di sito stoccaggio delle scorie) o le continue bordate sulla questione sicurezza che non viene affrontata con raziocinio, ma con accenti puramente populistici. Io che 29 anni, mi trovo nella condizione di non poter cambiare lavoro, di non poter investire tempo (che dedico al lavoro) né danaro (a causa del basso livello di reddito) nella formazione. Non solo precario, un inamovibile precario!

  4. GIANLUCA COCCO

    Condivido il discorso che non è giusto essere generosi con pochi dimenticandosi dei più, ma bisogna capire in che direzione intevenire. L’Italia ha aumentato negli ultimi anni la quota per le politiche del lavoro c.d. passive o di supporto, ma resta tra i Paesi meno generosi nel sostenere coloro che si ritrovano senza un lavoro, sposando teorie sull’inopportunità di essere generosi che l’esperienza dei paesi a piu alto tasso di occupazione smentisce. Molte di queste risorse vengo peraltro trasferite alle imprese in cambio di un’assunzione che spesso avverrebbe a prescindere dall’incentivo. Inoltre, siamo ormai forse l’unico Paese che non prevede alcuna forma di indennita’ di dissocupazione puramente assistenziale, ma contempla solo tipologie legate al precedente periodo lavorativo. Gran parte degli ammortizzatori sono appannaggio delle imprese con piu’ di 15 dipendenti, escludendo quelle con un organico inferiore, spesso legate alle prime da rapporti di subfornitura. Si vuole superare questa segmentazione e si vuole entrare in un’ottica redistributiva a favore di coloro che sono involontariamente disoccupati o si vuole riformare rimanendo ancorati a teorie ampiamente sconfessate?

  5. Vanni Folli

    Ho la sensazione che se questa riforma non e’ ancora stata messa in opera dopo anni di governo sia di sinistra che di destra, e’ perche’ avrebbe un costo insostenibile per le nostre scassate finanze. Qualcuno "che sa" puo’ illustrarci sull’ipotetico costo di questa riforma?

  6. andrea serra

    Una tale riforma infatti andrebbe variamente raccordata ad altri contesti politico-normativi: la "flessicurezza"; il nostro(attuale) profilo giuslavoristico (le tutele degli insider, ad esempio); i caratteri negativi del mercato del lavoro (mancanza politiche attive, inefficienza servizi pubblici (SPI, servizi all’infanzia), debolezze dei mercati del lavoro (dualismo territoriale, dualismo di genere) elevato numero di inattivi e disoccupati); incapacità della nostra economia di creare posti di lavoro(troppi disoccupati=troppi costi); le esigenze di flessibilità (quella in entrata, anticamera del lavoro "sicuro" o della precarietà, che non è oggetto di concertazione tra le parti a differenza della flessibilità interna variamente interessata da pratiche di consultazione e contrattazione); l’elevato costo del lavoro; il basso livello dei salari; il ruolo degli attori sociali ed economici; l’invecchiamento (inattivo) della forza lavoro e della popolazione. Quali di questi tralasciare? Non credo che sia ne un problema di volontà politica ne di forza parlamentare e/o sociale, ma solo di difficoltà ontologica del nostro paese (politico e sociale) ad afforntare situazioni complesse.

  7. Paolo

    Non posso che condividere l’analisi di Tito Boeri. Tuttavia ambiti critici per lo sviluppo del Paese, non coinvolgono sono le cifre enormi degli ammortizzatori sociali improduttivi, ma penso anche settori strategici dello sviluppo com Università, Enti di Ricerca ecc., imbalsamati con un costo sociale esorbitante rispetto al loro rendimento in termini qualitativi. Avere sempre più laureati di basso livello (penso alla diabolica soluzione del 3+2) ha drammaticamente innalzato il numero degli iscritti all’università, ma anche abbassato drammaticamento il livello qualitativo. 85 sedi universitarie in Italia sono il segno che manca il senso del ridicolo ….tanto paga sempre Pantalone. Vedersi valutati nei consorsi universitari da commissari che hanno meno titoli dei candidati in termini di esperienza, pubblicazioni, impact factors, citation index ecc. è disarmante, ma ahimè reale quotidianità). Ci sarà mai una soluzione al problema visto che la baronia universitaria è trasversale in Parlamento? Personalmente sono pessimista. L’Italia è un Paese bello….ma inutile e governare gli italiani impossibile.

  8. T. Gennari

    Da quanti anni si parla di ammortizzatori sociali reali in Italia? Perché non è stato fatto nulla nei tempi di vacche grasse (fine anni ’90)? Perché nessun governo ha mai fatto niente di effettivo in questo campo?

  9. Luigi Scrivani

    Come sottolinea il prof. Boeri, anche l’esperienza Alitalia mette in mostra i limiti del meccanismo degli ammortizzatori sociali. Non é un caso che ad ogni inizio legislatura, corrisponda l’enunciazione di una loro inevitabile riforma, salvo poi intervenire con le solite misure tampone. Accanto ad un migliore e piu equo uso delle risorse pubbliche, vorrei però sottolineare quanto possa essere rilevante il contributo di un sistema di ammortizzatori finanziati da risorse contrattuali, ed erogati dalla bilateralità. Pensiamo alle esperienze del settore artigiano, del terziario, e della somministrazione di lavoro, come ulteriormente dimostrato dal nuovo contratto collettivo. Poiché l’attuale Governo si propone di ampliare il ruolo e le funzioni della bilateralità nell’erogazione delle prestazioni, fino a disegnare un nuovo sistema di welfare nel quale il sostegno delle risorse contrattuali sia sempre più determinante, perché non iniziare a monitorare quello che già oggi é realtà consolidata? Attraverso il monitoraggio delle esperienze sopra citate, si potrebbe avere la misura quantitativa delle risorse in campo e degli ambiti lavorativi in cui esse vengono impiegate.

  10. Giacomo Dorigo

    Premesso che a nessuno piace perdere il lavoro e finire in cassa integrazione e che non lo auguro a nessuno, trovo comunque che ci siano due ingiustizie in come viene gestita questa pratica. La prima è quella che fa notare il prof.Boeri nel suo articolo, cioè il fatto che solo i dipendenti di alcune aziende hanno il privilegio di poter accedere a forme di sussidio per la loro disoccupazione. La seconda è che con il meccanismo della cassa integrazione il sussidio corrisposto è proporzionale allo stipendio che veniva percepito prima di perdere il lavoro. Io sono un sostenitore del merito e sono perfettamente d’accordo che ognuno venga retribuito in base alla responsabilità e difficoltà insita nel suo lavoro, ci mancherebbe! Tuttavia mi pare fortemente ingiusto che i disoccupati, che sono tutti nella medesima condizione lavorativa, vengano discriminati in base alla loro storia passata.

  11. lucio

    Le tutele sociali in Italia sono molto inique: i dipendenti pubblici e delle ex società parastatatali (Alitalia, Enel, Eni, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato) e in misura minore quelli delle grandi aziende sono ipergarantiti o comunque ben tutelati, e poi esistono tutti gli altri a partire dai disoccupati che non hanno alcuna tutela o protezioni molto blande e devono contribuire in misura notevole a garantire i super protetti. Tale vergognosa iniquità costituisce, oltre oltre che una palese ingiustizia sociale, una delle principali cause dell’inefficienza del sistema paese.

  12. Claudio Resentini

    Che occupazione e disoccupazione aumentino simultaneamente può apparire strano solo se non si conosce l’andamento reale storico del mercato del lavoro e se si crede che i flussi in ingresso nello "stock" degli occupati provengano dal bacino dei disoccupati, mentre invece il flusso maggiore arriva dalle cosiddette "non forze di lavoro". Relativamente alla situazione attuale, Boeri sottolinea giustamente il fenomeno, relativamente nuovo in Italia, dell’immigrazione straniera, ma anche con riferimento soltanto alla popolazione indigena in periodo di vacche magre, con salari sempre più arrancanti di fronte al costo della vita e precarietà dilagante, è normale che aumenti il numero delle persone che cominciano a cercare lavoro: taluni lo trovano e si trasformano in occupati, altri no e diventano disoccupati. Sono fenomeni "fisiologici". Sulla riforma degli ammortizzatori sociali dico soltanto, per questioni di spazio, che vista la deriva patologica verso la precarietà è evidente la necessità di ripensare tutta la materia, ma continuo a trovare poco pertinente e tendenziosa la continua contrapposizione “insiders/outsiders” che serve solo a divide i lavoratori.

  13. Fiorenzo

    Egregio Prof.Boeri, sarebbe interessante scomporre il fenomeno disoccupazionale nella parte italiana ed in quella straniera: naturalmente la sola parte problematica è la prima visto che, secondo la legge, uno straniero puo’ stare in Italia solo per svolgere un lavoro regolare con la conseguenza che, se lo perde, deve tornare al suo Paese. So bene che la volontà governativa di fare rispettare la legge sull’immigrazione è ancora scarsa, nonostante i buoni intendimenti di Maroni, ma, almeno, che non si applichino gli ammortizzatori sociali ai disoccupati stranieri i quali, lo ripeto, non ne hanno diritto in quanto non hanno diritto a stare in Italia come disoccupati e, il va sans le dire, come lavoratori in nero.

  14. Vito Carchia

    Ancora una volta si è messo il dito nella piaga, si è evidenziato come in un paese come il nostro gli ammortizzatori sociali sono un privilegio di pochi. Per molti anni ho fatto attività sindacale nel settore del commercio e del turismo, ho avuto l’onere di affrontare molte crisi aziendali e sempre senza uno straccio di paracadute per i lavoratori interessati. Mentre per tanti, troppi lavoratori dopo il licenziamento c’è solo il rischio di un periodo estremamente duro, per altri e relativamente pochi, per coloro che fanno notizia, che possono finire sui giornali e sugli schermi televisivi, si fanno interventi sia a favore delle imprese, caricando sul pubblico i debiti, sia a favore dei lavoratori con un cospiquo sostegno al reddito. Non credo che il problema sia solo quello dei costi, credo che sia sopratutto la non volontà, politico e sindacale, di affrontare veramente il problema, abbandonando la logica del sostegno passivo al reddito per passare ad un sostegno attivo, finalizzato a dare vere e nuove occasioni di lavoro. Così come è ora di finirla con la logica del tirare fuori la riforma degli ammortizzatori sociali per far ingoiare pseudo riforme del mercato del lavoro.

  15. Antonio Nota

    Son perfettamente d’accordo con una riforma degli ammortizzatori sociali ben regolati e ben precisi per una durata limitata nel tempo. In realta una delle ragioni per le quali gli ammortizzatori sociali in Italia sono pressoche inesistenti e’ dovuta alla asfissiante presenza del sindacato e alla debolezza/inettitudine dei politici In realta il sindacato come tutte le altri attivita lobbistiche cerca di svolgere il proprio ruolo contrattando di volta in volta con il politico di turno il tema degli ammortizzatori perche’ la contrattazione rappresenta potere. Una riforma degli ammortizzatori sociali regolati per legge e non secondo le compagnie che falliscono rappresenta per il sindacato una possibilita in meno di sedersi ad un tavolo politico e sbattere sul tavolo le migliaia di tessere (voti) che rappresentano. In realtà in sindacati cosi facendo aumentano solo la distanza tra gli stessi insider e tra gli outsider e gli insider e il tutto porta ad un equilibrio non ottimale del mercato del lavoro in cui un dipendente alitalia puo’rimanere a carico della collettivita’ per 7 anni e un giovane senza lavoro rimane a casa dei genitori a tempo indeterminato.

  16. ettore ricolfi

    I soldi, per insistere diabolicamente nelle politiche demenziali volte costantemente a favorire i soliti noti, pero’ si trovano sempre:

    “Flop per lo «sportello Biagi», solo 32 occupati
    Fallito il progetto che doveva dare lavoro ai milanesi più sfortunati. Dopo tre anni l’esperienza si è chiusa. Spesi 4 milioni di euro “
    http://www.corriere.it/vivimilano/cronache/articoli/2008/09_Settembre/12/sportello_biagi_flop_lavoro_poche_persone.shtml?fr=box_primopiano

    Ma i 4 milioni di euro qualcuno li ha incassati…e di fronte ad inganno, concussione, truffa e malafede c’e’ ben poco da ragionare o da auspicare, ma le elezioni europee sono ormai prossime e quindi…

  17. Giulio Marini

    Osservando il grafico, quindi andando a occhio, non si direbbe che negli ultimi 4 trimestri sia aumentato il numero assoluto di disoccupati stranieri: oltretutto l’andamento sembra essere uguale in termini di derivata prima (l’inclinazione della spezzata). L’unica differenza sembra essere quella della popolazione che è cresciuta in proporzione più degli occupati e disoccupati (forse per i ricongiungimenti? me lo auguro per i lavoratori e le lavoratrici che stanno soli). Quindi, pur condividendo pienamente le altre analisi del prof. Boeri, mi domando se non sia il caso di evitare di far sembrare che la disoccupazione sia problema portato da loro: semmai è il contrario!

  18. Marco Giovanniello

    "Un premier che pur di far accettare la sua cordata è disposto a concedere trattamenti molto generosi". Alitalia ha perso quote di mercato da tempo, tuttavia mai è stato possibile fare la necessaria ristrutturazione. Tutti i Governi precedenti, beninteso anche quelli guidati dall’ attuale premier, hanno scelto una forma molto più costosa di ammortizzatore sociale, cioè il metodico ripianamento delle perdite di Alitalia. I "trattamenti molto generosi" sono comunque un risparmio per le casse pubbliche rispetto a quanto visto fin qui e, con un po’ di fortuna, un aiuto di Stato più intelligente, se permetterà di avere un’ Alitalia che stia sui suoi piedi. E’ utopistico pensare che i sindacati avrebbero accettato trattamenti meno generosi.

  19. luigi zoppoli

    Un governo con una robusta maggioranza è quello che potrebbe incidere sul tema degli ammortizzatori sociali come su altre cancrene del paese. Anche la lettura di Delirium Tremons mi ha confermato quali sono i limiti di approccio del governo in carica caratterizzato da Alitalia e da iniziative di riduzione di spesa lodevoli in linea di pricipio ma prive di obiettivi e di sensatezza. Di questi tempi, tuttavia, oltre agli ammortizzatori sociali ci sono i problemi legati alla precarietà ed al livello inadeguato di stipdnei e salari falcifìdiati dall’inflazione e dal fiscal drag. E a leggere i documenti non si piò che rimanre stralunati.

  20. Gasil Cambrè Sensi

    Mi pare ancora una volta eccessivo che ogni volta che si parla di lavoro e dei problemi dei lavoratori la responsabilità sia scaricata sul sindacato. Solo una lettura ideologica della attuale società può giustificare un atteggiamento di questo tipo. Il problema della riforma è urgente. Nell’immediato basterebbe solo controllare l’uso, corretto o meno, che se ne fa dello strumento: è utile ad attutire le ricadute sociali delle crisi o uno strumento di gestione del costo del lavoro?

  21. salvatore

    Continuiamo pure a fare elucubrazioni su come e perchè fare degli ammortizzatori sociali equi, ma ci dimentichiamo di considerare che chi dovrebbe governare, di destra di centro o di sinistra, non è altro che un insieme di politicanti controllati da mafia e camorra che devono costantemente pensare alla propria poltrona. Nel caso qualcuno dubitasse di questo, lo inviterei a considerare queste accoppiate: Berlusconin/Dell’Utri Veltroni/Bassolino Casini/Cuffaro. Ora vi faccio una domanda: pensate che con questi personaggi si possa andare da qualche parte? Se questa feccia non viene buttata fuori dal parlamento noi staremo a discutere di questi e altri problemi per altri 100 anni senza risolvere quello che, per esempio, in Spagna è risolto da tempo. E, nel caso pensaste che sono un maniaco antipolitico vi invito a leggere il libro "Il ritorno del Principe" e/o ascoltare http://ritornodelprincipe.dolmedia.tv/ Ultima domanda, dopo aver visto su RAI3 una trasmissione che ricostruiva alcuni fatti di mafia a Bagheria: che Paese è il nostro che dopo che è stato condannato Cuffaro a 5 anni questi viene portato in Senato da Casini? E Casini, fervente Cattolico, come lo collochiamo?

  22. DDPP

    Sono direttore del personale di aziende private da molti anni. Come molti colleghi ho partecipato alla vita delle associazioni industriali. Ho partecipato alle contrattazioni nazionali e territoriali. A parte qualche episodio di intolleranza ideologica, i rapporti con il sindacato sono sempre stati corretti e sopratutto costruttivi. Nelle occasioni più conflittuali: chiusure di aziende, crisi aziendali, cassa integrazione, mobilità è sempre stato possibile trovare accordi nei quali si contemperavano esigenze dei lavoratori, ma anche il contesto complessivo dell’azienda. Osservando la vicenda Alitalia, mi è sembrato che l’attore sindacale non abbia mai tenuto in considerazione la sopravvivenza dell’azienda a lungo termine. Dietro le parole di rito: piano industriale, interessi del paese, si è sempre celata la conservazione degli interessi specifici di quei particolari lavoratori e del potere che da loro promana verso la rappresentanza sindacale. Un esempio: non sono riuscito in alcun modo a trovare in rete copia degli accordi integrativi di Alitalia. Ho chiesto ad un amico del ministero del lavoro mi ha detto che quei contratti sono visibili solo a livello di direzioni generali. Non so se corrisponda al vero, ma come cittadino sarei comunque interessato a prenderne visione. Da tutta questa vicenda promana un’aura di opacità e di sottobosco. Come potranno le nostre aziende ed i sindacati territoriali andare a discutere di mobilità o cassa integrazione per i dipendenti normali a mille euro al mese lordi come massimale se poi ad altri viene dato l’80% della retribuzione (e quale retribuzione quella di fatto, quella contrattuale o quella complessiva con le maggiorazioni?) per 84 mesi! Francamente avverto un profondo disagio come cittadino e come contribuente, se le parti che si ammantano degli interessi generali, Ministero del Lavoro (Welfare?) e sindacato non riescono raggiungere una sintesi che tenga in evidenza anche il resto del paese.

  23. Rossi Guerriero

    Io sono soltanto un operaio che ogni mattina si sveglia alle 6:00 per andare al lavoro. Tutto ciò che so di economia lo devo alle mie letture. Io so che i tipi di welfare si dividono in tre tipi: particolaristico, residuale, universalistico. Quello particolaristico è quello italiano. Esso eroga i sevizi di welfare soltanto a chi ricopre o ha ricoperto un lavoro. Esso è tipico dei regimi conservatori. Quello a cui si dovrebbe puntare è il welfare universalistico, tipico dei regimi socialdemocratici (Scandinavia). Per fare ciò, però, occorre un semplice ma difficilissimo cambio di prospettiva. Si deve capire che un welfare forte è possibile soltanto se tutti fanno il proprio dovere consentendo una drasticamente maggiore redistribuzione della ricchezza. I ricchi devono essere meno ricchi e i disonesti devono pagare le imposte.

  24. marco de rossi

    Brunetta sta eliminando qualche decina di migliaia di operatori della scuola (che notoriamente in Italia non vola..), saranno applicati 7 anni di mobilità al 80% anche a loro? E poi ai prossimi esuberi del settore sanità pubblica? Si tratta solo di sporche manovre politiche per indebolire la base del centro sinistra, scuola e sanità, e mantenere quella del centro destra, piloti e assistenti. Il problema poi non sono i sussidi ma la mancanza di posti di lavoro. I fattori della produzione: capitale, strutture, know how, sono stati trasferiti nei paesi dell’est e dell’asia dove il fattore mano d’opera non manca e costa e pretende molto meno di quello occidentale. Con il debito che ci ritroviamo i sussidi di disoccupazione urbi et orbi non ce li possimo permettere, ovvero ci si potrebbe anche indebitare in previsione di una eventuale reversibilità degli investimenti strutturali in occidente, ma chi spera?

  25. gioegio

    Basta con questa mistificazione gigantesca. Merito e mercato non c’entrano nulla l’uno con l’altro. "Io sono un sostenitore del merito e sono perfettamente d’accordo che ognuno venga retribuito in base alla responsabilità e difficoltà insita nel suo lavoro, ci mancherebbe!" Falso. Il lavoro è retribuito in base al valore *sociale* che non è minimamente collegato a fatica, impegno e complessità del compito. Questa faccenda del merito associato ad ogni cosa e citato ogni 3 per 2 è davvero populismo da 4 soldi.

  26. Giovanni Volpe

    Nel nostro Paese, tanti imprenditori, a parole, considerano la motivazione un fattore determinante per sviluppare un’azienda di successo. Per competitività intendono, compressione del costo del lavoro, invece di considerare l’innovazione organizzativa e tecnologica. Per fronteggiare la disoccupazione è necessario incrementare gli stipendi e le pensioni medio-basse e concedere una indennità ai disoccupati (in linea con gli altri Paesi europei più democratici e civili del nostro). Inserendo nelle imprese e nella P.A. i lavoratori over 45, incredibilmente discriminati, detentori di grande esperienza e professionalità. Ai lavoratori, impiegati e knowledge workers, per svolgere le mansioni giornaliere sono sufficienti in media 6 ore. La Francia, da anni ha inserito le 35 ore con risultati positivi per la produttività, l’organizzazione del lavoro e l’incremento degli occupati. Zygmunt Bauman, che nel suo libro “La società sotto assedio”, afferma: ”Il modo in cui si vive diventa la soluzione biografica a contraddizioni sistemiche”. Meno TV e più letture di libri, più scambi di idee con amici e nuovi conoscenti, maggiore partecipazione a tutte le iniziative che la costituzione e le nostre coscienze condividono.

  27. salvo

    Il reddito minimo garantito esiste in tutta l’europa anche in autralia da moltissimi anni,però in italia nemmeno si discute di questo argomento. Perché si deve tutelare il lavoro nero.

  28. giuseppe brescia

    Egr. Professore, Le scrivo dopo aver ascoltato a Radio Radicale le giuste osservazioni fatte da Lei in tema di ammortizzatori sociali e quindi essendo un lavoratore di 62 anni che a fine anno verrà licenziato perchè la Società Cooperativa di servizi per la quale lavoro a part time (840 euro mensili) chiude e all’età di cui sopra, da un punto di vista lavorativo, sono out; ora la soluzione sarà l’indennità ordinaria di disoccupazione!!! non essendo prevista, per la Società di cui sopra, né la cig né la mobilità. Eppure nel mio caso basterebbe, sempre in tema di equità, risolvere questa discriminazione che vado ad esporle, ponendosi nell’ottica di una doverosa parità di trattamento fra i lavoratori. Quando racconto di avere 62 anni con 35 anni di contributi versati, mi dicono: allora sei già in pensione? Ebbene no e sa perchè? Ho versato 26 anni di contributi all’Inps, circa 5 alla Gestione Separata Inps, come co.co.co. ed altri 4 ( periodo ante 1996 sempre come co.co.co. con richiesta di riscatto in corso ).

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