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UN NUOVO RIORIENTAMENTO POLITICO?

Martedi 4 novembre 2008 è un giorno che verrà ricordato per sempre nella storia americana e mondiale. Barack Obama è il primo presidente di colore eletto negli Stati Uniti. Barack Obama è anche il primo presidente nato da padre straniero (dal Kenia) e che è cresciuto anche all’estero (Indonesia). Barack Obama si è anche distinto nel mondo accademico come primo presidente afroamericano della prestigiosa rivista Harvard Law Review.  La sua storia è ancora più incredibile quando comparata alla biografia di George W. Bush che, nato in una famiglia privilegiata, ha semplicemente seguito le orme paterne per entrare all’università di Yale, entrare in politica, e alla fine alla casa bianca. La storia di Obama astutamente raccontata ha infiammato milioni di americani che hanno contribuito con donazioni e lavoro volontario durante la lunga campagna elettorale. La febbre di Obama si è estesa ad altri paesi ed oggi il mondo intero ha grandi aspettative per il primo presidente di colore. Ma sarà in grado Obama di realizzare queste grandi speranze?

La capacità di Obama di realizzare le sue promesse di cambio e di una politica nuova dipendono dalla sua capacità di formare coalizioni che possano sostenere la sua politica. Gli storici della politica americani hanno chiamato “political realignments” (riorentamento politico) quei particolari momenti in cui una grande figura politica forma una nuova coalizione domina il mondo politico per una generazione. Questi riorentamenti sono di solito formati attorno ad una proposta forte che cambia il dibattito politico e non solo l’esito di una elezione. Gli Stati Uniti hanno conosciuto grandi riorentamenti politici nelle elezioni del 1800, 1828, 1860, 1932, e 1980. Nel 1800, l’elezione di Jefferson ha segnato l’inizio della “democrazia agraria” in cui i proprietari terrieri avevano il potere e l’asse politico americano si è spostato dal New England agli stati del sud. Nel 1828, l’elezione di Jackson ha rappresentato l’ascesa al potere di una nuova classe politica più dinamica interessata all’espansione territoriale. Nel 1860, l’elezione di Lincoln ha segnato la fine della schiavitù e lo spostamento dell’asse politico al Nord negli stati che si stavano industrializzando rapidamente. Nel 1932, l’elezione di Roosevelt ha iniziato il “New Deal,” una nuova alleanza sociale e politica per il rilancio dell’economia. Nel 1980, l’elezione di Reagan ha segnato una nuova alleanza conservatrice che proponeva una politica forte e di confronto con l’Unione Sovietica, una politica economica molto liberista con una riduzione del ruolo dello stato e una politica sociale molto conservatrice.

Dal 1980, la politica americana è stata dominata dall’alleanza costituita da Reagan. La base politica (“silent majority”) ha appoggiato questo programma economico e sociale molto conservatore. Lo stesso Clinton ha continuato molte politiche dei sui immediati predecessori. Per rafforzare le sue credenziali moderate, l’allora candidato Clinton diede il via libera per giustiziare un infermo di mente che si trovava nel braccio della morte in una prigione dell’Arkansas. In ambito fiscale, Clinton è stato molto conservatore, preferendo pareggiare il bilancio invece di favorire un aumento delle spese sociali. La riforma della salute è stata rimandata, lasciando milioni di americani senza copertura assicurativa. La riforma del sistema previdenziale del 1996 ha tagliato molti benefici. In politica estera, la fine dell’Unione Sovietica ha tolto una delle più grosse differenze tra repubblicani e democratici. La presidenza George W Bush ha portato all’estremo queste politiche introducendo forti tagli fiscali, specialmente per i ricchi, e facendo una politica estera estremamente aggressiva. Perché il paese ha per lungo tempo appoggiato tali politiche che alla fine favorivano economicamente solo un gruppo ristretto di super ricchi? Perché la maggioranza degli elettori ha favorito politiche che hanno lasciati i salari reali per la maggioranza dei lavoratori praticamente stabili negli ultimi 8 anni? Secondo molti osservatori politici (incluso il premio Nobel Krugman che sostiene per l’appunto il primato della politica sull’economia) il peccato originale della politica americana che è alla base della coalizione politica formata nel 1980 è lo spauracchio del razzismo. La maggioranza bianca ha avuto paura dell’integrazione forzata tra bianchi e neri che si pensava lo stato volesse imporre negli anni 60’.  Lo scetticismo nei confronti dello stato “integratore forzato”, che vuole a tutti i costi integrare neri e bianchi, insieme alla ribellione contro le tasse spiega come il grande tema del riorentamento iniziato nel 1980 si sia basato proprio il ripudio dello stato. L’elettore medio americano ha rifiutato uno stato che voleva diventare “architetto sociale” e tassava troppo. Seguendo questo modello all’estremo, George W. Bush si èappoggiato pienamente alle forze più conservatrici, in particolare la destra religiosa.

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Questo era lo scenario in cui è partita la campagna elettorale per le elezioni 2008. Nonostante la retorica, nessun candidato aveva intenzione di cambiare la coalizione che ha retto il paese dal 1980. Lo stesso Obama ha condotto la campagna politica durante le elezione primarie in modo abbastanza conservatore non proponendo un’assicurazione medica universale, evitando il tema dell’integrazione razziale, facendo vaghe promesse di riconsiderare i trattati commerciali internazionali, proponendo di cancellare (parzialmente) i tagli fiscali di Bush (ma solo per i ricchi), evitando i grandi temi sociali come il matrimonio tra omosessuali. Il tema più progressista era proporre la fine della guerra in Irak. Insomma, alcuni cambi per cambiare gli aspetti più impopolari delle politiche di Bush ma nessun grande riorentamento. Sotto molti aspetti, Obama ha condotto una campagna politica più a destra e meno coraggiosa di Hillary Clinton e, forse anche per questo, ha vinto.

Dato l’andamento negativo dell’economia e i problemi in Iraq e Afghanistan, e la stanchezza di avere un’amministrazione percepita come incompetente, l’opinione pubblica si stava orientando in favore del candidato democratico. Dopo una sostanziale parità nei sondaggi ancora all’inizio di maggio, il vantaggio di Obama è cominciato ad aumentare durante l’estate. A questo punto, McCain ha giocato una carta inaspettata dimostrando una volta ancora la sua capacita di sorprendere: come candidata vice presidente ha scelto Sarah Palin, sconosciuta governatrice dell’Alaska e rappresentatnte della destra religiosa.

La scelta di Palin come candidata vice presidente è interessante perché McCain si era sempre rifiutato di avvicinarsi alla destra evangelica chiamandone suoi rappresentanti erano “agenti dell’intolleranza”. Questi commenti gli erano costati la sconfitta nelle primarie nel 2000 contro Bush che invece aveva il pieno appoggio. Scegliendo Sarah Palin, McCain è quindi andato a Canossa nel disperato tentativo di riformare la coalizione del grande riorientamento del 1980, che comprendeva anche la destra religiosa. Questo patto faustiano sembrava aver funzionato. In pochi giorni, all’inizio di settembre McCain ha guadagnato più di sei punti nei sondaggi portandosi in vantaggio. Sfortunatamente per i repubblicani, il rapido peggiorare della crisi finanziaria dopo il fallimento della banca di investimento Lehman Brothers ha favorito ancora i democratici. Le elezioni del 4 novembre hanno dato ad Obama il 52.6 percento del voto popolare contro il 46.1 di McCain. Una vittoria quindi con dei dubbi: se non ci fosse stata una drammatica crisi finanziaria in settembre (con una risposta del governo abbastanza incompetente) la vecchia maggioranza politica del 1980 avrebbe vinto un’altra volta?

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La risposta a questa domanda non la sapremo mai. Ma molte ragioni ci fanno pensare che sia in corso un nuovo riorientamento dell’asse politico come nel 1980. I grandi riorientamenti politici sono avvenuti in corrispondenza di grandi crisi economiche; in particolare, i cambi del 1932 e del 1980 sono avvenuti in conseguenza della grande depressione e della stagflazione degli anni 70. Il cambio del 2008 è avvenuto nel mezzo di una gravissima crisi finanziaria che sta portando ad una severa recessione. Tutti i grandi cambi politici sono avvenuti in risposta allo scetticismo sulla capacità delle istituzioni precedenti di risolvere i problemi; negli anni 30, i meccanismi di riequilibrio del mercato sono stati messi in discussione; nel 1980, c’era molto scetticismo sulla capacità dello stato di risolvere i problemi. I grandi riorientamenti politici sono stati appoggiati da nuove maggioranze. Obama è riuscito a fare rientrare nel gioco politico gli afro-americani, gli emigranti con cittadinanza americana, i giovani. Forse ancora più importante, Obama facendo una campagna che ignorava il fattore razziale ha implicitamente smontato lo spauracchio razziale su cui si fondava la politica americana moderna. Probabilmente senza la crisi finanziari, Obama non sarebbe stato eletto ma ora con 4 anni di potere davanti a sé potrà definitivamente convincere il ceto medio americano che la politica non deve essere dominata da paure razziali. In conclusione, un riorientamento politico sta forse avvenendo in questi mesi un po’ per la crisi finanziaria, un po’ perché Obama sarà il primo presidente di colore, un po’ perché l’America era diventata molto scettica del presidente attuale.

Ma se un riorientamento è in corso, quali sono i suoi contenuti? La grande sfida di Obama sarà di reintrodurre il ruolo dello stato in vari settori dove l’iniziativa privata lasciata a se stessa non è riuscita a trovare soluzioni soddisfacenti: l’equilibrio nei mercati finanziari, la salute, l’educazione, le grandi infrastrutture.  I cambi della politica estera sono importanti per gli Europei, ma sono sicuramente di secondo ordine rispetto alle sfide della politica interna.

Edoardo Vianello

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QUEL PREGIUDIZIO CHE BRUCIA L’INCENERITORE *

  1. Marco

    Edoardo Vianello era più competente quando cantava “Pinne fucile ed occhiali”.

  2. nessuno

    Gli USA della presidenza Obama si trovano in una fase molto analoga a quella dell’URSS di Gorbaciov: provati economicamente e politicamente da oltre 6 anni di guerre su fronti lontani, logisticamente e finanziariamente impegnativi, con risultati di esito discutibile e poco spendibile rispetto all’opinione pubblica interna ed internazionale; esausti per otto anni di ciclo iperliberista che hanno provocato iperconcentrazioni di ricchezza e di potere, cercando di tenere a bada la middle class (e strati sociali sub-middle-class da illudere) con il credito facile, che, in occasione di un rallentamento significativo ma non ancora drammatico del ciclo economico di medio-lungo periodo, richia di implodere sotto il proprio peso; la concorrenza multilaterale – economica e politica – di Cina, India, Sud America, Russia e, last but not least, Eurolandia, apre scenari inediti da 60 annia questa parte. La situazione è complessa, molti i problemi ed altrettanti gli interessi e le pressioni che spingono per influenzare le strategie di intervento; dopo la sbornia mediatica della cenerentola nera, ricomincerà una partita a scacchidagli esiti assolutamente incerti.

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