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VECCHIE ABITUDINI ALL’UNIVERSITÀ

A prima vista i criteri per la ripartizione dei fondi collegati alla Programmazione triennale 2007-2009 degli atenei pubblici sembrano ispirarsi alla teoria dell’incentivazione. Poi i dettagli tecnici indicano che la finalità perseguita implicitamente è quella di non modificare lo status quo. Servendosi di calcoli complessi, per i quali premio e sanzione differiscono poco. Intanto, il 7 per cento del Fondo ordinario già quest’anno dovrebbe essere assegnato in base a principi di qualità. Ma mancano ancora indicazioni concrete sulle modalità della ripartizione delle risorse.

 

Nelle Linee guida del governo per l’università diffuse dal ministro Gelmini lo scorso 6 novembre si legge che: “Autonomia e responsabilità, quindi, ma anche, soprattutto, il merito come criterio costante di scelta: nell’allocazione delle risorse, nella valutazione dei corsi e delle sedi, nella scelta e nella remunerazione dei docenti, nella promozione della ricerca”. E poco più avanti: “L’allocazione delle risorse sulla base della qualità (della ricerca, dell’insegnamento e dei suoi risultati, dei servizi e delle strutture) è per il Governo il criterio fondante di un nuovo sistema universitario più libero e più responsabile, sia a livello centrale che nei singoli atenei. Già nel 2009 il 7 per cento di tutti i fondi di finanziamento alle università sarà erogato su base valutativa e la percentuale è destinata a crescere rapidamente negli anni successivi per allinearci alla migliore prassi internazionale. L’obiettivo è infatti quello di raggiungere entro la legislatura il 30per cento”.

BUONI PROPOSITI

Propositi encomiabili, che però restano lettera morta nonostante sia già trascorso più di metà del 2009. Il problema che sembra ora affliggere il ministero è individuare i criteri con cui ripartire i fondi; purtroppo quelli che verranno e le modalità con cui saranno applicati rischiano di essere ancor meno trasparenti di quelli applicati in passato. (1)
In assenza di indicazioni concrete su come verrà ripartito il Fondo ordinario, consideriamo i criteri per la ripartizione dei fondi collegati alla Programmazione triennale 2007/09. Si tratta di una cifra modesta, poco più di 92 milioni di euro, da ripartire tra tutti gli atenei pubblici per incentivare il miglioramento nelle diverse aree di attenzione. (2)
A leggere i documenti allegati sembrerebbe che finalmente il ministero si sia ispirato alla teoria dell’incentivazione: pochi indicatori facilmente riconoscibili, possibilità di incidere sui propri con comportamenti virtuosi, confronto con gli altri atenei mediante la pubblicazione dei risultati.
Tuttavia, se si ha la pazienza di seguire i dettagli tecnici con cui vengono ripartiti i fondi, ci si accorge che la finalità perseguita implicitamente è quella di non modificare lo status quo. Per capire come una montagna possa partorire un topolino, guideremo il lettore attraverso un esempio (notevolmente semplificato) della ripartizione dei fondi ministeriali.

UN PESO PER L’INDICATORE

Immaginate di disporre di due indicatori di performance degli atenei: ad esempio, qualità della didattica e della ricerca. La tabella 1 riporta i dati per dieci atenei qualsiasi; i dati sono tratti da due indicatori effettivamente utilizzati per la valutazione ministeriale. Scegliendo un peso da assegnare ai due indicatori, i dati sarebbero sufficienti per distribuire le risorse. I criteri e i loro pesi nella distribuzione delle risorse darebbero un messaggio importante. Ad esempio, se l’indicatore A pesa molto più dell’indicatore B, l’anno successivo gli atenei probabilmente risponderebbero incentivando le attività che migliorano l’indicatore.

Tabella 1 – Indicatori di performance

  indicatore A indicatore B
  anno 1 anno 2 anno 1 anno 2
ateneo 1 11.12 11.08 0.140 0.161
ateneo 2 9.49 9.60 0.210 0.177
ateneo 3 7.47 7.32 0.079 0.094
ateneo 4 7.30 7.43 0.264 0.244
ateneo 5 11.97 12.56 0.344 0.415
ateneo 6 8.60 9.10 0.230 0.245
ateneo 7 10.72 11.12 0.150 0.132
ateneo 8 8.03 9.37 0.181 0.106
ateneo 9 7.22 7.64 0.301 0.319
ateneo 10 8.76 8.63 0.220 0.227

 

Il ministero però preferisce una via molto più tortuosa. Invece di premiare il livello di efficienza conseguito (da cui risulterebbe che l’ateneo 5 è relativamente il migliore – valori in grassetto), decide di premiare i miglioramenti conseguiti sul passato, dando più peso a chi partiva dalla situazione peggiore. Si calcolano quindi le variazioni degli indicatori da un anno all’altro (colonne 1 e 2 di tabella 2), individuando la performance peggiore, che viene presa come benchmark negativo (rispettivamente gli atenei 3 e 8 – valori in grassetto). La performance di tutti gli altri atenei viene ridefinita in rapporto al valore peggiore (colonne 3 e 4): ad esempio l’ateneo 1 migliora l’indicatore A di 11 decimali rispetto all’ateneo 3 (il peggiore). Si sommano poi i miglioramenti relativi di tutti gli atenei (ultima riga delle colonne 3 e 4) e si calcola il contributo di ciascuno al miglioramento complessivo (colonne 5 e 6).

Tabella 2 – Costruzione degli indici di ripartizione

  1 2 3 4 5 6 7 8 9
  variazione assoluta indicatore A variazione assoluta indicatore B indice A normalizzato con min=1 Indice B normalizzato con min=1 indice A – contributo relativo alla variazione complessiva indice B – contributo relativo alla variazione complessiva Scelta dei pesi da parte degli atenei – indice A Scelta dei pesi da parte degli atenei – indice B Peso finale nella ripartizione dei fondi
ateneo 1 -0.040 0.021 1.113 1.096 0.076 0.102 1/3 2/3 0.093
ateneo 2 0.115 -0.033 1.268 1.042 0.086 0.097 1/3 2/3 0.093
ateneo 3 -0.153 0.015 1.000 1.090 0.068 0.101 1/3 2/3 0.090
ateneo 4 0.128 -0.020 1.281 1.055 0.087 0.098 1/3 2/3 0.094
ateneo 5 0.593 0.071 1.746 1.146 0.119 0.107 2/3 1/3 0.115
ateneo 6 0.496 0.015 1.649 1.090 0.112 0.101 2/3 1/3 0.109
ateneo 7 0.397 -0.018 1.550 1.057 0.106 0.098 2/3 1/3 0.103
ateneo 8 1.343 -0.075 2.496 1.000 0.170 0.093 2/3 1/3 0.144
ateneo 9 0.413 0.018 1.566 1.093 0.107 0.102 2/3 1/3 0.105
ateneo 10 -0.133 0.007 1.020 1.082 0.069 0.101 1/3 2/3 0.090
performance peggiore -0.153 -0.075 1.000 1.000          
somma performance     14.689 10.751          

 

Tuttavia, il ministero è fortemente preoccupato delle reazioni che potrebbe provocare un simile sistema incentivante. Chiede quindi agli atenei stessi di scegliere i pesi da attribuire ai due indicatori (in un intervallo compreso tra 1/3 e 2/3). Per massimizzare le risorse, gli atenei attribuiranno il peso maggiore proprio dove hanno la performance migliore (colonne 7 e 8). Alla fine, la ripartizione dei fondi avviene pesando i due indicatori così costruiti (meglio sarebbe dire manipolati) con pesi scelti dagli atenei. Si noti che nella realtà gli indicatori sono 21, il calcolo più complesso e la trasparenza notevolmente minore che nel nostro esempio.
Che dire del risultato finale? L’ateneo 8 ottiene la quota maggiore delle risorse (14,4 per cento), ma con uno scarto dagli atenei 3 e 10 di soli 5,4 punti percentuali. Chi ha avuto la pazienza di seguire il ragionamento e leggere i dati in tabella avrà capito che l’incentivo fornito da questa ripartizione è pressoché nullo: la morale è che comunque ti comporti avrai qualcosa, e che premio e sanzione non differiscono di molto.

(1) Già oggi esiste un modello (chiamato non senza ironia “teorico”) per ripartire il fondo di Finanziamento ordinario sulla base della produttività didattica degli atenei. Tuttavia il modello assegna solo il 2,2 per cento del fondo; il resto viene attribuito sulla base della spesa storica. Sulla base della ripartizione teorica alcuni atenei potrebbero ottenere molto più di oggi: tra questi i Politecnici di Milano e Torino e le università di Padova, Bologna, Torino e Milano.
(2) Le aree di attenzione sono cinque: (A) Razionalizzazione dell’offerta formativa; (B) Sviluppo della ricerca scientifica; (C) Azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; (D) Sviluppo dell’internazionalizzazione; (E) Risorse umane di personale docente e tecnico amministrativo. Ciascuna area contiene indicatori per quantificare il progresso di ciascun ateneo lungo quella dimensione.

Foto: la biblioteca universitaria di Bologna.

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10 commenti

  1. Massimiliano

    Non è molto chiaro il risultato che si vuole ottenere. Un notevole miglioramento può essere realizzato dall’università A partendo da una situazione iniziale disastrosa, e comunque anche dopo tale miglioramento la situazione può essere molto peggiore che nell’università B che ha mantenuto sempre livelli di eccellenza (senza mai "migliorare"). Si intende forse premiare chi ha gestito male le risorse in passato (=contrario della meritocrazia)? Far scegliere i pesi agli Atenei è un nonsense, l’indicatore sintetico finale di performance rifletterà in parte differenze nei pesi scelti dagli Atenei invece che differenze nella ricerca e nella didattica, rendendolo scarsamente fruibile dall’utente finale (studente) per fare le proprie scelte.

  2. Alberto Sdralevich

    Non c’è dubbio che il meccanismo che consente agli atenei di decidere i pesi agli indicatori sia un compromesso che riduce la trasparenza e appiattisce gli incentivi. Invece sembra piuttosto interessante l’idea di riferire gli incentivi al miglioramento relativo, e non alla situazione assoluta. Questo riduce il rischio di un effetto perverso: le sedi che funzionano male sono punite, ma hanno ancora più difficoltà a migliorare e un ottimo alibi per non farlo. Però oggi il problema più grave è che una politica di incentivazione è difficilissima a FFO invariato, e irrealizzabile a FFO in diminuzione, come è il caso nel 2009 e nel 2010. La redistribuzione in queste condizioni comporta un taglio netto alle dotazioni degli atenei "peggiori". Con spese fisse che assorbono gran parte del bilancio, un annuncio del genere (a metà anno) scatenerebbe reazioni politicamente insostenibili. E, per di più, nella confusione non si distinguerebbero più le responsabilità e le malefatte dei peggiori.

  3. Aram Megighian

    "Tutto deve cambiare, perchè niente cambi." L’unica cosa che mi pare stia a cuore al Governo ed in primis a Tremonti è ridurre il terribile debito pubblico, facendo finta di non tagliare. Ecco quindi il "quasi" blocco delle assunzioni e la trasformazione di fatto e formale (legge Moratti) del Ricercatore in docente a parità di stipendio. Ne consegue che lo Stato spenderà meno a parità di tutto il resto. Salvo naturalmente una poderosa diminuzione della qualità della didattica e della ricerca. Ma, considerando quanto detto in un altro articolo, sui mancati incentivi della ricerca e innovazione delle imprese, e il giudizio sulla scienza (pensate solo al modo con cui sono giudicati i dati sul riscaldamento globale) mi pare che ciò sia in linea con una dissennata politica che ci porterà sempre più indietro verso il terzo mondo.

  4. Marcello Battini

    Attribuire alle singole università il potere di assegnare i pesi ai diversi fattori di valutazione significa, da parte del Ministero, rinunciare ad una gestione nazionale dei fondi e a stabilire criteri nazionali, conguenti con obbiettivi ed interessi generali. Poco convincente è anche la ripartizione dei suddetti fondi, tenendo conto principalmente dei progressi relativi di ciascun ateneo, piuttosto che avvantaggiare gli atenei, in assoluto più meritevoli. Sono da apprezzare gli atenei peggiori che segnano dei progressi consistenti, ma questo potrà consentire loro, solo ad avvicinare il momento in cui potranno partecipare alla distribuzione delle risorse, raggiungendo il livello meritevole.

  5. Giovanni Scotto

    Come è possibile pensare che il sistema universitario sia in grado di migliorarsi se il decreto relativo al fondo di finanziamento ordinario per l’anno 2009 – quindi lo strumento di base per la programmazione economica degli atenei – ad oggi non è ancora uscito?

  6. Andrea

    Mentre la ricerca, da quello che so, e’ valutabile in modo abbastanza oggettivo tramite standard internazionali , vedo abbastanza arduo valutare in modo oggettivo la didattica. Chi dovrebbe valutare la didattica? Gli studenti? Non si corre il rischio che tale valutazione sia del tutto non oggettiva? O , peggio ancora, che i docenti , al fine di assicurarsi una buona valutazione, assumano un atteggiamento poco rigoroso, cominciando a regalare tutti 30? Peggio ancora sarebbe se i valutatori fossero altri docenti oppure un comitato centrale, etc.

  7. rosario nicoletti

    Bisogna ammettere che non esiste (e non è mai esistita) una volontà di modificare l’esistente. Si veda in proposito il bellissimo articolo di Panebianco del 6 Luglio sul Corriere: si dice – giustamente – che non sono gli interessi di quattro "baroni" l’ostacolo ai cambiamenti. Sono i mille interessi che ruotano intorno alle sedi universitarie, interessi che verrebbero mortificati da una politica premiante selettivamente le migliori. Quegli stessi interessi che hanno moltiplicato le sedi distaccate, i corsi di laurea, i posti dei docenti. Così, alle roboanti dichiarazioni non segue alcuna politica degna di questo nome.

  8. Michele Riva

    Il 7% trasformatelo in contratti di ricerca da assegnare competitivamente. Usate anche revisori stranieri per evitare che i soliti baroni falsino la competizione. Date a chi vince la possibilita’ di cambiare facilmente universita’ (se lo desidera) in modo da limitare la ricattabilita’. E poi che vinca il migliore. Questi indicatori centralizzati non hanno mai funzionato, ne’ in Italia ne’ all’estero (es., UK), e poi ci sono sempre i soliti marpioni che sanno perfettamente come manipolarli (vedi baroni che costruiscono CV spettacolari col sudore dei sottoposti).

  9. Andrea

    Ho appena letto il lucido commento di Giavazzi sul corriere . Egli arriva a dire che nei prossimi due anni la maggior parte delle Università chiuderà. Ma ne siamo sicuri ? O dovremo assistere nuovamente a tante nuove "Alitalie" , alimentate dalle nostre tasche ? Sarebbe l’ennesima vergogna del nostro paese.

  10. alex

    E’ evidente che la qualità dell’istituzione universitaria in futuro dovrà valutarsi non solo da come vengono spesi i soldi di studenti e contribuenti ma anche da come vengono attribuiti. Per gli assegni di ricerca, ad esempio, in alcuni regolamenti di ateneo si legge che hanno natura contrattuale e che i fatti che costituiscono inadempimento grave dell’assegnista ( a.) sono denunciabili dal tutor (t.) e da lui soltanto. Dunque la valutazione della "condotta scientifica" dell’a. è affidata allo stesso richiedente l’assegno ai fini della decisione di rompere il contratto! Da qui due conseguenze: 1)gli a. bravi ma infedeli avranno pochissime chances di veder riconosciuti i propri meriti (perle);2) i t. mediocri e intrallazzoni faranno propri i meriti altrui per gonfiare potere e portafoglio personali (porci). L’ipotesi peggiore è che non vi siano perle: in questo caso lo sperpero di risorse è assicurato.

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