Nasce il liceo di scienze umane, all’interno del quale si potranno avviare sezioni a indirizzo economico-sociale. Un progetto da sostenere. A patto che si riesca a dare una maggiore identità al nuovo indirizzo, che per il momento è soffocato in una pletora di insegnamenti non caratterizzanti. Si tratta comunque di un’occasione d’oro per fare entrare l’economia a pieno titolo e in modo appropriato nella formazione culturale del paese. Ricordando che una tra le tante cause della crisi attuale è indubbiamente la scarsa conoscenza del funzionamento di un’economia di mercato.
Il Consiglio dei ministri ha approvato lo scorso 12 giugno in prima lettura il Regolamento ministeriale sui licei. Sei i licei previsti: artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, scienze umane. Una delle principali novità è il liceo delle scienze umane, allinterno del quale le istituzioni scolastiche possono attivare sezioni a opzione economico-sociale. Oggi leconomia è insegnata come materia strumentale negli istituti tecnici e in qualche liceo sperimentale, dove ha incontrato un certo successo, dallanno 2010-2011 invece sarà possibile aprire classi liceali nelle quali le materie fondamentali saranno leconomia e le altre scienze sociali. È un segno di discontinuità, un soffio di aria fresca rispetto allimpostazione idealistico-gentiliana che per decenni ha caratterizzato nel bene e nel male i licei italiani. In Francia, ma anche in altri paesi, un analogo liceo economico e sociale esiste da tempo ed è il più frequentato dopo quello scientifico.
IL RUOLO DELL’ECONOMIA
La proposta rappresenta un mutamento di rotta rispetto al tentativo del ministro Letizia Moratti del 2005: pensando di licealizzare tutta la scuola italiana, prevedeva che il liceo economico divenisse un ibrido tra finalità culturali generali e formazione tecnica e professionale. L’ipotesi aveva sollevato consistenti perplessità da parte di numerosi enti e osservatori, tanto che il ministro Giuseppe Fioroni aveva abrogato il liceo economico con la legge del 2 aprile 2007.
La partita è stata riaperta per iniziativa di quotidiani, enti bancari e finanziari, associazioni di operatori professionali, docenti universitari, associazioni disciplinari di docenti. Le scienze sociali moderne, e in primis leconomia, hanno un ruolo culturale generale che consente di orientare i giovani tra potenzialità e difficoltà che la società, sempre più mercantile e globalizzata, introduce sul palcoscenico della vita. Daltra parte, tutte le indagini ad hoc nazionali e internazionali ci dicono che tra i ragazzi largomento economico è uno dei più trattati e che più crea interesse. Il liceo economico e sociale potrebbe quindi dare ai giovani liceali italiani strumenti per la comprensione dei fenomeni economici e sociali, per le scelta nelluso delle risorse personali e collettive, per lapplicazione delle regole, per individuare il ruolo delle attività dimpresa, per comprendere i processi di internazionalizzazione.
I PUNTI DEBOLI
La strada per arrivare a questo obiettivo non sarà facile. Innanzitutto, lindirizzo economico-sociale rappresenta solo unopzione allinterno di quella più ampia del liceo delle scienze umane. Il suo successo dipenderà quindi dalle scelte operate dalle scuole e, a monte, dallinteresse espresso dalle famiglie. Molto importanti diventano allora i programmi e i contenuti.
In secondo luogo, il liceo economico e sociale delineato dal Regolamento presenta diversi punti di debolezza. Il vizio fondamentale del progetto è che non fa alcuna scelta precisa e caratterizzante. Il quadro orario prevede infatti nei cinque anni solo due ore settimanali divise tra diritto ed economia. Al loro fianco si accumulano numerose altre materie: italiano, storia, due lingue straniere, filosofia, matematica, scienze sociali e metodologia della ricerca, fisica, scienze naturali, storia dellarte, geografia, ciascuna di esse con un numero limitato di ore. Lopzione non ha così carattere, soffocata in una pletora di insegnamenti, forse anche importanti, ma certamente non tutti caratterizzanti un progetto che dovrebbe, sulla carta, evidenziare la dimensione economico-sociale. In particolare alcune scelte appaiono davvero stravaganti: non si comprende il senso, in questo liceo, di storia dellarte, lelevato numero di ore attribuite a fisica e scienze naturali; mentre a scienze sociali (sociologia, antropologia) e metodologia della ricerca (statistica e altro) sono attribuite il doppio di ore rispetto a diritto ed economia. Ci si può anche chiedere se sia così importante avere nel programma due lingue, quando sarebbe ben più importante impararne bene una. Sorge il sospetto che una scelta che ha ambizioni di lungo periodo sia condizionata dalla necessità, di breve periodo, di piazzare gruppi degli attuali insegnanti, che risulterebbero altrimenti inutilizzati. Ci si può chiedere se non esistano altri strumenti per risolvere questi problemi, anziché vincolare il futuro.
Il Regolamento verrà approvato in seconda lettura nel prossimo autunno, dopo il parere di Consiglio nazionale della pubblica istruzione, Conferenza Stato-Regioni, Consiglio di Stato. Forse vi sarà anche un passaggio alle commissioni parlamentari competenti. Cè quindi la possibilità che lidentità del liceo economico e sociale venga rafforzata.
Ci sembra importante che un progetto certamente condivisibile sia conosciuto e dibattuto dal vasto pubblico e tra gli studenti, per far sì che i suoi contenuti non vengano impoveriti da esigenze momentanee. È unoccasione doro affinché le scienze sociali, e in particolare leconomia, entrino a pieno titolo e in modo appropriato nella formazione culturale del paese. Ricordando che tra le tante cause della crisi attuale sta indubbiamente la scarsa conoscenza del funzionamento di uneconomia di mercato. Per non parlare della scarsissima cultura economica della classe dirigente politica nazionale.
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Andrea Giannuzzi
Sono d’accordo con la sostanza dell’analisi, ma non condivido in pieno le considerazioni sullo spazio dedicato alle "metodologie" e – in generale – la poca attenzione data al ruolo della matematica: in un sistema tutto italiano che vede anche le lauree economiche relativamente poco quantitative, uno studente che ha seguito un percorso scolastico secondario del genere si troverebbe ad avere tutti gli strumenti qualitativi, ma gravissimi deficit quantitativi che si tradurrebbero in un’incapacità di leggere le moderne teorie e di approcciarsi fattivamente ai metodi ed alla lettura dei dati. Sacrosante le perplessità sulla seconda lingua e la storia dell’arte.
Cosimo
Senza strumenti di una formazione scientifica, inglese e matematica, non si va da nessuna parte.
EMILIO RUSSO
Nelle discussioni sul nuovo ordinamento dei licei, talvolta la giusta rivendicazione del valore fondante di discipline diverse da quelle della vecchia scuola gentiliana, legate ad ambiti accademici e ad ambienti professionali, si risolve in una sorta di assolutizzazione che sottovaluta il carattere unitario che la formazione liceale ("Scuola media di secondo grado") dovrebbe conservare. In caso contario – segnalo sommessamente una possibile contraddizione – si finirebbe proprio per immaginare che il nuovo Liceo economico non debba possedere una valenza formativa generale, sia pure a partire da un asse specifico, ma un obiettivo di tipo tecnico-professionale.
luciano scalzo
Se lo scopo dell’insegnamento dell’economia è la diffusione della cultura economica, da distinguere dalle "pillole d’economia" diffuse dagli attuali manuali previsti per le scuole secondarie, si deve necessariamente affrontare il tema di chi insegnerà economia. Anche nelle facoltà di economia la materia è spesso aggirata dagli studenti che preferiscono indirizzarsi verso materie più professionalizzanti anche perchè, talvolta, ritenute più semplici. Credo, purtroppo, che l’insegnamento dell’economia si ridurrà all’apprendimento di nozioni di base percepiti dagli studenti come sterili in quanto non si sarà in grado di cogliere le relazioni con il contesto economico quotidianamente vissuto.
fulvio lo cicero
Chiedo perdono, ma cosa significa che l’economia viene oggi insegnata come "materia strumentale"? Sono un insegnante di ruolo di materia insieme al Diritto (classe di concorso "Materie giuridiche ed economiche") e faccio presente che in quelli che oggi si chiamano IGEA (Istituto giuridico-economico aziendale) l’economia viene insegnata in tutti i cinque anni del corso. Nel biennio con due ore settimanali (divise con il diritto) e, nel triennio, con tre ore in terza, due in quarta e tre in quinta (insegnamento di scienza delle finanze). Nel terzo si studia la microeconomia (dal mercato all’impresa, teoria elementare del prezzo di equilbirio, ecc.) in quarto il corso è incentrato sulla macroeconomia (dagli aggregati all’economia dello sviluppo). Quindi, l’economia è già ampiamente insegnata in questo indirizzo da circa cinquant’anni. Non vedo cosa il liceo economico possa aggiungere, se non forse un potenziamento delle ore (ma dubito). L’attuale Igea è già un liceo economico, tenendo presente che molte ore settimanali sono dedicate all’economia aziendale, un nome nuovo per una materia vecchia: la ragioneria. Cordiali saluti
Fabrizio (http://bloguepol.wordpress.com)
A me sembra, la novità proposta dal Governo, unoperazione di cosiddetto nuovismo: dare unimmagine di discontinuità, in questo caso della formazione scolastica, apportando cambiamenti di forma e non di sostanza e nascondendo questultima mediante lattribuzione di una nuova dicitura, quella di liceo economico/liceo delle scienze umane. Un istituto come quello proposto non offrirebbe a mio parere una formazione qualitativamente migliore rispetto a quella di un diploma di ragioniere e perito commerciale. L aria fresca della proposta sembrerebbe tradursi in aria fritta, con rispetto per le riflessioni degli autori del presente articolo. In Francia il bac E (bac Economique) corrisponde al nostro diploma di ragioniere e perito commerciale e che contiene gli elementi caratterizzanti di cui si discute. Bisognerebbe evitare di lasciarsi prendere dallentusiasmo di una dicitura più moderna. Anche il monte ore previsto per insegnamenti come diritto ed economia sembra andare piuttosto nella direzione contraria ad una maggiore caratterizzazione.
corrado finardi
Se oggi dopo la crisi globale abbia ancora senso fare affidamento su un corpus di conoscenze economiche perlomeno da rivedere, rimane in dubbio. Quel che conta, forse, non è tanto la conoscenza economica, quanto una attitudine economica per interpretare e capire fenomeni complessi nella loro interezza. La realtà purtroppo è che il Liceo è l’ultimo momento vero in cui poter imparare un insieme di conoscenze matematiche che troveranno applicazione poi all’università (vedi i vari esami di Analisi), e andare troppo avanti con una mentalità applicativa rischia di essere controproducente. Da questo punti di vista, avrebbe forse senso abbinare metodologia della ricerca, fisica e scienze naturali, ma a patto di non perdere di vista la matematica. Che come italiani, ci vede ad un livello di analfabetismo (test PISA) elevatissimo. Non dimentichiamoci delle basi, insomma, che in momenti di incertezza del corpus dottrinario e dogmatico, insegnano per contro a usare il cervello in modo elastico.
Daniele Ferrari
"Ci si può anche chiedere se sia così importante avere nel programma due lingue, quando sarebbe ben più importante impararne bene una." Spiace che un "pensatoio" qualificato come lavoce.info sostenga una sciocchezza di questa portata, tenendo conto che il nostro governo penalizza già le lingue diverse dall’inglese andando contro le direttive europee che indicano l’apprendimento di "due lingue oltre alla propria" come obiettivo per costruire una vera cittadinanza europea e per favorire una vera mobilità del lavoro (la Francia e la Germania non consentono alle ditte che lavorano sul loro territorio di usare lingue diverse dalla lingua nazionale). Non capisco come sia possibile concepire una formazione economica e quindi, per sua natura, aperta su una dimensione internazionale dicendo che due lingue sono inutili è che sarebbe meglio saperne bene una (cioè l’inglese, immagino). Su questa china condanniamo i nostri giovani a sfoderare un misero inglesino scolastico mentre i loro coetanei europei saranno minimo bilingui se non trilingui, mi pare un bel progetto lungimirante.. complimenti!
La redazione
Gentile Daniele Ferrari, nessuna retrocessione dell’importanza di un ottimo apprendimento delle lingue straniere nella scuola italiana. Le segnalo ad esempio gli ottimi risultati della metodologia Clil nell’area economica e giuridica per l’apprendimento delle lingue straniere. Il ragionamento fondamentale che ci siamo permessi di fare e rispetto al quale ci interessa
il suo parere, è che il piano degli studi del Liceo Economico-sociale (lo può rintracciare sui siti educativi italiani) è costituito da un affastellamento di molte materie (nel triennio sono addirittura 12) ciascuna con pochissime ore, per ben 9 materie (tra cui entrambe le lingue straniere) si tratta di due ore settimanali; soltanto italiano, scienze sociali e filosofia hanno a disposizione tre o quattro ore settimanali. Questo piano orario è idoneo per un buon apprendimento delle materie economiche e sociali e delle loro intersezioni con le altre culture? Per dare nerbo ad un più nitido Liceo Economico-sociale proponiamo all’attenzione dei lettori la necessità di fare scelte differenti da quelle dei regolamenti, con la necessaria conseguenza di tagliare delle ore ad alcune materie in modo da rafforzare l’identità economica e sociale del nuovo liceo. Il nostro ragionamento sulle lingue straniere è opinabile come qualunque altro, ma
vogliamo far capire che il piano orario previsto darà un’infarinatura su molte cose, ma non si apprenderanno davvero le questioni di fondo. E temo neppure le lingue straniere.
Con cordiali saluti,
Enrico Castrovilli, Presidente Associazione Europea per l’Educazione
Economica AEEE-Italia
Ivan
Condivido l’articolo, ma vorrei far notare che negli altri licei previsti dalla c.d. "riforma Gelmini" il diritto e l’economia spariscono completamente. Dunque a conti fatti, rispetto all’attuale panorama scolastico, vi sarà una forte riduzione dell’insegnamento di queste discipline, fondamentali ed importanti (forse) più di altre, che pur saranno presenti in ogni futuro liceo. E’ assurdo che, di fronte a quasi la metà di diplomati liceali che scelgono facoltà giuridiche ed economiche, con questa "riforma" gran parte di essi non apriranno mai un libro di diritto ed economia durante gli anni di scuola, arrivando all’Università completamente "digiuni". Dunque bisognerebbe far sì che finalmente il diritto e l’economia entrino stabilmente nei curricoli di tutti gli istituti secondari, in primis i licei, magari nel triennio.
Maria
Considero molto interessante l’argomento che andrebbe posto in un altro periodo, quando probabilmente il notizioari è più seguito. Sono un’insegnante di economia aziendale e vorrei fare quanto possibile per sensibilizzare verso le discipline economiche in generale. Se avete iniziative o suggetimenti, li attendo con gioia.
valeria ammirati
Concordo sul fatto che nonostante il nome "liceo economico" l’insegnamento caratterizzante sia soffocato da una pletora di altri insegnamenti e che ciò sia dovuto al fatto che altrimenti tanti docenti risulterebbero in soprannumero, ma io non faccio testo: insegno diritto ed economia.
Eliana Vianello
Mi pare una visuale un po’ gretta. A che serve la storia dell’arte in un liceo economico? E in un liceo scientifico? E la matematica in un liceo classico? Si potrebbe continuare. Quello di essere "soffocati" da insegnamenti non caratterizzanti è un problema di tutti i licei, vista la necessità di dare una cultura generale a ragazzi che, a tredici anni, scelgono un certo tipo di scuola perché lo vuole la nonna. Un liceo deve consentire l’accesso a qualunque corso di laurea universitario. Si può discutere su quali siano le materie più formative e se si conclude che la storia dell’arte deve essere sacrificata in favore dell’economia, questo deve avvenire in tutti i licei, escluso l’artistico, non solo in quello economico. Non si possono certo sacrificare, invece, le discipline del settore in cui ci sarà maggior bisogno di laureati (scientifico-tecnologico). Se poi si pensa che molte aziende affidano ruoli dirigenziali ad ingegneri e che grossi gruppi finanziari assumono laureati in fisica per le loro ricerche, sostenere che due ore di fisica solo negli ultimi tre anni (come storia dell’arte, meno di filosofia), siano troppe mi sembra decisamente miope! Eliana Vianello
amalia marra
Essendo una docente di diritto, nonchè una cittadina italiana, ritengo che lo studio del diritto e dell’economia sia fondamentale per la formazione delle future generazioni per una corretta educazione alla legalità e per la conoscenza dei meccanismi che governano il mondo economico.
Carlo
Purche’ ci si approcci alla materia con atteggiamento critico. L’economia sembra essere una delle poche materie in cui si continuano a studiare teorie anche quando le ipotesi di partenza sono irrealistiche e le conclusioni non coincidono con la realta’, cioe’ quando palesemente non funziona. L’estrema matematicizzazione, se non porta a modelli che funzionano meglio, sembra solo un modo per zittire i critici e darsi delle arie. A mio umilissimo avviso, e lo dico da laureato in statistica, l’economia dovrebbe somigliare piu’ alla sociologia: analisi piu’ qualitative che quantitative, perche’ tanto quelle quantitative non funzionano.
Francesco Arduini
Sarebbe un toccasana per un Paese dove il Governo, all’interno del decreto anti-crisi, propone quale strumento per uscire dalla crisi la detassazione degli utili reinvestiti. Una domanda stupida ma come credo sia stupida la norma: ma un’azienda in crisi produce utili? Di conseguenza, può vedersi applicata la norma in questione? Penso, per dirla alla Boeri, che sia un’altro titulo senza riforma!
gilpisa
L’idea del liceo economico mi sembra decisamente da scartare: una scuola del genere sarebbe troppo specialistica, orientata a produrre funzionari, più che a formare menti. La più rivoluzionaria delle riforme scolastiche sarebbe quella che aiutasse i giovani a pensare, a speculare, e quindi a diventare persone libere. Ma dei giovani capaci di pensare fanno troppa paura. Fosse per me farei studiare matematica e musica fin dall’asilo e renderei obbligatoria la filosofia a partire dalla terza media fino all’ultimo anno di ogni tipo di scuola. Del resto, filosofia e matematica non sono alla base dell’economia? Non parliamo poi del liceo di scienze umane, che mi sembra una penosa accozzaglia di materie più o meno alla moda stile CEPU.
Fabio
Non si può definire in altro modo questa idea dai buoni propositi ma dalle attese quantomeno improponibili, se sarà confermata l’impostazione poco economico-giuridica del corso didattico delineata per questo tipo di liceo. L’indirizzo Igea degli istituti tecnici commerciali assolve già a queste necessità didattiche, per cui ho paura che, come citato nell’articolo, questo sia solo un pretesto per potere dare il contentino a chi oggi non ha spazio per l’insegnamento.
Luciano Serbenski
Non condivido il tono ottimistico degli autori per l’introduzione del Liceo delle Scienze Umane indirizzo Economico Sociale. Gli ordinamenti liceali che verranno abrogati dalla riforma Gelmini prevedono già, in gran parte come obbligatorio in altri casi come opzionale, l’insegnamento del diritto e dell’economia. La riforma invece, se entrerà in vigore nell’attuale stato degli atti, determinerà la sparizione dell’economia e del diritto da tutti i Licei con unica eccezione il cosiddetto Liceo Economico (opzionale). Inoltre, come si può parlare di Liceo Economico per un corso nel quale l’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche è previsto in sole due ore settimanali per tutti e cinque gli anni di corso, al pari di materie quali l’educazione fisica o le scienze naturali e in misura inferiore della matematica e delle due lingue straniere? Ricordo agli autori che oggi esiste già il Liceo delle Scienze Sociali nel quale economia e diritto sono presenti nella stessa misura del futuro cosiddetto "Liceo Economico" (due ore di lezione alla settimana in tutti e cinque gli anni di corso, anche se un’ora è di compresenza con la Storia). Rispetto all’attuale dov’è la positiva novità?
Enrico Rampazzo
Senza offesa, ma non so quanto questo liceo economico serva, o sia veramente innovativo: io ho studiato ragioneria, e oltre alla contabilità ho studiato l’economia aziendale e l’economia politica. Trovo quindi che se qualcuno vuole approfondire la propria conoscenza in queste materie, gli strumenti ci siano già.
Gerardo Fulgione
Mi chiedo, in modo un po’ provocatorio ma bonario, a cosa servirebbero a qs. punto studiare negli Istituti Tecnici Commerciali? Chi dice che i licei preparano meglio? Forse noi non abbiamo studiato diritto, economia, matematica, statistica? Certo non abbiamo studiato Filosofia, che ritengo una materia importante, ma mi sembra che il vecchio vizio di appiattirsi sulla "riforma gentiliana" della scuola (che come sappiamo e’ recentissima …sic) si continuano a svilire gli studi tecnici.
marco pierini
Non ho pregiudiziali nei confronti dell’economia, visto che sono un economista per formazione. Tuttavia ritengo che il modello educativo italiano dei vari licei e istituti tecnici sia un modello da superare piuttosto che rimodulare. Mi spiego. Credo che a 14 anni sia molto difficile avere un idea su cosa ci si voglia specializzare, la pressione in tale direzione presumo derivi dalla necessità post-bellica di avere sul mercato del lavoro delle figure specializzate il prima possibile, vista la scarsa propensione italiana nel proseguire gli studi (vuoi anche per necessità, ovviamente). Non mi è mai capitato in un altro paese di percepire l’ossessione per i titoli: Rag., Geom. o quant’altro. Questo lo trovo indicativo della nostra cultura scolastica. Sinceramente ben preferisco il modello USA. Esiste un solo liceo dove è disponibile un po’ di tutto, dalla musica, alla falegnameria, all’economia, alla biologia marina. Con corsi obbligatori e corsi specializzanti opzionali. Così si offre la possibilità ad un ragazzo di trovare ciò che gli piace creando altresì i presupposti per sviluppare un capitale umano più motivato e più preparato nello scegliere i propri percorsi.
Giulio
Non mi sembra una buona idea l’introduzione di questo liceo: ho impressione (opinione personale senza indici sintetici a supporto) che la rapida diffusione di alcune scienze sociali sia una delle cause del deterioramento della nostra università. Abbiamo molti insegnamenti di scienze dall’oggetto di studio ambiguo (non è il caso dell’Economia, eventualmente di una sua parte) destinati a tanti studenti che scelgono per esclusione: "non sono tanto bravo in matematica", "il latino mi annoia", "sui temi prendevo sempre 6–", ecc… e non vorrei che si estendesse questa "minaccia" anche alla scuola superiore creando il liceo della non-scelta (ma con relativi costi). E ho un’altra opinone: la crisi economica si può spiegare molto più facilmente con Ciaccio raccontanto da Dante che non con lezioni liceali sull’economia di mercato: è immediato, forte, sociale. Ma chi se lo ricorda? Quindi suggerirei di recuperare (con più ore e maggiore diffusione) prima la cultura umanistica, la cui assenza ci sta portando a comprendere sempre meno l’uomo, il contesto e l’effetto della sua azione. E lo dico da matematico.
Damiano Cavallin
Il liceo economico-sociale è inserito all’interno del nuovo liceo delle scienze umane, il quale presenta evidenti difetti dal punto di vista didattico-formativo che andrebbero urgentemente corretti. Inviterei tutti ad un’attenta riflessione, per non rischiare di sperimentare sulla pelle delle giovani generazioni curricola didattici privi di consistenza e mai testati prima. Una riforma della scuola seria, invece di disegnare curiosi quadri orari in base alle esigenze espresse dal ministro dell’economia, dovrebbe far tesoro delle sperimentazioni già concretamente avviate in passato, ispirandosi alle migliori. Suggerisco la lettura di: http://liceoscienzeumane.blogspot.com/
guido tirone
E’ l’idea stessa di Liceo che non va con i suoi programmi rigidi e prestabiliti. Dopo i 16 anni lo studente dovrebbe scegliere 5 materie (tra cui se vuole anche Economia e Diritto) sulle quali sarà chiamato a 18 anni a sostenere esami scritti, standard, computerizzati, multiple choice. La possibilità di valutare oggettivamente le prove consentirebbe di premiare studenti, scuole ed insegnanti (vedi Abravanel "Meritocrazia"). Gli esami dovrebbero essere aperti anche ad autodidatti ed home schoolers.
Tommaso G.
Dato che quasi il 25% della forza lavoro italiana e’ lavoratore autonomo, più che a nuove forme di insegnamento della "teoria economica" sarebbe bene insegnare ai giovani come si fa a organizzare una impresa autonoma.