Non mi sognavo lontanamente di aprire un dibattito sulle nostre radici culturali e sull’opportuntità che in Italia bisogna parlare italiano. Da oltre 10 anni il ministero prevede che i valutatori anonimi dei progetti non siano solo italiani, ma anche stranieri. E’ una decisione che comporta che i progetti siano presentati in una lingua straniera, altrimenti la scelta dei valutatori stranieri sarebbe ristretta ai pochi che conoscono l’italiano. Con beneficio dei valutatori dei paesi anglofoni, la lingua selezionata dal ministero è stata l’inglese. Questa decisione è corretta e la condivido. Il ministero però richiede anche la traduzione italiana del progetto. Perchè non lascia liberi i ricercatori di presentare il progetto solo in inglese o, se preferiscono, sia in inglese sia in italiano?
Per quanto riguarda l’osservazione di Andrea Ichino, il decreto del 19 marzo 2010 assegna al fondo PRIN 106 milioni di euro. Nei cinque anni precedenti (2004-2008) la media dei fondi assegnati era stata di 108 milioni di euro. A questi venivano aggiunti circa 40 milioni di euro da parte delle università come cofinanziamento, che ora vengono invece contabilizzati tra gli stipendi (spese che l’università sostiene comunue).
La nuova regola contabile riduce quindi l’investimento complessivo in ricerca. Va anche ricordato che il fondo si chiama PRIN 2009 (e non 2010) perché il ministero è in forte ritardo sui tempi: il PRIN 2005 fu pubblicato il 23 febbraio del 2005, il PRIN 2009 il 19 marzo 2010. Poichè in 6 anni sono stati pubblicati solo 5 bandi, si è risparmiata un’intera annualità, un taglio del fondo di circa il 16% per cento
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Marco Ruggiero
Lo Stato e quindi il Ministero hanno una responsabilità storica e istituzionale nei confronti della lingua italiana. Attribuire i finanziamenti nazionali alla ricerca (sottolineo nazionali) privilegiando linglese o facendo capire che è meglio usare linglese, significa condannare a morte luso dellitaliano scientifico. La lingua è un bene pubblico e i fondi della ricerca del PRIN sono pagati coi soldi dei contribuenti. Il buon senso vuole che litaliano sia la lingua di lavoro perché essa è la lingua che conoscono in profondità tutti i ricercatori e professori che concorrono al PRIN; nessuno deve essere escluso. In certi casi, se gli esperti stranieri (che poi sono una minoranza) non sanno leggere litaliano, si può o cambiare esperti o tradurre. Il ministero potrebbe tradurre in modo centralizzato, ove necessario, i progetti dallitaliano allinglese (sistema usato nella Valutazione Triennale della Ricerca), senza che lonere della traduzione ricada sui ricercatori che hanno di meglio da fare. L’inglese è la lingua anzitutto della cultura anglosassone (anche se qualcuno fa finta di non saperlo), e la sua egemonia dà un peso sproporzionato ai valutatori e ricercatori madrelingua.