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DUE CONTRATTI A CONFRONTO

Con l’apertura del tavolo sul mercato del lavoro, il governo Monti affronta un nodo cruciale del suo percorso riformatore. In questi giorni si è molto discusso del contratto unico di inserimento e del contratto di apprendistato, confondendo spesso le due tipologie contrattuali. Che invece si differenziano su alcuni punti essenziali. Per esempio, il contratto unico è a costo zero per le casse dello Stato, mentre non lo è quello di apprendistato. E si applica a milioni di lavoratori. Il contratto di apprendistato invece riguarda solo i giovani fino a 29 anni.

Con l’apertura del tavolo sul mercato del lavoro, il governo Monti affronta un nodo cruciale del suo percorso riformatore. In questi giorni si è molto discusso del contratto unico di inserimento (Cui) e del contratto di apprendistato (Ca), confondendo spesso le due tipologie contrattuali. In questa breve nota vorremmo chiarire le differenze fra i due tipi di contratto.

Il CUI

La proposta del contratto unico di inserimento, originariamente elaborata su questo sito è stata recepita in un disegno di legge con primo firmatario al Senato Paolo Nerozzi e alla Camera Pierpaolo Baretta. (Le riforme a costo zero, Disegno Di Legge Nerozzi).
È un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, applicabile a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro età o qualifica. Oggi si entra nel mercato a diverse età e ed è pertanto necessario disporre di uno strumento flessibile e universale, applicabile a milioni di lavoratori senza oneri aggiuntivi per le casse dello Stato e di tipo amministrativo nel vigilare clausole ad hoc di questi contratti.
È molto importante enfatizzare che il contratto è fin dal primo giorno a tempo indeterminato e – come tale – non ha bisogno di alcuna conversione in altro contratto. Nel Cui ci sono due fasi: la fase di inserimento e la fase di stabilità. Nella fase di inserimento, l’impresa ha la possibilità di interrompere il contratto di lavoro per ragioni economiche in cambio di un indennizzo economico che aumenta all’aumentare della durata del rapporto di lavoro. Nel Ddl Nerozzi la fase di inserimento dura 3 anni e richiede alle imprese un indennizzo che aumenta di 5 giorni lavorativi ogni mese e arriva fino a sei mesi di salario al terzo anno.
Una volta raggiunto il terzo anno l’impresa non dovrà convertire alcun contratto, ma si passerà automaticamente alla fase di stabilità dove il lavoratore nelle imprese con più di 15 dipendenti sarà tutelato anche dalla cosiddetta tutela reale o reintegra. Molti critici della nostra proposta sostengono che al terzo anno l’impresa vorrà licenziare automaticamente il lavoratore. È importante sottolineare che una simile opzione, qualora il datore di lavoro la volesse esercitare, richiederebbe sei mesi di paga di indennizzo e, come tale, sarebbe assai costosa per l’impresa.
Inoltre il Cui non richiede alcun onere per lo Stato in quanto non deve essere in alcun modo incentivato.
Nel Ddl Nerozzi sono anche previsti disincentivi all’abuso dei contratti a tempo determinato e dei contratti di tipo parasubordinato. Nel caso in cui mascherassero relazioni di lavoro alle dipendenze, viene prevista la loro trasformazione automatica in Cui, a meno che i contratti siano retribuiti al di sopra di una soglia prestabilità. Il principio è che, se l’ impresa vuole più flessibilità di quella consentita dal Cui, deve pagarla, dando cosi modo al lavoratore di tutelarsi con i propri risparmi.
Il Ddl Nerozzi prevede anche l’introduzione di un salario minimo orario.

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IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO

Il contratto di apprendistato è a tempo indeterminato. In questo senso è simile al Cui. C’è il divieto per le parti (datore di lavoro e lavoratore) di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una “giusta causa” o di un “giustificato motivo”. Dopo la scadenza del periodo di formazione, le parti possono recedere liberamente dal contratto. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Può essere però interrotto al termine del periodo formativo senza alcun indennizzo se viene fornito un preavviso specificato dai contratti nazionali. Quindi, in sostanza, è possibile licenziare il giovane lavoratore dopo il periodo di formazione, durante il lavoratore può ricevere salari più bassi di quelli contrattuali per le qualifiche corrispondenti.
Inoltre il contratto di apprendistato riguarda soltanto i lavoratori che hanno meno di 29 anni. Se un’impresa volesse assumere un lavoratore di 30 anni o una donna di 35 che rientra nel mercato del lavoro non potrebbe utilizzare l’apprendistato, a meno che si tratti di persone in liste di mobilità. Ci sono poi ulteriori limiti. Ad esempio, nel caso di imprese senza manodopera qualificata. Il contratto di apprendistato non può interessare più di tre dipendenti.
Il contratto di apprendistato viene in gran parte definito dalla contrattazione collettiva: è così che vengono fissati sia la durata del periodo di formazione che la lunghezza del preavviso.
Il contratto di formazione prevede sgravi contributivi (sui contributi previdenziali e assistenziali) fino al 100 per cento e quindi non è a costo zero per le casse dello Stato.
Per tutti questi motivi, il contratto di apprendistato, a differenza del Cui, non può essere esteso a milioni di lavoratori.

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22 commenti

  1. Alberto

    Intendiamoci bene sui termini. Il CUI (Contratto Unico di Inserimento) riguarda l’inserimento nel mondo del lavoro in generale o in una singola azienda particolare? Non è un particolare di poco conto perchè nel secondo caso si tratterebbe in sostanza solo di un modo di aggirare l’art.18 e di estendere a dismisura il periodo di prova e la ricattabiltà dei lavoratori. Se così fosse infatti un lavoratore assunto con CUI e licenziato poco prima dello scadere dei tre anni dall’azienda X potrebbe essere assunto sempre con CUI dall’azienda Y che potrebbe licenziarlo poco prima dello scadere dei 3 anni e così via, potenzialmente fino all’età della pensione. Quale sarebbe la ratio se non la sospensione di fatto dell’efficiacia della tutela dell’art.18?

    • La redazione

      Il CUI si applica a tutte le nuove assunzioni. Se il lavoratore venisse assunto e licenziato da diverse imprese alla scadenza dei primi tre anni in ognuna di queste, , i datori di lavoro di queste imprese dovrebbero comunque riconoscere al lavoratore 6 mesi di paga ad ogni interruzione di rapporto. Non ci sembra che questo crei i presupposti per comportamenti del tipo di quelli da lei prefigurati.

  2. Gerardo Fulgione

    Io proporrei di rendere ancora più flessibile il CUI, prolungando in modo più graduale la fase di reinserimento del periodo di 3 anni : si potrebbero estendere tutele graduali ed incrementi retributivi fino ad una certa età con conseguente possibilità di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e conseguente indennizzo direttamente proporzionale agli anni lavorati. In cambio bisognerebbe abolore quei contratti di lavoro che creano concorrenza (sleale) al contratto a tempo indeterminato, ovvero co.co.pro & co. mentenendo in vita solo il lavoro somministrato (o interinale che sia) il quale comporta un costo in più per l’impresa… costo che andrebbe a giustificare la volontà di non assumere a tempo indeterminato.

  3. statti Francescp

    Ho letto con attenzione il disegno di Legge relativo al CUI fin dalla proposta Boeri Garibaldi di anni addietro. Condivido abbastanza questa tipologia contrattuale. Rimane però un dubbio: in futuro vi sarà solo questo tipo di contratto o continueranno ad esistere ed a essere applicati gli altri vigenti, aticipi compresi? I contenziosi che potranno sorgere in caso di licenziamento, saranno soggetti all’attuale iter, oppure sarà automatico il riconoscimento dell’indennità prevista; o, peggio ancora, a transazione nelle opportune sedi giudiziali e non?

    • La redazione

      Non aboliamo gli altri contratti. Ci si limita a disencintivarne l’abuso. Quanto ai contenziosi, non interveniamo su questi, ma fissiamo una compensazione minima che sarà molto utile come riferimento nel contenzioso.

  4. Ugo Pellegri

    La preclusione a voler riconsiderare l’articolo 18 nella ridefinizione delle regole che governano il mercato del lavoro da parte delle OOSS, ed anche di non pochi studiosi, non sembra utile a raggiungere, nel rispetto dei diritti dei prestatori d’opera, quella flessibilità che i competitori europei hanno rispetto alle aziende italiane. Negli anni novanta il legislatore, con governi di diverso orientamento, per attenuare le rigidità imposte dall’articolo 18, anziché correggere la norma, anche per limitare certe interpretazioni eccessivamente di parte di qualche magistrato, e renderla più “europea” ha inventato tutta una serie di contratti che hanno trasformato la necessaria flessibilità in vera e propria precarietà. L’avere due regimi diversi per aziende con più o meno di 15 dipendenti è un obiettivo freno alla crescita di una azienda. Quale è l’imprenditore che assume un nuovo dipendente se questo fa superare la fatidica soglia? Quindi in un riesame delle regole del mercato del lavoro dove si devono correggere evidenti ingiustizie quali i falsi contratti atipici.

  5. Ugo Pellegri

    La preclusione a voler riconsiderare l’articolo 18 nella ridefinizione delle regole che governano il mercato del lavoro da parte delle OOSS, ed anche di non pochi studiosi, non sembra utile a raggiungere, nel rispetto dei diritti dei prestatori d’opera, quella flessibilità che i competitori europei hanno rispetto alle aziende italiane. Negli anni novanta il legislatore, con governi di diverso orientamento, per attenuare le rigidità imposte dall’articolo 18, anziché correggere la norma, anche per limitare certe interpretazioni eccessivamente di parte di qualche magistrato, e renderla più “europea” ha inventato tutta una serie di contratti che hanno trasformato la necessaria flessibilità in vera e propria precarietà. L’avere due regimi diversi per aziende con più o meno di 15 dipendenti è un obiettivo freno alla crescita di una impresa. Quale è l’imprenditore che assume un nuovo dipendente se questo fa superare la fatidica soglia? Quindi in un riesame delle regole del mercato del lavoro, dove si devono correggere evidenti ingiustizie quali i falsi contratti atipici, non si può non riconsiderare, almeno per il futuro, tutti gli ostacoli che contrastano lo sviluppo dell’impresa

  6. G. D.

    Non mi è ancora chiaro se il CUI cambierà la situazione per coloro che lavorano nel settore dei servizi in appalto, come per esempio i servizi di pulizia per enti pubblici quali università ecc, o anche privati. In questo settore anche se i contratti sono formalmente a tempo indeterminato, allo scadere dell’appalto i lavoratori possono essere comunque licenziati in caso il committente riduca la richiesta di servizi, sospenda il servizio tout court, oppure l’appalto venga vinto da una nuova azienda. In quest’ultimo caso non è garantito che il personale licenziato dall’impresa sconfitta in sede di gara venga riassunto dal nuovo vincitore e anche in caso di riassunzione non è garantito nemmeno il medesimo tipo contratto. In molti casi tuttavia si tratta di lavoratori che possono aver lavorato nel medesimo posto di lavoro con la medesima mansione anche per 20 anni e rischiare poi di vedersi licenziati senza aver mancato al loro dovere e senza nemmeno la soppressione del posto di lavoro. In breve si tratta di un’ampia fetta di mercato del lavoro dove il contratto a tempo indeterminato è nei fatti un contratto a tempo determinato rinnovabile fino a perdita appalto o riduzione del servizio

  7. Alessio

    Se il lavoratore venisse licenziato sempre (ipotesi remota ma possibile) dopo 3 anni di servizio, riceverebbe 6 mesi di stipendio + ammortizzatori sociali avendo tutto il tempo di riconvertirsi e avendo versato contributi per intero (cosa che raramente ora avviene con i contratti cosiddetti atipici). Lo trovo un giusto compromesso, senza considerare che l’azienda non sarà incentivata a licenziarti, poichè troppo costoso, a meno che non vi siano motivi reali. Il vantaggio è che si esclude l’abuso, che è la causa primaria del nostro paese, che diminuendo potere di acquisto e fiducia nel sistema economico, fa precipitare ovviamente la produzione.

  8. Martino

    Con questi contratti non si affronta il nocciolo vero: l’articolo 18. Cosa sono 3 anni a tutele incrementali su una vita lavorativa di 40 o più anni? cosa dovrebbe cambiare? Il problema è la rigidità del rapporto azienda-dipendente: l’azienda non può divorziare dal secondo se non per motivi disciplinari. Una maggioranza troppo ampia di dipendenti non cambia lavoro per tutta la propria vita appena ottiene un contratto a tempo indeterminato. Non c’è intraprendenza da parte di molti dipendenti (non c’era neanche prima della crisi) a migliorare la propria situazione economica incrementando o facendo valere le proprie competenze. Dall’altra parte, ci sono aziende troppo piccole, che non possono offrire poi tutti questi posti di lavoro di maggior livello. E poi chi glielo fa fare a pagare di più per un’intraprendenza o delle capacità di un dipendente se poi il rischio è che, ottenuto uno stipendio più alto, questi si sieda e si goda l’aumento visto la sua intoccabilità? Forse semplifico troppo, ma secondo me bisogna liberalizzare questo rapporto, offrendo ai lavoratori più opportunità di lavoro, non un lavoro ipergarantito.

  9. Simone

    il Dlgs 276/03 (noto come Legge Biagi) nel definire l’obbligo di “progetto” per i collaboratori parasubordinati poneva un vincolo forte all’abuso di quella tipologia contrattuale: senza progetto il contratto viene trasformato automaticamente a tempo indeterminato. Nonostante ciò si stimano in oltre 800 mila i cocopro monocommittenti con redditi inferiori ai 10mila euro annui, evidenti casi di abusi contrattuali. Quindi il vincolo del Dlgs 276, per quanto forte, non è bastato. Il vincolo reddituale del DDL Nerozzi, permette solo a consuntivo (cioè alla fine dell’anno fiscale) di capire se si è trattato di un abuso o meno, e quindi obbliga il lavoratore a fare causa. Gli 800 mila collaboratori in condizione di abuso già oggi non fanno causa (per mille ragioni comprensibili), e pure domani in caso di abuso si troverebbero nella condizione di fare una causa per vedere riconosciuto un diritto. Tra l’altro, per vedersi riconosciuto il CUI invece che direttamente il Contratto a TI, quindi una condizione peggiorativa. Temo quindi che da questo punto di vista la proposta sia peggiorativa rispetto alla condizione attuale. Ma vorrei volentieri essere smentito.

  10. Manfredo1981

    Salve, io ho un dubbio su questa riforma, e non trovo una risposta esplicita da nessuna parte. Quando si parla di sospensione dell’articolo 18 per 3 anni per i nuovi assunti, questo si applicherebbe anche a coloro che ad oggi hanno un contratto a tempo indeterminato ma decidono di cambiare azienda? Ovvero, chi ha 10 anni circa di contributi pagati e di contratto a tempo indeterminato, si troverebbe a dover affrontare un triennio di “precarietà”? Perchè mi sembrerebbe altamente disincentivante alla mobilità che invece mi pare si voglia agevolare. Per piacere mi spiegate? (se nn si è capito sto cercando di cambiare azienda). Grazie e saluti.

  11. precario

    Voglio iniziare da una banalità: creare occupazione è più importante delle modalità con cui poi si regolamenta il lavoro. La politica industriale (intesa anche come agricola, turistica, ecc.) per creare posti di lavoro è il vero problema dato che non c’è, mentre dovrebbe esserci. Sul fronte del diritto invece se da un lato è necessario sfoltire la giungla contrattuale è anche opportuno integrare tutele universali con flessibilità. Ma cosa si vuole? Sospendere l’art.18 per tre anni non mi sembra un’eresia, ma neppure estenderlo a tutti i lavoratori rivedendo al tempo stesso le giuste cause o i giustificati motivi per cui è possibile licenziare un lavoratore non lo sarebbe. I licenziamenti per motivi economici già esistono e, se forse sono farraginosi, semplifichiamoli, ma se una persona viene licenziata ingiustamente è sacrosanto che venga reintegrata (sempre che lei a quel punto lo voglia) a prescindere da dove lavora. Poi bastano poche tipologie contrattuali: apprendistato, tempo determinato per i lavori stagionali, re-inserimento, unico a tutele crescenti con l’art.18 “rivisto” dopo qualche anno di anzianità lavorativa nella stessa azienda ed uno per i lavoratori dello spettacolo

  12. pb

    Ho visto la proposta originale Boeri Garibaldi sul CUI e credo che un non detto – in se’ non drammatico – di tale proposta e’ che stante l’alto tasso di turnover del MdL italiano (Contini e il suo gruppo lo mostrarono gia’ anni or sono, e anche l’Oecd) nel giro di pochi anni (4-5? con un turnover del ca 20% annuo…) rimarremmo con un MdL di fatto solo “CUIzzato” salvo i dipendenti pubblici, minoritario nucleo di Insider… Non che questa prospettiva sia il peggiore dei mali, ma forse va ricordata. Non so invece cosa si nasconda dietro le intenzioni governative: temo un CUI applicabile solo ai nuovi entrati (primi ingressi sul MdL) e non a tutti i nuovi rapporti costituiti – quindi indipendentemente dall’anzianita’ di lavoro. Xcio’ ci attende altra ‘deregolamentazione ai margini’ ? O sbaglio?

  13. Bruno Maddalena

    Ho seguito per quanto possibile l’evoluzione della normativa concernente i rapporti di lavoro subordinato ma non ho trovato traccia dell’avvenuta regolamentazione delle c.d. “dimissioni in bianco” che datori di lavoro inaffidabili fanno tuttora firmare all’atto dell’assunzione. Nel recente passato era stata emanata un’apposita disposizione in materia, che il ministro Sacconi ha poi revocato. Qual’è in atto la situazione?

  14. PaoloS

    Nell’ente di ricerca semipubblico in cui lavoro, a causa della incertezza sui futuri fondi in dotazione, e’ strutturale l’assunzione di personale a tempo determinato, che e’ arrivato in certi momenti a coprire quasi un terzo dell’organico. Si tratta delle persone che realmente fanno progredire la ricerca, ma sono perennemente sospese tra contratti in scadenza, sospensioni e tutte le deroghe possibili. Nel vostro progetto pensate di estendere il CUI anche al nostro tipo di realta’?

  15. graziano degan

    Leggendo il testo della proposta Nerozzi sulla riforma del mercato di lavoro credo sia difficile non vederla come il domani, inteso come passaggio dal posto fisso al lavoro sicuro che darebbe ai giovani e ai senza lavoro una prospettiva. Con questa riforma si supererebbero i muri ideologici dell’articolo 18, ma anchedell’art.8 del decreto 78. Il sindacato se non vuole essere cancellato dagli eventi dovrà cambiare e tutelare gli interessi generali non quelli di parte positiva perciò una riforma, a costo zero per l’erario, che abbia nella proposta Nerozzi la sua genesi distinti saluti.

  16. Cristian Ribichesu

    Poniamo che con le nuove misure del Governo Monti, partendo da uno stipendio base dato dal contratto unico (che dovrebbe essere diverso per tipologia di lavoro, non può essere uguale …), il risparmio dell’azienda dato su 39 mensilità di tre anni di lavoro (comprese le tredicesime), si annulli con la “penale” delle sei mensilità base da corrispondere per la mancata stabilizzazione ai 36 mesi di lavoro (poniamo un livellamento e non un guadagno dell’impresa). Ma non vi sarebbe comunque una propensione alla non stabilizzazione, considerando che, su un breve arco di 10 anni, il lavoratore stabilizzato con un normale contratto collettivo maturerebbe 5 scatti stipendiali (scatti sullo stipendio aumentato di volta in volta, ogni due anni), mentre licenziando e assumendo ogni tre anni si avrebbe mano d’opera a stipendio base, sempre? Rimango dell’idea che i diritti vadano estesi per aumentare virtuosi circoli economici, e aiutando le imprese in altri modi. La stabilità di più persone porta più circolazione monetaria nel piccolo e medio mercato interno.

  17. no verba vana

    Chi scrive ha compiuto la fatica di lavorare e studiare (giurisprudenza) insieme, disgraziatamente protetto dall’art. 18 e per farla breve attualmente vede la sua azienda andare “non bene” a causa di scelte dirigenziali. Non essendo un novellino, ed essendo disgraziatamente protetto dall’art. 18, fa di tanto in tanto notare l’incongruenza di certe “scelte”, circondato da colleghi o incompetenti, o ignavi, o non disgraziatamente…protetti dall’art.18. La cosa per qualche tempo funziona, c’è qualche miglioramento poi tutto ripiomba nelle “scelte” dirigenziali, sempre un filino, ma proprio un filino, conformistiche. Ora, questa è la sitazione in cui versano tantissime persone di mezz’età e buona professionalità, in tantissime imprese dirette, per così dire, da persone che si ricordano della loro funzione solo il giorno della paga. Bene…Secondo voi, quando tutti questi scomodi apponitori di pezze (competenti e tutelati) dovessero scomparire, ovvero non essere più disgraziatamente protetti, così da starsene finalmente zitti…gli skipper di turno dove porteranno la nave? Mi rendo conto di non aver posto problemi in punta di diritto, ma il sostrato economico è questo. Grazie

  18. Alfonso

    Alla fine dei tre anni, l’azienda ti chiama e ti dice: noi ti vorremmo tenere, ma non siamo in grado di passare oltre al ” CUI” per ovviare a ciò dovremmo riassumerti ma…..non ti diamo l’indennizzo e ti richiamiamo…sei d’accordo? e allora tu ( che hai bisogno) dici ok…quando ritorno? facciamo passare un mese e ci riediamo ok?…..ok ci sto! Questo è quello che subiranno i lavoratori: ricattati a vita..in pratica “pseudopostofisso”…neologismo del nuovo mondo el lavoro.

  19. Giovannini David

    Nulla in contrario sul Cui ma volevo portare la mia esperienza sull’apprendistato. Premetto che sono un ingegnere e ho un apprendista e lavoro in trentino. L’apprendistato da noi permette di essere assumere a tempo indeterminato ad un 25% di giovani che partono con questo contratto, circa il 90% di quelli che raggiungono il 3° anno di apprendistato poi rimangono in azienda. L’obbligo che ho di formare l’apprendista ha permesso a me e a lui con fomazione interna, altra pagata dalla provincia e altra presso enti di formazione di cresecere e migliorare sia il fatturato e l’efficienza anche in periodo di crisi, permettendo a me di avere dei costi accettabili e a lui un contratto digitoso, regolare con 14 mensilità, ferie tfr ecc…. ed in + al termine probabilmente un posto fisso. L’alternativa era tenerlo a partita iva, con meno tutele per lui, in leggero risparmio per me, ma probabilmente meno efficienza da parte sua, con anche la possibilità di lasciarmi in qualsiasi momento o rubarmi la clientela, inoltre non avrei contribuito alla sua crescita professionale con dei corsi, corsi che ogni tanto servono anche a me.

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