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DEMERITOCRAZIA AL POTERE NELLA SCUOLA

A quasi cinque anni dall’abolizione delle Ssis, le scuole di specializzazione per futuri insegnanti, parte finalmente il Tirocinio formativo attivo per il conseguimento dell’abilitazione. Ed è ben congegnato perché è a numero chiuso e prevede una selezione in più fasi. Solo che ora il ministro sembra voler aprire le porte del tirocinio a chi, seppure non abilitato, ha svolto supplenze per tre anni, senza dover sottostare ai test previsti per gli altri. Una scelta che spazzerebbe via ogni programmazione legata al turnover. E che penalizzerebbe i più giovani e i più bravi.

Da quasi cinque anni chi si laurea nelle università italiane non ha la possibilità di prepararsi a svolgere la professione di insegnante nelle scuole secondarie, a conseguire la necessaria abilitazione. Nel 2008, appena nominata, la ministra Gelmini ha infatti chiuso le Scuole di specializzazione Ssis che fornivano i relativi corsi, e che fino a ora non erano state sostituite con altra struttura formativa.

PARTE IL TIROINIO FORMATIVO

Nelle scorse settimane vi è stata finalmente una notizia positiva. Il ministro ora in carica, Francesco Profumo, ha avviato la procedura per l’attivazione di un corso annuale detto Tirocinio formativo attivo (Tfa), gestito dalle università con la collaborazione delle scuole e finalizzato al conferimento dell’abilitazione. Il corso è a numero chiuso, e sono stati assegnati i relativi contingenti: circa 20mila posti a livello nazionale, articolati sulle diverse università e sulle diverse materie di abilitazione.
La selezione per l’accesso avviene su tre prove successive: test preliminare formulato e giudicato a livello nazionale, poi prove locali scritte e orali. I bandi per la partecipazione al test sono già stati pubblicati ed è stato fissato il calendario in varie giornate del mese di luglio. Possono presentarsi tutti i laureati non abilitati, indipendentemente dalla data di laurea.
Il numero di posti è stato individuato tenendo conto delle necessità di presumibile turnover di insegnanti negli anni successivi. Necessità che peraltro sono ora diminuite con l’aumento dell’età pensionabile dei docenti in servizio, una decisione presa quando il numero dei posti disponibili per il tirocinio era già stato fissato. Al turnover si deve provvedere attraverso due procedure, ognuna per il 50 per cento di posti: da un lato il progressivo scorrimento delle graduatorie dei “vecchi” abilitati, dall’altro nuovi concorsi cui parteciperanno appunto gli abilitati Tfa. Questi infatti non entrano in graduatorie e possono accedere all’insegnamento solo attraverso i concorsi: per chi non li vincerà, l’abilitazione è una mera etichetta onorifica.
Di conseguenza, il ministro ha dato notizia anche di bandi di concorso per ridurre finalmente il precariato. Anche qui si scontano inadempienze precedenti: l’ultimo concorso fu bandito dal ministro Berlinguer nel 1999, la norma prevedeva una periodicità triennale, ma i ministri susseguitisi, nell’ordine Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni e Mariastella Gelmini, l’hanno violata. Da ciò il formarsi delle graduatorie di già abilitati in attesa.

LA SORPRESA

Nei giorni scorsi, a bandi Tfa già pubblicati, ecco però che il ministro afferma che i non abilitati che negli anni scorsi hanno svolto supplenze per almeno tre anni potrebbero iscriversi al Tfa senza vincolo di numero e senza presentarsi ad alcuna prova di ingresso. Il ministero stesso non sa quanti siano, poiché il sistema informativo registra solo gli incarichi conferiti a livello provinciale (ex provveditorati agli studi), mentre molti docenti hanno avuto spezzoni di supplenze dalle singole scuole; si tratta comunque di molte decine di migliaia di persone. Salterebbe perciò quel minimo di programmazione quantitativa che era stato impostato. E, conferendo loro l’abilitazione, verrebbero date illusioni a una grandissima quantità di aspiranti docenti che poi non troveranno posto. E si tratta di illusioni costose: da 2.500 a 3.500 euro per un corso che non darà prospettive forse al 90 per cento di coloro che lo seguiranno.
Tenendo conto del fatto che ogni anno vi erano tra le 20mila e le 25mila domande di iscrizione alle Ssis, si può prevedere che quattro nuove annualità di laureati porteranno a 80mila-100mila domande di iscrizione alle prove di accesso al Tfa: tre concorrenti su quatto o quattro su cinque, anche se bravissimi, non riusciranno a entrare. E in più se le parole del ministro diventeranno realtà, i giovani sarebbero ancora una volta discriminati perché un cumulo di supplenze comunque acquisite darebbe un diritto a prescindere dal merito. Inoltre, una volta abilitati, i bravi si troverebbero immessi in un grande calderone del cui futuro si è detto sopra.
Nella situazione che fino a ieri sembrava acquisita, con prove di ingresso per tutti e un numero di ammessi che desse prospettive, vi era comunque una norma atta a favorire chi già stava svolgendo un lavoro docente: il tirocinio poteva essere svolto nella sede di servizio. Questo corrisponde a una esigenza funzionale e anche a un parziale riconoscimento. La nuova ipotesi rappresenterebbe invece soltanto un regalo a chi teme insuccessi nelle prove, e questo regalo determinerebbe gravissime conseguenze a danno dei migliori.
Nelle indicazioni programmatiche del governo si parlava di prospettive per i giovani e di valorizzazione della qualità degli insegnanti, al fine di aggiungere qualità alla scuola nel suo complesso. Andiamo invece verso la demeritocrazia al potere?

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23 commenti

  1. pasq

    Caro professor Luzzato, la storia infinita dell’assenza di formazione professionale degli insengnati è lo specchio del paese da sempre. Da calcoli molto empirici il numero complessivo dei precari (tra quelli iscritti in graduatoria e quelli, non registrati, iscritti alle solo graduatorie di istituto potrebbe essere di un esercito di circa 400 mila persone). Quindi con mio grande rammarico devo arrendermi alle tesi complottarde: se non si riesce da sempre a valorizzare il merito per la professione docente è per una chiara scelta politica delle classi dirigenti “borghesi” appoggiata da quelli che intendono difendere l’occupazione nel settore scolastico (l’occupazione per l’occupazione), in primis, sindacati e coloro che da sinistra miopemente confondono la qualità della scuola con la quantità dell’occupazione (precaria e no). C’è una differenza rispetto al passato, oggi le politiche di demerito nella scuola, sono tecniche, come lei può capire non è cosa da poco.

  2. frank

    L’onerosità del tirocinio non consentirà la selezione. Le 3.500 euro corrispondono a più di due mensilità del meschino stipendio di un insegnante. Pochi se lo potranno permettere a meno che qualcuno decida di non vivere per due mesi. Non solo ma l’autore dell’articolo ha omesso di scrivere che per accedere alla prima selezione c’è un biglietto di ingresso di 100 euro a fondo perduto per ogni abilitazione a cui si vuol partecipare. E’ questo il modo per formare gli insegnanti? Pagando e sostenendo le università? La scelta per diventare insegnanti deve essere una opzione con l’iscrizione al primo anno di università. Il tirocinio successivo alla laurea deve essere retribuito come succede in tutti i Paesi civili.

  3. Francesco Rocchi

    In realtà mi sembra di capire che ad accedere al TFA sarebbero sia quelli che l’ammissione se la sono guadagnata sul campo (passando per il numero chiuso) e quelli che hanno insegnato senza titoli. Quindi, almeno nei termini dell’ammissione, i bravi non dovrebbero essere penalizzati. Se poi si fa il concorso, a quel punto passa chi è bravo. Spero sia così. Nel resto d’Europa i canali di accesso a questa professione sono sempre molteplici. Uno di questi è l’integrazione “teorica” ad un lavoro già svolto in concreto. Dove ciò funziona meglio è in quei paesi in cui l’assunzione dei docenti, non essendo un ammortizzatore sociale, è demandata alle singole scuole, che possono selezionarsi il personale migliore e più adatto. Da noi si fa tutto per automatismi, e i risultati sono questi.

  4. Davide

    Mi risulta che Profumo abbia parlato in un’intervista e quindi non è detto che effettivamente si cambieranno le regole in corsa. Sbaglio? L’articolo descrive quello che “potrebbe” succedere. Triste comunque che l’andazzo sia sempre lo stesso anche sotto i Tecnici. Non mi stupirebbe l’ennisma norma, entro il pubblico impiego, che tutela i diritti acquisiti di una casta (che si definisce di precari) che ha comunque il posto assicurato ogni anno. Mi domando poi perché le regole non debbano valere mai per tutti e ci sia sempre qualcuno che cerca di farsi spalleggiare di sindacati (sempre sia questo il motore di tali deformi iniziative di tutela) per salvaguardare se stesso danneggiando volutamente altri.

  5. S. Barbara

    Finora la macchina scuolaè andata avanti grazie a questi poveri disgraziati che hanno lavorato, sfruttati (nessun tipo di avanzamento di carrier, nessuna possibilità di scelta del giorno libero appannaggio di quelli di ruolo e dei sissini trattati come princpinii, nelle scuole dimenticate in paesini di montagna etc) e presi in giro. Ricordi che se non siamo abilitati è perchè hanno chiuso le SSIS e non perchè non siamo bravi: come può giudicarci? Sarà l’esame finale del corso abilitante a dimostrarlo. Lavoro dal 2008 sempre su cattedra vacante e sempre da settembre a giugno senza un lamento (a differenza dei tanti di ruolo) e non ho avuto la possibilità di abilitarmi. Fare un test d’ingresso, con materie che non sono mai state contemplate dal mio corso di studi come pedagogia (che in teoria non so ma che in pratica credimi si!), studiare tra impegni scolastici (che in questo periodo sono infiniti specie per chi come me è impegnato 2 ore per classe!) è assurdo. Però finora allo stato è andata bene chiamarci a tappare i buchi. E smettetela con la storia dei posti che non esistono perchè se c’è gente che ha lavorato per più di 360 giorni vuol dire che i posti ci sono

  6. ivano

    Non mi risulta che i concorsi selezionino necessariamente i piu’ bravi. Anzi, la cultura del concorso e’ una cultura a spot fatta di domande che accertano solo la prevalenza di un ricordo che puo’ essere migliore o peggiore di altri. Ecco, quella dei concorsi, dei quiz e quizzoni, delle domade aperte o chiuse che siano, delle crocette, dell’a), b) o c) e’ la civilta’ ne’ della cultura ne’ della conoscenza. E’ piuttosto quella della competenza funzionale a quel singolo obiettivo. Quello della risposta giusta che, come sanno tutti, difficilmente riesce ad accertare qualcosa di concreto

  7. Giuseppe Moncada

    Credo che l’esperienza conti e insegni qualcosa. Posso garantire per la mia quarantennale attività di docente e vice preside fino al 1982/83 e da Preside , di Liceo, dal 1983/84 al 2009 che la stragrande maggioranza dei docenti che sono diventati di ruolo dopo aver partecipato e superato un concorso erano docenti preparati, responsabili e amanti dell’insegnamento. Tuttavia la premessa è che , ciò è successo per quei docenti che, dopo essersi laureati hanno avuto la possibilità di partecipare ai concorsi indetti con cadenza regolare dal Ministero. Purtroppo in Italia non è mai preveista alcuna conseguenza per coloro che sono preposti a dare applicazione alle norme e non li attuano. Ciò dovrebbe accadere non solo per i funzionari ma anche per i MINISTRI. FINO a quando ciò che si programma non viene subito attuato si avrà sempre precariato e caos in tutte le Amministrazioni. Questo è il grave atteggiamento della nostra P.A. Negli altri Stati ciò non accade. Ed allora non potrà essere un governo di tecnici, per quanto bravi possano essere a risolvere la suddetta grave anomalia in appena sei mesi di vita del governo.

  8. Lettore attento

    Ogni volta che si ripresenta il discorso assunzioni nella scuola tornano a galla, rivisitato per la circostanza, il tema correttamente analizzato nell’articolo. Vorrei aggiungere alcune considerazioni.
    1-La situazione si è creata per il disinteresse della politica nei confronti della scuola pubblica salvo che per ridurre al minimo i costi.
    2-L’ampio numero di aspiranti docenti è largamente dovuta alla scarsa offerta di lavoro intellettuale da parte del privato.
    3-Il metodo dei concorsi è molto costoso e farriginoso.
    4-Nel decidere chi è bravo e chi no sono, finora, sempre stati assenti metodi di valutazione della capacità didattica privilegiando la valutazione delle competenze disciplinari.
    5-E’ evidente, dopo le riforme Gelmini e Fornero, che le possibilità di impiego sono una pia illusione.
    6-Nelle GAE sono presenti degli insegnanti che, dopo aver acquisito l’ingresso, non esercitano più da anni sia per la riduzione dei posti sia per precisa scelta personale.
    7-Ci sono, è vero, dei posti liberi ma la maggior parte di quelli coperti dal personale a tempo determinato sono di tipo temporaneo e quindi da gestire con flessibilità.

  9. Mario Milani

    La selezione va benissimo, ma davvero si crede che una volta passato un concorso pubblico una persona possa aver garantito un posto a vita senza alcun ulteriore controllo circa il suo lavoro? Mi pare che il concorso nel pubblico impiego sia un alibi generale per nascondere la realtà: tantissimi vincitori di concorso risultano pessimi lavoratori cosi come moltissimi che non superano il concorso possono magari essere degli ottimi insegnanti o amministratori pubblici. Il lavoro va valutato anno per anno nel corso di tutta la carriera e per i dipendenti impreparati o fannulloni si deve arrivare anche al licenziamento, con buona pace di sindacalisti, politici e vincitori di concorso.

  10. rosita

    Un test superato stabilisce la bravura di una persona su di un’altra che forse non ha avuto prontezza, ricordo o altro ma chi insegna da tempo nella scuola, chi da tempo giudica i ragazzi e si misura ogni giorno con loro, anche senza abilitazione, è una persona che non merita solo perchè non farà un test? Il vero test è quello di entrare in classe ogni giorno e ottenere l’attenzione dei ragazzi per cui la scuola non ha alcun valore. Il test è cercare di appassionarli, di farli interessare, di fargli capire che la scuola la cultura sono alla base di un mondo migliore. E non è un test a stabilire che si è più bravo di chi già fa questo da tempo!

  11. Luca Cigolini

    1 Proposta di valutazione dei docenti in servizio tramite il cosiddetto quizzone in uno dei rari periodi di governo non berlusconiano degli ultimi 20 anni: non se ne fece nulla.
    2 Corsi di aggiornamento obbligatori del personale in servizio: non ti aggiorni? non avrai scatti di anzianità! Vennero fatti, ma senza alcuna verifica dell’apprendimento: ogni docente produsse l’attestato di frequenza e tutti passarono nel numero dei bravi.
    3 Le graduatorie d’istituto (per i docenti assunti, i prof. di ruolo, per intenderci) sono basate su svariati criteri (numero di figli, genitori bisognosi d’assistenza, continuità di servizio… fortunatamente – in piccola parte – anche titoli e pubblicazioni). Conseguenza: in caso di riduzione del personale, il merito ha un minimo valore per la scelta del docente da allontanare, e si tratta per lo più del merito (lontano negli anni) del punteggio di laurea.
    4 Il penultimo governo, che aveva l’obbiettivo di ridurre il personale, non certo quello di migliorare la qualità degli insegnanti, ha abolito le Ssis: dov’è il merito?
    5 L’ultimo governo è attento soprattutto a non spendere (pagano i tirocinanti) e poco cura il merito: ci dovremmo stupire?

  12. Luigi Scarpa

    Il timore del prof. Luzzatto viene dall’esperienza. Le SSIS sono state sempre inflazionate di iscritti. Aggiungo inoltre che le prove di selezione, la cui tipologia “all’americana” era uguale per tutti, portava per es. a chiedere e ottenere (in qualche caso no: per questo avevo fama di carogna) di abilitarsinella mia materia, il latino, persone assolutamente impreparate già sui contenuti e quindi incapaci di affrontare i nodi problematici della didattica disciplinare. Che ci sia un complotto contro la scuola, o è solo convergenza di interessi, accademici, sindacali, politici? insomma, perdonate il latinuccio, ancora una reformatio in peius?

  13. Giacomo Mazzini

    Credo che il ministro stia facendo piovere sul bagnato, senza alcuna innovazione rispetto al passato (molto passato, ancor prima del 1999): perché illudere deliberatamente e spietatamente giovani e precari non abilitati che ci sia una possibilità significativa di entrare in ruolo, quando non ci sono posti (anche per remote eredità demeritocratiche)? Perché prenderci sempre in giro?

  14. Giuseppe Emiliano Bonura (PhD Student)

    Ero contrario alle Ssis e sono contrario al Tfa. Dopo 5 anni, tra laurea triennale e specialistica, che senso ha – se non quello, come rilevato correttamente nell’articolo, di far pagare altre tasse universitarie? – fare un corso e poi un concorso? Credo sarebbe più appropriato istituire direttamente un concorso nazionale di abilitazione a cui si può accedere dopo la laurea specialistica ed a cui, se vogliamo, seguirebbero concorsi di immissione locali. Tra il concorso di abilitazione e quello di immissione (il primo dovrebbe indagare le conoscenze teoriche sulla materia, il secondo quelle didattiche e interdisciplinari) potrebbe prevedersi un tirocinio formativo retribuito della durata di 6 mesi (come avviene per i tirocini formativi in Toscana con una recente legge regionale) che di fatto prepari al concorso di immissione. Il tutto dovrebbe svolgersi nell’arco di 12 mesi, senza aggravio di tasse universitarie.

  15. valeria

    Ho preso l’abilitazione con l’ultimo concorso ministeriale (1999) e ho svolto supplenze, tutte le volte che sono stata chiamata: non tutti gli anni perchè, dopo il 2002, è successo che gli abilitati con le Ssis (selezionati blandamente e paganti, non poco, per il corso abilitante) sono stati immessi nella stessa graduatoria degli abilitati col concorso del 1999, con punteggi molto alti perchè calcolati con altri criteri rispetto a quelli con cui siamo stati giudicati noi abilitati (senza pagare) tramite concorso. Quindi quasi tutte le volte che ho ottenuto i punti della supplenza sono stata sempre superata dai neoabilitati sissini. Le Ssis sono state uno scandalo di cui nessuno vuole parlare fino in fondo. Hanno dato soldi alle università. E svantaggiato chi si era abilitato prima, che adesso viene considerato “vecchio” per entrare in ruolo. Anche il nuovo sistema di reclutamento, descritto del professore Luzzatto porterà soldi alle università, svantaggiando chi si era onestamente abilitato grazie a un concorso severo e selettivo, e senza pagare.

  16. Harvey

    Ancora concorsi organizzati dall’università con test d’ingresso? E dovrebbero essere il non plus ultra per selezionare gli insegnanti?  Tanto per cominciare, mi piacerebbe sapere che selezione hanno passato quei bravi docenti universitari che pretendono di insegnare ai professori. Per carità, alcuni sono veramente bravi, ma gli altri sono più interessati all’auto promozione propria e dei testi scritti da loro che non a formare i docenti. E’ capitato anche alcuni di questi formassero più sulla materia in cui erano iper specializzati che non su quelle che dovevano veramente affrontare gli insegnanti. A questo aggiunga che l’università di solito cerca di interpretare il bando di concorso a modo suo più che secondo legge, e che spesso spinge per far ripetere gli esami solo per racimolare qualche soldino in più. Per non parlare della scomodità estrema di fare questi corsi durante l’anno scolastico, quando potrebbero benissimo essere svolti in estate, per lo meno per la parte teorica. Parlo di esperienze personali, vissute nel nord Italia.

  17. Bernardo GABRIELE

    Innanzitutto è stato chiarito con nota scritta che gli insegnanti precari potranno accedere senza selezione non al TFA, ma a uno specifico percorso abilitante di futura istituzione. Nessuna novità: era già così ai tempi della SSIS. Inoltre, come lo stesso MIUR scrive, non esiste alternativa legale (la nota contiene i riferimenti normativi europei e nazionali). E’ anzi curioso leggere che il MIUR ha deciso in tal senso non per rispettare la Legge, ma per non incorrere in “probabili sentenze di condanna”… che verosimilmente ci saranno comunque perché è dubbio che sia legale il previsto obbligo di superamento di un esame finale. Infine, perché mai la scelta di un precario di lungo corso sarebbe “demeritocratica”? Occorre ricordare che costoro, tramite le graduatorie d’Istituto, hanno superato non una, ma almeno tre selezioni (una all’anno) basate su titoli di studio (il voto di laurea e la lode pesano) e scientifici, oltre che di servizio. La maggior parte di questi precari sta già insegnando, e nuovi posti, riforma (leggi: tagli) permettendo, arriveranno col naturale ricambio del personale: dov’è il problema?

  18. Fabrizio Iotti

    Fino a quando per coprire 1 posto lo stato dovrà pagare 2-3-4-5 pseudo insegnanti pseudo malati o pseudo sindacalisti o pseudo distaccati per motivi pseudosensati, ogni riforma ogni reclutamento ogni iniziativa sarà inutile. La Scuola deve prima di ogni cosa liberarsi dei ladri di stipendio di cui si è infarcita negli anni in cui è stata usata come ammortizzatore sociale dalle classi politiche di ogni colore; fino ad allora parlare di meritocrazia e TFA e SISS e concorsi è solo partecipare a una pietosa guerra tra poveracci.

  19. Davide

    Chi esprime gli interessi del proprio gruppo non pretenda di accampare motivazioni professionali didattiche. Stia tranquillo, il suo posticino non glielo toglierà nessuno.

  20. prof. Giovanni Volpe

    Il nostro interlocutore, probabilmente, è all’oscuro del sistema SIDI del MIUR, con il quale, qualunque segreteria scolastica può agevolmente acquisire ogni tipo di dato riguardante qualsiasi insegnante italiano, ivi compresi i singoli giorni di servizio prestati in qualsivoglia istituzione scolastica. Se ciò non bastasse, potremmo suggerirgli di verificare con i dati del Ministero del Tesoro, che paga gli stipendi dei docenti, oppure, cosa per altro possibile per ogni cittadino italiano, potrebbe scorrere le statistiche rilasciate dal MIUR annualmente. Con sua grande sorpresa troverebbe in breve tempo tutti i dati che porterebbero alla soluzione del mistero! Appare alquanto strano sostenere che un Ministro della Repubblica non possa accedere ai dati certi messi a punto dal “suo” ministero, che dispone di una banca dati che agevolmente consultabile da un qualunque esperto informatico.

  21. gabry66

    Si sta ancora una volta perpetrando una truffa ai danni dei giovani, alla quale purtroppo tanti abboccheranno, come è capitato a me per la SSIS. L’unica cosa certa è che di quei corsi le università italiane interessate hanno disperatamente bisogno, per mandare avanti dei carrozzoni vecchi e pieni di assistenti precari e raccomandati, che senza quei corsi dovrebbero andarsi a cercare un lavoro, costringendo i loro mentori a fare ciò per cui sono effettivamente pagati ovvero insegnare, invece di accumulare incarichi e consulenze.

  22. flavia

    Decisione molto avventata se non c’è prova selettiva come per gli altri, molti di questi insegnanti precari hanno solo il diploma, vedi scuola infanzia e primaria, e la sola esperienza non conta, troppo spesso c’è carenza nella preparazione di base figurarsi nello specifico.

  23. Fabio Chiodelli

    Premetto che io sono un insegnante di ruolo e quindi non devo difendere nulla se non il mio punto di vista di “interno” alla scuola. Io non trovo così assurdo creare un ingresso preferenziale a chi ha insegnato per qualche anno. Forse che costoro non hanno fatto gli insegnanti, occupandosi dei nostri ragazzi e di fatto svolgendo una sorta di tirocinio? Davvero i giovani sono più meritevoli in quanto giovani? Davvero i concorsi selezionano i migliori? Davvero chi non ha mai insegnato è meglio di chi l’ha già fatto? Trovo semplicistico ridurre a qualche test la valutazione del merito di un insegnante e liquidare chi ha insegnato con un ben servito come se lo Stato nel frattempo non avesse avuto bisogno del quotidiano lavoro in classe del non abilitato di turno. Ma la mia è solo un’opinione, naturalmente…

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