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EUROBOND? MEGLIO L’UNIONE BANCARIA

Dopo più di due anni di tentativi e vertici di emergenza, la crisi dell’Eurozona non mostra alcun segno di miglioramento. La soluzione passa attraverso una politica che separi la crisi bancaria da quella del debito sovrano. È necessario perciò creare una Autorità di risoluzione europea, con il compito di identificare le banche che hanno subito gravi perdite, risanarle o liquidarle. L’Autorità dovrebbe disporre di garanzie fiscali fornite dall’Esm. E con una reale unione bancaria, potrebbe svanire il bisogno di ricorrere agli Eurobond.

 

La maggioranza dei commentatori è ormai convinta che il problema di fondo della crisi dell’Eurozona sia l’’interdipendenza tra la fragilità delle banche e quella degli stati. (1) Un legame che alcune recenti politiche hanno sfortunatamente accentuato.

  • La liquidità iniettata nel sistema dalla Bce tramite le operazioni di rifinanziamento alungo termine  è stata utilizzata da alcune banche per acquisti massicci di titoli di stato del proprio paese, legando in questo modo ancora più strettamente il proprio fato a quello dello stato (2).
  • L’’uso dell’’Efsf o Esm per ricapitalizzare le banche spagnole tramite un prestito al Fondo de Reestructuraciòn Ordenada Bancaria ha peggiorato la crisi del debito pubblico spagnolo, in quanto il prestito appesantisce ulteriormente il rapporto debito-Pil del paese.

PERCHÉ L’’UNIONE BANCARIA

Fin dall’’inizio della crisi globale si è avvertita l’’esigenza di far combaciare il quadro regolamentare di supervisione e gestione della crisi con il perimetro geografico di attività delle grandi istituzioni bancarie transnazionali.
Oggi la questione si ripresenta, sotto il nome di unione bancaria, presentata come il provvedimento principale per salvare l’’Eurozona. Alcuni vedono l’’unione bancaria con un fondo comune per ricapitalizzare le banche in situazione critica semplicemente come un primo passo verso gli Eurobond e come un mezzo indiretto per la mutualizzazione del debito pubblico. Al contrario, pensiamo che la definizione di un quadro comune di regole di risoluzione delle crisi e la creazione di un fondo a livello europeo sia indispensabile per separare la crisi bancaria da quella degli stati, nel breve termine, e per dotare il mercato unico bancario europeo di un solido ed efficace quadro regolamentare.
Una volta separata la crisi bancaria dalla quella del debito pubblico, potrebbe venire meno la necessità degli Eurobond: eventuali perdite nel settore bancario non metterebbero più in pericolo la solvibilità di stati fondamentalmente solidi come Irlanda e Spagna. Con un sistema bancario risanato potrebbe anche venir meno la necessità di salvare stati irresponsabili, come la Grecia; e molto probabilmente stati fondamentalmente solventi non dovrebbero più pagare interessi troppo onerosi sul proprio debito.

UNA AGENDA DI RIFORME A LUNGO TERMINE

La lezione di questa crisi è che un mercato unico stabile non è compatibile con una supervisione a livello nazionale, concetto anche noto come “il trilemma finanziario”. (3) Naturalmente si può sostenere che i problemi di Spagna (e Irlanda) sono il risultato di una classica “sbronza” da prestiti immobiliari. È vero, ma il problema rimane locale solo se il fallimento di banche locali non pregiudica la stabilità dell’’intero sistema bancario dell’’Eurozona. Le grandi banche spagnole, così come le banche di altri paesi, hanno una forte esposizione verso questi istituti locali e verso l’’economia spagnola nel suo insieme. Il fallimento di banche locali spagnole potrebbe quindi trasmettersi con una reazione a catena all’’intero sistema bancario dell’’Eurozona. Inoltre la supervisione a livello nazionale di banche transnazionali crea distorsioni, dato che i supervisori locali possono intervenire in una banca debole troppo presto o troppo tardi. (4) La recente esperienza in Europa dimostra che il contesto politico e regolamentare locale condiziona i supervisori nazionali e li porta a sottovalutare sistematicamente i problemi e a intervenire in ritardo.
Abbiamo ripetutamente invocato la definizione di un quadro regolamentare europeo per la supervisione delle grandi banche pan-europee. (5)
Le soluzioni possibili a livello istituzionale sono diverse, ma è fondamentale la creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi bancari e di gestione delle crisi bancarie, per un rapido ed efficace intervento in banche transnazionali in crisi, per ridurre l’’incertezza e rafforzare la disciplina di mercato. Naturalmente un’’autorità di questo tipo deve avere le risorse necessarie per gestire efficacemente la crisi di grandi banche e dunque oltre all’’autorità per la gestione delle crisi potrebbe rendersi necessario un sistema di assicurazione dei depositi bancari per le banche transnazionali. Le risorse per questo schema dovrebbero venire dal sistema bancario stesso per prevenire il rischio di azzardo morale, che costringe il contribuente a pagare per il fallimento delle banche dovuto a gestioni sconsiderate. Dato che l’’assicurazione sui depositi, anche se finanziata dalle banche stesse, potrebbe non essere sufficiente in caso di rischio sistemico, si rende necessaria una forma di garanzia (back-stop) da parte dei governi tramite l’’intervento di un’’istituzione europea come l’’Efsf o il nuovo Esm, in particolare nella fase iniziale di costituzione del fondo.

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LE NECESSITÀ DI BREVE TERMINE

Le riforme istituzionali appena delineate sono necessarie per la stabilità di lungo periodo dell’’Eurozona e del mercato unico bancario europeo, ma l’’Eurozona ha la necessità immediata di combattere la crisi delle banche. Esiste un problema di significativa sottocapitalizzazione di molte banche europee che non è ancora pienamente riconosciuto: potrebbero essere necessari 200-500 miliardi di euro. (6) Il crescente peso del debito sovrano sui bilanci bancari è una zavorra per le banche, specialmente nei paesi periferici.
Gli Stati Uniti hanno risolto i problemi relativi alle loro banche nel 2009, effettuando stress test molto rigorosi e mettendo a disposizione i fondi Tarp per la ricapitalizzazione immediata (anche se la maggior parte del capitale è stato raccolto sui mercati). Da quel momento, il sistema bancario ha cessato di essere una fonte di debolezza per l’’economia americana.
L’’Europa non ha mai affrontato il problema adeguatamente, effettuando solo stress test semi-rigorosi e lasciando troppa flessibilità nei tempi di ricapitalizzazione (fino a nove mesi). E soprattutto i leader europei non hanno consentito che le risorse dell’’Efsf venissero usate per ricapitalizzare le banche.

UNA AUTORITÀ DI RISOLUZIONE EUROPEA

Per rendere il sistema bancario europeo un punto di forza e non di debolezza, proponiamo dei provvedimenti decisi per porre fine a questa situazione.

• Costituzione di un’ Autorità di risoluzione europea, per la quale la Bce può mettere a disposizione personale e uffici.

L’’Autorità classificherà le banche fragili in Europa, sia quelle grandi che quelle piccole; le banche ben capitalizzate continueranno a operare, mentre quelle deboli saranno ricapitalizzate o (parzialmente) liquidate.

• Se possibile, le banche devono essere ricapitalizzate sul mercato. Se non è possibile, l’’Autorità di risoluzione ricapitalizza acquisendo una partecipazione azionaria nella banca interessata.

È importante che l’’Autorità di risoluzione possa trarre beneficio dall’’eventualità che la banca ricapitalizzata ritorni sulla giusta strada, con anche la possibilità di realizzare profitti, come è successo in crisi precedenti. Va considerata la possibilità di introdurre restrizioni sul pagamento dei dividendi e un limite ai salari, così come il ricorso a debt-equity swap.

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• L’’Autorità di risoluzione dovrà godere di una garanzia (back-stop) fiscale da parte dell’’Efsf/Esm per ottenere la credibilità necessaria non solo da parte delle banche che deve ricapitalizzare, ma anche da parte dei mercati.

La gestione a livello europeo della ristrutturazione delle banche ha un ulteriore vantaggio: ridurrà la pressione politica e l’’interferenza a livello nazionale e renderà possibile un processo più trasparente e più efficiente a livello di costi.
La ristrutturazione e la ricapitalizzazione del sistema bancario in Europa non solo contribuirà a separare i problemi delle banche dai problemi degli stati, ma potrà anche realmente aiutare la crescita trasformando le banche da un peso sul bilancio degli stati a un motore di sviluppo attraverso il credito al settore privato. Perciò una Autorità di risoluzione europea non è solo uno strumento per la risoluzione della crisi, ma è anche una parte essenziale del patto per la crescita che è oggi ai primi posti della agenda politica europea.

(traduzione di Isabella Rota Baldini)


(1)
Gros D., (2010), “Eurozone crisis left to fester”, VoxEu, 21 dicembre.
(2) Wyplosz C., (2012), “The ECB’s trillion euro bet” VoxEu, 13 febbraio.
(3) Schoenmaker D., (2011) “Financial trilemma” Economics Letters, 11:57-59.
(4) Beck T, Todorov R., e Wagner W. (2012) “Supervising cross-border banks: Theory, evidence and policy”, Tilburg University mimeo.
(5) Allen F., Thorsten B., Carletti E., Lane P., Schoenmaker D. e Wagner W. (2011) “Cross-border banking in Europe: Implication for financial stability and macroeconomics policies”, CEPR, London; Schoenmaker D. e Gros D. (2012) “A European deposit insurance and resolution fund”, DSF Policy Paper, n. 21 Duisenberg school of finance, Amsterdam; Schoenmaker, D. (2012) “Banking supervision and resolution: The European dimension”, Law and Financial Market Review, 6:52-60
(6) Acharya V., Schoenmaker D. e Steffens S. (2011) “How much capital do European banks need? Some estimates” VoxEu, 22 novembre.

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  1. Piero

    Monti invece di chiedere aiuto per attivare il fondo Efsf ha proposto la garanzia delle partecipazioni pubbliche italiane ( il tesoro dell’Italia), ci dobbiamo privare di tali partecipazioni per garantire il prestito del fondo, ritorniamo al solito punto, abbiamo detto a Monti che puo’ vendere le cose di sua proprietà ma non quelle di proprietà degli italiani, la riserva aurea, le ferrovie, la Rai, l’Eni ecc non si vendono alla Germania.

  2. andreag

    Approvo le linee di fondo dell’articolo, anche se non mi è chiaro come rifinanziare questo fondo “salvabanche”:fosse anche l’Efsf o l’Esm, non credo che si possano succhiare altri fondi dai bilanci Statali,e condivido l’ostilità a cedere i nostri “gioielli”(quelli ci servono per le privatizzazioni) e certamente ora se ne cavano fuori pochi dai bilanci bancari:tanto vale ripescare l’idea di far accedere direttamente il fondo ai rifinanziamenti last resort della BCE. Perchè non fare come in America? Prestare i fondi ma vincolarli alla restituzione da parte delle banche in un paio di anni(non crediamo che oggi le banche concedano credito retail a tassi vicini all’euribor…),e poi alimentare il fondo con contributi (anche fiscali,magari)delle banche stesse,questo mi sembrerebbe positivo nel breve e equo nel mediolungo periodo. L’idea che il fondo o qualche istituzione europea acquisisca una partecipazione nelle banche che non ricapitalizzano accedendo al mercato, mi inquieta un pò.Preferisco evitare le nazionalizzazioni.

  3. Piero

    Con l’accordo raggiunto nel vertice europeo è stato aggiunto all’Efsf il compito di salvare le banche alleggerendo la posizione della Bce, già la Spagna ha annunciato la richiesta di aiuto i 100 miliardi, la copertura del fondo avviene con il contributo degli stati, per l’Italia e’ prevista una contribuzione del 19%, l’unica cosa certa del vertice è che l’Italia dovrà trovare. 19 miliardi, forse Monti faceva meno danni se rimaneva a casa.

  4. Piero

    Una semplice riflessione, la Germania ha il costo del debito pubblico pari allo zero mentre l’Italia arriverà al 5%, cio’ vuole dire che la Germania ogni anno ha in tasca 100mld in piu’ dell’Italia da spendere, la Merkel dice che loro sono stati piu’ bravi e non vogliono dividere tale utilita’ con nessuno, penso invece che come ieri si fece l’unità dell’Italia, riunificando i relativi debiti pubblici, così anche oggi non si puo’ prescindere da tali fatti ( vedasi articolo sul Il sole 24 ore odierno sull’unificazione dell’Italia con la lira). Non si esce da questa palude se la Germania non ragiona in termini di solidarieta’, perché se l’Italia deve combattere, naturalmente nell’economia, si deve riappropriare delle armi, ossia della politica monetaria, quindi uscita dall’euro.

  5. AM

    Si devono distinguere le banche che si trovano in difficoltà a seguito di politiche di investimento spericolate, da quelle che sono in difficoltà a seguito della recessione e infine a quelle giudicate sostanzialmente sane, ma che sono penalizzate dai rating per il fatto di avere in portafoglio titoli pubblici del proprio paese (in genere banche italiane). Nel caso 1 la colpa è tutta dei vertici delle banche (spinti da obiettivi di guadagno personale), nel secondo caso si potrebbe forse addebitare un troppo generoso finanziamento dell’economia, nel terzo caso non vi è alcuna responsabilità delle banche e dei loro vertici, le colpe semmai dovrebbero essere addebitate ai governi del passato che hanno mal gestito le finanze pubbliche creando un patologico aumento del debito anche in periodi di economia favorevole.

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