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Fare bene i tagli per farne meno

Se si vuole evitare di sottoporre un paese allo stremo a una cura da cavallo, il Governo ha una sola strada a disposizione: portare a termine almeno una riforma strutturale entro ottobre. E per farlo, può usare la Legge di stabilità per una profonda razionalizzazione della spesa pubblica.

VERSO LA LEGGE DI STABILITÀ

Non passa settimana senza che questa venga annunciata come decisiva per il Governo. E certo un Governo ambizioso, che ha fatto molte promesse, ha di fronte a sé costantemente sfide impegnative. Ma ce n’è una più impegnativa di tutte e riguarda la Legge di stabilità per il 2015. Allo stato attuale potrebbe occorrere una manovra da quasi 25 miliardi per evitare di incorrere nelle procedure per il disavanzo eccessivo. L’unico modo per evitarle è varare entro ottobre una vera riforma strutturale. Ci permetterebbe di invocare la clausola delle riforme. Ma nonostante i tanti annunci, nessuna riforma è pronta. Meglio allora fare di necessità virtù, presentando come tale una Legge di stabilità che operi una profonda ristrutturazione della spesa pubblica, senza lasciare fuori nessuno dei capitoli principali, compresi i fondi europei.
Solo dopo l’adozione da parte dell’Istat delle nuove regole di contabilità nazionale avremo un’idea precisa dell’entità della manovra richiesta al nostro paese nel 2015 per rispettare i vincoli europei. Allo stato attuale sembrano necessari fino a 25 miliardi di aggiustamento: 10 per trovare coperture permanenti ai tagli alle tasse (bonus di 80 euro) varati a partire dal maggio di quest’anno; 12 per coprire la differenza fra il disavanzo strutturale (al netto delle una tantum) che avremo in assenza di aggiustamento nel 2015, come indicato dalla Commissione europea, e per coprire altre spese indifferibili; e altri 3,5 per evitare lo scatto della clausola di salvaguardia posta dal Governo Letta, che in assenza di tagli di spesa porterà automaticamente a inasprimenti d’imposta. Qualche piccolo margine per ridurre l’entità dell’aggiustamento può arrivare dalla minor spesa per interessi rispetto al preventivato (attorno ai 2 miliardi) e dal fatto che per i vincoli europei conta il disavanzo strutturale, quindi il deficit può essere più elevato se l’economia peggiora. Ma si tratta comunque di variazioni piccole e l’andamento peggiore del previsto dell’economia ci pone già problemi per i saldi del 2014. (1)
Dove trovare i soldi? Aumentare le imposte è improponibile; riuscire a operare 20-25 miliardi di tagli alla spesa in un solo anno è molto difficile, benché il Def 2014 indichi ancora in 17 miliardi i tagli previsti nel 2015. E anche se ci si riuscisse, non è auspicabile un aggiustamento di un punto e mezzo di Pil in un’economia esangue, che sa solo passare da recessione a stagnazione. È d’altronde ridicolo continuare a chiedere flessibilità alla Commissione. Le regole ci consentono flessibilità solo se, prima di presentare la manovra di bilancio, riusciamo a documentare di aver fatto qualche riforma, nel senso pieno della parola, vale a dire compresi i decreti attuativi. Infine, ignorare i vincoli europei è molto rischioso per la valutazione che ne potrebbero dare i mercati, ancor più che per le sanzioni previste in questi casi.

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ABBIAMO QUALCHE RIFORMA PRONTA?

Purtroppo, il Governo Renzi è molto in ritardo nella sua ambiziosa agenda. Molte delle riforme annunciate esistono per ora solo in powerpoint. Si è parlato di una riforma della Pa per un mese prima di vedere un articolato e scoprire che si trattava solo di un disegno di legge delega con principi molto generali. La riforma del lavoro, la cui discussione in Parlamento è stata rimandata a settembre, è anch’essa un disegno di legge delega talmente generico che la maggioranza litiga aspramente sulla sua interpretazione. Per di più, molte delle proposte del Governo sembrano aumentare più che ridurre le spese. È il caso del pensionamento anticipato a 62 anni senza penalizzazioni dei dipendenti pubblici o della “riforma del terzo settore” che aumenterà le agevolazioni fiscali per l’impresa sociale. E si potrebbe continuare. Insomma, l’esecutivo allo stato attuale non ha alcuna riforma strutturale pronta da portare al tavolo europeo. E certo non può essere quella del Senato, comunque solo alle battute iniziali, a prendere il posto delle riforme economiche strutturali.

FARE DI NECESSITÀ VIRTÙ

A questo punto, l’unica strada percorribile è quella di rendere la Legge di stabilità una riforma strutturale … della spesa pubblica. Dopotutto, quale migliore riforma in questo momento di una ristrutturazione profonda della spesa? Perché sia tale, bisogna che però siano soddisfatte alcune condizioni.
Primo, deve essere un intervento omnicomprensivo. Alla spending review del commissario Cottarelli sono state sottratte pensioni e sanità, ma è impensabile che interventi significativi sulla spesa pubblica possano essere ottenuti escludendo a priori voci che assieme contano per oltre il 40 per cento del totale. Si noti che razionalizzare non vuol dire solo tagliare, ma anche spendere meglio e ridurre le iniquità dei trattamenti in vigore.
Secondo, non può essere affidata solo a interventi sulle partecipate comunali, sulle centrali d’acquisto o sui fabbisogni standard degli enti territoriali di governo. Tutti interventi potenzialmente utili, ma chiaramente insufficienti allo scopo. Se fatti bene, richiedono tempo per portare a casa risparmi significativi, se fatti male, solo per far cassa, rischiano di creare solo ulteriori problemi.
Terzo, bisogna ricontrattare a Bruxelles il finanziamento dei fondi strutturali europei. Non solo il co-finanziamento nazionale, ma l’intero meccanismo andrebbe rivisto. Quei soldi potrebbero essere spesi molto meglio o, meglio ancora, risparmiati. Il partito di coloro che vivono di fondi strutturali continua a sostenere che è troppo tardi per misure di questo tipo. Ma non è mai troppo tardi per ridurre gli sprechi.

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(1) Il Def prevede per il 2014 un indebitamento netto sul Pil al 2,6 per cento dal Def, ma è probabile che il Pil nominale cresca di almeno un punto in meno rispetto alle stime del Def, e questo si traduce automaticamente in circa mezzo punto di Pil in meno di entrate.

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12 commenti

  1. Spesa pubblica improduttiva, lo “spreco istituzionalizzato delle risorse pubbliche”, già denunciato a suo tempo da Sturzo – che ha perso la sua battaglia – è parte integrante del sistema, vedi Tav Torino-Lione, o ultimissima, Bre-Be-Mi: “Un’affermazione è sulla bocca di tutti, quasi è divenuta un ritornello: «occorre
    diminuire la spesa pubblica!» Nessuno, finora, è riuscito ad indicare la strada. E
    non ci si riesce perché non si vuole guardare in faccia il mostro che il New Deal ha
    prodotto e che, se non l’abbatteremo a tempo, finirà con il divorarci tutti.” (La
    società partecipativa, p. 156). È dunque urgente un’azione immediata. Purtroppo, la politica originata dal New Deal è estesamente condivisa nelle stanze del potere. Credo quindi che ogni uomo di
    buona volontà debba impegnarsi in ogni modo per portare alla luce la mistificazione
    keynesiana e smascherarla. E ciò per tutelare l’interesse, già gravemente pregiudicato,
    del popolo delle famiglie.” Il problema è nel modello di sviluppo, la “società dei consumi”. Unico rimedio: la “società partecipativa”.

    • Francesco

      Egregi prof,
      se a questo punto siete ancora a puntare le carte sulla revisione dei Fondi Strutturali europei alla Perotti mi pare si vada poco lontano. Ammesso che l’Italia si incapace di usarli cosa volete fare? Chiedere di stornare la cifra dal bilancio UE? E gli altri paesi che faranno? applaudiranno? E la coesione europea? State semplicemente chiedendo di rimettere in discussione uno dei cardini della UE con risorse assegnate e piani in partenza, demolendo uno dei pilastri della casa (che detto per inciso ha ben altri e ben più gravi difetti, da noi amplificati con la costituzionalizzazione del Fiscal Compact)? Auguri, ma mi sa che si andrà poco lontano su questa strada.

  2. antonio petrina

    Scusi prof Boeri,
    ma nel labirinto delle norme europee del six pack, come le ha ben illustrate su questo Focus de LA Voce il prof Boitani, c’è o no la tabella C2 sulla spesa relativa agli “investimenti fissi lordi ” della p.a. ( cfr Quaderno Senato n.3/2013 ,La governance economica, p.33), investimenti che rendono sostenibilità e e solvibile il debito pubblico italiano, come dimostrò l’allora e compianto premio nobel dell’economia prof Modigliani
    con la prof ssa Fiorella Kostoris Padoa Schioppa ( Sosteniblità e solvibilità del debito pubblico italiano, La Terza, 1998) ?

  3. Andrea Chiari

    Due riflessioni e un dubbio.
    La prima riflessione è che dobbiamo ridurre il numero dei dipendenti pubblici. Il problema è che gli eccessi peggiori stanno al sud. Riportare al sud la media per abitante dei dipendenti pubblici del nord sarebbe già un successo ma si può fare di più dovunque, riflettendo sulle funzioni degli enti, quelle indispensabili e quelle no.
    La seconda riflessione è sui fondi europei che foraggiano progettini utili a qualche assessore e alla macchina complessa che li gestisce e che si è dotata di una neolingua pseudo efficientista.
    Il dubbio è che cosa cambia con il cosiddetto “prepensionamento” a 62 anni? Se vengono richiesti 42 anni e qualche mese di contribuzione oltre all’età, beh questo era già previsto dalla Fornero. C’è qualcosa che non capisco.

  4. Agostino De Zulian

    Il problema non deve fermarsi a far quadrare i conti. Il costo del lavoro è alto e sta facendo chiudere le imprese per cui è necessario agire su IRAP e Cuneo Fiscale. Inoltre gli 80,00 Euro non servono a nulla per premiare i lavoratori dipendenti a cui servirebbe una ulteriore detrazione da lavoro dipendente che stimo in 250,00 Euro/mese. Quindi la manovra dovrebbe essere di 25 MLD più i mancati incassi di quanto sopra citato.

  5. serlio

    Altro che farne meno. La pubblica amministrazione si trasformata in pubblica estorsione a danno del contribuente e a favore di tutti coloro che vivono di stato parassita (politici per primi). quindi meno tasse e meno spesa pubblica, subito e tanta in meno! Quale? Quella destinata ai partiti, alla politica, alle pubbliche amministrazioni che sprecano (Sicilia, Roma, etc). Che marciscano nelle loro inefficienze! Oppure tra poco ci sarà la guerra civile, tra i parassiti e gli altri; non è un auspicio, ma bensì un timore. Pensate solo come sia possibile che uno statale debba essere pensionato a forza a 62 anni, senza tft e i politici abbiano invece privilegi ingiustificati.

  6. Andrea Rimato

    Ho ascoltato l’intervista di Boeri di oggi 30 luglio nel servizio di Radio RAI 1 Prima di Tutto, sul tema delle Camere di Commercio. Con stupore ascolto dalla bocca di un economista associare le Camere di Commercio alla spesa pubblica. Ricordo a Boeri che le Camere sono finanziate totalmente dalle imprese, quindi non gravano sul bilancio dello Stato, anzi al contrario le Camere versano annualmente milioni di euro all’erario per i bolli. Ricordo anche le Camere finanziano diverse iniziative sia economiche che culturali (per la città di Roma parliamo della Fondazione Cinema per Roma, del Teatro dell’Opera, il settore della moda, l’Auditorium) che diversamente sarebbero a carico della collettività. Le Camere sono un gioiello di efficienza, trasparenza e qualità dei servizi da far invidia ad ogni settore della PA, riconosciuti a livello internazionale, in particolare il Registro delle Imprese dove anche il vicecapo della Polizia Cirillo lo ritiene un prezioso strumento per la lotta alla criminalità, (fino a quando rimane in mano pubblica, aggiungo io). Diciamo che il patrimonio camerale fa gola agli amici di Renzi. Parlo di Confindustria dove il DDL sul tema delle Camere ricalca pari pari le richieste di Squinzi. Il patrimonio delle Camere sta per essere regalato al privato a danno del cittadino. Si legga l’illuminante articolo di Stefano Feltri sul fatto Quotidiano di oggi 30 luglio. Abolizione Camere = 2,5 miliardi di PIL in meno. Riflettiamo.

    • Maria Rosaria Di Pietrantonio

      Ho pagato per anni la quota alle Camere di Commercio avendo avuto una Erboristeria e da 8 anni una Parafarmacia , credo di avere buttato quei soldi, tutte le volte che ho chiesto di qualche bando o agevolazione non ho avuto nessuna risposta, per me è un ente assolutamente inutile o almeno per me che lotto da anni per la liberalizzazione della mia professione da farmacista. Le Camere di commercio non mi rappresentano in nulla. Probabilmente queste belle cose che lei dice che fanno saranno per quel 10% di privilegiati di questo modesto paese che è Italia e che tale rimarrà visto che nessuno vuole smontare privilegi disgustosi e medioevali . Mi può elencare di quali “servizi” parla? a parte l’inutile certificato di iscrizione e relativo esame anche esso del tutto inutile anzi stupido che si era costretti a fare(ricordo che dopo la laurea in farmacia dove avevo sostenuto un esame di Chimica dei Prodotti Cosmetici all’università di Firenze , per vendere le creme cosmetiche mi fecero fare uno stupido esame di prodotti cosmetici di livello bassissimo , ma senza il quale non avrei potuto vendere quei prodotti!) a parte questo al cittadino normale commerciante a cosa servono le Camere di Commercio?

      • ada

        Se l’anagrafe delle imprese è inutile, è inutile anche l’anagrafe dei cittadini.
        Non è la camera a gestire le autorizzazioni delle nuove farmacie, quindi sei anche scarsamente preparata nel settore dove dici di esercitare.
        Sono persone stupide che rovinano l’italia

    • Carlo

      Anche se molte cose dette dal Sig. Rimato sono condivisibili, bisogna pur sempre essere onesti ed obiettivi. NOn è corretto dire che le Camere di Commercio non gravano sul bilancio dello Stato essendo finanziate totalmente dalle imprese. Il contributo annuale che queste DEVONO pagare infatti è stato equiparato ad un’imposta. Una seria e serena analisi, se fosse accompagnata dall’amore per la verità, piuttosto non dovrebbe esimersi da alcune considerazioni: è legittima un’imposta che grava su soggetti che non sono rappresentati negli organi decisori (principio di no taxation without representation)? la presenza delle associazioni di categoria in Consigli e Giunte camerali è rappresentativa dei tassati? in base a quali processi elettivi e sulla base di quali numeri? Poi dal punto di vista degli impieghi: come vengono distribuiti gli incentivi alle imprese?

  7. DDPP

    A me la polemica su tagli lineari Si, tagli lineari No, Spendig review ,sembra stucchevole.
    Nell’universo parallelo della PA non esistono sprechi. Qualcuno prende e qualcuno paga. Chi è che giudica se una spesa è giusta o è uno spreco. I giudizi si perdono nei mille rivoli dei distinguo delle direzioni ministeriali. Quanto un ministro sia di estrazione tecnica, politica, mista non lo sappiamo e neppure sappiamo quali interessi interpreti.
    Facciano quello che vogliono. L’unica cosa che dobbiamo con estrema forza e determinazione chiedere loro è la progressiva riduzione delle imposte a indenitamento costante. Decida il Politico e la PA se lo spreco sarà la sempre paventata riduzione dei servizi o piuttosto le spese di mantenimento ordinario della PA. Ne risponderanno ogni cinque anni a noi sudditi.

  8. Piero

    L’amministrazione pubblica italiana e’ la riforma da effettuare subito, qui abbiamo il settore più costoso e improduttivo dell’Europa, certo che non si può risolvere con un decreto legge, qui si deve fare un programma che parte dalla responsabilità e dalla meritocrazia, se non vengono previsti questi principi non si va lontano, oggi il pubblico e’ irresponsabile fa carriera con l’anzianità. Per il costo, i nostri politici affermano che siamo in linea con la media europea, ma non dicono la verità, altri paesi come la Germania ha ridotto la spesa per la pubblica amministrazione del 10%, per l’Italia significa 70 miliardi che posso utilizzare per dare credito alle imprese e fare investimenti pubblici al fine di aumentare il Pil, ma queste cose i nostri politici non le capiscono. Come si può ridurre la spesa del 10%, la cosa c’è’ semplice oltre al risparmio di Cottarelli, oltre al risparmio con i costi standard, il resto provvediamo con tagli lineari. In difetto si va in bancarotta, non vedo altre vie d’uscita.

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