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Le 500 cattedre della legge di Stabilità

L’articolo 15 della legge di stabilità prevede di finanziare il reclutamento di professori ordinari e associati con chiamate dirette di studiosi italiani e stranieri. Ma il programma ha vari difetti, che andrebbero corretti. Soprattutto è sbagliato assumere tutti subito. L’esempio della Catalogna.

Un programma per il rientro dei cervelli
L’articolo 15 della legge di stabilità prevede di finanziare il reclutamento di professori ordinari e associati con chiamate dirette di studiosi italiani e stranieri. Per farlo, sono stanziati 38 milioni di euro nell’anno 2016 e 75 milioni di euro a decorrere dal 2017. Si calcola che in tal modo potrebbero essere immessi in ruolo cinquecento docenti ordinari e associati entro i prossimi due anni.
È un dato di fatto che le università italiane non riescono ad attrarre i migliori ricercatori dall’estero. La scarsa attrattività del nostro sistema di ricerca è dimostrata anche dai risultati dei bandi Erc (European Research Council). Pochi tra i vincitori decidono di utilizzare il finanziamento in Italia, e gli stranieri si contano sulle dita di una sola mano. Le motivazioni alla base dell’articolo 15 sono quindi molto forti.
Due anni fa, insieme a Tito Boeri, avevamo proposto di imparare dall’esperienza della Catalogna, che finanzia un’apposita agenzia per la ricerca, l’Icrea (). Dal 2001 Icrea ha assunto circa trecento docenti nelle diverse discipline, una massa critica che ha contribuito a rendere alcune di quelle università competitive nello scenario internazionale.
Prendendo spunto da quella esperienza, avevamo proposto di istituire anche in Italia un programma analogo per il rientro dei cervelli con contratti di lavoro di diritto privato e a tempo indeterminato, con certezza di budget nel lungo periodo. Secondo la proposta, i costi sarebbero stati inizialmente contenuti, ma crescenti nel tempo. Per finanziare venticinque posizioni permanenti ogni anno, con un costo medio di 150mila euro all’anno, un’età media di ingresso di 45 anni e il pensionamento a 65 anni, ogni contratto avrebbe avuto una durata media di venti anni. A regime, vi sarebbero stati quindi circa cinquecento docenti assunti, con costo, sempre a regime, di 75 milioni di euro.
Cosa non va nell’articolo 15
Quali sono allora i punti critici dell’articolo 15, che pure prevede, come nella nostra proposta, cinquecento cattedre e un costo di 75 milioni di euro?

  1. Secondo la nostra proposta, il programma dovrebbe avere natura permanente, cioè ogni anno verrebbero messe a concorso 25 cattedre per studiosi (italiani o stranieri) che desiderano lavorare in Italia. Ovviamente, si potrebbe iniziare con un contingente maggiore, o espandere il numero di cattedre a regime. Spendere “tutto e subito” è sbagliato, sia perché gestire concorsi molto affollati è difficile, sia perché avremo un contingente di cinquecento docenti che invecchierà gradualmente fino alla pensione, senza dare ad altri analoghe possibilità in futuro. Fra dieci o quindici anni rappresenterà una categoria (gli “ex articolo 15”) in via di estinzione, come le tante che si sono succedute nei nostri atenei.
  2. Bisogna evitare che tutto si risolva nella promozione di persone che già lavorano in Italia. L’articolo 15 prevede che il concorso sia aperto non solo a chi lavora all’estero, ma anche a chi già si trova in Italia nei ruoli di associato (per i concorsi di ordinario) o di ricercatore (per i concorsi di associato). L’esperienza passata suggerisce che la gran parte dei posti sarà coperta da docenti già inquadrati nei ruoli delle università italiane. Più saggio sarebbe rimettere rapidamente in moto le abilitazioni nazionali e i meccanismi ordinari di reclutamento, riservando l’articolo 15 a un vero e proprio rientro dei cervelli dall’estero, piuttosto che a un’immissione una tantum di docenti che già lavorano in Italia.
  3. Il concorso prevede che il vincitore possa muoversi da una sede all’altra senza gravare sui bilanci degli atenei. Ha quindi uno status giuridico molto migliore di chi invece è già nei ruoli di ordinario o associato, il cui costo deve essere coperto dal budget della nuova sede. A costoro tuttavia è fatto divieto di partecipare al concorso. Così com’è il disegno del provvedimento è motivo di grave ingiustizia nei confronti dei nostri migliori docenti, particolarmente di coloro che sono entrati nei ruoli negli ultimi due anni, dopo la conclusione dell’abilitazione nazionale. Si arriva al paradosso che i più bravi di un dipartimento potrebbero avere uno status giuridico meno favorevole di quelli assunti con l’articolo 15, semplicemente per il fatto che hanno vinto un concorso prima degli altri.
  4. Non richiedere la sponsorizzazione di una sede (prevista ad esempio dal programma Erc) è un errore, perché è importante che una commissione possa valutare come i nuovi docenti si inseriranno tra le linee di ricerca dei dipartimenti, o ne apriranno di nuove nell’ambito di un piano strategico del dipartimento.
  5. Il decreto è molto vago sulla composizione delle commissioni e in generale sulla gestione del programma. In Catalogna le commissioni sono composte per l’80 per cento da docenti stranieri e distinte in cinque grandi aree disciplinari, non disperse nella miriade dei nostri settori concorsuali. Il programma va inoltre seguito con attenzione nel corso del tempo; i docenti Icrea hanno uno status giuridico più favorevole e uno stipendio più elevato, ma anche obblighi in più, con contratti di diritto privato che vengono sospesi in seguito a valutazione negativa o scarso impegno.
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Se davvero si vuole fare sul serio, bisogna modificare l’articolo 15 e procedere gradualmente, ma in modo permanente. L’attuazione del programma richiederà nel tempo continui aggiustamenti e perfezionamenti, e potrà avere successo solo se sarà gestito con grande attenzione e trasparenza, seguendo i percorsi dei docenti vincitori, il loro inserimento nelle singole sedi e i loro progressi nella ricerca.

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  1. Corrado

    In Università gira già la voce che la disposizione riguardi un nome e un cognome. Il che spiegherebbe il punto 2 dell’articolo.

  2. Marco Antoniotti

    Grazie.
    Il primo articolo che ha il coraggio di ammettere che l’ASN “si è conclusa”.
    Naturalmente a chi non ha potuto partecipare (ma che potrebbe partecipare ora), ciccia.
    Marco Antoniotti
    PS Al Boston College assumono sulla base della NSE vero?

  3. Antonio

    Caro professore, come lei ben sa non basta arruolare un manipolo di nuovi professori esteri per migliorare la situazione italiana. L’esempio spagnolo la dice lunga. Occorre dare anche investimenti alla ricerca altrimenti che senso avrebbe richiamare gente che ha creato all’estero la loro struttura di ricerca con progetti, persone e soldi che girano intorno?

  4. Max

    Con questa iniziativa dei 500 sembra che il governo si stia facendo un film, il sequel di “300”. Peccato che nel primo episodio dei 300 valorosi non ne sopravvivesse neanche uno. L’iniziativa potrebbe aver un senso in un sistema che già funzionasse bene. Al momento è propaganda pura. Il sotto finanziamento del sistema, che rende ogni prospettiva di carriera quanto meno incerta, la logica del “merito” promossa con la VQR alla quale corrispondono iniziative che vanno esattamente nella direzione opposta, come il blocco degli scatti stipendiali (rimasto ormai in vigore quasi solo per i docenti universitari) che erano non più automatici ma basati sulla valutazione del “merito” e che colpisce soprattutto i più giovani, rendono queste iniziative prive di ogni (buon)senso. Sembrano un po’ le offerte destinate solo ai nuovi abbonati, che spesso hanno come unico risultato quello di far guadagnare qualche nuovo abbonato che dopo un anno o due se ne va per un’offerta migliore. L’esperienza passata e presente dimostrano che l’unica cosa certa da aspettarsi (anche per chi ritorna) sono blocchi stipendiali e blocchi del turnover.

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