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Il panino a scuola? Una sconfitta, non un diritto

Permettere ai bambini di portarsi un panino da casa, rinunciando al servizio di mensa scolastica, non è una vittoria della libertà. Perché la scuola è l’ambito più adatto a una corretta educazione alimentare. Obiettivi per cui dovrebbero battersi i genitori: rette accessibili e qualità del cibo.

Educazione alimentare all’ora di pranzo

Nel giugno scorso giugno il tribunale di Torino ha emesso una pronuncia che permette ai bambini di portare un panino da casa invece di usufruire del servizio mensa a scuola, riconoscendo alle famiglie un diritto di libertà nelle scelte nutrizionali dei minori.
Prima di parlare di diritto riconosciuto e celebrare vittoria, occorre però fare qualche considerazione per capire bene quali possano essere le conseguenze di determinate scelte operate dai genitori per i propri figli.
Con la pronuncia del giudice torinese non si è raggiunto l’obiettivo di ridurre le tariffe, come inizialmente richiesto dai genitori in giudizio, né si è riusciti a pianificare azioni per ottenere una migliore qualità del vitto scolastico.
A finire sul banco degli imputati è stato il sistema stesso di refezione scolastica, già in passato aspramente criticato e ora messo a dura prova dalle rinunce dei genitori, dimenticando che rappresenta una conquista sociale, un servizio introdotto non soltanto per far fronte alle necessità lavorative dei genitori, ma anche e soprattutto per garantire fin dalla prima infanzia un reale momento di socializzazione collegato al cibo, una possibilità di apprendimento che introduce i bambini in un percorso di conoscenza e di cultura della nutrizione.
Oltre al caro-mensa, i genitori lamentano talvolta la scarsa qualità del cibo. La questione, però, non si risolve rinunciando al servizio in sé, ma ripensando il sistema di assegnazione al massimo ribasso delle gare per la refezione scolastica, modello che sicuramente non porta a privilegiare la qualità del servizio. In sintesi, gli obiettivi dovrebbero riguardare rette più basse e accessibili a tutti, una sempre migliore qualità del pasto e soprattutto la formazione continua del personale docente, che costituisce un punto rilevante per l’educazione nutrizionale del bambino in età scolare e pre-scolare. Con l’assistenza di insegnanti adeguatamente formati, il bambino apprende concetti nutrizionali che non sarebbe possibile fargli assimilare con altrettanta efficacia in altri contesti.
L’adozione di abitudini alimentari corrette già dalla prima infanzia è unanimemente considerato un fondamento per la prevenzione di obesità, diabete e patologie cronico-degenerative in età adulta. Di conseguenza, l’accesso a una sana e corretta alimentazione costituisce un diritto dei bambini riconosciuto a livello internazionale. E per questo motivo la mensa scolastica rappresenta uno strumento prioritario per promuovere la salute ed educare a corretti stili di vita.

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Diritto alla refezione e diritto alla salute

Se le prime regole nutrizionali vengono apprese in famiglia, sono l’età prescolare e scolare a risultare fondamentali per la costruzione delle scelte individuali: il bambino scopre la varietà̀ degli alimenti durante il pasto a scuola, sperimenta nuovi modelli di relazione sociale e modalità di condivisione, assume cibi diversi insieme ai compagni. Il servizio di refezione scolastica è dunque una conquista di civiltà del nostro stato sociale. Senza dimenticare che un ulteriore aspetto del consumo collettivo del pranzo come parte del processo educativo consiste proprio nel fatto che tutti i pasti siano uguali, pur nel rispetto delle esigenze dei singoli. Se ciascuno si portasse da casa il proprio, il criterio cadrebbe e le inevitabili differenze si farebbero ancora più evidenti. Probabilmente sarebbero proprio i genitori appartenenti alle fasce sociali più a rischio, con madri lavoratrici a tempo pieno e con minori informazioni nutrizionali, a riempire lo zaino di merendine di poco costo e basso valore nutritivo. Non è un caso se gli studi epidemiologici individuano nelle aree di reddito sub-urbane e più disagiate le zone a maggior rischio di insorgenza di obesità e diabete, che costituiscono oggi una indiscussa minaccia per la sostenibilità dei sistemi sanitari dei paesi più avanzati. L’unica soluzione efficace per la lotta a queste patologie, ormai considerate epidemiche, pare risiedere nella prevenzione, intesa come formazione impartita prima possibile per essere realmente efficace. Il servizio di mensa a scuola costituisce indiscutibilmente uno fra gli strumenti più adeguati a questo scopo, proprio perché è poi molto difficile riuscire a ottenere una rimodulazione dei comportamenti e delle abitudini individuali; e lo è ancora di più innescare i cambiamenti su una scala più vasta, per ampi settori della popolazione, il che è tipicamente l’obiettivo delle politiche sanitarie pubbliche. Invece di rinunciare a un diritto sociale acquisito come la mensa scolastica, si deve lottare per migliorarne l’esercizio, perché le famiglie con problemi economici possano essere aiutate, permettendo ai loro figli di nutrirsi con un pasto caldo ed equilibrato che li faccia crescere in salute.
Per questo motivo la scelta nutrizionale dei bambini in età scolare e prescolare va valutata in senso più ampio e profondo degli ambiti toccati dalla pronuncia del giudice torinese, facendone oggetto di politiche pubbliche adeguate e lungimiranti.

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15 commenti

  1. Neviana

    Carissima Santa,
    i tuoi principi sono condivisibilissima ma la realtà resta diversa. Non so di prezzi o altro, ma so che andando a mangiare in mensa tutti i giorni, in mense gestite dalle stesse società appaltatrici per le scuole, anche prendendo solo insalata e petto di pollo si ingrassa, per effetto dell’olio non di qualità e del tanto burro utilizzato, sempre e comunque, nelle cucine delle mense.
    Questo per esperienza diretta.
    Non so quanto si debba pagare ed immagino non poco, per cui capisco che alcuni decidano di provvedere diversamente.
    Ciao Neviana

  2. bob

    …i doveri si possono pretendere quandi poniamo tutti su una capacità di spesa almeno minima e dignitosa. Sapesse Lei cosa vuol dire per una famiglia magari mono-reddito l’ economia di un ottimo panino per il bambino, oltre che il guadagno in salute. Ci si può fidare di una struttura che indice una gara di fornitura alimentare basata sul concetto del ” massimo ribass”?? Un Paese dove troppe attività basano la loro esistenza su norme scritte ad hoc per favorirle e che non sanno cosa vuol dire: cliente, qualità e servizio

  3. Massimo GIANNINI

    “Consumo collettivo del pranzo come parte del processo educativo consiste proprio nel fatto che tutti i pasti siano uguali”. L’errore d’impostazione è tutto li’: voler imporre il menu e la mensa scolastica a qualsiasi costo attribuendogli delle qualità che non ha e non può avere. Senza contare che la diversità tra gli alunni è aumentata sia secondo razze, religioni e scelte d’alimentazione personali (vegetariani, vegani, allergici, ecc.).

    • Lorenzo

      Non è un errore di impostazione e il menù deriva dalla scienza della nutrizione. Siamo nella scuola pubblica dove ogni difformità ha dei costi (es.: come garantire la tracciabilità del panino familiare mangiato dal ragazzino che fa mensa e viceversa la scaloppina assaggiata dal compagnetto che non si avvale del servizio?), alla fine non sopportabili, per la collettività (se vuol rimanere tale). Per le esigenze individuali ci sono le scuole paritarie.

  4. Giuseppe

    Sarei d’accordo se la mensa fosse gratuita.

  5. giovanni

    L’unica soluzione consiste nel dotare ogni scuola di cucina, ci sraebbe trasparenza su fornitori, menu’ e prezzi. I pasti sarebbero servti caldi e la comunità scolastica potrebbe partecipare in qualche modo alla produzione dei pasti. Quale educazione alimentare si può ricavare invece consumando i pasti plastificati di chi è costretto a lucrare su pranzi a 5 euro?

  6. AMariner

    Concordo con chi ha già commentato, e aggiungo che negli ultimi decenni sono aumentate le mense scolastiche e anche l’obesità infantile, (fuori topic, ma fate fare tanto sport a i vostri figli, anche se può costare qualche sacrificio) non c’è rapporto di causa effetto, me nemmeno effetti positivi. Sempre una certa mentalità conservatrice, in Italia non potrà mai nascere una airbnb delle scuole, che mette in relazione chi è a casa senza lavoro e chi avrebbe bisogno, senza la rigidità delle mense, di pasti per i figli a scuola ? Saremo come al solito colonizzati da multinazionali estere ,,,,,,,

  7. Danilo

    La mensa sarebbe luogo di educazione alimentare? Ma su quale pianeta? Ma mi facesse il favore….

  8. Pierluigi

    Condivido la filosofia che sottende il suo articolo e credo che abbia un contenuto politico importante ed una visione migliorativa della società; e credo che i suoi concetti siano realizzabili e non utopici. Mi piacerebbe che la regione Emilia Romagna e poi il Ministero dell’Istruzione pubblica e quello della Sanità seguissero questa scia. Complimenti e in bocca al lupo per le Sue battaglie!

  9. Angela

    Condivido quanto scritto nell’articolo. ANCHE i contesti scolastici dovrebbero farsi promotori di una cultura volta alla corretta nutrizione, cosa che avrebbe ricadute positive a livello psicodisico ed emotivo, quindi non limitate a constrastare il problema dell’obesità.

  10. Cristina

    Condivido l’articolo e condivido le idee. La scuola è il luogo dell’educazione e ciò comprende anche quella alimentare, soprattutto come prevenzione sanitaria. In molte regioni le ASL e le Regioni stesse hanno interessanti progetti educativi attivi volti ad educare i bambini sugli alimenti e le loro proprietà e sulla prevenzione allo spreco alimentare. Credo che tale educazione dovrebbe partire ed essere condivisa anche dalla famiglia, che purtroppo si sta trasformando sempre più in fornitrice ufficiale di pasti congelati o merendine preconfezionate. La famiglia dovrebbe invece lottare per avere bandi ben formulati, con richieste chiare e attuabili in cui prevalga la stagionalità, la varietà e la freschezza del prodotto. Credo che le origini dei malfunzionamenti siano proprio nella stesura dei bandi stessi che andrebbero preparati da esperti consapevoli e non come semplice atto di ufficio. Per rispondere ad alcuni commenti sopra, non è una visione utopica, molte aziende oggi giorno hanno ottime mense con pasti equilibrati accompagnati da strategie educative nutrizionali a prezzi più che buoni. Se non puntiamo sulla prevenzione alimentare e dei sani stili di vita presto il sistema sanitario non potrà più sostenersi. Pretendere che i nostri figli siano nutriti in modo adeguato da noi e da chi li educa, la scuola, è un’importante azione di prevenzione. Sarebbe bello se la famiglia condividesse e supportasse questo percorso educativo.

  11. massimo

    sarebbe auspicabile che la scuola insegnasse come si deve italiano matematica e inglese,l’educazione alimentare o stradale o lo yoga o altre castronerie del genere non sono il tema della scuola primaria.

  12. Davide Carloni

    Ho letto il tuo articolo e volevo esprimerti la mia piena condivisione di quanto da te espresso. Ancora una volta dobbiamo parlare di Cultura Alimentare e perciò di Educazione Alimentare. E’ un impegno per tutti gli stakeolder: Consumatori, Istituzioni, Imprese, Associazioni espressione delle professioni e del sociale.
    Creare una sensibilità corale e condivisa sul tema alimentazione è condizione ineludibile per tutelare la salute di tutti su questo versante.
    Complimenti ancora per la riflessione da te proposta che condivido pienamente

  13. La mensa sarebbe luogo di educazione alimentare? Ma su quale pianeta? Ma mi facesse il favore….

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