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Ma diploma e laurea servono a trovare lavoro

I dati sull’occupazione dei giovani a pochi anni dall’uscita dagli studi confermano il miglioramento registrato dai dati Istat. È particolarmente rilevante perché riguarda proprio coloro che più sono stati penalizzati nel corso della crisi economica.

I dati Istat e quelli di Eurostat

L’Istat ha di recente pubblicato i dati sulle forze di lavoro del quarto trimestre 2016 e ha contemporaneamente diffuso quelli relativi alla media dell’intero anno. Il comunicato attesta un aumento degli occupati tra i 15 e i 34 anni (+44mila, +0,9 per cento) e una accentuazione della crescita del relativo tasso di occupazione (+0,7 punti in confronto a +0,1 nel 2015).
A queste informazioni, proviamo ad affiancare quelle che emergono dall’analisi dell’indicatore proposto dal Consiglio dell’Unione europea all’interno del quadro strategico per la cooperazione nel settore dell’istruzione e della formazione (Et 2020). L’indicatore è costituito dalla percentuale di diplomati e laureati (20-34enni) occupati tra coloro che hanno concluso il percorso di istruzione e formazione da non più di tre anni; utilizza i dati dell’European Labour Force Survey (per l’Italia, la Rilevazione sulle forze di lavoro) ed è periodicamente pubblicato da Eurostat. È stato proposto dal Consiglio come strumento di monitoraggio della transizione dalla scuola al mondo del lavoro e dei progressi in materia di occupazione giovanile.
Dopo una flessione tendenziale continua dal 2008 al 2014 – nel numero assoluto di occupati tra i giovani diplomati e laureati usciti recentemente dagli studi e nel relativo tasso di occupazione – nel biennio 2015-2016 si assiste a una decisa inversione di tendenza (figura 1 e figura 2).
Il tasso di occupazione – sceso nel periodo della crisi dal 62,7 al 38,3 (-24,4 punti) nei diplomati e dal 70 al 52,9 (-17,1 punti) nei laureati – registra in due anni un aumento di +7,3 e +8,5 punti rispettivamente. A livello territoriale, la crescita dell’occupazione tra i giovani in transizione dalla scuola al mondo del lavoro è più accentuata nel Nord (+31mila e +36mila nei diplomati e laureati rispettivamente) e nel Mezzogiorno (+15mila e +13mila nei diplomati e laureati rispettivamente) rispetto al Centro (+9mila e +7mila nei diplomati e laureati rispettivamente). Per i laureati anche gli aumenti più elevati del tasso di occupazione sono al Nord e nel Mezzogiorno (+9,4 e +8,5 punti, rispettivamente) rispetto al Centro (+2,5 punti); per i diplomati, invece, la crescita è maggiore nel Nord e nel Centro (+8,7 e +7,5 punti, rispettivamente) rispetto al Mezzogiorno (5,3 punti).
In sintesi, nell’ultimo biennio si è registrato un rilevante miglioramento degli indicatori occupazionali per i giovani usciti più di recente dagli studi.

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Figura 1 – Tasso di occupazione dei 20-34enni diplomati non più in istruzione/formazione
e con un titolo di studio conseguito da uno a tre anni prima – Anni 2004-2016

Figura 2 – Tasso di occupazione dei 20-34enni laureati non più in istruzione/formazione con un titolo di studio conseguito da uno a tre anni prima –               Anni 2004-2016

Apprezzabile segnale di miglioramento

Non solo. I dati permettono altre due considerazioni. La prima riguarda il confronto con l’Europa. I risultati in termini occupazionali indicano, per la prima volta, una riduzione del divario tra i tassi di occupazione dei giovani italiani all’uscita dagli studi e i pari dei più grandi paesi europei, che era in aumento ormai da molti anni. La seconda si evince dal confronto tra l’indicatore utilizzato all’interno del quadro strategico Et 2020 e lo stesso indicatore applicato al collettivo complementare, quello dei 20-34enni non più in istruzione e usciti dagli studi da oltre tre anni, sempre diffuso da Eurostat. Per il secondo collettivo non si è ancora registrato il deciso cambio di tendenza osservato tra i primi.
Sembrerebbe dunque essersi prodotta un’apertura della domanda di lavoro italiana verso quella parte di giovani – più spesso senza esperienze lavorative ma con un patrimonio di competenze e conoscenze costituito più di recente – che durante la crisi aveva maggiormente sofferto della carenza occupazionale.
Il miglioramento registrato nelle opportunità occupazionali dei giovani all’uscita dai percorsi di istruzione e formazione appare un importante segnale positivo, per niente trascurabile. L’importanza risiede nel fatto che in questi lunghi anni di crisi economica la condizione occupazionale giovanile nel nostro paese aveva assunto connotati drammatici. I più penalizzati fin dall’inizio della crisi sono stati proprio coloro che, trovandosi nella fase di ingresso nel mercato del lavoro, avevano visto innalzarsi un vero e proprio muro, che li aveva fatti rimanere al margine a causa della mancata domanda.

* Ricercatrice presso il Servizio sistema integrato lavoro, istruzione e formazione dell’Istituto nazionale di statistica (Istat). Il presente contributo riflette le opinioni dell’autore e non quelle dell’Istat.

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Italiani poco istruiti. Anche nel 2020

  1. bob

    Ma diploma e laurea servono a trovare lavoro? In un Paese come il nostro NO! Lo sbocco nel mondo del lavoro di laureati e diplomati presuppone un tessuto industriale tecnologicamente avanzato e con gruppi industriali leader nei propri settori ( in Italia ci siamo trastullati con “piccolo e bello” e coi “fenomeni del Nord-Est”). Inoltre politicamente si è tornati indietro di 30 anni dando spazio a localismi e regionalismi inutili e dannosi soprattutto in un mondo aperto come quello attuale. Inoltre in questo Paese si confonde istruzione con cultura che sono due cose molto diverse. L’ istruzione molto molto spesso per nostra mentalità italica è “il pezzo di carta”. La cultura è il sapere, l’apertura mentale, la curiosità che si alimenta con la lettura la buona scuola e i buoni maestri. E’ scomparsa la chimica che fu di Natta, l’elettronica di Olivetti, le belle auto per non parlare dei quasi inesistenti centri di ricerca. Il Suo lavoro cara professoressa, apprezzabile è e rimane un lavoro statistico….scienza complessa e di difficile interpretazione molto più comprensibile per gente di cultura che gente istruita

  2. Queste statistiche sono una truffa perché la scuola in gran parte dei paesi del mondo è una truffa. I diplomi e le lauree in Italia vengono ormai regalati per garantire i finanziamenti alle scuole. Finanziamenti che vengono elargiti proprio per migliorare le statistiche. Il dato numerico alla fine verrà raggiunto. Arriveremo al 25% di laureati. Nessuna statistica ufficiale, però, ci dirà che avremo un 99% di ignoranti.

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