La Nuova via della seta progettata dal governo cinese aumenterà gli scambi commerciali internazionali. Avrà effetti anche sulle modalità di trasporto: oggi gran parte delle merci viaggia via mare, ma la ferrovia può diventare una concorrente agguerrita.

Il commercio ai tempi della Bri

Al di là della fanfara che il governo cinese ha alimentato intorno alla Belt and Road Initiative (Bri), come se fosse destinata a diventare la nuova frontiera della globalizzazione economica, quali sono le implicazioni che ragionevolmente possiamo attenderci sul commercio internazionale? Di per sé, il potenziamento delle infrastrutture di comunicazione e di trasporto terrestre e marittimo ne ridurrà i tempi e i costi. Ma avrà anche un effetto di creazione di traffici, sia attraverso l’aumento degli scambi tra paesi che già sono partner commerciali, sia attraverso nuove relazioni commerciali che diventeranno convenienti tra stati che oggi sono tra di loro isolati o proibitivamente distanti. Poiché l’assenza di infrastrutture di trasporto è uno degli ostacoli principali al commercio internazionale, l’effetto più evidente di Bri sarà sul volume di scambi tra i paesi interessati dall’iniziativa, in molti dei quali la carenza di collegamenti internazionali è particolarmente grave, come in quelli dell’Asia centrale, tutti senza accesso al mare, tranne il Pakistan.

La letteratura economica che ha analizzato le determinanti dell’intensità delle relazioni commerciali bilaterali e dell’accesso dei singoli paesi ai mercati internazionali ha mostrato che un fattore preponderante sono i costi di trasporto, a loro volta influenzati principalmente dalla connettività marittima e dall’efficienza logistica: insieme, le due variabili influenzano i costi di trasporto più della distanza geografica.

Inoltre, l’assenza di un collegamento marittimo diretto riduce il valore dell’export di un paese del 55 per cento e ogni trasbordo aggiuntivo ne diminuisce il valore del 25 per cento (Fugazza, 2015). Di conseguenza, una rete di trasporto più estesa ed efficiente non potrà che avere un impatto positivo sui singoli paesi e sul commercio mondiale.

La questione dei costi di trasporto

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C’è un ulteriore effetto di Bri che è più difficile da prevedere, ma potenzialmente più dirompente: quello sulle modalità di trasporto del commercio internazionale.

Oggi circa l’80 per cento del volume delle merci scambiate viaggia via mare (dati Unctad) ed è ancora più alta la percentuale degli scambi bilaterali tra Europa e Cina. Se il potenziamento delle rotte terrestri cambierà il costo relativo del trasporto via terra rispetto a quello via mare, le rotte marittime potrebbero subire la concorrenza di quelle terrestri.

È difficile stimare di quanto potrebbero diminuire i costi di trasporto via terra. Uno studio recente di Alicia Garcia-Herrero e Jianwei Xu ha utilizzato le informazioni sui pochi progetti finalizzati, come la ferrovia Yuxinou (da Chongqing a Duisburg), che consente una riduzione del 50 per cento dei tempi di trasporto. Nel caso del trasporto marittimo, i risparmi sui costi derivano dall’aumento dell’efficienza dei porti: su questo esistono solo alcuni esempi, come il porto di Qingdao, dove dovrebbero essersi ridotti di circa il 5 per cento. Di conseguenza, gli autori applicano una riduzione del 50 per cento dei costi di trasporto ferroviario e una riduzione del 5 per cento dei costi di trasporto marittimo sull’intera area coperta dal progetto e stimano che una riduzione del 10 per cento dei costi di trasporto nei paesi Bri promuoverà un aumento degli scambi fino dell’1,3 per cento.

L’esercizio è interessante, ma le stime presuppongono una riduzione analoga dei costi di trasporto per tutte le relazioni commerciali bilaterali in tutti i paesi coinvolti e ignorano il fatto che la costruzione di nuove infrastrutture stradali e ferroviarie potrebbe spostare alcuni commerci dalle rotte marittime alle rotte terrestri.

Oggi i costi di trasporto del commercio bilaterale Cina-Europa sono significativamente più alti della media mondiale. Il tempo medio di spedizione verso i partner europei è di 730 ore, il 20 per cento in più di quello medio di spedizione della Cina (circa 610 ore, molto più lungo della media mondiale di 406 ore). Il passaggio alla ferrovia permette ora di raggiungere le province occidentali della Cina dall’Europa in 16-21 giorni rispetto ai 37-45 della nave. Questo spiega perché alcuni settori, tra cui quelli high-tech come l’elettronica, stiano già spostandosi su rotaia. E spiega pure la frenesia di agenzie marittime e autorità portuali a riprogettare le corsie marittime per ridurre i tempi di spedizione e migliorare l’interconnessione tra i porti e la rete ferroviaria interna.Il trasporto marittimo è diventato dominante nel commercio internazionale in seguito alla “container revolution”, ossia un’espansione esponenziale dei servizi di trasporto containerizzati, la più importante rivoluzione nel commercio mondiale negli ultimi venti anni, con effetti cumulativi sulla creazione di scambi Nord-Nord del 790 per cento, molto più ampi dell’adesione al Gatt (285 per cento). Resterà il modo di trasporto dominante sulle grandi rotte mondiali, ma su distanze inferiori. In alcune regioni continentali e su alcune rotte potrebbe subire seriamente la concorrenza della ferrovia, più cara ma dai costi più facilmente prevedibili (cosa gradita alle imprese), al contrario delle tariffe dei noli marittimi, molto volatili perché dipendono in modo cruciale dal volume totale degli scambi. Il rallentamento globale del commercio dal 2009 ha aumentato di molto la volatilità e aperto la possibilità di una nuova piccola rivoluzione nei trasporti. Se così sarà, Bri potrà davvero segnare l’avvio di una nuova fase della globalizzazione economica.

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