I pasti a scuola sono centrali per lo sviluppo armonico dei bambini e parte integrante dell’istruzione prescolare e obbligatoria. Per questo la mensa scolastica dovrebbe essere gratuita per tutti. Costa, ma è un investimento sulle generazioni future.
L’importanza del pranzo a scuola
È ora che tutti i bambini che vanno a scuola in Italia abbiano diritto, come elemento essenziale della propria istruzione, a un pranzo. Universale: tutti assieme, di qualità, e gratuito. Se avessimo già adottato questa impostazione in passato, ci saremmo risparmiati la triste esclusione di alcuni bambini con genitori stranieri dalle mense scolastiche. L’accesso alla mensa scolastica va visto infatti come parte integrante dell’istruzione. E l’istruzione deve essere orientata a ogni singolo bambino o bambina, indipendentemente dalla sua origine sociale. Per questo motivo, il pranzo alla mensa scolastica, durante l’istruzione obbligatoria e il periodo pre-scolare andrebbe finanziato attraverso la fiscalità generale, insieme alle altre spese scolastiche.
Nel resto del mondo
Se un accesso universale e gratuito alla mensa scolastica può sembrare una misura rivoluzionaria in Italia, possiamo ricrederci guardando agli esempi di migliori pratiche a livello internazionale. La Finlandia, ad esempio, è stato il primo paese a istituire in modo ufficiale i pranzi gratuiti a scuola, nel 1948. Guarda caso, il paese il cui modello di istruzione è stato studiato in seguito ai risultati ottenuti nei test comparativi Pisa (Programme for International Student Assessment) dell’Ocse, confermati con le successive analisi Piaac sulle competenze degli adulti. La “Board of Education” finlandese ricorda: “L’istruzione pre-primaria e l’istruzione obbligatoria sono fornite gratuitamente a tutti, e ciò include i pasti a scuola, i materiali didattici, il trasporto verso la scuola e i servizi di welfare per i bambini”. Analogamente, in Svezia, le mense scolastiche forniscono pranzi gratuiti a tutti gli alunni fino a 16 anni e alla maggioranza di loro fino a 18 anni. Dal 2011 i pranzi devono corrispondere a un terzo della razione giornaliera raccomandata. L’Agenzia nazionale per il cibo svedese valuta costantemente la qualità dei pasti forniti. Il tema dei free school meals è stato largamente dibattuto nel Regno Unito, dove nel 2013 è stata introdotta l’universalità per la prima e la seconda elementare.
Tra i paesi emergenti o in via di sviluppo, l’India fornisce ogni giorno 100 milioni di pasti gratuiti a tutti i bambini a scuola, e diversi paesi dell’America Latina (tra cui il Brasile) hanno una fornitura universale. Tra gli obiettivi di queste misure universalistiche nei paesi meno poveri vi sono il miglioramento dello sviluppo dei bambini, la possibilità di trarre maggiori vantaggi dalla frequenza scolastica e la riduzione della povertà alimentare.
Vantaggi dell’approccio universale
Quali sarebbero i vantaggi di un approccio universalistico e centrato sul bambino anche in Italia? La centralità dei pasti scolastici per lo sviluppo armonico del bambino, per i suoi risultati scolastici è assodata in letteratura. Ad esempio, pasti forniti dalla scuola, di qualità ed equilibrati, possono aiutare a combattere il fenomeno dell’obesità infantile, una questione che l’Italia ha necessità di mettere al centro dell’attenzione tra le politiche socio-sanitarie, superando un facile preconcetto sui vantaggi assoluti della dieta mediterranea. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, relativi al periodo 2015-2017, in Italia il 42 per cento dei bambini e il 38 per cento delle bambine di 8 anni è sovrappeso (con il 21 per cento dei maschi e il 14 per cento delle femmine classificati come obesi): si tratta del secondo peggior dato tra tutti i paesi analizzati, seppur con una tendenza in calo. La scuola, come notava Santa D’Innocenzo, è l’ambito più adatto a una corretta educazione alimentare. E in un paese con troppi bambini poveri, una fornitura universale e gratuita consentirebbe di evitare l’effetto stigmatizzazione che può colpire quelli che ottengono un pranzo gratuito per un reddito familiare basso, incrementando la coesione sociale nell’ambiente scolastico, riducendo i conflitti e la burocrazia che si sono create attorno alla gestione dei pagamenti (o della richiesta di esenzioni o riduzioni). Ancora oggi, come mostra il rapporto di Save the Children Italia, vi sono percentuali elevatissime di alunni che non usufruiscono della mensa scolastica, soprattutto al Sud.
Gli svantaggi (a breve) di passare a un sistema di mensa scolastica universale e gratuito sono abbastanza ovvi e hanno a che fare con il costo della fornitura. Si tratterebbe tuttavia di un investimento nell’istruzione delle generazioni future. Una misura con i bambini al centro, una volta tanto. Vale la pena di pensarci, seriamente.
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Savino
Si vadano a controllare i milionari che in tutta Italia usufruiscono di mense e libri gratis, nonchè di altri sussidi.
Barbara
Caro Billari,
grazie per aver condiviso il suo punto di vista. Le pongo alcune domande:
1. Non trova che la connessione di causalita’ che lei indica tra i test PISA in Finlandia e I free meals a scuola sia un po’ azzardata? Le scrivo dall’Olanda, piuttosto ben posizionata sui test, ma in cui I pasti a scuola sono preparati al mattino dai genitori, fino ai 7 anni circa e poi autonomamente dai bambini. 2. Riguardo alla letteratura citata, vorrei porre la domanda se sia il mangiare insieme a promuovere lo sviluppo del bambino, e non la modalita’ in cui il pasto e’ stato preparato. Potrebbe condividere un riferimento agli articoli che cita? 3. Riguardo alla terribile epidemic di obesita’ infantile, non sono sicura di come si possa combattere agendo soltanto su un pasto giornaliero (che comunque non sarebbe eccessivo se si trattasse di un sandwich) e non su altre abitudini sbagliate come la sedentarieta’.
Federico Leva
La causalità non so quanto sia stata dimostrata, ma è ben studiato il meccanismo attraverso cui potrebbe manifestarsi. Se ricordo bene, il pasto gratuito in un contesto scolastico porta gli studenti a passare piú tempo a scuola (o almeno nel nuorisotalo, centro per la gioventú), dove socializzano ma studiano pure. Fare i compiti insieme, e in generale consentire agli studenti di non dipendere solo dal contesto familiare e sociale di provenienza, consente anche di ridurre le disuguaglianze educative e sociali. Aneddoticamente, basta camminare in un qualsiasi quartiere di Helsinki per vedere scuole, giardini e parchi pieni a tutte le ore di bambini impegnati in attività educative (spesso giocose) e il paragone con ciò che fanno i bambini italiani fuori dalle ore di lezione in senso stretto è impietoso.
***
In questi giorni peraltro il governo finlandese sta discutendo la proposta di aggiungere anche una merenda gratuita al mattino, perché è visto come dannoso che gli studenti vadano a mangiare in branco da qualche supermercato o fast food vicino:
https://yle.fi/uutiset/osasto/news/finland_mulls_adding_snack_to_free_school_meal_offering/10443519
Francesco Billari
Grazie per la domanda sulla causalità, ovviamente tema sempre spinoso. Uno studio convincente è quello effettuato da Michèle Belot e Jonathan James su Londra, che mostra un incremento dei risultati scolastici e una riduzione delle assenze a fronte di un miglioramento della qualità dei pasti scolastici (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0167629611000270). La letteratura, e le indicazioni politiche indicano come viene ricordato che al di là del pasto è importante anche il mangiare assieme (si veda anche https://www.emeraldinsight.com/doi/abs/10.1108/00070700910931940). Un’associazione tra mangiare a scuola e l’abitudine a mangiare sano è documentata qui: https://www.cambridge.org/core/journals/public-health-nutrition/article/school-and-workplace-meals-promote-healthy-food-habits/2F8FF15391CB31DAEE8FD0D5388345AD e qui: https://www.cambridge.org/core/journals/public-health-nutrition/article/quality-of-school-lunch-consumed-reflects-overall-eating-patterns-in-1116yearold-schoolchildren-in-finland/916110FB583CD718E3E8C16DF16E8876.
Matteo Quadri
L’articolo è interessante, ma solo dal punto di vista teorico. Lo Stato Italiano per dare un pasto gratuito a tutti dovrebbe tagliare da qualche altra parte, visto che non siamo ne la Finlandia ne la Svezia. Consolidato che non ci sono o non trovano risorse per questo, vorrei far notare che un pasto alle elementari e alle medie i miei figli lo pagavano euro 4,50, che è circa la metà del costo totale. Non siamo su cifre impossibili e so per certo che chi aveva redditi molto bassi era esentato. Il problema sta nel fatto che alcune famiglie mettono davanti altre priorità, anche se non sono benestanti: cellulare biciclette di lusso videogiochi compleanni con decine di invitati ecc… e ritengono la mensa scolastica un diritto a carico degli altri, ma soprattutto non pagano perché molti comuni non hanno la forza e le risorse per recuperare il dovuto.
Purtroppo questa mentalità è parte non solo della nostra cultura ma anche del modo di pensare di altre etnie.
Francesco Billari
Certamente occorre spendere, anche per i bambini—è ora che si pensi di investire anche sui bambini in Italia. Ad esempio la solita Finlandia spende circa 8% dell’intera spesa per alunno per i pasti a scuola (e tra l’altro 4% per trasporto e vitto). Ma se consideriamo il pranzo a scuola come parte della scuola, allora dovremmo trattarlo come la lezione.
Fabio Rosi
Non so se l’autore è “di destra” o “di sinistra”, ma certo offrire gratuitamente i pasti a tutti i bambini in tutte le scuole pubbliche, dove magari frequentano bambini di famiglie ricche e di famiglie povere (o di famiglie falsamente povere), NON mi sembra molto etico.
Senza contare le limitazioni alimentari di parecchi bambini stranieri, alle quali le scuole spesso per falso spirito di integrazione dedicano fin troppa attenzione, con dei risultati assolutamente assurdi. Del tipo, sperimentato personalmente, di offrire la carne in quaresima di venerdì, contro la tradizione di magro centenaria del popolo italiano …
In conclusione, articolo assolutamente non condivisibile e oltremodo sbagliato come approccio.
Francesco Billari
Chiaramente il lettore è libero di non condividere l’articolo. Sull’eticità di fornire i pasti gratuiti a tutti ribadisco che paesi apertamente universalistici (appunto ad esempio Finlandia e Svezia) lo fanno. In fondo, anche in Italia forniamo i banchi scolastici a tutti gli alunni indipendentemente dalla famiglia di origine. Considerando il pasto a scuola parte integrante, appunto, della scuola, dovremmo agire di conseguenza. Sulle esigenze religiose (o dovute a motivi di salute o culturali), ancora una volta imparando dagli altri, dobbiamo tenerne conto.
Marco Spampinato
Condivido quello che mi sembra ‘lo spirito’ dell’intervento di ‘Barbara’. Senza entrare tuttavia nel merito. Stupisce il modo di argomentare un’opinione e l’uso di frasi che evocano risultati scientifici ‘assodati’ con un ‘ad esempio’ e senza citazioni. Scrive l’autore: “la centralità dei pasti scolastici per lo sviluppo armonico del bambino, per i suoi risultati scolastici è assodata in letteratura”, ma questa suona solo come propaganda. Non sorprende, giacché il docente non ha a quanto si comprende alcuna competenza di psicologia, di sviluppo cognitivo o di istruzione, né mostra di preoccuparsi della correttezza scientifica di quanto asserisce.
E’ grave, a mio avviso, che questa rivista on line, molto letta, si trasformi in veicolo di propaganda proprio quando si parla di di minori.
Il ‘fine’ apparente sarebbe contenuto in obiettivi universalistici, snocciolati ideologicamente (coesione sociale, forse ‘eguaglianza’ (?), lotta all’obesità, manca solo il cantare insieme l’inno nazionale – meglio prima o dopo il pasto?). La retorica copre proprio la scarsa chiarezza degli scopi. Chiaro è solamente che un argomento spregiudicato usi, come nelle peggiori pratiche italiane, il Sud d’Italia, al quale aggiunge ora altre categorie di predestinati: i bambini e i poveri. Sono le categorie sociali utili a sdoganare retorica autoritaria e ad autorizzare la distruzione di valida ricerca scientifica, oltre che di diritti umani, libertà civili e politiche.
Francesco Billari
Grazie per i complimenti sulle mie competenze. Non capisco proprio l’accusa di “propaganda”, malgrado mi sia sforzato di comprendere i suoi argomenti, peraltro non mi pare corredati delle citazioni relative alla “valida ricerca scientifica” che sia contraria a quanto sostenuto nel pezzo. Non dovendo scrivere un paper scientifico non ho farcito il testo di citazioni. Al di là dell’ovvia esigenza di nutrizione adeguata per lo sviluppo di ogni umano, so possono consultare i lavori citati dal World Food Programme per l’America Latina qui: https://docs.wfp.org/api/documents/WFP-0000019946/download/?_ga=2.140126128.2063568614.1539804606-782300540.1539804606, o la review di Sorhaindo e Feinstein qui http://discovery.ucl.ac.uk/10015414/1/WBLResRep18.pdf, oppure il risultato di un interessante quasi-esperimento a Londra qui https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0167629611000270.
Sulle diseguaglianze territoriali, cito dal Rapporto (Non) Tutti a Mensa 2018 di Save the Childen Italia: “I dati MIUR sulla percentuale di alunni che frequentano la mensa anche quest’anno confermano una situazione più che preoccupante, in cui, in 9 regioni italiane più del 50% degli alunni non ha la possibilità di usufruire del servizio mensa e le differenze percentuali di alunni senza mensa variano dal 30% all’80%. La situazione si fa allarmante al Sud, dove gli alunni che usufruiscono del servizio sono una rarità: in Sicilia non accede alla mensa l’81,05% degli alunni, a
seguire il Molise…”
Marco Spampinato
Non era mia intenzione contro-argomentare nel merito la mensa gratuita, ma sottolineare il modo di esporre la tesi. Mettere al centro i bambini significa occuparsi di molti aspetti loro sviluppo affettivo e cognitivo. Non posso certo citare in un commento anni di ricerca e scuole divergenti di pensiero (su alcuni aspetti). Il punto è che vi è una tendenza, nel dibattito pubblico su scuola, asili nido e ‘education’ a discutere di edifici e mense, e non di sviluppo affettivo e cognitivo dei bambini. Questa tendenza del dibattito ‘alto’ (le virgolette sono appropriate) si riverbera in quello ‘basso’ (idem per le virgolette). Quanto all’uso e all’abuso del Sud. C’è una retorica universalista che ragiona come se le differenze economiche e culturali non esistessero, e pretende di applicare uno schema unico universale a tutti (magari importato, senza studiare li nel contesto il ‘senso’ delle cose). Es.: se il tasso di occupazione e sotto-occupazione maschile e femminile è molto più basso che al Nord, mi spiega lei che senso ha asserire con sicurezza assoluta l’utilità sempre e comunque della mensa? O dell’asilo nido a 6 mesi?
Se il pranzo in comune, in famiglia, o il fatto di ‘preparare il pasto’ hanno ancora importanza in alcune culture, è sicuro che una ”educazione alimentare’ debba avere come veicolo principale la scuola? Possono coesistere strategie diverse, pensate nei contesti locali? Anche per cambiare, ma con la partecipazione e intelligenza di chi ci vive
Lorenzo
Sono d’accordo con l’autore, ma solo se si parla di infrastruttura e pasto dieteticamente corretto. Cioè la scuola mette a disposizione la propria struttura con prenotazione annuale del pasto standard. Chi per problemi di allergia, culturali o altro vuol farne a meno, dichiara annualmente che fornirà il pasto per i figli direttamente alla mensa che poi lo distribuirà.
Francesco Billari
Certamente occorre tenere conto di allergie, intolleranze, motivazioni religiose e culturali nella fornitura dei pasti. Ancora una volta, le best practice degli altri paesi ci insegnano che è importante farlo direttamente all’interno del sistema scolastico—peraltro qualcosa che si fa già in molte parti dell’Italia.
giulio
Finalmente un articolo di buon senso su un problema, troppo spesso, affrontato in maniera ridicola dai nostri politici. Sarebbe bello per una volta tanto mettere al centro del dibattito i bambini, cioè il futuro, invece degli anziani.
Francesco Billari
Grazie. Porre le bambine e i bambini al centro del dibattito è un tema di importanza primaria.
Andrea
Pienamente d’accordo con l’articolo, rimane il fatto che non è possibile attuare in Italia nulla di tutto ciò. Se anche si trovassero i fondi necessari (semplicemente impossibile), i pasti rimarrebbero tali e quali a quelli che vengono forniti oggi a pagamento. Nella mia esperienza di genitore con due figli alle elementari, trattasi di pasti scadenti e soprattutto spesso sbilanciati a favorw di troppi carboidrati (pane, pasta e patate nello stesso pasto), con pochissima verdura e inutilmente calorici (vedasi il budino a fine pasto). Dire che pasti del genere prevengono l’obesità è falso, il primo mese di pranzo con il “catering” i miei bambini avevano preso ben 1,5 kg ciascuno. Il passaggio al cibo portato da casa è stato obbligato.