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Quella patrimoniale virtuale che pochi vedono*

Borsa in caduta e prezzi delle obbligazioni in discesa: una patrimoniale nascosta, che influenza negativamente tutta l’economia italiana. Ma in pochi se ne accorgono perché questi investimenti riguardano una fascia ristretta di risparmiatori.

La patrimoniale virtuale

In questo periodo molti analisti e commentatori (incluso chi scrive) hanno puntato il dito sul fatto che la riduzione dei prezzi delle azioni e obbligazioni italiane, avvenuta da quando il governo giallo-verde si è insediato, ha causato forti perdite ai risparmiatori: una sorta di tassa patrimoniale “virtuale”.
Si tratta di un fenomeno per il momento solo virtuale perché la perdita ricade effettivamente sull’investitore solo nel momento in cui vende le attività in suo possesso. Finché non lo fa, la riduzione di valore non è immediatamente percepibile e almeno in parte potrebbe essere recuperata se i prezzi di quelle attività finanziarie dovessero riprendersi in futuro.
I dati aggregati mostrano che si parla già di perdite assai consistenti: i valori azionari sulla Borsa di Milano hanno perso il 22 per cento negli ultimi sei mesi, mentre i prezzi delle obbligazioni sono scesi per cifre rilevanti, per esempio l’11 per cento nel caso di Btp decennali.

Ci si potrebbe dunque attendere una perdita di consenso per il governo Conte. Tuttavia, i sondaggi disponibili non sembrano confermarlo. La ragione è probabilmente molto semplice: la composizione della ricchezza delle famiglie italiane è tale che pochi si accorgono (per ora) della patrimoniale virtuale.
Perché un risparmiatore si renda conto della perdita di valore dei suoi investimenti è necessario che questi siano valutati al prezzo di mercato, cioè che il loro valore sia continuamente rivisto: quello che nel gergo finanziario viene chiamato mark-to-market. Occorre anche che il risparmiatore riceva le informazioni su queste variazioni dei prezzi. Ma se guardiamo a come è composta la pur ampia ricchezza delle famiglie italiane, ci accorgiamo che solo una piccola parte è valutata a prezzi di mercato e che il mark-to-market riguarda una fascia ristretta della popolazione.

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La più recente Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia è illuminante in proposito. Ne emergono in particolare due aspetti.
Primo: il patrimonio delle famiglie è composto in netta prevalenza (87 per cento) di attività reali, tra cui spicca la casa di residenza. Naturalmente il valore di mercato degli immobili oscilla nel tempo e si è notevolmente ridotto negli ultimi anni, ma poche persone si informano sul prezzo di mercato di un bene – la propria casa – che non è oggetto di frequenti compra-vendite.
Secondo: solo il 20 per cento più ricco della popolazione ha una quota consistente (40-50 per cento) della propria ricchezza finanziaria investita in strumenti valutati a prezzi di mercato: obbligazioni (tra cui titoli di stato), azioni e quote di fondi comuni. Per la maggior parte delle famiglie, la ricchezza finanziaria è detenuta per oltre il 75 per cento in depositi bancari (nelle varie forme tecniche) e postali, quota che raggiunge il 100 per cento per le fasce sociali meno abbienti (figura 1). Queste forme di investimento non sono valutate a prezzi di mercato, perché hanno un valore nominale prefissato. Naturalmente, i dati aggregati nascondono anche una forte variabilità regionale. La ricchezza netta pro-capite delle famiglie è circa il doppio al Nord rispetto al Sud (195 mila euro contro 100 mila nel 2016) e una quota maggiore, oltre il 40 per cento, viene detenuta sotto forma di ricchezza finanziaria al Nord, mentre la quota è notevolmente più bassa al Sud.

Conseguenze per tutti

I numeri ci dicono che il crollo della Borsa italiana e dei prezzi delle obbligazioni viene avvertito direttamente solo da una parte minoritaria della popolazione, quella più ricca, che a sua volta vive prevalentemente nelle zone più ricche del paese.

Naturalmente, questo non vuole dire che il resto della popolazione non subisca le conseguenze delle perdite di valore. La svalutazione dei titoli di stato, connessa all’aumento dello spread, impone costi rilevanti alle banche italiane, decurtando il loro patrimonio e rendendo più difficile e costoso il finanziamento tramite emissione di obbligazioni. Ciò indebolisce i nostri istituti di credito e li induce ad alzare i costi per la clientela: i tassi d’interesse sui nuovi mutui sono già aumentati di 20-30 centesimi durante l’estate. Le imprese, per parte loro, temono un inasprimento delle condizioni di credito: minore disponibilità e maggiori tassi d’interesse. Il ribasso dei corsi azionari rende anche più costoso il reperimento di capitale di rischio e alcune imprese potrebbero dunque decidere di rimandare aumenti di capitale necessari per finanziare investimenti. Senza contare gli effetti che l’incertezza sulla situazione economica del paese può avere sulle decisioni di investimento o consumo.

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La conclusione è che, alla fine, tutti risentono delle conseguenze indirette della patrimoniale virtuale, ma pochi la subiscono direttamente e ne hanno una chiara percezione. Perciò il suo costo politico è basso, almeno nel breve periodo.

Figura 1 – Composizione delle attività finanziarie delle famiglie italiane

Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia (fine 2016). I numeri sull’asse orizzontale si riferiscono alla distribuzione della ricchezza nella popolazione: dal decimo più povero (1) a quello più ricco (10). Le “altre attività finanziarie” (azioni, obbligazioni, investimenti gestiti) sono generalmente valutate a prezzi di mercato, al contrario dei depositi bancari e postali.

* Massimo Bordignon è membro dell’European Fiscal Board. Tuttavia le opinioni riportate in questo articolo sono del solo autore e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza

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Il Punto

18 commenti

  1. Filippo Gregorini

    usare il termine “patrimoniale” (anche se “virtuale”) é fuorviante, sono solo soldi bruciati per fini elettorali

  2. Savino

    Anzichè ricorrere al debito a tutti i costi e senza alternative, i gialloverdi avrebbero potuto farla davvero la patrimoniale, assieme alla guerra (non alla pace) fiscale e ad una spending review capace di toccare concretamente le alte burocrazie inefficienti. Ma il coraggio di Salvini, Di Maio e Conte è lo stesso di don Abbondio. Hanno paura di andare a toccare i grandi patrimoni, i capitali che fuggono all’estero (Savona docet) e la loro incompetenza li tiene sotto scacco dei mandarini di Stato. Per questo, hanno intrapreso la più comoda scorciatoia del debito a discapito delle future generazioni, la stanno difendendo a spada tratta e ci rovineranno così. Il cambiamento doveva essere di mentalità della leva fiscale e redistributiva. Sarà, invece, la solita mossa alla Cirino Pomicino, con la garanzia del piano b del pentito Savona di uscita dall’euro e di zecca clandestina stile Totò e Peppino.

  3. Michele

    Articolo imbarazzante. L’articolo equivale a sostenere che esiste un imposta patrimoniale negli USA per oltre 1bn usd per il semplice fatto che la capitalizzazione dei titoli faang è diminuita di tale ammontare rispetto ai picchi di valutazione.

  4. Marco Spampinato

    Tolto il titolo, l’articolo è lineare. Si direbbe: finalmente! Sul titolo e sull’espressione ‘patrimoniale virtuale’ si può discutere però. Il punto è che l’articolo suggerisce altro, cioè argomenti per capire che una democrazia non è fatta di soggetti con la stessa posizione politica -anche perché l’individuo astratto di cui, purtroppo, molti manuali di economia parlano, non esiste. Senza restituire ai soggetti maggior grado di completezza, non è possible capire molto. Pertanto, vale la pena puntualizzare che il valore di un’unica casa di proprietà non è un asset finanziario: chiunque viva ad un livello di sussistenza, o prossimo a quella, non fa uno ‘stato patrimoniale’. E non prende in considerazione l’ipotesi di vendere, se non per riacquistare -ciò che conta è quindi solo il differenziale di prezzo tra due sostituti, le cui variazioni non seguono quelle dei prezzi. E’ forse più anomalo, nel mondo, che questa logica si applichi a seconde case (o terze), considerate beni di consumo durevoli o beni che assicurano rendita certa (affitti), preferita ad altro. Certo quella rendita non è equamente distribuita, nemmeno territorialmente. Sui titoli di stato: vero che nello stato patrimoniale il valore si riduce, ma i (piccoli?) risparmiatori guardano al rendimento. Chi ha poco è per certo un consumatore, non un investitore. Attraverso un concetto come lo stato patrimoniale non se ne comprende la ‘razionalità’, e non se ne predice la condotta, né economica né politica.

  5. Henri Schmit

    Gli autori sostengono semplicemente che l’aumento dello spread ha un effetto sulla situazione patrimoniale di coloro che possiedono titoli di stato lunghi. Ci sono numerosi altri effetti patrimoniali meno diretti. La svalutazione del patrimonio immobiliare risulta soprattutto dalla minor crescita (mentre il governo pretende proprio favorire la crescita), e in misura minore dall’aumento dei tassi passivi. L’effetto sui finanziamenti produttivi dovrebbe essere maggiore perché serve più capitale bancario per coprirli. Tutto a scapito della futura crescita. Anche i tassi sulle emissioni bancarie dovrebbero aumentare aggravando il costo del capitale e deprimendo i prezzi in borsa. Il legame delle scelte di investimento con la fiscalità è confermato da una teoria economica che insiste sulla doppia scelta parallela dei singoli, il voto politico (che determina la politica fiscale) e la decisione d’investimento (comprare o vendere BTP). L’apertura dei mercati ha creato un’asimmetria: solo gli Italiani votano, ma tutti possono comprare e vendere i titoli di stato che preferiscono.

    • Stefano

      Non si può che convenire sulla prima affermazione. Dal Sole on line oggi pomeriggio “il calo dei titoli di Stato «ha determinato una riduzione del valore della ricchezza finanziaria delle famiglie» del 2% (poco meno di 85 miliardi) nei sei mesi a giugno, e «negli ultimi mesi il peggioramento dei corsi azionari e obbligazionari si sarebbe riflesso in un’ulteriore perdita di valore di circa l’1,5 per cento». Lo rileva Bankitalia nel Rapporto sulla Stabilità finanziaria”. La evocazione della tassa patrimoniale nel titolo è per me un invito alla ragionevolezza visto il valore patrimoniale – quasi 150 mld – virtualmente bruciato.

  6. enzo

    se si parla della perdita di valore dei btp e degli azionari bancari italiani sono d’accordo. Ma se facessimo un raffronto con obbligazioni e azioni degli altri mercati troveremmo differenze significative? Una patrimoniale sottrae risorse ai patrimoni appunto ma queste risorse vengono utilizzate , in questo caso abbiamo invece solo l’effetto riduttivo, ovvero si tratta di patrimonio “bruciato” non sottratto.

  7. Federico Castelnuovo

    Io credo che il senso del termine patrimoniale virtuale sia chiaro: già qualche mese fa mi sono trovato a commentare con amici e colleghi: “certo che se mi avessero messo una patrimoniale da un lato mi sarebbe costata molto probabilmente di meno e dall’altra non avrebbe comportato alcun commento negativo da parte di agenzie di rating, UE o chi altro che in genere non sindacano sulla composizione dei saldi più di quel tanto. Così come è stata fatta ha avuto almeno gli stessi effetti negativi sul patrimonio della parte abbiente di una patrimoniale senza alcun vantaggio per il bilancio pubblico, anzi…

  8. Guido Gennaccari

    La Patrimoniale è una tassa che implica l’utilizzo delle risorse raccolte, quindi il parallelismo non regge (altrimenti dovremmo parlare di redistribuzione della ricchezza a seguito del referendum del 4 dicembre 2016 che mise ko Renzi ed il Governo; dal 5 dicembre Borsa e Btp salirono…eravamo tutti virtualmente più ricchi!). p.s.: con questi ragionamenti non supereremo mai il problema dell’investimento “Home bias” verso una corretta diversificazione di portafoglio rimanendo finanziariamente “investitori rozzi”, come storicamente siamo da sempre

  9. A me sembra corretto lo spirito dell’articolo; la perdita in borsa degli ultimi mesi è notevole e tale da distruggere i guadagni degli ultimi anni almeno. Peraltro ciò equivale a dire che i ricchi piangono; f con gran piacere di coloro come i 5 stelle che vogliono la decrescita felice e vogliono realizzare un programma da vetero comunisti. Peccato che la derescita investe tutti. Quando la gente se ne accorgerà, spero che non sia troppo tardi!!!

  10. Michele

    I 5 milioni di italiani in povertà assoluta e i 9 milioni in povertà relativa (fonte istat) sono preoccupatissimi dello stato dei loro portafogli finanziari e in particolare della patrimoniale che chiaramente emerge quando calcolano con i loro wealth manager di fiducia il mark-to-market dei propri assets (ma i perfidi votano lega e m5s perché hedggiati con posizioni lunghe in dollari…)

    • Robin Hood

      Il 50% degli italiani (così pare dalla Figura 1) ha più del 25% del portafoglio investito in titoli. Gli è stato tolto il diritto di voto di recente? Magari mi sbaglio, ma la politica dovrebbe cercare di sollevare i milioni di poveri facendo crescere il loro reddito, non facendo diventare povero il ceto medio e tutti gli altri.

      • Michele

        Caro Hood, a fronte di un bel articolo di propaganda, ricordare la realtà non fa male. In ogni caso – in democrazia – i voti si contano

        • J.Roberto

          In democrazia i voti si contano, e la realtà i numeri pure.

  11. Francesco

    Quante sono i piccoli risparmiatori che hanno in portafoglio un BTP decennale e decidono di venderlo prima della naturale scadenza ?
    E quanti sono i piccoli risparmiatori che lo hanno venduto in questo periodo ??
    Il BTP decennale alla scadenza vale il 100% non ha subito alcun deprezzamento per effetto dell’aumento dello Spread…

  12. edoardo

    polemizzare sul titolo dell’articolo mi pare forse giusto perchè induce a dar fiato alle trombe di chi ne ha (politicamente) interesse.
    Ciononostante non sfugga il concetto concreto che qualora necessità primare costringessero i risparmiatori, che non son proprio così pochi come cita qualcuno, a disinvestire la verifica del diminuito valore emergerebbe lampante. Ovvio che i politici con spessore di onesta molto basso tacciono colpevolmente in proposito

  13. Massimo GIANNINI

    Pochi la vedono perché non c’è…A meno che gli autori non pensino che i mercati debbano sempre andare su ed esista una correlazione perfetta tra andamento del mercato e decisioni governative, il che non è statisticamente provato.

  14. francesco vittori

    voi scrivete: “I numeri ci dicono che il crollo della Borsa italiana e dei prezzi delle obbligazioni viene avvertito direttamente solo da una parte minoritaria della popolazione”.
    Per capire se questa “parte minoritaria” sia in grado di influenzare un esito elettorale sarebbe interessante verificare il grado di ‘fedeltà’ al partito votato.
    Perchè per i margini di voti ipotizzabili tra i vari partiti e per il tipo di legge elettorale esistente, basterebbe che (ipotesi) un 20% di quella parte minoritaria votasse col portafoglio e non con la fede politica per cambiare il risultato elettorale.
    Questa tendenza, col movimento 5 stelle in calo nei sondaggi, credo si stia manifestando mentre ancora non è visibile sull’elettorato leghista ma potrebbe esserlo, specie al nord, specie se partisse un periodo di credit-cruch verso le pmi

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