Se calcolata sull’orizzonte di vita residuo del pensionato, quota 100 è sempre conveniente per il lavoratore. Eppure alla fine dell’anno le richieste potrebbero essere meno del previsto. Perché le persone decidono in base a regole più semplici.
Una buona notizia per le casse dello stato
I dati di giugno sul monitoraggio delle adesioni a quota 100 lasciano supporre che a fine anno il numero dei “quotisti” risulterà minore di quanto preventivato dall’esecutivo. Finora, infatti, le domande presentate sono poco più di 150 mila e circa il 15 per cento è stato respinto.
Se i flussi continueranno su questa linea anche nei prossimi mesi, a fine 2019 avremo una buona notizia per i conti pubblici, accompagnata dalla scoperta che la voglia di uscire dal mercato del lavoro da parte dei soggetti più anziani, o almeno di quelli che rientrano in questa specifica platea, potrebbe essere meno forte di quanto sostenuto da molti.
Ma perché i pensionamenti potrebbero essere inferiori a quanto atteso e messo a bilancio? Le scelte relative all’età di pensionamento sono complesse. In Italia, ma non solo, proprio in risposta alla complessità i lavoratori scelgono regole semplici: in passato tendevano, in maggioranza, a pensionarsi in corrispondenza dell’età di vecchiaia oppure, quando avevano la possibilità di uscire in anticipo con la pensione di anzianità, non appena le condizioni su età e contributi glielo permettevano.
Quando conviene scegliere quota 100?
Nel 2019 possono accedere a quota 100 coloro che hanno almeno 38 anni di contributi e che sono nati nel 1957 o prima. Il numero di anni di anticipo varia in funzione dell’età del lavoratore e della sua storia contributiva e può andare da uno a cinque. I lavoratori interessati possono essere retributivi puri oppure misti, dipende dall’anzianità contributiva maturata nel 1995. Il vantaggio dell’anticipo è inversamente correlato alla parte della pensione calcolata con la regola retributiva, che non tiene conto dell’aspettativa di vita al momento del pensionamento. Questo rende assai differente, nell’un caso rispetto all’altro, l’incentivo finanziario a uscire in anticipo.
Una valutazione completa della convenienza finanziaria all’adesione a quota 100, e quindi all’anticipo del pensionamento, richiede di tenere in considerazione tre fattori: i) di quanto si riduce l’importo della pensione; ii) di quanto aumenta il numero di anni di percezione della pensione; iii) di quanto si riduce il valore complessivo della contribuzione pensionistica. Accanto a queste informazioni, occorre poi avere un’idea precisa sulla vita attesa al momento delle due opzioni di pensionamento e sulla probabilità di mantenere l’occupazione negli anni dell’eventuale prolungamento dell’attività di lavoro
Tra tutte queste informazioni, quella più facile da ottenere è la prima. È anche quella di più semplice comunicabilità e può aver costituito l’elemento chiave nella scelta relativa all’anticipo, naturalmente assieme a valutazioni strettamente personali quali ad esempio il livello di reddito famigliare, la condizione lavorativa del coniuge, il grado di soddisfazione ricavato dalla attuale posizione lavorativa.
La tabella 1 calcola alcuni indicatori per due individui che possono essere considerati come rappresentativi della parte più numerosa della platea di coloro che hanno la possibilità di aderire a quota 100: il primo è nato nel 1957, ha un’anzianità contributiva di 38 anni e vedrà la sua pensione calcolata con il metodo misto. Il secondo individuo è nato nel 1955, ha un’anzianità contributiva di 41 anni e vedrà la sua pensione calcolata, per tutta la contribuzione fino al 2011, con la regola retributiva. Entrambi accedono al pensionamento con quota 100 e nell’ultimo anno di lavoro maturano una retribuzione pari a 28 mila euro.
Tabella 1
Per entrambi gli individui l’anticipo determina una riduzione assoluta e percentuale nell’importo annuale della pensione. Nel caso di un anticipo di cinque anni la diminuzione percentuale è consistente. Andando in pensione a 62 anni l’importo si riduce del 25 per cento rispetto a quello atteso nel caso di pensionamento a 67 anni. Gli effetti sono minori nel caso di un anticipo di due anni, ma anche qui non sono trascurabili.
Il segno dell’operazione tuttavia si ribalta completamente se l’opportunità di anticipare è valutata lungo la vita residua del lavoratore. In questo caso, l’effetto complessivo è sempre vantaggioso per chi anticipa. La variazione nella somma complessiva delle pensioni ricevute è l’effetto combinato della riduzione della prestazione e dell’allungamento del periodo di pensionamento e può essere positivo o negativo. D’altro canto, la somma dei contributi da versare per ottenere quelle pensioni si riduce sempre in caso di uscita anticipata. Le due variazioni sono indicate nella 5a e nella 6a colonna. La somma dei due effetti rende l’operazione finanziariamente conveniente per il lavoratore e specularmente aggrava il bilancio intertemporale dello stato. La conseguenza è un aumento della ricchezza pensionistica netta pari a 14,7 mila euro per il lavoratore che si trova nel regime retributivo e pari a 5,6 mila euro per quello che si trova nel regime misto.
I numeri qui presentati sono naturalmente solo rappresentativi, ma combinazioni anche sufficientemente ampie di parametri demografici ed economici nelle stime confermano sempre il segno delle variazioni.
Quali conclusioni trarre? Quota 100 è sempre conveniente per gli individui dal punto di vista finanziario quando l’opzione è valutata sull’orizzonte di vita residuo del pensionato. Per la stessa ragione, è sempre fonte di maggiori spese per il settore pubblico e ne aumenta, quindi, le passività implicite.
Tuttavia, quando gli individui decidono di pensionarsi sulla base di una regola più semplice – come ad esempio la misura di quanto varia l’importo annuale della propria pensione, oppure hanno vincoli di liquidità e non possono affrontare una riduzione immediata dei loro redditi – rinunciano di fatto a un vantaggio finanziario e al tempo stesso contribuiscono a rendere meno onerosa l’operazione quota 100 per i conti pubblici.
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Vincenzo Bafunno
Se capisco bene l’anticipo è sempre più conveniente perché l’incidenza degli anni in cui si usufruisce di pensione è maggiore della decurtazione annua derivante dalla richiesta di anticipo. Ma chi può ed ha piacere di lavorare guadagnerà uno stipendio per gli anni in cui potrebbe avere l’anticipo pensionistico che in genere è superiore alla pensione. E poi percepire comunque una pensione non decurtata. Sarà questo il motivo “comportamentale” per cui molti non scelgono quota 100?
Amegighi
Io penso si tratti di un processo mentale o psicologico da giustificare e comprendere. Se considerate le due motivazioni, una economica chiara e fattuale (quanto prendo al mese), ed una aleatoria su cui la speculazione fattuale è anche meno incentivata (quanto sopravvivo), la tendenza è decidere di optare per la prima motivazione. Si tratta di un processo decisionale in cui il vantaggio è chiaramente evidente rispetto allo svantaggio.
Carlo Mazzaferro
Vincenzo, lo stipendio è la remunerazione del lavoro. L’idea è che lavorare sia faticoso e che la fatica del lavoro sia compensata dalla retribuzione. Nel conto dei guadagni e delle perdite le due poste si elidono.
Fabrizio
Da considerare anche l’impossibilità di fare altra attività lavorativa, limitata a 5.000 euro annui per prestazioni occasionali. Questo limita la possibilità di integrare il diminuito ammontare mensile.
Marco La Colla
Da sempre penso che esista una categoria di lavoratori che non vogliono andatre in pensione, sia perché sono soddisfatti del loro lavoro o dellaloro posizione, sia perché hanno paura di ciò che li aspetta una volta pensionati. Sono quelli che vivono solo per lavorare, con pochi interessi o hobby e che una volta in pensionre cadono in depressione e spesso se ne vanno nel giro d un anno. Questo succede spesso a chi ha posizioni apicali che, da un giorno all’altro, perde il suo potere e vede sparire la corte di adulatori che lo circondava. Fare una ricerca a campione per capire quanto valga in percentuale tale categoria di lavoratori e valutare se non sia il caso di allungarne la loro vita lavorativam sfruttandone, tral’altro, le loro esperienze e.competenze.
Carlo
Vi sono poche richieste di quota 100 perché dopo i sessant’anni cambiano notevolmente le coorti dei lavoratori: infatti in banca o al supermercato non vedo sessantenni al lavoro perché i dipendenti sono prepensionati in quanto i costi vengono scaricati sui clienti. Oppure tanti operai che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni vanno con la pensione anticipata mentre i laureati, soprattutto quelli della PA, rimangono al lavoro perché di solito hanno iniziato a lavorare verso i trent’anni.
Inoltre la variabile fiscale non è da trascurare: basti pensare alla detassazione fiscale e contributiva della produttività incentivata nella passata legislatura o gli ottanta euro di Renzi.
Infine i perdono benefit quali l’auto aziendale, ristoranti ed alberghi delle trasferte, cancelleria, computer e smartphone messi a disposizione dall’azienda.
Michele Campanelli
I dati sui risparmi delle famiglie diffusi dall’OCSE “Inequalities in household wealth across OECD countries: Evidence from the OECD Wealth Distribution Database” indicano che le famiglie a basso reddito non dispongono di risparmi. Anche un calo di reddito limitato, come quello descritto nel caso di anticipo di due anni, come giustamente indicato dall’autore, può non essere sostenibile da molti lavoratori.
Savino
Quota 100 ha messo in condizione una trentina di Comuni solo nella provincia di Novara di non avere più un segretario comunale. Pochi metalmeccanici via con quella norma, che non si può applicare per i braccianti agricoli, per l’edilizia e per altri lavori usuranti. Un autentico buco nell’acqua da parte del sovravotato e sovravalutato Salvini; solo dei piaceri fatti a categorie di privilegio. Il popolo, rispetto ai suoi interessi collettivi, si renda conto chi sta politicamente premiando