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Conte gialloverde

La crisi di governo ha prodotto la nascita di un nuovo esecutivo, espressione della maggioranza Pd e M5s. Ma quale paese si trova a dover amministrare dopo 15 mesi di governo gialloverde? Un’Italia ferma, che non cresce, piena di incertezza e iniquità e con più immigrati irregolari da gestire.

Un paese in panne

Dopo la crisi di agosto, l’Italia ha un nuovo governo, sempre presieduto dallo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ma con il Partito democratico a fianco del M5s al posto della Lega. Quali risultati hanno prodotto quasi 15 mesi – dal giugno 2018 all’agosto 2019 – di esecutivo gialloverde?

Partiamo dai numeri sulla crescita. Tra il 2017 e il 2018 l’Italia cresceva a tassi superiori a quelli del Pil potenziale e finalmente più vicini a quelli degli altri paesi dell’eurozona. Poi tutto si è bloccato. È vero che molto è dipeso da una congiuntura internazionale con nubi all’orizzonte ma, mentre in Europa gli altri paesi hanno rallentato, l’Italia è stata l’unica ad aver registrato una crescita negativa tra giugno 2018 e giugno 2019. La media del tasso di crescita degli ultimi quattro trimestri è pari a 0,1 per cento, inferiore a quella dei quattro trimestri precedenti (1,5 per cento) e a quella degli altri paesi europei.

Le ultime previsioni Istat sul Pil hanno inoltre certificato per il 2019 una variazione acquisita nulla e nell’insieme è difficile intravedere stimoli esteri e interni che possano allontanare l’economia dalla stagnazione.

Tabella 1 – Variazione del Pil rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente – %

Fonte: Eurostat

Le incertezze di famiglie, imprese e mercati

Secondo le indagini Isae-Istat, i consumatori hanno percepito un peggioramento della loro situazione economica, a fronte di un netto miglioramento nei 12 mesi precedenti l’arrivo del governo gialloverde. Negative anche le aspettative sulla condizione economica futura della famiglia. Anche su questo piano, l’Italia si è allontanata ulteriormente dalla media europea, come si vede dall’indice di fiducia dei consumatori che nei vari paesi si basa su indagini presso le famiglie.

Tabella 2 – Indice sul clima di fiducia dei consumatori e sue componenti

Nota: l’indice è costruito come differenza fra risposte positive e negative; più l’indice è negativo più le percezioni e aspettative sono negative.

Figura 1 – Fiducia dei consumatori, indice europeo

Fonte: Business and consumer survey database, Commissione europea

Nei suoi 15 mesi di vita il governo gialloverde ha alimentato molta incertezza sulla politica economica dando pubblicamente risposte diverse in Italia rispetto alle rassicurazioni offerte a Bruxelles. Ma soprattutto ha alimentato il sospetto che il nostro paese volesse uscire dall’euro con proposte come quella dei minibot e con la presenza in posizioni istituzionali importanti di economisti “no euro”, che dai loro profili Twitter mantenevano sempre aperta l’ipotesi dell’uscita dalla moneta unica. Questo si è riflesso in 15 mesi di spread vicino ai 300 punti base, che a regime sarebbero costati all’Italia 19,5 miliardi in più rispetto a uno scenario base con un differenziale di 131 punti (valore precedente all’insediamento dei gialloverdi al governo). Di fatto, poiché il governo è caduto dopo poco più di un anno, il costo effettivo è di circa un quinto, intorno a 4 miliardi. Comunque una bella cifra.

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È stata una vera è propria tassa sul populismo. Se infatti consideriamo un paese comparabile, come la Spagna, si nota subito che nei mesi in cui è stato in carica il primo governo Conte l’Italia ha scontato una sorta di “rischio gialloverde”: la distanza tra lo spread Bonos-Bund e Btp-Bund si amplia proprio dal giorno del giuramento.

Figura 2 – Spread Btp-Bund e Spread Btp-Bonos

Fonte: Bloomberg

Tutto questo ha penalizzato la domanda interna e soprattutto gli investimenti. Nalla figura 3 si nota come per gli investimenti il tasso di crescita tendenziale – ossia la variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente – si sia ridotto sensibilmente dal secondo trimestre del 2018, quando ancora crescevano di oltre il 6 per cento e più velocemente rispetto all’eurozona, fino a toccare il risultato vicino allo zero nell’ultimo trimestre del 2018. Nei quindici mesi gialloverdi, mentre gli investimenti in eurozona aumentavano il ritmo, da noi sono andati vicino a fermarsi.

Figura 3 – Investimenti fissi lordi, variazione tendenziale

Fonte: Eurostat

In questo contesto anche il debito pubblico è aumentato: a giugno 2018 era pari a 2.330 miliardi, mentre nell’ultima rilevazione della Banca d’Italia di luglio 2019 è di 2.410 miliardi. Un +80 miliardi da aggiungere al macigno. Secondo il Documento di economia e finanza 2019, i cui numeri saranno poi rivisti nei prossimi giorni con la Nota di aggiornamento al Def, il rapporto debito/Pil è in salita dal 2017, quando era pari al 131,4 per cento, per poi raggiungere il 132,2 nel 2018. E per il 2019 è stato stimato in crescita al 132,6 per cento.

Figura 4 – Debito pubblico italiano

Fonte: Banca d’Italia

Gli immigrati e il lavoro

I toni sempre più bellicosi contro gli immigrati sono serviti solo ad alimentare odio e tensioni sociali. Il governo si era proposto di azzerare l’immigrazione irregolare. Al contrario, il numero di immigrati irregolari è aumentato di 70 mila unità tra giugno 2018 e giugno 2019, secondo l’Ispi. Tutto questo perché non è stata concessa a molti richiedenti l’asilo la protezione internazionale a seguito delle nuove norme del decreto sicurezza, mentre i rimpatri sono rimasti al palo.

La crescita dell’occupazione è continuata, ma è fortemente rallentata rispetto all’anno precedente soprattutto per quanto riguarda la popolazione in età lavorativa. Si è passati da una crescita superiore all’1 per cento a circa lo 0,3 per cento. Gli occupati sono aumentati sopra i 65 anni, come risultato della riforma Fornero, nonostante quota 100.

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L’assistenza che ha generato iniquità

Il tassello più controverso dell’eredità gialloverde è la sensazione di iniquità che hanno creato le due misure capisaldi del governo Lega-M5s, ossia quota 100 e reddito di cittadinanza.

I beneficiari di quota 100 sono stati poco più di 100 mila. La narrazione dell’esecutivo ha dipinto il provvedimento come indispensabile per liberare posti di lavoro destinati ai più giovani. Per ogni pensionato libero di andare a giocare con i nipoti, un giovane in più che trova lavoro. Ma la realtà è che quota 100 non può aver portato a questo risultato. Delle 110 mila persone che hanno finora beneficiato della misura, un terzo erano disoccupate, quindi non hanno liberato alcuna posizione. E cosa dire delle rimanenti 75 mila circa? L’esperienza ci insegna che al massimo uno su tre viene sostituito. Quindi, ben 25 mila opportunità in più su una disoccupazione giovanile che riguarda un milione e duecento mila persone. Meglio di niente, si dirà. Ma il costo di ciascuno di questi posti, se mai verranno creati, sarà di circa 80 mila euro. Sarebbe stato molto meno costoso assumere direttamente dei giovani.

Il reddito di cittadinanza – per parte sua – ha messo molti più soldi nella lotta alla povertà, ma ha gravi problemi di iniquità per come è stato disegnato. In una situazione in cui la povertà si concentra tra le famiglie numerose e gli immigrati, si è scelto di dare 780 euro ai single, una cifra simbolo della campagna elettorale pentastellata. Col risultato che le famiglie numerose percepiscono un importo solo marginalmente superiore. E gli immigrati extracomunitari? Devono presentare carte impossibili da ottenere dai loro paesi di origine. Quindi verranno esclusi dal reddito di cittadinanza, a meno di correttivi, quando una famiglia povera su quattro in Italia è di immigrati.

Oltre ai brutti numeri su Pil e spread, sicuramente importanti, l’eredità dei gialloverdi che molti osservatori colgono è la sensazione di ingiustizia che hanno lasciato le loro politiche. La sensazione che si può beneficiare di determinate misure se si ha la fortuna di ricadere in alcune generazioni oppure se si ha la fortuna di essere nati nell’Unione Europea.

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  1. Luigi Calabrone

    Il prof. Boeri non cita tra le malefatte del governo gialloverde anche l’illegittima extra tassazione delle “pensioni d’oro” mascherata sotto il falso nome di “contributo di solidarietà”, poiché questo provvedimento è la conseguenza logica della campagna precedente condotta da Boeri stesso su “lavoce.info” prima che lui stesso conoscesse effettivamente il meccanismo di funzionamento del sistema pensionistico, che ha potuto in seguito apprendere quando è diventato presidente dell’INPS.

  2. Franco Castelli

    Analisi estremamente interessante. Peccato solo che questo tipo di analisi non ottenga il dovuto spazio nel dibattito politico.

  3. jorge

    Il governo gialloverde è stato pessimo per l’economia: quota 100, reddito di cittadinanza e incertezza sull’Europa sono l’opposto di ciò che era utile fare. Tuttavia alcune evidenze citate non convincono. Il differenziale negativo medio della crescita del PIL rispetto all’Eurozona è rimasto esattamente lo stesso del periodo precedente (vedi tabella da voi riportata), pari a 120 punti base, cioè 1,2% in meno. Anche la affermazione sulla immigrazione non è sensata: pensate davvero che per “azzerare l’immigrazione irregolare” si debba rendere regolare chi entra da irregolare?

  4. Antonio Carbone

    Grazie per aver documentato, anche con qualche dato, l’anno “bellissimo” che ci ha regalato l’avvocato del popolo. Ora il Conte 2 dovrebbe rimediare agli orrori del Conte 1. E dopo la nuova investitura si sentono già “commentatori” che lo definiscono come uno statista! Ma soprattutto svetta nei sondaggi e nelle percentuali di gradimento…..
    Non me ne vogliano gli autori dell’articolo (che stimo), ma secondo me questa è una faccenda più da studiosi di psicologia delle masse che da politologi o economisti.
    Mi hanno sempre fatto sorridere quelli che dicono, riguardo ai politici: vediamo come governano e poi li giudicheremo dai fatti! Come se le persone guardassero davvero i risultati di un’azione di governo per decidere come e chi votare.
    Grazie davvero.
    Ps. Ricordo uno studio americano di molti anni fa in cui si evidenziava come maghi e santoni truffatori, anche dopo essere stati scoperti e, in alcuni casi condannati, quando tornavano in attività (talora negli stessi luoghi delle loro precedenti truffe) avevano lo stesso, o addirittura maggiore, stuolo di seguaci.

  5. Savino

    Italiani troppo ignoranti e fuori dalla realtà stanno sbagliando tutto quando si parla di crescita economica e rilancio dei consumi. Ci sono disparità tra generazioni che gli italiani adulti fanno finta di non vedere. Secondo la massa ignorante ed egoista dovremmo sottrarre risorse per gli asili nido, per gli assegni familiari e per il cuneo fiscale per darli ai pensionati che non riescono nemmeno a masticare il pane o per creare nuove pensioni baby e assistenzialismo. Ma che si sono messi in testa gli italiani? La DC per fortuna è morta e dobbiamo affrontare i problemi del nostro tempo, dobbiamo pensare ai nostri figli e nipoti e non alle idiozie dei 60-70enni che una vita di bessere l’hanno avuta.

  6. Babbocacco

    Possibile che Salvini & company, che vivono in costante campagna elettorale, non abbiano certi dati?
    Mi domando come è possibile che continuino giornalmente con ogni mezzo a dire il contrario e ad accollate tutte le negatività al giverno precedente che stando ai vostri dati aveva fatto in mamiera che l’Italia avesse cominciato a “risalire la china”.

  7. Gerardo Coppola

    Grazie. Si piange sul latte versato. Ormai da anni facciamo questo esercizio in parte inutile. Come uscirne ? Aspettiamo con ansia un secondo articolo.

  8. Savino

    Certo, Conte non può dire di ereditare i problemi dal governo precedente. Anche lui, che sta avendo una seconda chance, è chiamato a giocarsela meglio e non può limitarsi a sterilizzare (col trucco?) l’Iva.

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