Dalla metà degli anni Novanta, la crescita della produttività nel Sud Europa è stata molto inferiore rispetto a quella di altri paesi sviluppati. Perché non hanno saputo approfittare della rivoluzione informatica. E la causa è un management inadeguato.
Tecnologie dell’informazione e crescita della produttività
Dalla metà degli anni Novanta, la crescita della produttività nel Sud Europa è stata decisamente inferiore rispetto a quella di altri paesi sviluppati. Ciò è illustrato dalla figura 1A, in cui è rappresentata la produttività aggregata, misurata come Pil reale per ora lavorata (al netto dell’accumulazione di capitale non-IT), per sei paesi Ocse. Tra il 1995 e il 2015, la produttività è cresciuta solo dello 0,1 per cento l’anno in Italia e Spagna e dello 0,5 per cento l’anno in Portogallo, mentre è salita dell’1,1 per cento l’anno in Germania e dell’1,4 per cento negli Stati Uniti.
Figura 1 – Crescita della produttività e capitale IT (Information Technology) nell’Ocse
Fonte: Ocse e EU Klems. Vedi F. Schivardi e T. Schmitz (2019)
Queste tendenze rappresentano una sfida per la sopravvivenza dell’unione monetaria. Mentre una moneta comune può funzionare bene se ci sono differenze geografiche nei livelli di produttività, è molto più difficile far fronte a differenze persistenti nella crescita della produttività, in particolare quando l’inflazione è bassa.
La divergenza del Sud Europa coincide con la diffusione massiccia delle tecnologie dell’informazione (IT) a partire dalla metà degli anni Novanta, che è stata uno dei principali motori della crescita della produttività nelle principali economie.
Nel Sud Europa invece la rivoluzione informatica ha prodotto progressi relativamente modesti. La figura 1B mostra che tra il 1995 e il 2014 il capitale reale IT è aumentato di un fattore di 4,6 negli Stati Uniti e di 4 in Germania, ma solo di un fattore di 1,5 in Italia, di 2,6 in Portogallo e di 3,7 in Spagna. Pertanto, la diffusione dell’IT nel Sud Europa è stata limita limitata. Inoltre, ha avuto un impatto trascurabile sulla produttività anche nei paesi in cui si registrava una crescita leggermente più rapida del capitale IT (come la Spagna). Perché?
Pratiche manageriali inefficienti
Un’ampia letteratura empirica documenta che l’adozione dell’IT richiede cambiamenti nell’organizzazione aziendale e induce maggiori incrementi di produttività nelle imprese meglio gestite, perché pratiche manageriali e IT sono complementari. Tuttavia, le imprese del Sud Europa hanno prestazioni sistematicamente peggiori in termini di efficienza gestionale. Lo si vede dalla figura 2, che utilizza i dati del World Management Survey (Wms), sviluppato da Nick Bloom, Raffaella Sadun e John Van Reenen. Il Wms è un’indagine innovativa che consente di assegnare un punteggio alle imprese in base alla qualità delle loro pratiche manageriali (management score). Sono state prese in considerazione più di 20 mila aziende in 35 paesi. La figura 2 illustra le medie (standardizzate) per le economie industrializzate e mostra che i paesi del Sud Europa, come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, hanno punteggi sostanzialmente inferiori rispetto ai paesi del Nord Europa, agli Stati Uniti, al Canada e al Giappone.
Figura 2 – Efficienza gestionale nei paesi Ocse
Fonte: Calcoli degli autori basati sui dati del World Management Survey. Vedi F. Schivardi e T. Schmitz “The IT Revolution and Southern Europe’s Two Lost Decades” (2019)
Le differenze nelle pratiche di management hanno un peso nella divergenza del Sud Europa? Quanto illustrato nella figura 3 suggerisce di sì. La figura 3A mostra come prima della rivoluzione informatica non vi fosse alcuna correlazione tra management score e crescita della produttività. Tuttavia, come si vede dalla figura 3B la situazione cambia radicalmente intorno al 1995 e tra i due fattori emerge un forte legame. Pertanto, con l’avvento della rivoluzione informatica le pratiche di management inefficienti hanno iniziato a essere un freno alla crescita della produttività, in linea con l’idea che pratiche di management efficienti e IT siano complementari.
Figura 3 – Management score e crescita della produttività prima e dopo la rivoluzione IT
Fonte: Ocse e World Management Survey
In un nostro articolo, analizziamo questi sviluppi attraverso la lente di un semplice modello che si basa su due ipotesi fondamentali: i) qualità delle pratiche manageriali e IT sono complementari; ii) i paesi del Sud Europa hanno pratiche manageriali peggiori.
Il nostro modello prevede che un management inefficiente riduceva il livello del reddito e di produttività del Sud Europa (ma non i tassi di crescita) già prima della rivoluzione informatica. L’avvento della rivoluzione informatica amplifica queste differenze tra Nord e Sud. Infatti, poiché management efficiente e IT sono complementari, le aziende del Sud che adottano l’IT sperimentano un aumento di produttività inferiore rispetto alle imprese del Nord. L’effetto è aggravato dal fatto che già in partenza meno aziende del Sud scelgono l’IT, proprio perché ne beneficiano meno. In più, la rivoluzione informatica fa sì che i salari dei lavoratori altamente qualificati del Nord siano più alti di quelli del Sud. Ciò favorisce la loro emigrazione e il Sud perde così proprio i lavoratori necessari per l’adozione dell’IT.
Per determinare l’importanza quantitativa di questi canali, calibriamo il nostro modello utilizzando dati da varie fonti. Nella nostra calibrazione di base, la rivoluzione informatica aumenta la produttività dell’11,1 per cento in Germania, del 5,9 per cento in Italia, del 2,5 per cento in Spagna e del 3,4 per cento in Portogallo tra il 1995 e il 2008. Confrontando questi numeri con l’effettiva divergenza di produttività che si osserva dai dati, il meccanismo che noi evidenziamo spiega il 35 per cento del divario dell’Italia, il 47 per cento della Spagna e l’81 per cento del Portogallo rispetto alla Germania. La divergenza è principalmente causata da inferiori incrementi di produttività a livello aziendale derivanti dall’adozione dell’IT, aggravati da più bassi tassi di adozione. L’emigrazione di lavoratori altamente qualificati triplica in conseguenza della rivoluzione informatica, ma il suo impatto sulla produttività aggregata è modesto.
Infine, analizziamo una serie di possibili interventi di politica economica nel Sud Europa. Mostriamo che sovvenzionare l’adozione dell’IT ridurrebbe ulteriormente la produttività del Sud. Allo stesso modo, anche dare più risorse per l’istruzione in materia di IT avrebbe effetti negativi, in quanto si tradurrebbe di fatto in un trasferimento al Nord, che ne raccoglie i benefici attraverso la migrazione dei lavoratori altamente qualificati. Tutto ciò è dovuto al fatto che questi interventi curano i sintomi del malessere del Sud Europa (bassa adozione dell’IT o bassa istruzione), ma non la causa (il management inefficiente).
Naturalmente, questi risultati devono essere presi con prudenza, poiché il nostro modello astrae dai fallimenti del mercato che potrebbero portare a scelte non ottimali riguardo l’adozione dell’IT o l’istruzione. Tuttavia, suggeriscono che le politiche dovrebbero concentrarsi sulla causa alla base della divergenza del Sud Europa – il management inefficiente – invece che sul suo sintomo.
Il problema è quindi come migliorare le pratiche manageriali. Benché la letteratura sull’argomento sia ancora agli inizi, è già possibile trarre alcune lezioni. Un fattore importante è l’assetto proprietario delle imprese. La proprietà e la gestione familiare, particolarmente diffuse nel Sud Europa, tendono a essere associate a pratiche manageriali di qualità inferiore rispetto alle società quotate o alle società controllate da fondi di private equity o da proprietari stranieri. In un ultimo esercizio dimostriamo che aumentare la presenza di multinazionali straniere potrebbe migliorare sostanzialmente la qualità delle pratiche manageriali nel Sud Europa, sia direttamente, perché le sussidiarie di multinazionali straniere sono ben gestite, sia indirettamente, poiché è dimostrato che le buone pratiche di un’azienda tendono a diffondersi localmente grazie alla mobilità manageriale.
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GUIDO DELLA VALLE
Egregio Professore,
condivido il suo articolo in toto. Io ne ho scritto un altro 2 anni fa sulla voce che individuava nelle imprese familiari col management in gran parte espressione della famiglia una delle concause dell’inadeguatezza del management.
Le darei però un altro spunto. Non può essere anche il sistema normativo, regolamentare un ostacolo all’adozione di nuove tecnologie volte ad aumentare la produttività?
1) è difficile ridurre il personale a fronte di efficientamenti organizzativi
2) innovare, adottare nuove tecnologie richiede la modifica di prassi amministrative consolidate, modifica resa spesso impossibile dall’arretratezza della PA, e da un interpretazione molto formalista delle norme
3) innovare può comportare dei rischi e presunti tali, per cui un management volto a preservare se stesso ed i suoi rischi ritarda l’adozione di nuove tecnologie se queste lo espongono a rischi (pensi al conducente singolo sui treni di cui i sistemi di sicurezza garantiscono oggi arresto immediato in caso di malore del macchinista unico contro cui si scagliarono i sindacati alla luce di rischi del tutto presunti).
Molto cordialmente,
Guido
emilio
Analisi molto interessante. Trovo tuttavia poco giustificate e tutto sommato non basate su dati effettivi la chiosa finale in cui tutto il mancato guadagno da pratiche manageriali non attente all’IT viene addebitato al solito familismo delle aziende meridionali. Mi sembra un pre-concetto che andrebbe invece meglio dimostrato. Non sono affatto sicuro della questione invece la causa profonda non può essere molto più facilmente: che il “mercato” italiano in particolare al SUD non riesce a premiare adeguatamente le aziende che “lavorano meglio”? siano esse per pratiche manageriali, IT od altro? non è una spiegazione molto più plausibile? d’altra parte alcune aziende ad impronta familiare come ad es. Mediaset non sono molto meglio sviluppate di tante altre?
Paolo Ottomano
Nemmeno io sono convinto che le aziende meridionali siano gestite peggio a prescindere, e vanno anche considerate le condizioni in cui sono costrette a operare (e non è colpa loro): meno infrastrutture, meno finanziamenti. Ho un’esperienza lavorativa molto limitata, essendomi laureato solo 5 anni fa, ma nelle aziende in cui ho lavorato (stage, progetto, tempo determinato) raramente i manager sapevano cosa fare e/o riuscivano a delegare a persone competenti, che pure pagavano per lavorare. Ed erano tutte aziende di Milano e provincia, anche internazionali. Questo vuol dire, purtroppo, che si può fatturare (e non poco) anche con una gestione non troppo buona, senza neanche saper usare un programma di videoscrittura o conoscere l’utilità di un back-up. Figuriamoci adottare strutture IT “complesse”…
Luigi Calabrone
In questo articolo, a proposito della scarsa produttività delle imprese italiane, si parla, con linguaggio troppo accademico, di “management inadeguato”: Concordo, ma, a mio parere, questa espressione, a sua volta, è inadeguata, se non si dice anche, più chiaramente, che, numericamente, in Italia, prevalgono le aziende piccolissime, per es. da 1 a 10 persone. L’imprenditore, a sua volta, ha un livello di istruzione formale molto basso. Come si può pensare che in questa situazione, qualsiasi applicazione informatica possa aumentare la produttività? Mancano i presupposti, in primo luogo dimensionali e in secondo luogo culturali. E’ lo stesso motivo per cui in questo tipo di aziende non vengono impiegati laureati. Così l’Italia ristagna, con un circolo vizioso difficile da rompere.
GUIDO DELLA VALLE
Per il signor Emilio
https://www.lavoce.info/archives/42070/se-lazienda-e-solo-una-questione-di-famiglia/
la chiosa finale è ben supportata da dati oggettivi.
Quanto alla circostanza che il mercato italiano non premia le aziende che lavorano meglio, questo è ovvio. La concorrenza premia le aziende che lavorano meglio, ma in Italia la concorrenza è ingessata da rendite di posizione, scarsa contendibilità,, avversione ad accettare nuove prassi organizzative e la conseguenza ultima della concorrenza: che le aziende mal gestite scompaiano per far posto a quelle più efficienti
umberto
negli stessi anni è possibile capire quale % del pil era generata dallo stato ?
Oggi mi sembra sia del 75%.
Renato Chahinian
Concordo pienamente con i risultati di questa importante analisi, in quanto ritengo che la qualità imprenditoriale sia quella che fa la differenza, sia per l’adozione di nuove tecnologie, sia per una loro applicazione efficiente ed efficace con esiti positivi proprio nella produttività. Sono meno d’accordo sul rimedio esclusivo delle multinazionali: anche se è indubbio ipotizzare la competenza dei loro manager, si può notare che il valore aggiunto di tali aziende va in buona parte altrove (solo i redditi di lavoro rimangono generalmente nell’area) e che gli obiettivi dei manager sono orientati ad una produttività di gruppo che causa spesso dismissioni dolorose ed improvvise nei tessuti economici locali, non appena sorgano nuove opportunità altrove.
In realtà, a mio giudizio, la strada maestra è la più faticosa: una forte promozione pubblica e privata (a diversi livelli) della formazione necessaria a capire la validità e la convenienza delle strategie innovative. Quando si è compreso questo, le competenze tecniche si trovano, anche perchè esiste un mondo variegato della consulenza che è sottoutilizzato proprio per la scarsa sensibilità manageriale verso l’innovazione.