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Effetto Greta sulle banche centrali

La svolta verde, annunciata dalla Bce, fa parte di una tendenza in atto a livello internazionale, con alcune iniziative già in corso. Potrebbe cambiare per sempre il modo di gestire le riserve delle banche centrali e di fare politica monetaria.

Banche centrali e ambiente

Nella conferenza stampa del 23 gennaio, la presidente della BCE Christine Lagarde, ha annunciato che l’ambiente sarà d’ora in poi una delle preoccupazioni della Banca centrale europea: la sostenibilità ambientale farà parte degli elementi da considerare all’interno della revisione della strategia di politica monetaria appena avviata e destinata a concludersi entro la fine di quest’anno.

Si tratta di una svolta importante e positiva, che potrebbe portare significative novità. In realtà, da tempo è in corso una riflessione sulla necessità di includere la dimensione ambientale tra le variabili che le banche centrali dovrebbero tenere in considerazione. E alcune iniziative sono già state prese, anche se forse non sono molto note.

Ngfs (Network for Greening the Financial System) è un forum internazionale tra banche centrali, che lo scorso ottobre ha emanato una sorta di “Guida all’investimento sostenibile” rivolta alle banche centrali stesse. Parte dalla distinzione tra i diversi tipi di portafogli detenuti da queste istituzioni.

  • Policy portfolio: attività finanziarie, per la maggior parte titoli di debito pubblico, acquisite nel corso di asset purchase programs o altre operazioni di politica monetaria; riserve in valuta estera finalizzate a eventuali interventi sul mercato dei cambi.
  • Own portfolio: attività detenute come riserve e non vincolate agli scopi istituzionali. Possono includere anche azioni e titoli di debito privati.
  • Pension portfolio: attività ascrivibili ai fondi pensione.
  • Third party portfolio: attività detenute per conto di terzi, ad esempio i governi locali. Per l’Eurosistema, rientrano in questa categoria le riserve in valuta detenute dalle banche centrali nazionali.

La flessibilità nella gestione delle risorse finanziarie, e la possibilità di applicare criteri di sostenibilità, varia a seconda del tipo di riserve. È più elevata per l’own portfolio, mentre è più limitata negli altri casi. In particolare, il policy portfolio è funzione degli obiettivi macroeconomici della politica monetaria ed è soggetto al principio di market neutrality, che vincola la banca centrale ad acquistare titoli in proporzione alla composizione del market portfolio, al fine di limitare l’impatto distorsivo degli acquisti. L’applicazione di questo principio è particolarmente delicata nel caso dei green bonds, il cui mercato è ancora poco sviluppato, nonostante i progressi recenti, rispetto alle dimensioni degli acquisti fatti dalla Bce con il quantitative easing (Qe). Queste considerazioni trovano riscontro nella indagine condotta da Ngfs presso 27 banche centrali nel mondo: tutte dichiarano di applicare criteri Sri (social responsible investment) nella gestione dell’own portfolio, mentre le risposte relative agli altri portafogli sono assai più differenziate. Va anche detto che la maggior parte (60 per cento) si pone obiettivi riferibili genericamente ai criteri Esg (Environment, Social, Governance) mentre solo il 16 per cento ne ha alcuni legati specificamente ai cambiamenti climatici.

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La “svolta verde” della Banca d’Italia

Nel maggio 2019, la Banca d’Italia ha annunciato l’introduzione di criteri di sostenibilità nella sua strategia di investimento dei fondi propri (own portfolio), in particolare per gli investimenti in azioni emesse da società dell’area euro (inclusa l’Italia): si tratta di 8 miliardi (il 6 per cento degli investimenti finanziari in euro della nostra banca centrale) investiti in circa 140 società quotate. Le strategie di sostenibilità utilizzate sono due. 1) Negative screening: esclusione di società emittenti che operano in settori controversi, quali il tabacco e la produzione di armi. 2) Best in class: le società che presentano migliori Esg-scores vengono sovra-pesate nel paniere di investimento, rispetto all’indice azionario utilizzato in precedenza.

La Banca d’Italia stima che, in seguito all’adozione dei nuovi criteri Esg, i portafogli azionari della banca migliorino significativamente la loro “impronta ambientale”, grazie a una riduzione delle emissioni totali di gas serra (-23 per cento), dei consumi di energia (-30 per cento) e di acqua (-17 per cento). Effetti positivi, seppure meno rilevanti, sono attesi anche sotto i profili sociali e di governance.

L’iniziativa della Banca d’Italia si inserisce in una tendenza che ha visto analoghe azioni intraprese dalle banche centrali di altri paesi europei, quali Francia, Olanda, Ungheria, Svizzera, Norvegia. Tanto che la Banca dei regolamenti internazionali ha lanciato un green bond fund: un fondo comune riservato alle banche centrali, i cui proventi sono investiti in green bonds.

Cosa può fare la Bce?

Compatibilmente con l’obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi, la politica monetaria della Bce – secondo il suo Statuto – deve contribuire al sostegno della crescita economica, definita come crescita sostenibile e rispettosa dell’ambiente nel Trattato Ue. Quindi c’è una base legale che autorizza la Bce a includere i fattori ambientali nella sua politica.

Ciò potrebbe essere realizzato modificando la composizione del paniere di titoli corporate acquistati con il Qe, sotto-pesando quelli emessi da imprese che operano in settori ad alta intensità di carbonio (ad esempio petrolio, gas e materie prime) e sovra-pesando altri emittenti che si caratterizzano per un minore consumo di carbonio (emissioni di CO2 per unità di fatturato). Analoghe variazioni potrebbero essere apportate agli haircuts applicati alle attività accettate come collaterale nelle operazioni convenzionali di politica monetaria, penalizzando i titoli a più alta intensità di carbonio. In tal modo, la Bce potrebbe contribuire a ridurre il costo del capitale per le imprese più virtuose sotto il profilo delle emissioni. D’altra parte, il maggiore costo del finanziamento potrebbe incentivare le imprese che operano in settori “brown” a fare investimenti per ridurre il loro impatto ambientale.

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Il Punto

  1. Henri Schmit

    Green bonds, social bonds, sustainable bonds (= Green and social blend) rappresentano oltre 250 miliardi di euro di cui la metà è quotata alla borsa di Lussemburgo, Lux Green Exchange LGX. La prima emissione è del … 2007, un Climate Awareness Bond emesso dalla BEI. Una parte di queste emissioni finisce in uno dei circa 3.000 European Responsible Investments Funds (categoria più ampia del Green o Social) di cui un terzo hanno sede al Lussemburgo (oltre 500 miliardi di AUM). Altre giurisdizioni europee importanti sono nell’ordine la Francia, la Svezia, i Paesi Bassi e l’Irlanda. Cf: bourse.lu, sustainable finance, Green bonds etc.

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