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Un’app che traccia i contagi come alternativa al lockdown?

Un’app messa a punto da ricercatori di Oxford e già in uso a Singapore permette di scoprire se si è entrati in contatto con una persona a cui è stato diagnosticato il Covid-19. Un sondaggio dimostra che agli italiani l’idea non sembra dispiacere.

Il 1° aprile il presidente del Consiglio Conte ha annunciato che le misure di restrizione alla circolazione saranno estese fino al 13 aprile, con conseguente chiusura di tutte le aziende in settori non strategici. Un team di ricerca di Oxford ha proposto una soluzione alternativa a questa severa misura di lockdown: l’epidemia da Covid-19 potrebbe essere tenuta sotto controllo tramite un’app per il tracciamento digitale dei contagi (Feretti & Wymant et al. 2020).
Una versione dell’app è già in uso a Singapore, mentre Germania e Regno Unito sono al lavoro per sviluppare dei prototipi funzionanti. Il 23 marzo il governo italiano ha lanciato un invito ad aziende e centri di ricerca a sviluppare soluzioni tecnologiche per arginare l’epidemia, inclusi software come l’app proposta dai ricercatori di Oxford.
Come funzionerebbe questa app? Al momento dell’installazione, a ogni utente viene assegnato un ID univoco. Via Bluetooth l’app registra con quali altri utenti si entra a stretto contatto, tramite dei token anonimi e crittograficamente sicuri. La prima fase è illustrata in Figura 1: Alice e Bob sono stati a stretto contatto (per esempio mentre erano in fila al supermercato) e quindi l’app ha registrato il loro incontro. Alice e Bob non possono assolutamente accedere ai token che sono crittografati localmente, in sottofondo.

Figura 1

Se a un utente viene diagnosticato il Covid-19, l’app – previo consenso – invia una notifica a tutti quelli il cui ID è registrato all’interno dell’app. In tal modo sarà possibile chiedere in tempi molto rapidi a queste persone di autoisolarsi e di sottoporsi al test, anche se asintomatiche, prevenendo così ulteriori contagi. Per esempio, se Alice sviluppa sintomi e risulta positiva al virus, l’app invia una notifica a Bob e lo mette in contatto con il servizio sanitario, come illustrato nella Figura 2. Se nessuno degli utenti con cui si è entrati in contatto risulta positivo, l’app mostra un messaggio di ok.

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Figura 2

In Italia esistono già app per monitorare la diffusione dell’epidemia, come AllertaLom lanciata da Regione Lombardia e SosItalia dell’Aidr. Queste app sostanzialmente monitorano i contagi chiedendo agli utenti di riportare su base giornaliera il proprio stato di salute. La differenza fondamentale tra queste app e quella immaginata dai ricercatori di Oxford è che le prime non prevedono il tracciamento digitale di coloro che sono entrati in contatto con utenti positivi al Covid-19, che è la chiave per arginare la diffusione del virus.
Condizione necessaria per l’efficacia del tracciamento è che il tasso di adozione sia sufficientemente alto. Per questa ragione il nostro gruppo di ricerca ha effettuato un sondaggio in Italia, Francia, Germania e Regno Unito tra il 20 e il 27 marzo per comprendere la posizione dell’opinione pubblica in merito. I potenziali utenti sarebbero disposti a scaricare l’applicazione? Per quali ragioni sono a favore o contro la diffusione del software? Il governo dovrebbe lasciare la facoltà di installare l’app ai cittadini (modalità di diffusione opt-in), o chiedere agli operatori telefonici di installarla automaticamente, lasciando poi agli utenti la facoltà di rimuoverla (modalità opt-out)?
Il primo risultato è che il gradimento per l’app è molto alto in Italia. Abbiamo chiesto agli intervistati di dichiarare la loro disponibilità a installarla, e l’85.6% ha risposto di sì (Figura 3). Inoltre abbiamo chiesto ai partecipanti di valutare tre scenari: la possibilità che qualcuno nelle loro comunità o nella loro cerchia di conoscenze personali risulti positivo e la possibilità che l’app venga usata come alternativa all’attuale lockdown. In tutti e tre i casi il gradimento cresce di circa dieci punti.

Figura 3

Le ragioni più spesso addotte in favore dell’app sono la maggiore protezione di famiglia e amici e il senso di responsabilità verso la comunità. Queste motivazioni non variano sulla base di caratteristiche demografiche, e sono in linea con quanto dichiarato negli altri Paesi intervistati. Le ragioni più diffuse a sfavore sono il timore che il governo possa utilizzare i dati per esercitare maggiore sorveglianza dopo la fine dell’epidemia e la paura di attacchi hacker (quest’ultima in particolare tra le persone dai 60 anni in su).
Infine circa tre quarti degli intervistati terrebbe l’app qualora fosse installata in automatico. Anche in questo caso la percentuale che ritiene che il governo debba implementare l’installazione opt-out cresce quando chiediamo agli intervistati di valutare gli scenari di contagio nella propria rete sociale, come in Figura 4. A differenza dei campioni in altri Paesi l’orientamento politico influenza le opinioni degli italiani: gli intervistati che sostengono partiti di governo valutano l’installazione opt-out più favorevolmente degli intervistati a sostegno dei partiti all’opposizione.

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Figura 4

Il dibattito su un’app per il tracciamento dei contagi non può prescindere da considerazioni epidemiologiche, etiche e legali, tutte essenziali perché si possano adottare politiche efficaci. Il nostro studio ha come proposito alimentare tale dibattito e fornire informazioni precise sulle preferenze dei potenziali utenti. Riteniamo che non si possa prescindere da queste ultime nel prendere una decisione corretta.

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Covid, cosa abbiamo imparato e cosa vorremmo sapere

  1. Francesco

    Temo che l’onnipresente burocrazia, il benaltrismo, la discussione fine a sé stessa, i timori per reazioni negative basate su un concetto di “privacy” (mentre i vari Google, FB, ecc. tutto sanno di noi), i timori di perdita di consenso da parte del proprio elettorato, ecc. porteranno la discussione alle Calende Greche e a un conseguente ulteriore danno in termini di vite perse ed economia asfissiata.

    • Massimo Demasi

      Secondo me, questa app può funzionare bene se tramite tampone sono identificati la maggior parte dei contagiati e se si fanno tamponi anche agli asintomatici che sono stati a contatto con persone contagiate. Questo è quanto è avvenuto in Corea del Sud. Da noi, dove si è arrivati a stimare che il numero dei contagiati potrebbe essere 10 volte (o addirittura 50 volte) maggiore rispetto ai casi rilevati con tampone e i tamponi non si fanno agli asintomatici, servirebbe davvero a poco.

  2. Bruno Ferrari

    Alla socialdemocrazia si rimproverava di voler guidare la nostra vita dalla nascita alla morte, ed era solo una banale socialdemocrazia, andata comunque a ramengo proprio come il socialismo cattivo.
    Adesso quello che ci si prospetta è una cosa degna del peggior nazifascismo, perché qualsiasi idea “pericolosa” per il potere diventa un virus pericoloso.
    L’alta percentuale di si alla proposta dice più di tutte le analisi sociologiche sullo stato della nostra salute mentale e politica.
    A chi come me lascia sistematicamente il cellulare a casa (sono vecchio e odio il telefono), metteranno il braccialetto come ad un criminale?

    • Aram Megighian

      Nazioni del Nord (scandinave) hanno messo in piedi, durante i governi socialdemocratici, dei sistemi di salute pubblica in cui ciascun cittadino ha la sua cartella clinica dalla nascita alla morte. La Danimarca fa scuola su questo e spesso le indagini epidemiologiche mondiali si basano su questi database.
      Nessuno ha sollevato mai problemi di privacy perchè la raccolta dei dati e i dati stessi sono fatti dallo Stato.
      Le recenti inchieste del NYT hanno invece messo in evidenza come i privati, tramite i social, google e i gps dei telefonini raccolgono e analizzano già i dati di spostamento della gente ideintificata tramite gli ID dei telefonini (sei anonimo…. ma con una targa identificativa).
      Le app proposte utilizzano anch’esse questi dati.
      Per cui quale è il problema di base ?
      1. Chi realmente raccoglie i dati ? Stato o privati ?
      2. Chi li immagazzina ? Stato o privati ?
      3. Chi li gestisce ? Stato o privati ?
      4. Chi li analizza ? Stato o privati ?
      Secondo me tutto dovrebbe essere fatto dallo Stato. In una democrazia ciò è garanzia di chi ha realmente in mano i miei dati e di chi ne è responsabile, formalmente e politicamente.
      Lasciare le cose in mano ai privati, con il ricorso a loro da parte dello Stato, con regole che spesso sono sfuggenti o che possono comunque presentare a posteriori delle falle, è quantomeno pericoloso.

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