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Il vertice europeo: il boomerang delle richieste irragionevoli

Giovedì i capi di governo europei si incontrano per discutere un piano di interventi. Attenti alle richieste irragionevoli: creano aspettative inevitabilmente deluse nella periferia europea, e risentimento negli altri paesi. La miscela perfetta per disintegrare l’Europa, non per unirla.

Giovedì i capi di governo europei si incontrano per discutere un piano di interventi. Quando si va a un tavolo negoziale, tipicamente si chiede 100 per avere 50, sapendo che è una cifra ragionevole, che gli altri sono disposti a concedere dopo qualche discussione. Ma se si chiede 1000 sperando di avere 500, l’unico effetto sarà di essere esclusi di fatto dai negoziati perché considerati un po’ matti.

L’errore di richieste irragionevoli

Questo purtroppo è quello che è accaduto all’Italia, che nell’Eurogruppo della settimana scorsa si è messa in un angolo da sola quando il presidente del Consiglio ha annunciato a tutta Europa “Eurobond per 1000 miliardi o niente”,  poi rincarando la dose con “del Mes non ce ne facciamo niente”. Il primo comandamento di un negoziato è mettersi nei panni dell’altro”. La Germania ha stanziato  236 miliardi di spesa per contrastare la recessione;  500 miliardi per moratorie sulle tasse; e almeno 1.000 miliardi per garanzie: in totale, oltre 1.700 miliardi. La Francia ha stanziato in totale circa 600 miliardi. È ragionevole chiedere loro di regalare, sotto varie forme, centinaia di miliardi ai paesi della periferia europea? Perché andare a un tavolo negoziale con proposte irragionevoli? Non ci guadagna nessuno e si creano solo aspettative che andranno inevitabilmente deluse nella popolazione della periferia, e risentimento in quella del Nord Europa. La miscela perfetta per disintegrare l’Europa, non per unirla.

Chi e quanto paga? Chi e quanto riceve? Gli Eurobond

Ma non è solo una questione di numeri. Quando si parla di interventi a livello sovranazionale si dovrebbero precisare almeno due aspetti: chi e quanto paga, chi e quanto riceve. Finora si è parlato più del primo aspetto che del secondo, ma entrambi sono cruciali. Ed entrambi sono quasi sempre molto vaghi.

Partiamo dagli Eurobond, con le loro innumerevoli varianti. Sono una cattiva idea per entrambi gli aspetti. Quasi nessuno lo dice in Italia, ma ciò che definisce gli Eurobond sono la responsabilità individuale e in solido (joint and several liability) dei paesi dell’Eurozona. Supponiamo che si emettano Eurobond per 100 euro, e che un paese faccia default per 10 euro. Quanto sarà chiamata a pagare la Germania? Credo che la risposta quasi unanime sia: la sua quota dei 10 euro, cioè circa 3 euro (Il Pil della Germania è circa il 30 percento di quello dell’Eurozona). Dopotutto, questo sembra essere una interpretazione ovvia del concetto di mutualizzazione. La risposta è errata. In teoria, la Germania, come uno qualsiasi degli altri paesi (e non sarà certo il Lussemburgo) può essere chiamata pagare gli interi 10 euro. Se la vedrà poi con gli altri paesi e cercherà di ottenere da ciascuno la loro quota dei 10 euro. Questo è ben più di una mutualizzazione del debito: è un rischio enorme.

Veniamo al secondo aspetto: chi riceve, e quanto? Non conosco una sola delle innumerevoli proposte di Eurobond che lo specifichi chiaramente. Ma è facile fare due conti. Se i paesi europei emettono Eurobond per 100 euro, e all’Italia vanno 15 euro (la sua quota nel Pil dell’Eurozona), l’unico vantaggio per l’Italia è che si indebiterà per 15 euro a un tasso leggermente inferiore a quello che pagherebbe indebitandosi da sola (ovviamente l’opposto vale per la Germania). Francamente non credo che i tantissimi che in Italia si battono per gli Eurobond abbiano solo questo in mente. Esplicitamente alcuni, implicitamente altri, chiedono per l’Italia ben più del 15 per cento dei 100 euro raccolti emettendo Eurobond.

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Mettiamoci dal punto di vista della Germania: una responsabilità potenzialmente indefinita in caso di default degli altri paesi, e una fetta di spesa ricevuta inferiore alla propria quota. Per qualsiasi politico tedesco è una impresa disperata venderlo ai propri elettori.

Economia, politica e solidarietà

Si dice spesso: voi economisti non capite, non è una questione di numeri, ma squisitamente politica. Gli Eurobond sarebbero l’espressione della solidarietà europea, senza la quale l’idea di Europa finisce. È esattamente il contrario: è chi propone gli Eurobond ad essere privo di realismo politico. E ammesso che si realizzino (il che non avverrà mai), lungi dal tener insieme l’Europa, gli Eurobond la spaccherebbero: alla prima occasione il risentimento degli elettori nord europeianche quelli moderati, esploderebbe, e sarebbe la fine dell’Eurozona.

Si dice anche che è nell’interesse degli altri paesi aiutare l’Italia con gli Eurobond (i famosi tulipani di Prodi): senza Eurobond l’Italia deve uscire dall’Euro, e il danno agli altri paesi sarebbe maggiore della spesa per aiutare l’Italia.  Questa è una questione empirica su cui si può speculare all’infinito. Ma è utile partire da una domanda: è plausibile che da venti anni i tedeschi si rifiutino di fare una cosa che è così ovviamente nel loro interesse?

Gli Eurobond sono un pasticcio economico e giuridico, che genererebbe solo confusione, litigi e recriminazioni. Se si vuole affermare la solidarietà europea, si dica chiaramente quanto dà e quanto riceve ogni paese. E magari tenendo presente che nessuno mai ci regalerà 200 miliardi. Sarebbe bello, ma non succederà.

Il Mes: più chiarezza, meno vantaggi

In questo senso il Mes è molto meglio. Specifica chiaramente quanto ciascun paese prende a prestito, e quanto gli altri paesi sono chiamati a pagare in caso di default di un paese che ha preso a prestito. Inoltre ogni paese che prende a prestito ha già messo un pegno: il Mes ha un capitale versato di 80 miliardi, di cui 14 versati dall’Italia. In caso di default, l’Italia li perderebbe: questo è un notevole deterrente, su 40 miliardi di prestito.

Ma proprio perché i conti sono più precisi, l’Italia ha molto meno da guadagnare: l’unico vantaggio del Mes è un tasso di interesse più basso di quello che l’Italia pagherebbe sul proprio debito. Diciamo, per essere ottimisti, una riduzione di 1,5 punti percentuali a dieci anni: su 40 miliardi, un risparmio annuale sugli interessi di 600 milioni.

Ma per come si è messo il dibattito in Italia, un prestito del Mes quasi certamente causerebbe la caduta del governo. Non solo, ma i sovranisti di vari colori ne hanno fatto il loro cavallo di battaglia principale (anche se per motivi completamente sbagliati come spiego qui): un prestito del Mes offrirebbe loro su un piatto d’argento una facile campagna social contro “i traditori della patria”, che troverebbe terreno fertilissimo perché è molto facile offrire una visione completamente distorta di uno strumento abbastanza tecnico come il Mes. Tanto più che, quando la Lega e Fratelli d’Italia andranno al governo, lo vorranno rinegoziare o addirittura  disconoscere. Allora sì sarà la fine dell’Eurozona. Insomma, il Mes non è da scartare ma non sarà rose e fiori: anzi, ha un prezzo molto alto per risparmiare 600 milioni.

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Il pasticcio del Recovery Fund

Il Recovery Fund, che sarà al centro della discussione del vertice, è sempre stato un concetto molto fumoso, e questo non è sorprendente: non deve comportare una mutualizzazione del debito, ma deve aiutare i paesi della periferia. Difficile quadrare il cerchio. La proposta spagnola che circola in queste ore sembra essere, se possibile, un pasticcio peggiore degli Eurobond, a cominciare dall’ammontare: 1.500 miliardi. Nessuna meraviglia che l’Italia l’appoggi.

Chi paga e quanto?  La proposta parla di un debito senza scadenza (una consol) in capo alla Ue, che quindi non aumenta il debito dei singoli paesi. L’unico modo per realizzare questo è che si impieghino le risorse della Ue per pagare gli interessi (essendo un debito senza scadenza non va mai ripagato): infatti la proposta parla di utilizzare nuove tasse europee e i contributi alle Ue. Ma anche in questo caso un paese può fare default: basta rifiutarsi di pagare i propri contributi alla Ue. Nel clima attuale non c’è niente di più politicamente popolare (la Gran Bretagna docet).

Difficile immaginare (ma non c’è da stupirsi di niente) che qualcuno proponga davvero un tasso di interesse pari a zero, come sostiene un tweet entusiasta della viceministra dell’Economia Laura Castelli. Quanto sarebbe disposta a pagare la ministra Castelli per una consol che non dà interessi? La invito a riflettere bene prima di rispondere qualsiasi cifra diversa da zero. Una consol a tasso zero è equivalente alla moneta, eccetto che sarebbe meno liquida e poco utilizzabile (dato il taglio minimo, difficile utilizzarla per comprare il giornale, o anche l’automobile). E non essendo emessa dalla Bce, non sarebbe a corso legale…

Chi riceve e quanto? La proposta parla di utilizzare i proventi dell’emissione per fare trasferimenti fondo perduto (cioè dei regali) in base a  parametri da specificare esattamente. Anche qui, è chiaro che l’intento è di convogliare più risorse ai paesi periferici: se ogni paese riceve quanto dà, tanto vale che ognuno faccia da sé. E su 1500 miliardi, differenze percentuali di poco tra il dare e l’avere significano tanti soldi che la Germania regala alla Spagna e all’Italia.

La conclusione è sempre la stessa: richieste irragionevoli creano aspettative irragionevoli nella periferia, e risentimento nel Nord Europa. La miscela perfetta per disintegrare l’Europa, non per unirla.

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30 commenti

  1. Umberto

    La lettura dell’articolo fa concludere che l’autore non reputi alcuno degli strumenti citati realizzabile e nemmeno auspicabile. Al fine di favorire la comprensione e la discussione, gli chiederei a questo punto di indicare se esista, fra le tante proposte emerse in questo periodo, un’idea a suo avviso perseguibile, o quale sia in ogni caso la sua proposta.

    • Le solite chiacchiere su Weimar e Zimbabwe. Monetizzare deficit per cifre enormi è quello che stanno facendo USA UK Giappone e tutti i paesi che usano la propria moneta, in pratica tutto il mondo al di fuori dell’eurozona. L’euro è un esperimento fallito per motivi che erano evidentissimi prima che iniziasse. Li avevano spiegati Kaldor, Meade, Friedman, Dornbusch, Godley e tanti altri, con chiarezza adamantina. Per quanto tempo ancora vogliamo continuare a devastare la nostra economia e la nostra società ? quanto male vogliamo ancora autoinfliggerci ?

  2. Bravo il Perotti. Buona parte delle cose che scrive sarebbero anche condivisibili. MA QUINDI ? l’Italia deve immettere CENTINAIA DI MILIARDI nell’economia per evitarne il collasso. L’architettura dell’euro lo impedisce ? l’architettura dell’euro non può reggere. Questo è il discorso di realtà che gli euristi non fanno.

    • Amegighi

      E l’alternativa sarebbe battere moneta propria a go gò, fare un deficit monstre e spiattellare tutto sulle spalle dei risparmiatori italiani con un bel default ? Sbaglio o è qualcosa di già visto a Weimar e più recentemente in Zimbabwe ?
      Io posso anche ascoltare certe proposte, ma che abbiano un fondamento di verità avendo il coraggio di dire che pagheranno, in pieno, gli italiani onesti. Cioè quelli che hanno messo via i risparmi di una vita. Pagheremo anche con l’Euro ? Può essere, ma almeno abbiamo la possibilità che qualcuno ci possa in qualche modo tutelare (la BCE) e che i nostri risparmi siano garantiti in una moneta non Zimbabwiana.

  3. Savino

    L’Italia con l’acqua alla gola e piena di debiti ha pure la balzana idea di chiedere aiuto alle sue condizioni. Tedeschi e olandesi sono legittimati a chiederci “ma voi affrontate sempre le emergenze in deficit e in debito?”. Ma una seria lotta all’evasione, una vera rivisitazione delle spese degli Enti della Repubblica (a cominciare dalla mangiatoia dei manager sanitari, che, come si vede, non hanno raggiunto nessun obiettivo) e una patrimoiniale quando si fanno?

  4. Pierluigi Zampino

    ma iniziare a monetizzare il debito e cambiare il TFUE no? Proprio non vi piace…. in una situazione del genere avrebbe anche meno controindicazioni in termini inflazionistici (almeno nel breve). è il momento che la BCE faccia davvero la banca centrale…..

  5. Henri Schmit

    Condivido la critica, ma non voglio rassegnarmi. Il dibattito in Italia ha preso sin dall’inizio una brutta piega. Tutto è frutto di una miscela pericolosa fra ignoranza e cinismo. Quello che il prof. Perotti chiama un problema politico (da risolvere dai politici, da discutere in pubblico) è in realtà un problema costituzionale, di sovranità e di responsabilità fiscale-patrimoniale dei cittadini. Gli euro-bond sono una proposta assurda che permetterebbe agli elettori di un paese di decidere come a proprio vantaggio mettere a repentaglio il benessere (e in ultima analisi il patrimonio) degli elettori-contribuenti degli altri paesi. Con o senza epidemia e recovery fund, non se ne viene fuori senza politiche fiscali coordinate. Gli altri paesi da anni convergono, mentre l’Italia diverge. Le conseguenze di politiche comuni sono solo in apparenza simmetriche: a ben vedere solo i paesi incoerenti, instabili, inefficienti e divergenti, non quelli virtuosi e convergenti, ci rimettono della loro sovranità fiscale. La situazione è la stessa di prima dell’epidemia: o l’Italia fa riforme (amministrative, giudiziarie e) fiscali o sarà sempre più in difficoltà di sostenere il proprio debito con la propria politica fiscale) e prima o poi si troverà davanti all’alternativa fra Troika e Italeurexit. Il problema è che non esiste un piano (un’ideologia condivisa) di riforma fiscale. E come voteranno gli elettori al prossimo turno, per la flat tax o per l’inesistente alternativa?

  6. PaoloM88

    Sarebbe interessante se l’autore chiarisse qual è la sua idea di Europa unita e quale significato attribuisce alla parola unità. Ma veramente è pensabile che si possa continuare a tirare a campare in questo modo? Certo se non si decide mai nulla, non si corre il rischio di scontentare nessuno. Tutti i Paesi possono dire ogni volta di aver vinto e di aver compiuto un altro passo, piccolo ma importante, nella giusta direzione. Il problema è che questa pantomima gattopardesca non può durare all’infinito. Prima o poi infatti si dovrà dare una risposta alla domanda che l’autore abilmente elude: perché i tedeschi si rifiutano di fare una cosa che è così ovviamente nel loro interesse? La risposta, altrettanto ovvia, è che non è nel loro interesse. I tedeschi vivono oggi nel migliore dei mondi possibili. Grazie all’euro infatti evitano il danno che la rivalutazione del marco causerebbe alle esportazioni ma al contempo non attuano alcun trasferimento verso i paesi più deboli. Cosa accadrebbe se l’euro si disintegrasse? Il marco si rivaluterebbe e la competitività dei prodotti tedeschi diminuirebbe ma i politici tedeschi potrebbero vantarsi con i loro elettori di essersi finalmente liberati dei continui piagnistei dei Paesi del Sud e di non aver utilizzato neanche un centesimo del contribuente per mantenere dei fannulloni che spendono i soldi in alcol e donne. Insomma per i tedeschi l’Euro è un gioco a somma positiva oppure, nel peggiore dei casi, a somma zero. Difficile dargli torto!

    • bob

      L’ idea di Europa Unita è frutto di grandi politici e intellettuali che con l’onestà, la volontà e la veduta visionario dopo il disastro immane di 2 guerre mondiali. Alla luce dell’ attuale situazione, mi viene anche da pensare che Adenaur, Altiero Spinelli, De Gasperi etc avessero già immaginato un suddivisone geo-politica in Grandi blocchi dove a fronte di realtà geografiche immense ( Cina, Russia, USA etc) una Europa- spezzatino non avrebbe contato nulla. La domanda spontanea è: vedete voi uomini di quel calibro? Io vedo solo venditori di pop corn, non solo, la cosa che deprime che non ci sia un intellettuale degno di questo nome

  7. Marcello Romagnoli

    Perché la UE dovrebbe darci 1000 Minardi…
    1) Noi i soldi alla Germania e Francia via Grecia per le loro banche glieli abbiamo dati.
    2) perché i paesi del nord senza quelli del Sud avrebbero un euro più valutato e quindi meno esportazioni.
    3) perché se l’Italia avesse una sua moneta sarebbe più competitiva sugli stessi mercati tedeschi.
    4) perché con moneta sovrana potremmo investire su porti e infrastrutture e ridurre il lavoro per quello di Rotterdam.

    Posso continuare……Ad libidum

    • Rainbow

      Concordo con quanto lei dice,specialmente sulla incoerenza delle politiche(sul perchè di questa incoerenza ci sarebbe molto da scrivere). Sulla tassazione concordo con quanto lei dice che,più che un problema di tasse alte (nel 2018 la pressione fiscale Italiana è sostanzialmente la stessa della Germania,al 41.5% del Pil,e ci sono altri 7 Paesi con tasse più alte rispetto all’Italia nella zona UE) c’è un problema di tasse sproporzionate che colpiscono molto i fattori della produzione,e poco le rendite; poi c’è il mai risolto problema della evasione fiscale che ci portiamo dietro da almeno 40 anni,e che ha concausato i deficit primari degli anni 80′.

  8. Henri Schmit

    Nell’UE c’è un rischio di squilibrio creato dalla moneta comune (scelta liberamente da tutti i partecipanti per gli enormi vantaggi che essa procura ai meno performanti) -da non confondere con il mercato unico che ne è una premessa- e politiche fiscali decise nazionalmente. Questa costruzione suppone non tanto la concorrenza (=mercato unico), quanto la CONVERGENZAdelle poli che economiche e fiscali, assunta dai fondatori come conseguenza meccanica, inevitabile. Non hanno fatto i conti con la possibilità di forze anti-europee -o semplicemente demagogiche, irresponsabili- che remano contro, divergendo e sfidando l’intera costruzione. Solo un discorso pubblico (=politici e esperti!) lucido, veritiero e responsabile può portare l’Italia su un percorso vincente. L’ignoranza e il disprezzo per la realtà costituzionale (chi decide in ultima istanza?) e fattuale (quali sono le posizioni dei partner, quali le reazioni degli altri e dei mercati) ha cacciato il paese in una posizione senza via di uscita onorevole. L’articolo documenta questa situazione. L’Italia subirà le decisioni (coerenti, conformi e sostenibili) degli altri fin quando non prevarrà l’impostazione del discorso pubblico e delle misure da prendere in un’ottica realistica e responsabile.

    • Rainbow

      Quali sarebbero le misure da prendere responsabili e coerenti:avanzi primari annuali al 5% del Pil che vorrebbero dire 10 anni di austerita’espansiva? Unici in Europa ,abbiamo gia alle spalle 27 anni di avanzi primari che hanno portato la spesa di scopo (Sanita’,Scuola,Investimenti,persino Pubblica amministrazione) al di sotto del prelievo fiscale. Questa cosiddetta “austerita’espansiva” che piace tanto agli Economisti mainstream ha comportato la compressione della spesa di scopo,ed ha massacrato la Domanda Aggregata (investimenti -30% rispetto al 2009),riducendo la crescita del Pil che ha ulteriormente alzato il rapporto Debito/Pil! Non vogliamo proprio capirlo che bisognerebbe cambiare impostazione?

      • Henri Schmit

        Dopo la domanda retorica dell’incipit, fa un elenco di alcuni settori in cui il paese ha cambiato politica radicalmente almeno cinque volte in 25 anni, spendendo non abbastanza, ma male, sprecando per mancanza di costanza, e senz’altro anche per il vizio dei redditi collaterali, inutili, a volte occulti, e termina il suo intervento ripetendo tutto sommato il mio augurio, cambiandone forse il significato. Rispondo alla domanda iniziale, anche se retorica: bisogna definire, mantenere per 20 anni e applicare una politica coerente e convergente in tre ambiti (in ordine di importanza crescente), la giustizia (funzionamento e regole), la PA (funzionamento) e soprattutto la fiscalalità (semplicità, equità, progressività PF, abbassamento PG/imprese, neutralità per i redditi finanziari e per la proprietà immobiliare, i.e. tassare la prima casa, con una franchigia per numero di famigliari a carico). Dopo 30 anni di chiacchiere non esiste alcun programma convincente in nessuno dei tre settori, tanto meno un consenso, solo idee isolate e tanti slogan vuoti (e.g. la flat tax, celebrata anche su questo forum).

  9. emilio

    Grazie prof. Perotti lei è uno dei pochi che ha avuto l’ardire di specificare un po’ meglio le cose di cui si parla. Osservo che riguardo agli eurobond al di la dei tanti schemi possibili da un lato lei sopravvaluta che come scrive la germania sia obbligata a coprire l’eventuale insolvenza di uno degli altri paesi (cosa che sappiamo romperebbe l’europa e l’euro di per se..) ci sono tanti schemi che si possono evitare per questo. Infine lei sottovaluta la differenza di emettere debito pubblico al 2% (italia) rispetto a -0,50% (germania) facciamo i conti in 10 anni la differenza è veramente elevata e forse il gioco vale la candela…

  10. zipperle

    Concordo pienamente con quanto scritto dal Prof. Perotti, aggiungendo alla sua proposta su voxeu.org la questione della sovranità fiscale. Se effettivamente si vuole un’Europa unita, solidale, ecc. allora bisogna pensare di cedere sovranità fiscale a livello nazionale e quindi dotare di fiscal capacity un’entità che andrebbe ad emettere un debito comune, da utilizzare per gestire la politica fiscale comune per ragioni ordinarie e straordinarie (come quelle attuali ad esempio). Chi comprerebbe tale debito sa che a fronte di esso ci sarebbe la capacità di raccogliere imposte a livello comunoitario e chiederebbe un premio al rischio di credito in funzione di tale capacità. Naturalmente, questa non è una soluzione da perseguire in una situazione di emergenza come quella attuale, ma se non la si mette nel mirino e ci si lavora nella buona e nella cattiva sorte allora sono solo chiacchere quelle sull’Europa unita e solidale.

  11. zipperle

    chiedo scusa: correggo l’ultima mia frase del mio commento perché male espressa
    Naturalmente, questa non è una soluzione da perseguire in una situazione di emergenza come quella attuale, ma se non la si mette nel mirino e ci si lavora nella buona e nella cattiva sorte allora le istanze sull’Europa unita e solidale sono solo chiacchere.

  12. La semplicità dei giapponesi, i titoli acquistati dalla loro banca centrale sono stati cancellati, in questo modo da un rapporto D/P del 240% sono arrivati a 140%.

  13. La monetizzazione pro quota del debito non è vietata dal trattato; trattasi di uno strumento di politica monetaria espansiva che potrà essere utilizzato dalla BCE per raggiungere i suoi obiettivi; la BCE deve aumentare la base monetaria, l’ultimo comunicato dell’Eurostat, ha rilevato la diminuzione dell’inflazione dal 1,2% allo 0,7%; nonostante il nuovo QE, abbiamo che si va verso la deflazione, siamo ben lontani dal 2% di inflazione che dovrebbe essere garantito, almeno tendenzialmente, dalla BCE.
    La BCE non può subire l’influenza delle istituzioni europee.
    Per garantire la stabilità dei prezzi e quindi della moneta, alla BCE dovrebbe essere tutto permesso, ad eccezione di ciò che è espressamente vietato.
    Nel raggiungimento della stabilità dei prezzi, la BCE deve anche rispettare i principi di cui all’art. 119 del TFUE (principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza).
    L’art. 123, per il rispetto del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, e per non compromettere il buon funzionamento dell’unione economica e monetaria (art.121, c.), vieta l’acquisto diretto dei titoli di debito degli stati membri da parte della BCE e delle BCN.
    Nel nostro caso, la monetizzazione si attua con titoli già acquistati con i precedenti QE; la cancellazione dei titoli verrà realizzata in proporzione alla partecipazione di ogni stato alla BCE, quindi non vi sarà nessun privilegio esclusivo per un singolo stato membro, tutti beneficeranno di tale manovra di politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali, non verranno violati i citati principi europei.

  14. umberto scaccabarozzi

    Il 9 maggio prossimo sarà l’inaugurazione della Conferenza sul futuro dell’Europa,coincide con il 70° anniversario della Dichiarazione Schuman il cui fondamento era l’impegno finalizzato a conseguire la Federazione europea.I federalisti auspicano che una avanguardia,non gli stati scandinavi e alcuni stati europei orientali,lotti a sostegno del la fondazione dell’Europa federale,sovrana,democratica e solidale.

    • LUCIANO PALLINI

      ho riletto la dichiarazione Schuman. Non riesco a trovare il passaggio in cui esprime l’impegno verso la Federazione europea, che è istituo ben chiaro e definito. Mi può aiutare atrovarle il passaggio?

    • Henri Schmit

      Poco importa la definizione dell’obiettivo del progetto europeo e il calendario per raggiungerlo, è l’Italia l’ostacolo che rallenta e rischia di bloccare la sua realizzazione. Lo dico senza intenzione malevola, ma, al contrario, per insistere sulla crescente divergenza dell’Italia rispetto a coloro che hanno capito e agiscono di conseguenza. Servirebbero governi coraggiosi e coerenti che per uno, due decenni riformino il paese sempre nella stessa direzione (come più o meno accade altrove). Con tutta la ricchezza naturale, culturale, umana, privata, l’Italia è un’immensa potenziale inespresso, sprecato.

  15. umberto scaccabarozzi

    ” Questa proposta….costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantemimento della pace…..” dal Testo integrale della dichiarazione Schuman -9 maggio 1950

  16. L’ aumento ingente del deficit e del debito pubblico di Germania e altri paesi dell’ Eurozona aiutano l’ Italia in due modi: l’ aumento della domanda aggregata si traduce in parte in un aumento della domanda per le nostre esportazioni e l’ aumento del debito in un aumento degli acquisti possibili del nostro debito da parte della BCE senza violare la Key. Questo è già qualcosa di cui tenere conto. Più gli altri spendono e fanno deficit, tanto meglio per noi nelle circostanze presenti.

  17. Giuseppe Cusin

    A mio avviso, l’articolo mostra come sia poco convincente pensare di affrontare una crisi economica come quella che stiamo vivendo, chiedendo aiuti consistenti agli altri paesi dell’UE. Non sarebbe meglio che l’Italia pensasse a darsi da fare subito, senza aspettare aiuti, spiegando agli italiani che uscire dalla crisi porterà sacrifici per tutti i cittadini? Il debito pubblico è destinato ad aumentare, ma se l’Italia mostrasse di voler risolvere con decisione i propri problemi, accettando sacrifici notevoli, ne trarrebbe solo vantaggi. Sarebbe costretta ad intervenire sui grandi problemi dell’economia italiana: evasione fiscale, corruzione, istruzione, sanità, infrastrutture, protezione del territorio, disuguaglianze, e cosi via. Per le risorse necessarie, una imposta ordinaria del 3 per mille sulla ricchezza, aumentata al 5 per mille per il 10 per cento delle famiglie più ricche, che possiedono il 44 per cento della ricchezza totale, darebbe un buon gettito senza impoverire nessuno e mostrerebbe un impegno serio a tenere sotto controllo il debito pubblico. Come conseguenza lo spread diminuirebbe (ora il tasso d’interesse per titoli decennali è quasi zero nei mercati internazionali), eliminando così una delle cause principali dell’aumento del debito pubblico.

  18. Henri Schmit

    Ho riletto tutti gli articoli (e commenti) sulle proposte di risorse finanziarie europee per il rilancio economico, a partire dal pezzo di Giavazzi e Tabellini pubblicato il 23 marzo. Ho criticato più o meno tutti, sempre con gli stessi argomenti: il problema non è il costo (interessi bassi sul debito solidale, o più alti su perpetuals), né la solidarietà (dare di più a chi è rimasto indietro), ma LE CONDIZIONI, la convergenza delle politiche fiscali nazionali, la quale dovrà essere imposta a governi incapaci o recalcitranti; questi avranno la scelta fra seguire le condizioni decise insieme o uscire dall’euro-sistema (Grecia, 2015). Le condizioni comuni incidono in modo asimmetrico: ai paesi già convergenti o virtuosi non fa alcuna differenza, mentre nei paesi divergenti e non competitivi saranno risentite come un’imposizione. La destra sovranista giocherà su questo aspetto. I veri europeisti dovevano dire la verità dal principio. Se gli elettori capissero, voterebbero per le imposizioni europee e contro i loro politici “eletti”. L’unico articolo che non ho criticato è stato quello del prof. Perotti, benché nemmeno lui abbia menzionato il criterio più importante, quello delle condizioni comuni valide per tutte le soluzioni immaginate, tranne per gli eurobond, scartate come uno slogan assurdo. Nessuno finora ha corretto questa dimenticanza collettiva. Vi insiste – oltre il sottoscritto da fine marzo – anche Silvia Merler nei suoi tweet degli ultimi giorni di maggio.

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