Qual è l’impatto sulla crescita delle riforme strutturali? È il tema di un recente Working Paper del Fondo monetario internazionale dedicato al caso Italia. Vi sono riportati risultati promettenti. Accompagnati, però, da un ammonimento: le riforme vanno attuate e poi rafforzate con tempestività.
IL CASO ITALIA
L’andamento economico dell’Italia non è stato al passo con quello degli altri paesi. Nell’ultimo decennio ha avuto una crescita media inferiore allo 0,5 per cento, mentre nell’UE15 ha superato l’1 per cento e nei Paesi del G7 l’1,25 per cento; anche la crescita della produttività totale dei fattori è stata negativa. Le stime indicano che negli anni recenti la crescita potenziale si è fermata o è addirittura diventata negativa. La debole performance è stata attribuita a vari fattori strutturali tra cui la concorrenza limitata nei mercati dei prodotti, specialmente nei settori non-commerciabili, un contesto difficoltoso e varie restrizioni per lo sviluppo delle aziende e la specializzazione nei settori a bassa qualificazione. Dualismo, bassa partecipazione al mercato del lavoro e bassi livelli di istruzione scolastica deprimono il mercato del lavoro, mentre l’elevata pressione fiscale, le inefficienze presenti nel settore pubblico, l’evasione fiscale e il sistema giudiziario lento aggiungono ulteriori costi a carico dell’economia. Alcuni esempi di effetti macroeconomici sono particolarmente significativi. In Italia le tariffe dell’energia elettrica superano del 50 per cento la media europea, specialmente per quanto concerne gli utenti industriali. Negli ultimi anni le tariffe delle utility sono aumentate 2-3 volte di più rispetto a quelle degli altri paesi della zona euro, specialmente nei settori non soggetti a una regolamentazione indipendente. Nel mercato del lavoro le persone di 15-24 anni hanno una possibilità leggermente superiore al 20 per cento di trovare un posto di lavoro, mentre nella zona euro la percentuale supera il 35 per cento, e per le donne di età compresa tra i 40 e i 64 anni la probabilità di rimanere inattive si avvicina al 50 per cento.
L’IMPATTO DELLE RIFORME
Ampie riforme strutturali sono state messe in atto, di recente, in tali ambiti. Le riforme introdotte nel 2011-12 nel mercato dei prodotti sono ampie e mirano a liberalizzare l’attività economica, a potenziare la concorrenza, a eliminare le normative inutili e a rafforzare il quadro applicativo in termini di concorrenza e norme. La riforma approvata nel giugno 20121 mira a rendere più dinamico e inclusivo il mercato del lavoro.
Per valutare l’impatto potenziale di tale riforme, il documento esamina in primo luogo uno scenario a “benchmark”, in cui sono presenti i tipi di riforme del mercato dei prodotti e del lavoro introdotti di recente in Italia. (1) Vengono prese in considerazione (i) le riforme del mercato dei prodotti che mirano ad aumentare la concorrenza e la produttività specialmente nei settori non-commerciabili riducendo le barriere di ingresso e uscita, eliminando le restrizioni alle attività economiche e abbassando i costi a carico delle aziende, e (ii) le riforme del mercato del lavoro che aumentano l’efficienza abbassando i costi di adattamento (alleviando la tutela del posto di lavoro) e migliorando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (politiche di attivazione) e promuovono la partecipazione femminile al mercato del lavoro (assistenza figli). Il documento si avvale del modello Dsge microfondato multiregionale del Fondo monetario internazionale, Global Integrated Monetary and Fiscal Model (vedere l’allegato al documento).
L’ipotesi chiave è la misura in cui le riforme specifiche possono tradursi in cambiamenti significativi nei parametri strutturali che esercitano un effetto sull’economia come, ad esempio, i markup applicati dalle aziende sui propri costi (usati come proxy per la competitività tra le aziende), la produttività e l’offerta di lavoro dei nuclei familiari. A tale scopo ci si avvale dell’approccio “distanza dalla frontiera” che si basa sul presupposto che le riforme possano eliminare circa la metà del gap tra la situazione attuale in Italia e una misura da frontiera – la media del resto della zona euro per il mercato dei prodotti e la media della frontiera Ocse per il mercato del lavoro – nell’arco di cinque anni (per maggiori dettagli si rimanda alla tabella 1). (2) Potrebbe essere un’ipotesi ambiziosa, specialmente per quanto riguarda le riforme del mercato dei prodotti, a causa dei problemi strutturali profondamente radicati. Ciononostante, la nostra valutazione intende esaminare l’impatto delle politiche che l’Italia avrebbe bisogno di attuare per affrontare proprio tali problemi. Siamo, inoltre, consapevoli del fatto che le misure previste dalle riforme richiedono del tempo per acquisire totale credibilità agli occhi delle aziende e dei privati, e questo ne rallenterà i risultati nel breve termine.
Le riforme strutturali possono avere un impatto considerevole sul Pil, come si evince anche da altri studi. Nello scenario dei benchmark, il Pil effettivo aumenta del 5,7 per cento dopo cinque anni e del 10,5 per cento nel lungo termine. Le riforme a maggiore impatto sarebbero quelle che incidono sulla competitività dei settori non-commerciabili, data la presunta considerevole riduzione dei markup.
Le riforme del mercato del lavoro avrebbero un impatto più moderato a causa, in parte, del gap che risulta relativamente più contenuto rispetto ai casi frontiera. La realizzazione simultanea delle riforme riguardanti il mercato dei prodotti e del lavoro porta a vantaggi notevoli (vedi la figura 1). In Italia le riforme contribuirebbero, nel lungo termine, a colmare circa la metà del gap relativo alla competitività. L’economia trarrebbe dei vantaggi ancora più rilevanti se si prendesse in considerazione un pacchetto di riforme più esauriente, comprensivo di ulteriori riforme del mercato del lavoro, per meglio colmare il gap tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e contratto temporaneo e dare maggiore flessibilità per la contrattazione aziendale, e riforme fiscali (switch fiscali e switch spese).
Nel loro insieme le riforme, come riportato nella conclusione del documento, seguono la rotta giusta, fanno fronte a strozzature strutturali nei mercati dei prodotti e del lavoro e affrontano la maggior parte dei temi prioritari. Mentre per le riforme del mercato dei prodotti la priorità è attuare le riforme in modo tempestivo e costante, per quelle del mercato del lavoro esiste la possibilità di rafforzarle ulteriormente riducendo maggiormente il dualismo, promuovendo la flessibilità interna, potenziando l’assumibilità e l’efficienza del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro, e potenziando la partecipazione al mercato del lavoro.
(1) IMF, 2012, Italy: Staff Report for the 2012 Article IV Consultation, IMF Country Report No. 12/167.
(2) Forni, L., Gerali, A. e M. Pisani, 2010, “Macroeconomic Effects of Greater Competition in the Service Sector: The Case of Italy”, Macroeconomic Dynamics, 14(5), 677–708.
Tabella 1. Le principali misure delle riforme e i presupposti delle simulazioni
Riforma |
Proxy |
Phasing |
Altri presupposti |
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Riforme nei mercati dei prodotti |
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Aumento della concorrenza nei settori tradable | Diminuzione del tradable markup. | Introduzione nell’arco di 5 anni. Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Quota dei settori tradable in produzione = 50%.Il ricarico cala di 2,5 punti % (= circa 50% del gap con il resto del mondo fuori della zona euro). | |
Aumento della concorrenza nei settori non-tradable | Diminuzione del non-tradable markup. | Introduzione nell’arco di 5 anni.Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Quota dei settori non-tradable in produzione = 50%.Il ricarico cala di 15 punti % (= circa 50% del gap con il resto della zona euro). | |
Aumento della concorrenza nel campo dei servizi professionali | Calo del markup stipendi in tutta l’economia. | Introduzione nell’arco di 5 anni.Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Il ricarico cala di 3,4 punti % (=40% diminuzione del costo dei servizi professionali). | |
Riforme nei mercati del lavoro |
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Alleviamento della tutela del lavoro | Aumento della produttività sia nei settori tradable che non-tradable. | Differimento di 1 anno a causa di processo di attuazione della riforma; quindi, attuazione immediata. Non del tutto credibile fino al quinto anno. | La legislazione per la tutela del lavoro converge verso la media delle 3 prese di posizione più basse osservate in tutto l’OCSE. La produttività generale aumenta dello 0,34% (= 50% del gap OCSE delle best practice). | |
Rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro (ALMP) | Aumento dell’offerta di lavoro e della spesa pubblica (compensati riducendo i trasferimenti lump-sum soltanto alle famiglie non-liquiduity constrained). | Differimento di 1 anno per carenza di spazio fiscale; quindi, attuazione immediata.Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Aumento del rapporto tra spesa ALMP per disoccupato e PIL pro capite verso i livelli medi di Danimarca, Austria, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera.Il tasso di partecipazione aumenta dello 0,24%; costi fiscali = 0,45% del PIL (= 50% del gap OCSE delle best practice). | |
Aumento della partecipazione femminile mediante assistenza nella cura dei bambini. | Aumento dell’offerta di lavoro e della spesa pubblica (compensati riducendo i trasferimenti lump-sum soltanto alle famiglie non-liquidity constraint). | Differimento di 1 anno per carenza di spazio fiscale; poi attuazione immediata.Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Aumento della spesa a favore della cura dei bambini erogata da strutture pubbliche verso i livelli medi di Danimarca, Norvegia, Svezia, e Regno Unito.Il tasso di partecipazione aumenta dello 0,60%; costi fiscali = 0,3% del PIL (= intero gap OCSE delle best practice). | |
Riforma fiscale mediante switch fiscali e switch spese |
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Switch dalle imposte sul reddito da lavoro e da impresa alle imposte sui consumi. | Tutte le componenti sono presenti nel GIMF. | Cambiamento immediato e permanente. Immediatamente credibile. | Aumento, 2% del PIL sulle imposte sui consumi; calo, 1% del PIL per imposte sul reddito da lavoro e quelle sul reddito da impresa. | |
Switch dai trasferimenti generali lump-sum alle infrastrutture. | Le infrastrutture sono gli investimenti pubblici; i trasferimenti generali lump-sum sono presenti nel GIMF. | Introduzione nell’arco di 5 anni.Non del tutto credibile fino al quinto anno. | Switch dall’1% del PIL. | |
Figure 1. Italy: Benchmark Scenario of Structural Reforms Fonte: stime Fmi Nota: asse orizzontale =tempo (anni) e SS=steady state. |
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Luciano
I Paesi che applicano le ricette del FMI somigliano molto a quel marito che per far dispetto alla moglie…Consiglio la rilettura di un classico del Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz: “La globalizzazione e i suoi oppositori” (2002 ed. Einaudi). Una descrizione impietosa del gioco dei meccanismi dell’economia finanziaria mondiale e delle principali istituzioni della globalizzazione..
Domenico Lombardini
Considerare che è da più di 10 anni che abbiamo una moneta troppo apprezzata che danneggia ogni giorno la nostra economia, no eh? Mi sono stancato di sentire il termine “riforme strutturali” quando queste non sono che politiche deflattive, ossia contenimento dei salari in salsa tedesca. Liberiamoci al più presto dal cappio-Euro, poi vedremo come la nostra economia riprenderà il regime…
Federico
Editoriale molto interessante ed incisivo. Però, come si deduce anche fa taluni commenti pubblicati, è, purtroppo, ancora un po’ come predicare nel deserto. é come a scuola: taluni non si sono ancora avveduti che se si vuole crescere e fare strada nella vita bisogna impegnarsi, darsi da fare e crescere come uomini. Poi certo, ci sono anche i “Pierini” (absit iniuria verbis) che preferiscono NON crescere MAI, vagheggiando un passato ideale in realtà mai esistito…..fatto solo di accumulazione mostruosa di debito, uscita dallo SME, operazioni di maquillage di bilancio, e 60 Bn di corruzione stimata. Personalmente? Preferisco l’Italia descritta nell’editoriale..la (mancanza) di cultura tout court è la principale imputata. Good luck Italy. Bisogna superare lo stadio …puerile
Luciano
Bisogna superare la tiritera neoliberista. Per uscire dalla crisi l’unica “ricetta” possibile è più laburismo e meno liberismo; più Keynes e meno Hayek.
Negli USA se ne sono accorti; in Europa si traccheggia.
Gli “avvocati” del mercato sembrano invece vivere in un passato pre-crisi da cui stentano ad emanciparsi.. questo è il vero “stadio puerile”.
Fla
Caro Federico infatti, da quando siamo entrati prima nell’area del cosiddetto marco-allargato (1979) poi quando abbiamo deciso di affidarci ad una Banca Centrale indipendente, toh, come dimostrano i grafici l’Italia ha iniziato a smesso di crescere più dell’Eurozona (che prima del 1980 nel complesso era sempre dietro a noi). Non sarà mica un caso? Ma cosa c’è da difficile nel capire nella frase dello studio IMF “le riforme del mercato del lavoro che aumentano l’efficienza abbassando i costi di adattamento (alleviando la tutela del posto di lavoro)”? Se predica agli altri di uscire dallo stato puerile, almeno abbia l’accortezza di indossare un bel paio di occhiali. E non dimentichi, nel caso avesse tempo, di leggere magari qualcosina su quanto in Italia si pratichino da vent’anni le “riforme del lavoro” e cosa abbiano generato: la precarietà http://www.emilianobrancaccio.it/wp-content/uploads/2010/04/brancaccio-studi-economici-preliminare.pdf . Saluti.
marco
Queste ricette neoliberiste sono concausa delle grandi crisi economiche degli ultimi decenni dalle tigri asiatiche all’Argentina al Messico alla Russia – La storia economica ci ha insegnato, dalla crisi del ’29 in avanti che lo solo Stato, attraverso un sapiente uso della leva monetaria e conseguente controllo dell’inflazione, può creare una crescita virtuosa attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro – Keynes Minsky e compagnia bella non sono stati smentiti perchè insistere nello sbaglio constringendo alla sofferenza milioni di persone ? Basta aprire gli occhi studiare la crescita economica dell’argentina e il caso Cina il paese più statalista al mondo che si è salvato dal crollo delle tigri asiatiche proprio grazie al controllo dei capitali e alla non convertibilità della moneta per capire che il nostro problema si chiama euro una follia del potere antidemocratico che ci governa e che sta mettendo i popoli europei uno contro l’altro – Tutti i maggiori esperti di economia lo dicono, persino gli esperti del Federal Reserve lo hanno scritto – Avere un debito pubblico in una moneta che non si può stampare è una follia in quanto rende dipendenti gli Stati dai mercati – Se fare le riforme significa togliere diritti e soldi alla gente è meglio stare fermi – Il Fiscal compact e il pareggio di bilancio sono provvedimenti da nazismo finanziario