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Quell’uso del tempo che divide donne e uomini

Resta elevato in Italia lo squilibrio di genere nell’uso del tempo nelle coppie con figli, anche quando la donna lavora a tempo pieno. Lo conferma un recente studio. E la pandemia potrebbe aver rallentato ancora il processo verso una maggiore parità.

Il tempo, risorsa scarsa

200 per cento: è la percentuale di tempo in più, rispetto ai loro partner, che nel 2014 le donne italiane con un impiego a tempo pieno e almeno un figlio di età inferiore ai 14 anni hanno dedicato al lavoro domestico in un giorno infrasettimanale. Un dato importante, dal momento che il tempo è una risorsa limitata e il modo in cui lo utilizziamo contribuisce a definire ciò che siamo e produciamo.

Nell’arco delle ventiquattro ore un lavoratore a tempo pieno con figli deve dedicarsi a numerose attività. Dal lavoro retribuito all’educazione dei figli, dal lavoro domestico alla cura della propria persona, cercando anche di soddisfare il proprio bisogno di tempo libero.

Quando il lavoratore ha un partner, come vengono ripartiti nella coppia i compiti familiari e domestici? I risultati di un nostro studio, basato sulle ultime tre rilevazioni Istat sull’uso del tempo, mostrano che la variabile del “genere di appartenenza” ha ancora un ruolo cruciale nel modellare la distribuzione dei compiti familiari.

Disparità di genere nell’uso del tempo

In Italia, una donna che lavora a tempo pieno e ha figli da accudire dedica all’incirca 60 ore alla settimana alla somma di lavoro retribuito, lavoro domestico e cura dei figli, contro le 47 ore del partner. Ciò si traduce in una disparità di genere di circa 13 ore settimanali di “lavoro totale”, una differenza nettamente superiore alla media europea, che ammonta a 11 ore.

Nel campione analizzato gli individui sono relativamente più giovani e più istruiti della media nazionale e le donne contribuiscono al reddito della coppia con un lavoro a tempo pieno. Sorprende allora che il gap settimanale nel tempo dedicato al lavoro totale sia superiore per queste coppie a quello osservato nel campione rappresentativo dell’intera popolazione adulta italiana. In quest’ultimo il differenziale di genere settimanale è di 9 ore circa, ovvero due ore in meno. Nel 2014, quindi, rimane tristemente vero che le madri italiane con un impiego a tempo pieno hanno un doppio lavoro: uno nel mercato del lavoro e l’altro dentro le mura domestiche.

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Giorni infrasettimanali e fine settimana

Ma cosa succede disaggregando i dati sull’uso del tempo nei giorni infrasettimanali e in quelli del fine settimana? I padri sono più disponibili alla condivisione dei doveri famigliari e domestici nel weekend? Per rispondere a queste domande è utile suddividere il tempo di cura dei figli in attività di cura primaria (nutrire, lavare il bambino, accudirlo quando è malato) e in tempo “di qualità (giocare, leggere insieme, aiutare nei compiti).

In ognuna delle rilevazioni Istat (2002-2003, 2008-2009, 2013-2014), durante la settimana lavorativa le donne dedicano più tempo rispetto ai loro partner a tutte le attività di cura dei figli e della casa. Rispetto ai loro partner, destinano il 200 per cento del tempo in più al lavoro domestico (tre ore contro una circa), il 100 per cento del tempo in più alle cure primarie dei figli (un‘ora contro 30 minuti circa), il 25 per cento del tempo in più al tempo di qualità con i figli (30 minuti contro 24 circa), il 13 per cento del tempo in meno al lavoro retribuito (7 ore contro 8 circa) e il 34 per cento del tempo in meno allo svago (2 ore e mezza contro 3 e mezza circa).

Ma anche in un giorno del fine settimana il quadro non si presenta molto più roseo per le donne. Fa eccezione il tempo “di qualità” dedicato ai figli, l’aspetto decisamente più promettente in materia di parità di genere. Mentre nelle cure primarie la donna continua a sostenere la maggior parte degli oneri, sia durante la settimana che nel fine settimana, nel tempo di qualità dedicato ai figli nel weekend le parti si invertono nel 2014: gli uomini destinano a questa attività 9 minuti di più delle loro partner.

Quali saranno gli effetti della pandemia?

Nonostante i miglioramenti in ambito di parità di genere nell’uso del tempo (figura 1), in Italia la responsabilità della gestione della vita domestica e famigliare ricade ancora sulla donna. L‘indagine Istat sull’uso del tempo relativa al 2020 è in corso e i nuovi dati saranno presumibilmente disponibili fra qualche anno. Non mancano le preoccupazioni per l’aumento delle disparità di genere in seguito alla pandemia, sia nel mercato del lavoro che all’interno delle mura domestiche. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, alcune ricerche già documentano come la crisi seguita al Covid-19 tenda a colpire in particolare le donne negli Usa, nel Regno Unito, in Germania (Adams-Prassl et al. 2020), ma anche in Italia (Casarico e Lattanzio). Dell’uso del tempo durante il lockdown si è occupata l’Istat con l’indagine dal titolo “Le giornate in casa durante il lockdown”, mentre un lavoro di Lucia Mangiavacchi, Luca Piccoli e Luca Pieroni  si è concentrato sulla ridefinizione di compiti e responsabilità all’interno delle famiglie e sugli effetti che ha avuto sui figli. Su lavoce.info il contributo di Daniela Del Boca, Noemi Oggero, Paola Profeta, Maria Cristina Rossi e Claudia Villosio mostra come la condivisione del lavoro domestico e della cura dei figli sia ancora lontana.

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L’auspicio è che il lento trend verso la parità di genere nell’uso del tempo non rallenti ulteriormente nei prossimi anni a causa della pandemia.  Per allontanare il rischio occorrerebbe un coinvolgimento dei padri nel lavoro domestico e nelle cure primarie dei figli molto maggiore.

Figura 1 – Disparità di genere nell’uso del tempo

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  1. Michele

    Sono davvero stupito da questi dati e mi chiedo se l’ISTAT, che non brilla certo nel trovare dei campioni attendibili, si renda conto di quello che dice, ricordo infatti che nei primi anni duemila i questionari ISTAT (fui scelto per una statistica) chiedevano ancora se la casa avesse il bagno all’interno del fabbricato o in giardino!
    Comunque, bando alle polemiche. Io credo che ormai la quasi totalità dei papà e dei mariti stia con i figli e si dedichi alla casa, tanto quanto le mogli. Certo parlo di coppie in cui entrambi lavorano a tempo pieno! Porto la mia esperienza e quindi non ho pretese di rappresentare la società nel suo complesso, in ogni caso il ritratto che viene fatto in questo articolo mi pare davvero fuori dal tempo

    • Luca Neri

      Credo anche io che questi numeri vadano interpretati con molta prudenza. Sarebbe molto utile poter valutare nel dettagli la metodologia della ricerca e i questionari utilizzati. A chi è stato somministrato il questionario? Era auto-somministrato? Qual è stato il tasso di risposta? Sono stati intervistati contestualmente uomini e donne dello stesso nucleo familiare? E’ stato chiesto, sia agli uomini che le donne, in che modo veniva suddiviso il lavoro domestico? In che modo sono state riconciliate le incoerenze nel reporting tra uomini e donne dello stesso nucleo familiare? In che modo è stato condotto il data cleaning? L’analisi consente di stratificare per il differenziale salariale all’interno della coppia? Qual è la quota di soggetti intervistati che ha riportato dati incoerenti? Come sono stati gestiti questi casi? In che modo è stato gestito il social desirability bias? Sono state usate scale di controllo (come ad esempio viene fatto con i test di personalità, ad esempio le scale F, K, L, VRIN, TRIN del MMPI)? Il questionario utilizzato è stato validato precedentemente? Con quale metodologia?

  2. Tutti dati assolutamente previsti, iscritti nel modello economico della società industriale che stiamo vivendo.. come lo è il fatto che se si raggiungerà una certa parità o ci si approssimerà ad essa, questo varrà solo per una piccola porzione più socialmente fortunata.

    Mi è parsa viva la lezione di Ivan Illich in “Gender” (1984).

    Profetico Illich indaga “il passaggio da un mondo sotto l’egida del genere ad uno sotto il regime del sesso”ricostruendo i mutamenti nei modi della percezione del corpo e delle sue relazioni col mondo nel passaggio dalla antica società vernacolare e conviviale alla società industriale.

    Gli autori dell’articolo conoscono Illich ?
    Credo che la “crisi” in cui siamo per la sua lettura non possa fare a meno di questo pensatore.
    Ferdinando Brandi

    • Pippo Calogero

      Certo, la società industriale in cui stiamo vivendo, nella quale il 75% del PIL italiano è dato dai servizi.

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