Il successo delle criptovalute ha spinto molte banche centrali a progettare l’introduzione di una propria moneta digitale. Rischi e nuove sfide vanno affrontati attraverso il coordinamento internazionale, cercando di evitare “una rincorsa al digitale”.
Il successo delle criptovalute
Immaginiamo un’economia dove coesistono due monete: la moneta rossa, universalmente accettata, e la moneta blu, accettata solo da una porzione di individui. La coesistenza si può spiegare solo tramite una differenza in termini di benefici monetari (tasso di rendimento) e non. Possiamo immaginare, ad esempio, che la moneta blu maturi più interessi della rossa, e che per questo alcuni siano disposti a detenerla anche se potrebbe essere respinta.
È dunque facile comprendere perché le criptovalute riscuotano successo: nonostante rendimenti incerti (quindi non necessariamente superiori al contante) e un minore livello di accettazione, soddisfano preferenze di anonimato e non-tracciabilità dal sistema finanziario tradizionale. Il soddisfacimento di queste preferenze corrisponde a un beneficio latente che, per quanto difficile da quantificare, influenza concretamente le decisioni degli agenti economici.
Sotto questo aspetto, la ricerca empirica dimostra che le criptovalute riescono teoricamente e praticamente a fungere da mezzo di scambio, ma è improbabile che riescano ad affermarsi come mezzo di scambio comune e sufficientemente liquido.
Vi sono due altre funzioni fondamentali di una moneta: l’utilizzo come unità di conto e come unità di valore. Qui le criptovalute mostrano le loro debolezze: l’eccessiva volatilità le rende meno appetibili per contabili e risparmiatori, e la mancanza di universalità aggrava la situazione, soprattutto per i primi. È altresì vero che si sono sviluppate di recente alcune criptovalute che mitigano queste carenze, proponendosi di eliminare strutturalmente la volatilità di prezzo (le stable-coins).
La crescita delle valute alternative sembra proiettarsi verso un futuro di tante diverse monete blu, in cui la centralità della moneta rossa rischia di essere erosa e le transazioni diventano più aleatorie. Le banche centrali, monopoliste della moneta rossa, si sono accorte dei rischi all’orizzonte e per questo hanno iniziato a studiare una propria valuta digitale: Cbdc – Central Bank Digital Currency.
Perché emettere una Cbdc?
Perché le banche centrali dovrebbero emettere una valuta digitale? Ci sono tre motivazioni principali. In primo luogo, in alcuni paesi diminuisce l’uso del contante come mezzo di pagamento. La quota di tutti i pagamenti cash negli Usa è scesa di sette punti percentuali nel 2020 (figura 1), un calo maggiore di quello registrato in qualsiasi altra categoria negli ultimi due anni. Dai dati si desume che la pandemia ha accelerato la preferenza del pubblico per gli strumenti digitali (figura 2).
In uno scenario simile, la fiducia nella moneta dipenderebbe in larga parte dalla fiducia negli intermediari finanziari, che emettono moneta commerciale “creando” depositi e, di conseguenza, potrebbe (condizionale d’obbligo) diminuire la fiducia nella moneta emessa dalle banche centrali.
In secondo luogo, i colossi del settore tech sono ormai sempre più coinvolti nella fornitura di servizi finanziari grazie alla vasta rete di dati in loro possesso, all’accesso a tecnologie mobile e alle interazioni con i social media. I progetti inerenti alle stable-coins (Diem di Facebook o Stellar di Ibm) possono rappresentare un campanello di allarme per le banche centrali che vogliono preservare la loro sovranità monetaria, sostenere il ruolo globale delle loro rispettive valute e contenere il rischio sistemico.
Infine, le banche centrali – quella cinese, quella europea e quella americana – mirano a fornire uno strumento di pagamento universalmente accessibile, sicuro, veloce ed efficiente anche per le transazioni transfrontaliere. Sotto questo profilo, i progressi sono stati lenti e c’è la possibilità che la concorrenza con le stable-coins aumenti rapidamente.
Di conseguenza, è lecito chiedersi se le banche centrali siano disposte a far coesistere la propria valuta digitale con le stable-coins o se invece le Cbdc siano riconosciute come unica forma di denaro in circolazione. Secondo Gorton e Zhang (2021), le banche centrali hanno il monopolio sull’emissione di moneta. Ma non è tutto. Alcuni studi hanno evidenziato anche l’importanza di mantenere la sovranità in quella che sta diventando una gara all’emissione di Cbdc. Secondo Ferrari et al. (2020), infatti, l’emissione di una Cbdc aumenta le asimmetrie nel sistema monetario internazionale, riducendo l’autonomia della politica monetaria delle economie estere che la dovessero adottare, ma non di quella del paese che la emette. Di conseguenza, introdurre una Cbdc prima e non dopo potrebbe dare luogo a un considerevole vantaggio competitivo.
Quali sono le sfide per il settore bancario?
L’emissione di una Cbdc incoraggia i risparmiatori a sostituire il denaro delle banche commerciali con quello della banca centrale (disintermediazione).
In primo luogo, occorre considerare che le banche private entrerebbero di fatto in competizione con la banca centrale per attrarre depositi. Ovviamente, i risparmiatori considererebbero la Cbdc come un bene sicuro e garantito per definizione, questo determinerebbe una diminuzione dei depositi bancari con conseguenze negative per la disponibilità di credito bancario verso l’economia reale o per il suo costo.
In secondo luogo, la diffusione di una Cbdc potrebbe ridurre l’attività di pagamento effettuata con moneta bancaria e, di conseguenza, si ridurrebbe per le banche sia il set informativo sui clienti sia la quota di commissioni sulle transazioni. In più, i depositi al dettaglio sono anche visti come la forma più stabile di rifinanziamento bancario, quindi l’introduzione di una Cbdc avrà implicazioni per gli indici di liquidità bancari come il liquidity coverage ratio (Lcr) e il net stable funding ratio (Nsfr). Le agenzie di rating potrebbero modificare le valutazioni del rischio di liquidità se dovessero credere che i depositi al dettaglio possano diventare meno stabili.
Quali sono i vantaggi per le banche centrali e per i cittadini?
È nell’interesse collettivo che il monopolio dell’emissione di moneta resti nelle mani di una banca centrale indipendente e aderente al proprio mandato.
Se è vero che l’introduzione di una Cbdc creerebbe difficoltà al sistema finanziario, la permanenza di una pluralità di stable-coins comporterebbe l’esistenza di un sistema finanziario parallelo, privo di regolamentazioni. Infatti, con una moltitudine di monete controllate da privati, le banche centrali potrebbero incontrare ostacoli nel perseguimento dei propri obiettivi.
In più, la creazione di un canale diretto tra risparmiatori e banca centrale potrebbe portare al superamento del limite zero del tasso di interesse. Finora, in caso di crisi, una banca centrale non può abbassare di troppo sotto lo zero il tasso di interesse, anche se ciò stimolerebbe l’economia. Se infatti gli agenti economici vedessero erodersi i depositi con un tasso negativo, ritirerebbero i propri risparmi convertendoli in contante.
Questo limite della politica monetaria è del tutto razionale dal punto di vista dell’individuo ma non è ottimale, perché frena lo stimolo monetario che potrebbe arrivare dalla banca centrale. Durante i periodi di crisi abbiamo visto che è possibile arrivare alla soglia zero e si adottano aggressive politiche non convenzionali quali imperfetti sostituti a un tasso negativo.
Con l’obsolescenza del contante accelerata da una Cbdc, Bordo e Levin sostengono che la banca centrale potrebbe imporre sui propri depositi digitali un tasso negativo, così da indurre un aumento di consumi anche durante una recessione. Chiaramente lo spazio di manovra in territorio negativo sarà tanto più ampio quanto più rapida sarà la sostituzione del contante con una Cbdc.
Uno strumento così nuovo chiama una nuova banca centrale
L’adozione di una Cbdc richiede una pianificazione attenta. È necessaria una transizione graduale per evitare squilibri nel sistema finanziario, attraverso un coordinamento internazionale che eviti un’incauta “corsa al digitale”. Inoltre, dati gli inediti scenari che si aprirebbero per la politica monetaria, è opportuno riflettere sulla futura struttura delle banche centrali. Le ipotesi di riforma dovranno rafforzare i canali di trasmissione dell’azione monetaria in relazione ai suoi nuovi possibili strumenti, sia in termini di impatto e efficacia, sia in termini di trasparenza e legittimità delle decisioni intraprese. Per perseguire entrambi gli obiettivi in parallelo, il mantenimento dell’indipendenza dalle autorità fiscali rappresenterà una condizione imprescindibile.
Si tratta di una transizione complessa, ma necessaria per consentire alle banche centrali di continuare a perseguire l’interesse collettivo.
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Savino
Mi chiedo: perchè la moneta cattiva non viene cacciata via da quella buona?
Francesco
L’adagio è però l’opposto: è la cattiva che tradizionalmente scaccia la buona (la buona viene tesaurizzata, la cattiva circola)
Savino
Si, ma gli operatori debbono fare più attenzione al valore “metallico” (in questo caso, reale e non virtuale) della moneta rispetto a quello nominale.
Raffaele
Molto interessante, mi sfugge però perché:
“L’emissione di una Cbdc incoraggia i risparmiatori a sostituire il denaro delle banche commerciali con quello della banca centrale (disintermediazione)”.
Non funzionerebbe esattamente come una qualsiasi altra valuta? Quindi scambiata e detenuta anche dalle banche commerciali?