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A casa loro gli immigrati si aiutano da soli

Diminuite poco anche nel periodo più critico della pandemia, quest’anno le rimesse degli immigrati verso il paese di origine dovrebbero tornare a crescere. Sono somme che andrebbero canalizzate verso programmi di sviluppo, gestiti dalle diaspore.

Le rimesse nel mondo in tempo di pandemia

Secondo le stime fatte nel 2020 dall’Ocse e dalla Banca Mondiale, la pandemia di Covid-19 avrebbe dovuto determinare forte calo nei flussi di denaro inviati in patria dai migranti internazionali, conseguenza logica della crisi economica legata all’emergenza sanitaria.

Nel corso del 2021, invece, la stessa Banca Mondiale ha osservato che le previsioni iniziali non sono confermate dai dati: il 2020 ha segnato un calo di appena 8 miliardi di dollari rispetto al 2019 (da 548 a 540, -1,5 per cento).

Per dare l’idea, nel 2009 (a seguito della crisi finanziaria globale) il calo era stato del -4,8 per cento. E, nel 2020, gli investimenti diretti esteri verso paesi a basso reddito sono diminuiti del 30 per cento.

Contrariamente alle previsioni iniziali, dunque, il volume delle rimesse dovrebbe tornare a crescere già nel 2021.

Si tratta ovviamente solo dei flussi “formali” (banche, poste, money transfer), sono esclusi i canali “informali” (non necessariamente illegali), da sempre molto utilizzati.

Rimesse dall’Italia nel primo semestre 2021

Per quanto riguarda i flussi dall’Italia, l’aumento registrato nel 2020 (+12,9 per cento) addirittura si intensifica nel primo semestre 2021 (+24,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Secondo i dati forniti dalla Banca d’Italia, dopo il crollo del 2013 e alcuni anni di sostanziale stabilizzazione, il volume delle rimesse ha cominciato un trend in crescita a partire dal 2018.

Il Bangladesh si conferma il primo paese di destinazione delle rimesse, con 368,15 milioni di euro complessivi (10,1 per cento delle rimesse totali), e con un significativo aumento sia rispetto al I semestre 2020 (+31,9 per cento) sia rispetto allo stesso periodo del 2016 (+51,5 per cento).

Il secondo paese di destinazione è la Romania, con una tendenza in calo. In aumento, invece, Filippine e Marocco. Tra i primi dieci paesi, ben cinque sono asiatici: Bangladesh, Filippine, Pakistan, Sri Lanka e India. Tra i paesi asiatici, peraltro, si registrano forti aumenti: +29,1 per cento Pakistan, +23,3 per cento Sri Lanka, +17,1 per cento India nell’ultimo anno.

Rapportando il volume delle rimesse con il numero di residenti in Italia, si ottiene il valore medio pro-capite. Mediamente, ciascun immigrato in Italia ha inviato in patria circa 120 euro al mese. Valore che scende sotto la media per due delle nazionalità più numerose: Romania (42,21 mensili pro-capite) e Marocco (109,12 euro). Nei due casi, evidentemente, sul valore pro-capite incidono la presenza di persone inattive (per esempio, minori) e il fatto che molte famiglie si sono negli anni ricongiunte, portando in Italia i componenti rimasti inizialmente in patria.

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Rapportando rimesse e popolazione, tra le comunità più numerose il valore più alto è quello del Bangladesh: mediamente, ciascun cittadino ha inviato oltre 400 euro al mese. Superano i 300 euro mensili anche i cittadini del Senegal, del Pakistan e delle Filippine.

Possibili spiegazioni

L’aumento delle rimesse durante la pandemia può apparire una contraddizione, specie se si considera che gli immigrati sono stati tra i più colpiti dalla crisi occupazionale nel 2020.

In realtà, i flussi di denaro verso le famiglie in patria non dipendono solamente dalla mera disponibilità finanziaria, ma anche (e soprattutto) da ragioni psicologiche e sociali.

Come riportato in un interessante studio condotto da Cespi, le ragioni per cui si invia denaro in patria oscillano tra motivazioni “egoistiche” ed “altruistiche”, generalmente mescolandosi tra i due estremi. Nel primo caso, la ragione principale è l’interesse di chi invia, come nel caso della costruzione o dell’acquisto di una casa in patria (principalmente in vista di un successivo rientro in patria). Nel secondo caso, la motivazione è sostenere i familiari e le comunità locali.

Per comprendere l’aumento, bisogna quindi considerare alcuni elementi.

Innanzitutto, i flussi ufficiali sono solo una parte di quelli reali. Per esempio, le limitazioni alla mobilità internazionale hanno avuto un impatto diretto sulle famiglie migranti: chi prima faceva visita periodicamente nel paese d’origine, generalmente portando regali o denaro, ha visto nell’invio di denaro l’unica possibilità per mantenere un contatto. Basti pensare, per fare un esempio, ai pulmini che settimanalmente viaggiano verso i paesi dell’Est.

Inoltre, dato che la crisi ha colpito anche i paesi d’origine, è possibile che i migranti abbiano attinto ai propri risparmi per offrire alle famiglie in patria un sostegno maggiore rispetto al passato. Il demografo Massimo Livi Bacci, ad esempio, avanza l’ipotesi che i vincoli di solidarietà tra emigrati e comunità di origine siano assai più forti di quanto comunemente si ritenga.

Maggiore inclusione

A livello internazionale, la Banca Mondiale ha definito alcuni obiettivi, su cui anche i singoli stati dovrebbero convergere:

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– monitoraggio dei flussi. La sempre maggiore varietà dei canali per l’invio di denaro rende necessario un aggiornamento costante dei sistemi di monitoraggio dei flussi, il più possibile omogeneo a livello internazionale;

– riduzione dei costi di invio. Le commissioni per l’invio di denaro rappresentano un ostacolo che sposta i flussi dai canali legali a quelli informali o illegali;

– inclusione finanziaria. L’educazione finanziaria e l’assistenza ai gruppi più vulnerabili rappresentano una sfida per gli stati, con l’obiettivo di portare sempre più persone verso un utilizzo consapevole degli strumenti finanziari;

– canalizzazione delle rimesse. Già da anni esistono programmi che accompagnano le diaspore nella raccolta e nella gestione condivisa dei risparmi delle famiglie. In questo modo, le rimesse potrebbero essere utilizzate non solo per i bisogni immediati delle famiglie, ma anche per investimenti in programmi di sviluppo, gestiti e progettati dalle stesse diaspore in base ai bisogni effettivi delle comunità.

Nota metodologica

  • I dati sulle rimesse dei lavoratori immigrati in Italia riportano i trasferimenti di denaro all’estero regolati tramite istituti di pagamento o altri intermediari autorizzati senza transitare su conti di pagamento intestati all’ordinante o al beneficiario (regolamento in denaro contante) (fonte: Banca d’Italia).
  • I valori degli anni precedenti al 2020 sono rivalutati al 2020 (valore medio annuo) utilizzando l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi (Foi), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
  • Per il calcolo dei valori pro-capite si assume che tutte le rimesse verso un determinato paese siano inviate da cittadini di quella nazionalità residenti in Italia. Sono considerati tutti i residenti, indipendentemente da età, genere, situazione occupazionale. I dati dei residenti 2021 sono provvisori.

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  1. Raffaele

    Ottimo articolo, credo solo che manchino le virgole nella secondo e nell’ultima colonna della tabella

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