Negli ultimi anni, si è sempre più diffusa l’idea che le regole del Patto di stabilità e crescita siano datate. Una proposta per modificarle basata su due pilastri: la revisione delle regole fiscali e la creazione di un’Agenzia europea del debito.
In un precedente contributo, abbiamo illustrato la nostra recente proposta sulla modifica delle regole fiscali del patto di stabilità e crescita. In questo articolo, presentiamo la seconda parte di questa proposta: il piano di spostare una parte del debito pubblico dei paesi Ue sotto l’ombrello di una Agenzia europea del debito (European Debt Association, Eda).
Nell’ultimo decennio, sono state discusse diverse proposte per risolvere un problema fondamentale dell’Unione europea: l’assenza di una grande entità fiscale centralizzata in grado di emettere titoli di debito pubblico denominati in euro. Questo problema presenta diversi aspetti, sia dal punto di vista finanziario sia da quello macroeconomico, ma c’è largo consenso su un punto cruciale: esiste un’ampia domanda potenziale di titoli di debito pubblico a basso rischio denominati in euro. La domanda per debito di entità sovranazionali è forte anche per titoli che non presentano garanzie intergovernative e/o che non presentano un meccanismo di rafforzamento del credito. Un fatto che si nota, per esempio, mettendo a confronto i titoli emessi dal Mes e quelli emessi per il finanziamento di Next Generation Eu (Ngeu). Il Mes può contare su una grande quantità di capitale, tanto che potrebbe riacquistare il 70 per cento delle proprie obbligazioni al valore nominale. Per questo motivo, non è sorprendente che le obbligazioni emesse dal Mes abbiano un rating AAA. Anche i titoli emessi per finanziare Ngeu possono contare su un rating AAA, nonostante non siano protetti da garanzie reciproche o da riserve di cassa. Agli occhi degli investitori, quindi, ciò che garantisce le obbligazioni dell’Unione europea è solamente la sua capacità di recuperare le risorse dagli Stati membri – la sua enforcement capacity.
Questa situazione suggerisce l’esistenza di un potenziale inespresso da parte dell’Unione verso l’intermediazione del debito: spostare una quota delle entrate fiscali nazionali e una quota dei debiti dei paesi membri sotto l’ombrello di una istituzione europea, protetta dalla capacità di azione dell’Ue, può aumentare il potenziale di finanziamento dell’intera Unione europea.
I due principali vantaggi di questo piano sarebbero: 1. Ridurre il costo di finanziamento per l’intera Unione europea, e quindi aumentare la sostenibilità dello stock di debito esistente nell’Unione; 2. Aiutare la Bce nelle operazioni all’interno dei mercati del debito.
Negli scorsi anni, la Banca centrale europea si è presa la responsabilità di garantire lo stabile funzionamento dei mercati europei del debito pubblico. Una Agenzia europea per il debito lavorerebbe in maniera complementare alla Bce dal lato della politica fiscale. Questo schema porterebbe a una trasformazione graduale delle attività della Bce, da un’esposizione preponderante verso il rischio paese verso una configurazione più tradizionale – con caratteristiche simili alle omologhe banche centrali – che comprenda per la stragrande maggioranza titoli risk-free. Questo vantaggio potrebbe materializzarsi già nel prossimo futuro, qualora le esigenze di politica monetaria dovessero richiedere alla Bce una diminuzione graduale del programma di acquisto di titoli. In questo caso, la Bce potrebbe avviarsi vesrso questa diminuzione senza preoccuparsi di destabilizzare i mercati dei debiti sovrani.
Cominciamo con una breve descrizione del piano, per poi passare ad alcune domande e discutere di possibili criticità.
Nella nostra proposta, l’Eda dovrebbe acquistare in maniera graduale una certa quantità di debito pubblico, a prezzi di mercato e in proporzione al Pil di ciascuno Stato membro, finanziando l’acquisto con l’emissione di debito in capo all’Eda stessa. Al momento dell’acquisto, l’Eda andrà a cancellare l’obbligazione acquistata, sostituendola con un impegno da parte del paese a pagare un flusso di contributi al bilancio dell’Eda. I contributi verranno calibrati in modo da coprire i bisogni finanziari netti dell’Eda per gestire il debito di ciascun paese, mantenendo il rapporto debito-Pil costante dopo un primo periodo di transizione. La formula per calcolare i contributi è pari a (r – g)d, dove r rappresenta il tasso di interesse, g il tasso di crescita del Pil del paese e d è il debito emesso dall’Eda in proporzione al Pil del paese. Il tasso r è lo stesso per tutti i paesi e dovrà essere scelto con una stima conservativa per permettere all’Eda di accumulare riserve di liquidità. Il tasso di crescita del Pil g dovrà essere uguale alla crescita potenziale di ciascun paese (in modo da evitare la prociclicità dei contributi). L’ammontare di debito che l’Eda acquisterà per ciascun paese avrà una soglia pari alla crescita del debito pubblico durante il periodo di crisi pandemica. I contributi saranno rivisti a intervalli regolari di cinque anni dall’organo di governo dell’Eda. Lo stesso organo deciderà come impiegare il surplus accumulato dall’Eda: se conservarlo come riserve, se restituirlo agli stati partecipanti o se dirigerlo verso progetti europei comuni.
Il vantaggio da questo piano deriva dall’aspettativa che il debito emesso dall’Eda possa godere delle stesse condizioni cui sono sottoposti i debiti pubblici meno rischiosi dall’Unione. Questo implica che i contributi e l’uso del surplus dell’Eda possono essere disegnati in modo tale da ottenere dei guadagni Pareto efficienti per tutti i paesi coinvolti. Da dove arriva questo vantaggio? Esistono tre ragioni per l’esistenza di condizioni di credito favorevoli per un debito dell’Unione europea. La prima è che il debito europeo riceverebbe sia liquidity che safety premia rispetto ai titoli di debito nazionale, dal momento che diventerebbe il titolo di riferimento per i debiti sovrani denominati in euro. La seconda è che l’Unione potrà rassicurare gli investitori sull’affidabilità dei flussi di contributi futuri grazie alla sua enforcement capacity verso i paesi membri. Infine, riconosciamo che esiste una terza, meno desiderabile, ragione che riguarda la percezione implicita di una mutualizzazione del debito, anche se questo strumento non prevede garanzie comuni. Riteniamo che questo sistema debba essere costruito in modo da potersi affidare solamente a queste prime due ragioni e debba minimizzare il rischio di una “mutualizzazione implicita”. Questo può essere fatto in tre modi: 1. aumentando i contributi iniziali scegliendo un tasso di interesse conservativo, così da accumulare riserve di liquidità; 2. Considerando l’utilizzo di entrate fiscali dedicate anziché contributi generici; 3. Ultimo, ma non per importanza, inserendo questo schema all’interno di un solido sistema di governance fiscale. L’ultimo punto comporta chiaramente un importante elemento di complementarietà tra le due parti della nostra proposta (modifica delle regole fiscali e creazione dell’Eda).
Il piano creerebbe maggior spazio fiscale?
Il piano non cancellerebbe il debito pubblico nazionale, ma lo sostituirebbe con un obbligo nei confronti dell’Eda. L’implicazione per i paesi europei nel loro complesso è una riduzione del costo dell’indebitamento, che allargherebbe lo spazio fiscale per l’Unione. Dal punto di vista delle regole fiscali, i titoli nazionali eliminati dall’acquisizione da parte dell’Eda verrebbero rimossi dal debito pubblico nazionale e il nuovo debito emesso dall’Eda verrebbe contabilizzato come debito europeo, con un meccanismo analogo a quello che accade con il debito europeo emesso per finanziare la parte relativa ai contributi a fondo perduto di Ngeu. Quel debito è in fin dei conti comunque garantito dalla capacità fiscale degli Stati membri, ma non verrebbe considerato come debito pubblico nazionale da Eurostat.
La proposta limiterebbe la capacità della Bce di intervenire sui mercati del debito pubblico nazionale?
No, vediamo la nostra proposta come complementare al ruolo della Bce, che verrebbe anzi rafforzato. Negli scorsi anni, la Bce ha deciso di acquistare titoli di debito nazionali per evitare la segmentazione dei mercati del debito, per prevenire il rischio di generare equilibri multipli e per poratre avanti il quantitative easing (Qe). Sono stati tutti sviluppi altamente desiderabili, ma sarebbe utile pianificare in anticipo cosa fare in situazioni in cui la necessità della politica monetaria sia quella di ridurre il ritmo degli acquisti. In una situazione di questo tipo, l’obiettivo di ridotta segmentazione in periodi non di crisi può essere perseguita in maniera migliore con un piano basato sull’emissione di debito europeo. Il piano lascia maggiore libertà di movimento alla Bce e permette di rimuovere il rischio paese dai bilanci delle banche centrali nazionali.
In generale, riteniamo che questo porti a un vantaggio in termini di chiarificazione delle dimensioni fiscale e monetaria nella condivisione del rischio in Unione europea. Reichlin e coautori hanno recentemente spinto per l’abbandono dello status quo fatto di “ambiguità costruttiva” in termini di responsabilità fiscali e monetarie all’interno dell’Eurozona. Ci sembra che la nostra proposta vada in quella direzione.
I contributi all’Eda sarebbero percepiti come senior rispetto al rimborso del debito tradizionale? In tal caso, questo non peggiorerebbe quindi la situazione dei debiti nazionali nei mercati?
I pagamenti all’Eda verranno probabilmente considerati come de facto senior dai mercati finanziari. Tuttavia, non riteniamo che questo avrà un impatto netto negativo sulla situazione nei mercati del debito. Il fatto che non abbiamo osservato un aumento degli Spread nei paesi ad elevato debito pubblico subito dopo che numerosi dettagli sulle modalità di emissione del debito per Ngeu fa pensare che, anche se una parte dei ricavi fiscali sarebbe stata a quel punto reindirizzata al servizio di un debito pubblico europeo, questa situazione non sia stata percepita come qualcosa che avrebbe peggiorato la capacità di questi paesi di rifinanziare il proprio debito. La nostra interpretazione è che, nel momento in cui la capacità fiscale dell’Unione viene rafforzata, tende ad avere ripercussioni positive sulla capacità di rifinanziamento degli Stati membri, superando eventuali effetti negativi derivanti dalla seniority degli obblighi verso l’Unione rispetto al debito nazionale.
Qual è il confronto tra questo piano e altri approcci per la creazione di asset sicuri?
La principale differenza con altre proposte di messa in comune e separazione del debito (come quelle di Brunnermeier e coautori, qui e qui, o quella di Wendorff and Mahle) sta nel fatto che l’Eda si comporterebbe più come un governo che come un’istituzione finanziaria: la sua capacità di ripagare il debito si basa sulla sua capacità di accumulare entrate fiscali e si appoggia esplicitamente sull’autorità dell’Unione europea sugli Stati membri. Il vantaggio di questo approccio è che mira in modo più diretto al rafforzamento della capacità fiscale dell’Eurozona. Per inciso, questo significa che l’Eda non avrebbe bisogno, in principio, di alcun capital (versato o richiamabile), dal momento che la sua attività fondamentale sarebbe data dal valore attuale dei contributi futuri versati dai paesi membri.
Ma non basta il fatto che il debito pubblico nazionale detenuto dalla Bce non comporta essenzialmente alcun peso per gli Stati membri, dal momento che ricevono indietro il tasso di interesse pagato tramite le banche centrali nazionali?
Nonostante questo sia vero, è anche vero che questo meccanismo può funzionare solo se la Bce continuerà indefinitivamente il proprio programma di acquisto dei titoli nazionali. Riteniamo che si ottenga un vantaggio sostanziale nel garantire che ci sarà una soluzione di lungo periodo per la riduzione del debito pubblico nazionale che non conti sul fatto che la Bce continui con il proprio programma di acquisti per un tempo indeterminato. È ragionevole preoccuparsi che, nel breve periodo, i contributi all’Eda possano aumentare le spese dei governi nazionali. Tuttavia, va notato che, in primo luogo, le risorse trasferite all’Eda possono comunque essere restituite ai paesi partecipanti. Inoltre, nell’attuale situazione di bassi tassi di interesse, l’Eda può decidere di emettere zero coupon bond a medio termine e non avere di fatto alcun bisogno finanziario nel futuro prossimo. Per cui i contributi degli Stat membri possono essere progettati in modo tale da poter replicare, nella fase di transizione, l’assenza di peso sulle finanze pubbliche del debito pubblico detenuto dalla Bce. In generale, il piano domina un’alternativa in cui la Bce rimarrebbe l’unico attore centrale in grado di acquistare debito pubblico, e la sua graduale implementazione lascerebbe maggiore flessibilità alla Bce per gestire la composizione del suo bilancio nel corso del tempo.
Non sarebbe meglio utilizzare l’emissione di debito europeo per finanziare spesa centralizzata e fare un ulteriore passo verso un’Unione fiscale?
Riteniamo che la nostra proposta sia un ulteriore passo verso un’Unione fiscale, nonun’alternativa ad essa. Trattare il peso eccessivo del debito in alcuni Stati membri è un problema strategico che un’unione fiscale dovrebbe affrontare, così come altre sfide che richiederanno un impegno per investimenti comuni in futuro.
Concludiamo tornando al tema iniziale di questi due articoli: l’Europa ha mostrato forza nel corso della pandemia, e quella forza può essere sfruttata per migliorare la gestione delle politiche fiscali future. Regole migliori possono aumentare l’enforcement capacity dell’Unione e, a sua volta, una maggiore enforcement capacity può essere capitalizzata per gestire al meglio gli stock di debito ereditati dal passato.
La proposta di gestione del debito è stata costruita a partire da varie conversazioni con Massimo Rostagno, che ringraziamo profondamente. Le domande a cui rispondiamo in questo articolo sono state stimolate da utili commenti e critiche di Olivier Blanchard, Laurence Boone, Massimo Bordignon, Carlo Favero, Chiara Goretti, Silvia Merler, Gilles Moec, Jean Pisani-Ferry, Lucrezia Reichlin, Shahin Vallée, e Charles Wyplosz. Per questo li ringraziamo tutti. Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non investono la responsabilità delle autorità francesi o italiane.
Tradotto dall’inglese da Massimo Taddei. L’articolo è uscito in contemporanea in inglese su VoxEU.
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Firmin
E’ un primo generoso, ma timidissimo, passo verso la condivisione del debito europeo (o almeno della sua gestione). Per il momento assume soprattutto il carattere di un espediente statistico (già sfruttato abbondantemente in passato e ammesso che IMF e Eurostat siano d’accordo anche questa volta) associato ad un aumento della quota di debito estero (che invece è notoriamente più destabilizzante di quello detenuto da operatori nazionali). Non ho dubbi che i mercati finanziari accoglierebbero con favore un debito “salsiccia”, che generalmente ha una qualità superiore a quella dei singoli componenti. Mi chiedo invece che interesse avrebbero i paesi ad alto rating a far intermediare parte dei loro titoli dal nuovo ente. Ciò significa che l’EDA (la cui sigla italianizzata è inquietante: ADE) finirà per servire quasi esclusivamente i paesi meno solidi e quindi non potrà mantenere a lungo una tripla A, nonostante tutte le garanzie previste. In alternativa, l’EDA potrebbe rimanere sostanzialmente inattiva come il MES (il cui eccesso di liquidità è giustamente riconosciuto dagli autori).
Beltran
Quanto ci costa l’europa?
A chi conviene?
Flavio
Interessante proposta che ha il pregio di rispondere a dubbi sia sul fronte dei paesi ad alto debito sia a qualli con debito relativamente basso. Un unico dubbio: mi pare che la formula proposta preveda un contributo ad EDA maggiore (minore) per i paesi con la crescita potenziale più bassa (più alta). Non mi pare un design ottimale da quel punto di vista. Idealmente non dovrebbe essere il contrario?
Stefano Micossi
la proposta di Giavazzi et. al è molto sofisticata analiticamente – ma secondo me ha qualche serio problema da risolvere per diventare applicabile.
1. Il MES (o altra istituzione intergovernativa, da negoziare fuori dei trattati europei, immagino) dovrebbe acquistare e poi cancellare debiti pubblici degli stati membri, che verrebbero anche cancellati dalle passività Eurostat dei paesi membri. Non vedo come questa azione possa essere coerente con l’articolo 125 del TFUE – che dice che né l’Unione né gli stati membri possono farsi carico di obbligazioni di qualunque ente pubblico di uno stato membro – nonostante l’impegno dei paesi a pagare un contributo annuo, il cui valore attuale scontato peraltro non comparirebbe come passività nel bilancio degli stati, e sarebbe comunque caratterizzato da un diverso grado di certezza rispetto alle obbligazioni cancellate (essendo un impegno molto prolungato nel tempo).
2. Lo schema in esame si appoggia sull’ipotesi che esista una enorme capacità di indebitamento dell’UE, che viene dedotta dalla buona accoglienza sul mercato dei titoli NGEU. ma questi, come del resto le passività del MES, sono garantiti da restrittive condizioni sull’utilizzo dei fondi sotto stretta sorveglianza della Commissione europea. lo schema in esame invece procede senza altra condizione che quella di “un solido sistema di governance fiscale” e (forse) l’ssegnazione di entrate dedicate. Qui stiamo parlando di emettere titoli e versare agli stati membri qualcosa come due trilioni di euro senza condizioni specifiche, una cosa mai accaduta nella storia dell’Unione. E’ anche da chiedersi se questo possa avvenire senza effetti sull’accettbilità di questi titoli da parte degli inevstitori. Si tratta comunque di qualcosa che dovrebbe essere deciso dal Consiglio europeo – impossibile politicamente anche se la mia obiezione di ‘legalità’ di cui al punto 1 sopra non si applicasse.
3. Lo schema affronta solo in modo indiretto il problema della gestione dei debiti sovrani in pancia alla BCE (contrariamente al mio schema di cui al CEPS PI n. 17 del 2021, dove l’ESM acquista direttamente quei titoli) – dunque non affronta la questione di come evitare che vendite accelerate da parte della BCE per ragioni di politica monetaria creino comunque condizioni disordinate sul mercato dei debiti sovrani di uno o più paesi membri. Servirebbe almeno l’impegno dell’istituzione europea di accelerare gli acquisti in quelle circostanze – ma si genererebbe una strana cconfuzione nelle responsabilità della politica monetaria.
4. Non si capisce a quale titolo la nuova istituzione (o il MES) dovrebeb continuare a comperare titoli sovrani anche dopo la fine della pandemia e degli acquisti pandemici della BCE. Sarebbe un sostegno permanente alla capacità di debito degli stati membri che urterebbe ancora di più contro i vincoli legali e politici sopra descritti.
LBS
Due risposte alle domande che si pongono gli autori non sembrano del tutto convincenti:
1. Gli autori riconoscono che il debito acquistato dall’EDA avrebbe uno statuto privilegiato, ossia in caso di crisi dovrebbe essere rimborsato prima di quello venduto sul mercato e non sarebbe soggetto a ristrutturazione. Questo dovrebbe far aumentare il rischio sul debito residuale, ossia quello non detenuto dall’EDA e rifinanziato sul mercato. Gli autori sostengono tuttavia che tale effetto sarebbe limitato. L’argomento a sostegno di tale tesi è che il premio di rischio si è ridotto dopo l’emissione di nuovo debito europeo per finanziare il NextGEU. L’analogia non è tuttavia calzante. L’emissione di nuovo debito NextGEU ha ridotto gli spread perché ha finanziato una politica di bilancio espansiva, attraverso investimenti pubblici, che ha evitato una recessione protratta nel tempo ed evitato di rendere insostenibile il debito italiano già esistente. In altre parole, il nuovo “debito buono” ha contribuito a rendere sostenibile il vecchio “debito cattivo”. Nella proposta, invece, il debito dell’EDA sostituirebbe debito esistente, emesso sul mercato, al quale di fatto si cambia status – non per niente il tasso d’interesse del nuovo debito con l’EDA è più basso. In altre parole, una parte del debito esistente viene tolto dal mercato e reso senior. L’effetto complessivo può essere limitato se quella parte senior è limitata e se i mercati sono in una situazione di equilibrio stabile, come quella attuale. Tuttavia, nel caso in cui i mercati si spostino, per qualsiasi ragione, verso un equilibrio meno stabile, con rischio di credito in aumento sul debito italiano, il fatto che una parte rilevante dello stock del debito abbia uno status senior può far aumentare ulteriormente il rischio di credito, ossia lo spread, sulla parte rimanente.
2. Si riconosce che il meccanismo proposto non è particolarmente utile fin quando la BCE rinnova i titoli a scadenza e mantiene immutata la dimensione del proprio bilancio, ma dovrebbe invece facilitare il compito della BCE quando uscirà dal programma di acquisti di titoli. La BCE gestisce il proprio bilancio in funzione del suo obiettivo di stabilità dei prezzi. Potrà decidere di ridurre la dimensione del proprio bilancio se riterrà necessario ridurre la base monetaria per evitare una inflazione superiore al 2%. In questo caso, ci si può chiedere se effettivamente la proposta sul tavolo – che consiste nello sterilizzare una parte del bilancio della BCE – rende più facile il compito della BCE e riduce l’impatto di tale politica sui tassi d’interesse sui titoli di stato. Se la BCE vuole ridurre il suo bilancio ma non può farlo attraverso il non-rinnovo dei titoli in scadenza, lo farà in altro modo, non rinnovando altri titoli, come le obbligazioni private ad esempio, oppure riducendo il finanziamento al sistema bancario. L’effetto di questa politica sui tassi d’interesse dei titoli di stato sarà diverso? Non è detto. E’ possibile uno scenario nel quale una riduzione del finanziamento del sistema bancario si tradurrebbe in una riduzione del carry trade delle banche con i titoli di stato e pertanto in un minor acquisto di titoli da parte del mercato, con conseguente aumento dei tassi. Una altra opzione sarebbe la riduzione dei titoli meno liquidi nel bilancio della BCE, come quelli privati, che potrebbe produrre anche in questo caso effetti indesiderati sui mercati finanziari. In sintesi, non è detto che riducendo i margini di manovra della BCE nella fase restrittiva si ottenga il risultato migliore in termini di “frammentazione” dei mercati finanziari.
Una ultima osservazione riguarda la fattibilità politica della proposta, anche alla luce delle recenti discussioni sull’utilizzo del MES, incluso quello sanitario. L’intervento dell’EDA, in analogia con quello del NextGEU, è difficilmente pensabile in assenza di condizionalità, per giustificare la riduzione del costo del debito. Ciò solleva problemi politici complessi riguardo a tale condizionalità, la sua governance e l’accettabilità da parte dei diretti interessati.
Last but not least, come si è visto nel caso del NextGEU, non vi è un incentivo per tutti i paesi ad usare il meccanismo, perché difficilmente i paesi a rating più elevato potrebbero ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato (più uno spread minimo per assorbire i costi). Il rating tripla A non basta per garantire condizioni di rendimento più vantaggiose. Il rischio, alla fine, è che anche l’EDA venga usato solo per il debito di alcuni paesi.
LBS
Emanuele
Io trovo la proposta molto interessante, certamente da affinare in alcuni aspetti, che certamente risentirebbero anche di contrattazioni in sede politica: credo la direzione sia quella giusta. A prescindere il tecnicismo, una cosa è certa: dobbiamo andare a disinnescare la mina “debito sovrano Italia” che presto o tardi tornerà preponderante. Dopo la crisi pandemica, con il problema della sicurezza fuori la porta di casa, una crisi finanziaria sul debito sovrano determiberebbe la morte dell’europa ed una grave crisi finanziaria, sociopolitica. Tuttavia, seguendo l’adagio “I know my chickens” credo che si dovrebbe limitare al massimo il fenomeno del moral hazard. Il confine è molto labile.