Il blocco dell’export dei prodotti alimentari dovuto alla guerra in Ucraina avrà conseguenze gravissime nei paesi mediorientali e nordafricani. Perché sono diventati dipendenti da Mosca e Kiev per il grano, dimenticando la sicurezza alimentare interna.
La dipendenza non è solo energetica
La guerra in Ucraina ha portato con sé la consapevolezza della forte dipendenza degli stati dell’Unione europea dai due paesi coinvolti nel conflitto. Come già spiegato in un altro articolo, Russia e Ucraina rappresentano – o meglio rappresentavano – due dei maggiori esportatori verso l’Ue di materie prime, come gas naturale e petrolio, ma anche di prodotti agricoli. Infatti, se gas e petrolio sono le voci più importanti, Mosca è anche il primo esportatore mondiale in una varietà di settori, come quello dei cereali, con quote di mercato in aumento, mentre dall’Ucraina arrivano mais e oli vegetali.
La guerra ha forti conseguenze sull’export di questi prodotti. Mentre l’Ue e altri paesi avanzati hanno la possibilità di diversificare i propri partner, per altri paesi – come quelli nordafricani e mediorientali – il blocco delle esportazioni e il conseguente aumento dei prezzi dei beni alimentari di base avrà un effetto gravissimo, profilando una complessa crisi alimentare.
La crisi alimentare in Medio Oriente e Nord Africa (Mena)
Non è la prima volta che il Medio Oriente conosce carestie e un rapido aumento del prezzo di beni alimentari di base, come il pane. Già dagli anni Settanta e Ottanta, sono scoppiate numerose rivolte contro il caro vita, soprattutto in Egitto, Tunisia e Marocco. Più di recente, ci sono stati i movimenti popolari delle cosiddette “primavere arabe” in diversi paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente. Il malcontento popolare era motivato da varie ragioni: la mancanza di una vera tutela per la libertà di espressione, i soprusi delle polizie nazionali, l’onnipresente corruzione, la crescita costante del tasso di disoccupazione e il costo della farina.
Fin dai tempi antichi, il Medio Oriente è considerato la terra del grano e dell’agricoltura. Oggi, tuttavia, la situazione è ben diversa. Decenni di guerre, accompagnati da una pervasiva presenza della corruzione – generale e nei settori specifici – hanno portato cambiamenti irreversibili in questa florida zona.
A causa del riscaldamento globale, le stagioni diventano sempre più precarie. Le eccezionali ondate di calore d’inizio 2021 hanno ridotto di quasi il 40 per cento la produzione algerina di cereali, mentre nel gennaio 2022 il Marocco è stato colpito dalla più grave siccità degli ultimi trent’anni.
Il problema della dispersione idrica, accompagnato da una malagestione del riciclo di rifiuti, ha severamente minato la capacità di irrigare le zone rurali con acqua pulita. Il dirottamento dei fiumi avvenuto durante la guerra civile in Libano (1975-1990) ha permesso alla Siria di irrigare la Piana di Homs, lasciando però a secco parte della valle della Bekaa libanese. Allo stesso tempo, Israele e Arabia Saudita sono riusciti nell’impossibile: irrigare i campi in zone desertiche. Grazie a grandi investimenti nella tecnologia, si possono degustare i pomodori ciliegini coltivati con l’agricoltura a goccia, essenziale per il risparmio delle risorse idriche.
Le conseguenze della guerra in Ucraina
Con lo scoppio della guerra in Ucraina, i paesi arabi si trovano a far fronte all’ennesima crisi: quella alimentare. Paesi come Yemen, Libia e Siria ne hanno già avuto prova a causa dei conflitti interni in corso da dieci anni, tanto che oggi soffrono del problema della malnutrizione infantile, diventato una costante.
La Figura 1 mostra la dipendenza dalle importazioni di grano dalla Russia e dall’Ucraina per alcuni paesi del Medio Oriente e Nord Africa.
Secondo Arab Reform Initiative, il consumo pro-capite di grano nei paesi arabi è di 128 chili all’anno, il doppio rispetto alla media mondiale di 65 chili annui. Il pane è una componente essenziale nella vita quotidiana dell’area Mena, e, pur a fatica, iniziano a comparire fonti alternative per far fronte alle carenze di materie prime. Resta però il fatto che la dipendenza dal grano ucraino e russo potrebbe dar luogo a una emergenza alimentare: dalla Russia viene infatti importato il 34,4 per cento del grano e dall’Ucraina il 16 per cento.
Va aggiunto che Kiev esporta il 95 per cento del suo grano tramite il Mar Nero, con più del 50 per cento diretto verso l’area Mena nel 2020. Con il blocco dei porti di Odessa e Mariupol, dal 24 febbraio 2022 i prezzi del mercato del grano nel mondo arabo sono già aumentati quasi del 40 per cento.
La situazione in Libano
Tutti i paesi della regione faticano a trovare altri esportatori di grano. Le situazioni più complesse si registrano in Siria e Yemen, dove la popolazione è stata decimata da lunghe guerre. Il World Food Programme prefigura un’imminente catastrofe, specialmente per quanto riguarda lo Yemen.
La situazione in Libano merita un discorso a parte. In soli due anni il valore della lira libanese è passato da un cambio fisso di 1.500 LBP per un dollaro a 24.000. Il salario mensile minimo oggi si attesta intorno ai quaranta euro, rendendo impossibile per la maggior parte della popolazione l’acquisto di generi alimentari. A causa della pandemia, si è interrotto il flusso di denaro estero, il cosiddetto fresh money. E, nel giro di un anno, il tasso di inflazione ha raggiunto il 215 per cento.
Il 4 agosto 2020, il porto di Beirut è stato teatro della più grave esplosione non di origine nucleare della storia. Nel giro di pochi minuti 400 mila persone sono rimaste senza casa, l’intero sistema sanitario nazionale è stato sommerso di richieste. Scuole, ospedali, case sono stati distrutti o seriamente danneggiati. Per ironia della sorte, il simbolo del porto – i silos del grano – è ancora in piedi. Il governo vuole ora demolirli, ma nell’agosto 2020 contenevano l’85 per cento delle riserve strategiche di grano, che sono andate perse con l’esplosione. Ora, il Libano è ancora più fragile, aggiungendo l’ennesimo problema alla lunga lista di un popolo martoriato.
Nella speranza che si arrivi presto a un cessate il fuoco duraturo ed efficace, il Medio Oriente è tra i primi a soffrire delle ricadute della guerra in Ucraina. Anni di corruzione hanno portato i governi a una crescente dipendenza da Ucraina e Russia, a scapito della sicurezza alimentare interna. Mancano gli investimenti per le infrastrutture di stoccaggio e produzione, condannando le popolazioni locali a una crescita smodata del consumo di pane e all’impossibilità di produrlo.
Con grande probabilità tutto ciò porterà a una terza ondata dei moti delle primavere arabe. È perciò molto urgente attivare l’aumento delle aree coltivabili a cereali, anche e soprattutto in Europa, con l’immediato utilizzo dei terreni a riposo e la sospensione del set-aside.
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Rita
molto interessante … complimenti