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Riforma fiscale verso lo status quo

Con un nuovo testo concordato tra i partiti della maggioranza, riprende il percorso parlamentare della legge delega sulla riforma fiscale. I cambiamenti apportati rischiano di far prevalere uno status quo che tutti giudicano complesso, iniquo e inefficiente.

Il nuovo testo

Il disegno di legge delega sulla riforma fiscale, dopo un’accesa discussione in Commissione finanze della Camera e la successiva intesa tra i partiti di maggioranza, si appresta a riprendere l’iter parlamentare significativamente modificato rispetto al testo presentato dal governo a ottobre.

Vi sono alcuni cambiamenti positivi, tra cui l’esplicito richiamo al pieno utilizzo delle banche dati e alla loro interoperabilità, ai fini di contrasto dell’evasione. Ma prevalgono quelli negativi e la valutazione complessiva è che si stia perdendo l’opportunità di fare quella riforma fiscale di cui il paese avrebbe bisogno per una crescita equa e sostenibile, con il rischio che alla fine tenda a prevalere lo status quo.

Si abbandona il sistema duale

Il testo originariamente proposto dal governo aveva un chiaro schema di riferimento per la tassazione dei redditi: un sistema “compiutamente” duale. Piaccia o no, rispetto ad altri modelli di riferimento (reddito-entrata o reddito-spesa) quello duale è un sistema di tassazione che, se coerentemente strutturato, combina buone caratteristiche di equità ed efficienza. Tutti i redditi di capitale (inclusi quelli derivanti da capitale immobiliare e quelli generati nell’ambito del lavoro autonomo e di impresa) sono tassati con un’unica aliquota proporzionale e tutti quelli di lavoro, di qualsiasi tipologia, con l’imposizione progressiva. Adottare un sistema “compiutamente” duale avrebbe voluto dire ampliare le basi imponibili dei redditi di lavoro e capitale e uniformare i trattamenti distintamente per i due comparti. In linea generale, ciò avrebbe voluto dire eliminare i molteplici regimi agevolati che erodono le basi imponibili e l’imposta, tra cui: la tassazione forfetaria di gran parte dei lavoratori autonomi e degli imprenditori individuali; l’esenzione del reddito agrario e altre agevolazioni riguardanti i redditi di lavoro (per fare qualche esempio, premi di produttività, lezioni private, rientro dei cervelli); la tassazione agevolata sulle locazioni immobiliari, sui rendimenti dei titoli di Stato e su altri prodotti finanziari (ad esempio, Pir e previdenza integrativa).

L’accordo raggiunto, invece, abbandona il riferimento al sistema duale: ci si limita soltanto a una progressiva revisione del trattamento fiscale dei redditi personali derivanti dall’impiego di capitale e una progressiva armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio; si ribadisce la distinzione tra redditi di capitale immobiliare e mobiliare; per i redditi di lavoro autonomo, si conferma il regime forfetario delle partite Iva, che sembra assumere il rango di elemento strutturale del nostro ordinamento. Come dire, tutto è cristallizzato o rinviato e intanto possono rimanere i diversi regimi e le aliquote differenziate attualmente vigenti, con buona pace del principio di equità orizzontale, a parole enfatizzato dalla stessa delega.

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Revisione del catasto più incerta

Di catasto si è discusso molto. Nonostante le rassicurazioni del governo, che nel testo presentato escludeva ogni riflesso della riforma sulle imposte dovute, si è deciso di abbandonare l’esplicito riferimento ai valori patrimoniali di mercato, che assieme alle nuove rendite, avrebbero dovuto costituire il nuovo catasto. Si pensa soltanto di affiancare alle attuali rendite un ulteriore valore di rendita catastale calcolato secondo i criteri previsti dal Dpr 138/98. Questi ultimi contemplano la revisione delle zone censuarie, l’articolazione in microzone per i comuni, il passaggio al metro quadrato come unità di misura delle tariffe d’estimo e la determinazione della nuova rendita sulla base dei canoni annui ordinariamente ritraibili e della redditività media applicata ai valori patrimoniali (che rientrano, quindi, indirettamente in gioco). L’applicazione di queste norme è stata finora disomogenea fra comuni, ma anche complessa e controversa. Non è servita, finora, ad aggiornare il catasto. È auspicabile che i decreti attuativi, grazie anche al rafforzamento delle modalità di collaborazione tra Agenzia delle entrate e comuni, previsto nella nuova versione della delega, possano comunque consentire di avviare un percorso credibile per un catasto aggiornato, basato su dati realistici sia reddituali sia, auspicabilmente, patrimoniali.

Un quadro di vincoli più stringenti

Il testo originario del disegno di legge già prevedeva che la riforma non dovesse comportare, nel suo complesso, maggiori oneri per la finanza pubblica, cioè non fosse finanziata con indebitamento. La versione emendata prevede, in aggiunta, che dall’attuazione della delega non possa comunque derivare un aumento della pressione tributaria rispetto a quello eventualmente determinato dall’evoluzione della legislazione vigente. Il nuovo vincolo cancella qualsiasi spazio per una revisione della fiscalità che consenta di finanziare i tanti e nuovi bisogni collettivi aggravatisi con le crisi recenti, anche con nuove imposte “virtuose”, ad esempio per finalità ambientali. Se riforma fiscale sarà, questa dovrà finanziare i previsti interventi di riduzione del prelievo (la progressiva eliminazione dell’Irap e, più in generale, l’alleggerimento del carico fiscale sui redditi derivanti dall’impiego dei fattori della produzione) con recuperi di evasione o tagli delle spese pubbliche non facili da realizzare, oppure con operazioni di ricomposizione del prelievo (per esempio, tra imposte dirette e indirette) che si scontrano però con la resistenza delle singole categorie di contribuenti-elettori interessati. La strada è stretta e il rischio che alla fine nulla cambi è elevato, soprattutto se la parità di pressione tributaria venisse interpretata in maniera categoriale. Alcuni segnali in questa direzione sono già chiari nella delega: si prevede, per esempio, che una quota del recupero di evasione nel comparto immobiliare sia specificamente destinato alla riduzione delle imposte sugli immobili e che gli eventuali recuperi di gettito derivanti dal riordino di deduzioni e detrazioni Irpef vadano a riduzione della stessa Irpef. Questi vincoli limitano gli spazi di ricomposizione del prelievo e di revisione complessiva del sistema tributario.

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Una sintesi deludente

In sintesi, c’è la possibilità che la riforma finisca soltanto in un’occasione persa. La delega era stata preceduta da un amplissimo ciclo di audizioni promosse dalle Commissioni finanze di Camera e Senato, da cui sono emerse rilevanti analisi e indicazioni. Il testo originario proposto dal governo, per quanto carente di molti criteri direttivi, prevedeva alcuni principi ragionevoli per guidare una riforma coerente e organica. Ora la coerenza sembra essere venuta meno, lasciando un testo con pochi interventi, per lo più di rilievo marginale, e di fatto confermando uno status quo che tutti a parole riconoscono complesso, iniquo e inefficiente.

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Il Punto

  1. Belzebu'

    In un paese dove parlamentari e istituzioni repubblicane, non ubbidiscono alla sovranità popolare dei cittadini, ma al contrario, ascoltano e seguono il proprio tornaconto, trattenendo, uniti , la legislatura affinchè non scappi di mano e poter predare pensione o vitalizio, esentasse, dopo soli pochi mesi di contributi, peraltro pagati dai cittadini, come si puo’ pensare a riforme fiscali che possano legittimare il prelievo di denaro da chi lavora?

  2. Giuliano

    Con l’invecchiamento del patrimonio immobiliare, con il calo demografico, con l’incremento delle esportazioni di prodotti agricoli d’eccellenza, specialmente vini e prosecchi, per non parlare dell’alta velocità e del turismo extra Ue che non esistevano negli anni 80 quando sono stati definiti i valori catastali, la mancata revisione dei valori dei terreni e degli immobili ed il loro utilizzo ai fini delle imposte sta assumendo contorni sempre più grotteschi se non anticostituzionali.
    Poi lo stesso reddito deve essere tassato nello stesso modo: una snc che affitta un negozio scarica i costi e l’imu, la persona fisica no.
    Poi incredibile è la distinzione fra redditi di capitale e redditi diversi: ho ricevuto delle azioni gratuite e mi sono state tassate ancor prima della vendita perché sono in regime amministrato e per poco non finiva in rosso il conto mentre se ero in risparmio gestito non succedeva niente.
    Anche l’approccio duale è un approccio all’italiana: in Inghilterra i dividendi sono distinti dal resto degli altri redditi ma sono soggetti a scaglioni.

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