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Dove costruire gli asili nido del Pnrr?*

Per l’assegnazione delle risorse destinate dal Pnrr alla costruzione di asili nido, il Ministero ha scelto una procedura “dal basso”. Ma così si indebolisce l’obiettivo di offrire il servizio a tutti i bambini, indipendentemente da dove risiedano.

Gli asili nido nel Pnrr

Il Ministero dell’Istruzione ha di recente pubblicato l’elenco dei progetti di costruzione e di riqualificazione degli asili nido che saranno finanziati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Poiché il potenziamento dei servizi per la prima infanzia è una delle flagship del nostro Piano è interessante fare il punto sul “dove siamo arrivati” nella sua attuazione, prima che inizi la fase dell’effettiva costruzione delle opere infrastrutturali (da concludere entro giugno 2026).

Il Pnrr ha stanziato 2,4 miliardi per interventi infrastrutturali per i bambini in età 0-2 anni con l’obiettivo di realizzare 152 mila posti necessari al raggiungimento del target europeo del 33 per cento di copertura. Come per molte altre linee di intervento, il Pnrr non ha allocato direttamente le risorse per gli asili mediante un piano deciso e gestito a livello centrale, ma ha scelto di affidarsi a un avviso pubblico rivolto ai comuni chiamati a presentare progetti per le nuove opere tra cui, sulla base dei criteri fissati dal Ministero, selezionare quelli da finanziare.

La scelta di procedere “dal basso” è stata però in qualche misura centralmente “corretta” prevedendo non la formazione di un’unica graduatoria nazionale dei progetti ma una procedura articolata in due fasi: prima il Ministero ha allocato il totale delle risorse tra i vari territori regionali e poi ha stilato specifiche graduatorie sui progetti presentati dai comuni di ciascuna area entro i budget regionali. La finalità della pre-allocazione è chiara: tutelare i comuni con minore capacità progettuale o in cui più debole è la sensibilità politico-culturale verso il potenziamento del servizio asili nido (tipicamente quelli del Mezzogiorno) dalla “concorrenza” dei comuni che a livello nazionale dimostrano maggiore capacità di rispondere prontamente al bando (tipicamente quelli del Centro-Nord).

Per la fase di pre-allocazione, il decreto del Ministero del 2 dicembre scorso ha ripartito tra aree regionali i fondi complessivi secondo due criteri: il divario (non meglio specificato) nell’offerta di servizi per la fascia 0-2 anni e la proiezione della medesima popolazione al 2035. Concretamente i divari nell’offerta del servizio sono stati commisurati non tanto rispetto all’obiettivo del 33 per cento quanto al livello massimo di copertura realizzato nel paese (il 43 per cento della Valle d’Aosta) con il risultato di includere nell’allocazione dei budget anche territori che già oggi raggiungono una copertura maggiore del 33 per cento.

L’avviso pubblico del Ministero sempre del 2 dicembre 2021 ha poi fissato i criteri per l’individuazione dei progetti da finanziare entro i budget regionali: il divario nell’offerta del servizio rispetto all’obiettivo del 33 per cento, ma anche altri criteri come ad esempio la tipologia di intervento (nuova costruzione, riconversione di edifici, e così via) o la localizzazione del comune in aree interne, montane o isolane.

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La raccolta dei progetti

La fase della raccolta dei progetti presentati dai comuni è stata assai tormentata. Alla scadenza fissata inizialmente del 28 febbraio erano giunte richieste per meno del 49 per cento del totale stanziato (con i comuni di Sicilia, Basilicata e Molise in particolare ritardo). Si è dovuto posticipare il termine del bando mentre il governo si attivava per sostenere sul piano tecnico i comuni nella predisposizione di nuovi progetti. Ma anche alla nuova scadenza circa 400 milioni restavano non allocati costringendo a riaprire nuovamente i termini per i comuni delle regioni del Mezzogiorno. Il 16 agosto è stata finalmente pubblicata la graduatoria, anche se si tratta di numeri che possono subire variazioni perché molti progetti sono ammessi con riserva (cioè necessitano di documentazione integrativa per essere definitivamente accolti) e per alcuni sono possibili rimodulazioni dell’importo.

La prima colonna della tabella 1 riporta la distribuzione tra territori regionali degli importi dei progetti in graduatoria ammessi al finanziamento. Risultano assegnate tutte le risorse stanziate con una distribuzione tra regioni che ovviamente segue da vicino le assegnazioni dei budget regionali. Il 55,1 per cento delle risorse va ai comuni del Mezzogiorno, superando così la riserva del 40 per cento a favore del Sud prevista per tutti i fondi Pnrr. Emerge, però, e non stupisce dati i criteri previsti dal decreto e dall’avviso pubblico, che ben il 20 per cento dei fondi è assegnato a progetti presentati da comuni dove già la copertura del servizio supera l’obiettivo del 33 per cento, mentre soltanto il 19,6 per cento va ai comuni che oggi non forniscono il servizio.

Tre scenari

Per tentare di cogliere l’effetto prodotto dallo schema adottato dal Ministero sull’attribuzione dei fondi si possono confrontare i progetti effettivamente finanziati con quanto sarebbe risultato in scenari alternativi. Il primo scenario alternativo (colonna 2) considera l’insieme dei progetti che sarebbero stati finanziati applicando gli stessi criteri del bando, ma nell’ambito di una graduatoria nazionale, senza cioè fissare in via preliminare i budget regionali.

Anche nel secondo scenario alternativo (colonna 3) la graduatoria è unica, a livello nazionale, ma per individuare i progetti da finanziare si applica soltanto il riferimento al divario rispetto all’obiettivo del 33 per cento, cioè un puro criterio del fabbisogno.

Infine, il terzo scenario alternativo (colonna 4) è basato sull’idea di allocare le risorse complessive Pnrr tra tutti i comuni – e non solo tra quelli che hanno effettivamente presentato progetti – sempre in proporzione ai soli divari nei livelli di copertura attuali del servizio rispetto al 33 per cento. Si vorrebbe in questo modo avvicinarsi all’allocazione che avrebbe potuto derivare da un piano nazionale dei nidi formulato e gestito dal centro, che avesse come unico obiettivo quello di garantire un livello standard di infrastrutturazione in tutto il territorio nazionale, indipendentemente dall’iniziativa dei comuni, nella prospettiva di inserire pienamente i nidi nel sistema educativo nazionale.

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Passando dalla graduatoria effettiva allo scenario alternativo 1, l’allocazione dei finanziamenti rimane pressoché invariata: cancellare le pre-allocazioni regionali fa rientrare in graduatoria alcuni progetti in specifici territori (Emilia-Romagna, Umbria e Lazio), ma si tratta di variazioni limitate. Al contrario, il confronto della graduatoria effettiva con gli scenari alternativi 2 e 3 evidenzia chiaramente la capacità di questi ultimi schemi di garantire un maggior targeting nell’assegnazione delle risorse rispetto all’obiettivo di ridurre i ritardi dei comuni nella fornitura dei nidi. La percentuale dei comuni assegnatari con copertura già oggi superiore al 33 per cento ovviamente si annulla mentre cresce la quota di risorse attribuite ai comuni senza il servizio (da 19,6 per cento della graduatoria effettiva a 23,8 per cento e a 26,2 per cento delle alternative 2 e 3 rispettivamente) così come la percentuale di fondi a favore del Mezzogiorno (da 55,1 per cento a 61,2 per cento e 61,8 per cento).

È probabile che la procedura di finanziamento “dal basso” adottata dal Ministero, insieme con la considerazione degli altri criteri, sia stata motivata da un lato da non obbligatorietà del servizio e dall’altro dalla necessità di garantirsi una maggiore certezza sulla “cantierabilità” dei progetti alla fine selezionati e finanziati, sulla spinta dei tempi stretti imposti dal Pnrr. Ma ciò a scapito dell’obiettivo centrale dell’intervento: quello di offrire il servizio del nido a tutti i bambini italiani indipendentemente da dove risiedano, che ne è risultato fortemente indebolito.

*Le idee e le opinioni espresse nell’articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non investono la responsabilità dell’Istituto di appartenenza

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  1. Antonio Chiavacci

    Ma poi a che serviranno questi asili al sud se l’80% delle mamme fa la casalinga per scelta di vita e non ha nessuna intenzione di trovarsi un’occupazione.
    Va bene ripartire le risorse ma spendiamole dove portano un beneficio.

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