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Inflazione protagonista nella Nadef 2022

Rispetto al Def, la Nadef riporta un minore indebitamento netto, grazie all’incremento delle imposte indirette. Forse sarebbe stato meglio prevedere meccanismi di sterilizzazione dell’inflazione sul gettito Iva, anziché redistribuire poi quello in più.

I conti della Nadef

Ad agosto 2022 si è registrata un’inflazione senza precedenti rispetto agli ultimi anni: la variazione annua dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) ha raggiunto il 9,1 per cento e quella dell’inflazione di fondo (cioè l’indice dei prezzi al netto dell’energia e degli alimentari freschi) il 4,9 per cento (figura 1). L’inflazione ha continuato a crescere anche a settembre 2022 e probabilmente è destinata ad aumentare ancora. La nota di rilievo è che non può più essere imputata solo agli input energetici, ma si sta trasferendo anche agli altri settori dell’economia. Per la pubblica amministrazione ciò potrebbe significare, in prospettiva, aumenti di spesa sui beni intermedi e sul pagamento di stipendi.

Figura 1 – Ipca e inflazione di fondo, variazioni percentuali rispetto allo stesso mese dell’anno precedente

Le previsioni delle entrate finali della Nadef (Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza) sono cresciute di 41,1 miliardi rispetto a quelle del Def. La gran parte dell’incremento è dovuto alle entrate tributarie (+36,6 miliardi). Mentre dal lato delle spese sono aumentate le previsioni dei consumi intermedi (+55,5 miliardi), della spesa per interessi (+21,1 miliardi) e di altre spese correnti (+23,1 miliardi), dovute a maggiori sussidi a imprese e famiglie. Tuttavia, le maggiori spese sono controbilanciate da una diminuzione delle prestazioni sociali di 47,1 miliardi. Sono venuti meno parte degli ammortizzatori sociali che erano stati necessari per affrontare la crisi del mercato del lavoro dovuta al Covid. Inoltre, vi è stata una diminuzione delle previsioni di spesa in conto capitale di 16,6 miliardi, dovuta a ritardi nella progettazione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Rimangono sostanzialmente invariati i redditi da lavoro dei dipendenti della Pubblica Amministrazione. La variazione in termini assoluti dell’indebitamento netto fissato nella Nadef rispetto a quanto riportato nel Def è pari a circa 9 miliardi di euro.

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È ragionevole assumere che una quota della crescita delle imposte indirette ad valorem (di cui l’Iva rappresenta il 76 per cento) della Nadef rispetto al Def sia da mettere in relazione all’incremento medio di inflazione da aprile ad agosto 2022, pari all’1,95 per cento. Quindi 4,1 miliardi del gettito da imposte indirette ad valorem deriverebbero dalla crescita dell’inflazione. Nel caso in cui l’incremento non ci fosse stato, i 9 miliardi in più che la Nadef libera rispetto al Def si sarebbero ridotti a 4,9 miliardi; di conseguenza, il deficit/Pil sarebbe stato di 5,3 punti percentuali e non di 5,1 come risulta dalla Nadef.

È importante allora tener conto del fatto che il minor indebitamento netto della Nadef rispetto a quello previsto nel Def è dovuto per quasi la metà all’incremento dell’Iva, che gli italiani pagano sull’aumento dei prezzi dei beni e servizi acquistati.

Forse, in questo periodo di inflazione eccezionale, sarebbe stato opportuno prevedere meccanismi di sterilizzazione dell’inflazione sul gettito Iva, anziché raccogliere gettito in più per poi doverlo redistribuire, secondo criteri magari non condivisi da tutti. Bisogna anche fare attenzione alle previsioni per 2023 o 2024 su cui, se l’inflazione così alta dovesse persistere, potrebbe subentrare un incremento di spesa. Questo sarebbe generato da un adeguamento all’inflazione dei redditi da lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione, che potenzialmente potrebbe annullare l’incremento di gettito IVA dovuto all’inflazione.

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Il Punto

  1. Savino

    Ci vogliono meccanismi come la scala mobile oltre al controllo dei prezzi perchè l’impennata è di una speculazione ingiustificabile anche rispetto alla situazione bellica ed energetica.

  2. Roberto Convenevole

    Condivido il suggerimento in merito alla sterilizzazione dell’inflazione sul gettito IVA. Ma questo presuppone un grande sforzo analitico che non si può pretendere facciano i burocrati del Ministero dell’Economia che non sempre usano il cervello. Mi viene in mente Alberto Zuliani (ex presidente ISTAT) che mi ha insegnato che “usare il cervello è la cosa più difficile”! Ho interpellato il mio professore che mi ha spiegato che i vari documenti che partorisce il Ministero sono ad uso e consumo di Bruxelles; e che sono oramai molti anni che all’Economia nessuno si occupa di politica fiscale, nonostante esista un Dipartimento apposito. In tale situazione che fare? Invece di prendere in considerazione l’IVA lorda dei documenti ministeriali, calcolatevi l’IVA di competenza economica su base trimestrale. Le informazioni necessarie esistono; vanno solo cercate. Se non lo fate, bisognerà aspettare aprile 2023 allorché l’ISTAT partorisce il “Conto consolidato della PA”. La metodologia per arrivare all’IVA di competenza economica è riportata nella Tabella 1.4 del testo “La materia oscura dell’Iva, edizione 2011”. Provate a chiedere ad Alessandro Santoro; altrimenti contattatemi e ve la mando. Affermate che l’IVA sia un’imposta reale però considerate un gettito che è solo virtuale. Dovete passare dall’Astrazione mentale (IVA lorda) all’Astrazione reale (Iva di competenza economica). Perché come scrisse Roberto Finelli anni fa. L’IVA rappresenta sul versante fiscale l’Astrazione del mercato. È questo che rende l’IVA l’imposta più importante del sistema fiscale e quindi la Madre di tutte le evasioni.

  3. Giacomo

    La proposta è di difficilissima attuazione pratica ma ampiamente condivisibile. Il meccanismo dell’IVA accentua l’impatto dell’aumento dei prezzi alla produzione sui prezzi finali per i consumatori. E continuare a distribuire prebende aggiunge solo distorsioni a distorsioni.

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