Le spese effettivamente sostenute per l’attuazione del Pnrr sono inferiori alle previsioni. Ma mancano informazioni su quali siano le aree di intervento in difficoltà. Una maggiore trasparenza renderebbe più significativo il dibattito intorno al Piano.
Come monitorare il Pnrr
Il confronto politico di questi giorni sui ritardi nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sulla loro responsabilità e sulle misure correttive da attuare è difficilmente comprensibile all’opinione pubblica. La realizzazione del Piano è in ritardo rispetto a che cosa? Quali sono gli interventi più in affanno? E di chi sarebbe la responsabilità? Il problema è che l’informazione ufficiale sullo stato di avanzamento del Piano è, come ripetutamente denunciato, per molti aspetti incompleta e poco trasparente, il che rende tutta la partita del Pnrr difficilmente valutabile.
La realizzazione del Pnrr può essere monitorata da due differenti prospettive. La prima è quella del raggiungimento dei milestone (di natura qualitativa) e dei target (di natura quantitativa) semestrali a cui si collegano le scadenze per l’erogazione delle rate di finanziamento da parte della Commissione europea. Da questo punto di vista, il Piano è stato finora integralmente attuato. Le condizioni relative alle scadenze di fine 2021 e metà 2022 sono state tutte soddisfatte. La maggior parte dei traguardi raggiunti finora è di natura normativa e procedurale (riforme, provvedimenti di assegnazione di risorse, e così via). A partire dal 2023 cominceranno a prevalere i target consistenti in risultati effettivamente misurabili, in lavori concretamente eseguiti, che sono una sfida assai più difficile sul piano delle effettive capacità di realizzazione e delle possibilità di verifica.
Il finanziamento erogato dalla Commissione europea in relazione ai milestone e target raggiunti è arrivato a quasi 70 miliardi. È un ammontare che segue regole europee ed è indipendente dalle previsioni annuali di avanzamento della spesa e ancor di più dalle spese effettivamente sostenute. E qui sta la seconda prospettiva, assai meno confortante della prima, rispetto a cui può essere monitorato il Pnrr.
Spese programmate e spese effettivamente sostenute
La Nadef 2022 (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza) dello scorso settembre indica che nel 2020-2021 sono stati spesi soltanto 5,5 miliardi di euro sui 18,5 inizialmente previsti nel Def 2021 (aprile 2021). Il 2022 si chiuderà, sempre secondo la Nadef, con una spesa di 15 miliardi sui 28,7 originariamente programmati e sui 29,4 ipotizzati nel Def 2022 non più tardi dell’aprile scorso (tabella 1). Come ulteriore campanello d’allarme il ministro Fitto ha dichiarato nei giorni scorsi che la spesa a fine anno sarà distante da quanto previsto per il 2020-2022 dall’ultima Nadef.
Di conseguenza, la mancata spesa fino al 2022 di 26,7 miliardi è stata rimandata, sempre a guardare la Nadef 2022, agli anni finali 2024-2026, nei quali la spesa ora prevista cresce ulteriormente rispetto ai volumi già assai rilevanti inizialmente programmati. Ma quello che impressiona è il cambio di passo adesso previsto per il 2023 rispetto al 2022: se nelle valutazioni iniziali la spesa nel 2023 avrebbe dovuto aumentare del 38 per cento, ora la crescita diventa uno scalone di ben il 173 per cento. Un’accelerazione che preoccupa in relazione alle effettive capacità realizzative delle amministrazioni coinvolte, soprattutto degli enti locali.
La Nadef 2022 e l’ultima Relazione sullo stato di attuazione del Pnrr (5 ottobre) motivano gli slittamenti della spesa con due ordini di considerazioni. La prima è che le spese effettivamente realizzate sono in realtà maggiori di quelle contabilizzate per i ritardi di registrazione del sistema Regis, l’infrastruttura progettata dalla Ragioneria generale dello stato per la gestione e il monitoraggio del Pnrr, che è ancora largamente incompleta. La seconda, più sostanziale, è che la concreta attuazione dei progetti del Piano si sta rivelando più complessa del previsto: il ritardato avvio di alcuni progetti riflette, oltre ai tempi di adattamento alle procedure innovative del Pnrr, gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche.
Dove si concentrano le criticità
Sarebbe assai interessante capire in quali aree di intervento si concentrino di più le criticità e quindi i ritardi nelle erogazioni effettive. Purtroppo, le informazioni ufficiali riportano soltanto dati aggregati sulla spesa finora realizzata e sulle nuove previsioni (tabella 1), senza alcuna articolazione per missioni/componenti/investimenti. Abbiamo tentato di ovviare a queste carenze sfruttando al massimo le (poche) informazioni disponibili. La tabella 2 combina il riepilogo delle spese erogate per alcuni macro-ambiti di intervento del Piano (complessivamente otto voci più una residuale) fino al 31 agosto 2022 riportato nell’ultima Relazione sullo stato di attuazione con le uniche previsioni di spesa 2020-2026 disaggregate per singola linea di intervento e per anno (285 tra misure e sub-misure) ufficialmente pubblicate, quelle presentate nel portale “Italia.domani” (che non si discostano significativamente dai dati aggregati esposti nella Nadef 2021). In particolare, l’ultima colonna della tabella riporta una misura del tasso di realizzazione per ciascun macro-ambito calcolato come rapporto tra la spesa effettivamente erogata fino ad agosto 2022 e quella prevista a tutto 2022 (una misura corretta del tasso di realizzazione dovrebbe naturalmente tener conto anche della spesa aggiuntiva da settembre fino a fine 2022, che tuttavia, secondo le dichiarazioni del ministro Fitto, potrebbe rivelarsi contenuta).
I tassi di realizzazione mostrano differenze macroscopiche tra i diversi ambiti di intervento segnalando criticità specifiche. Spicca innanzitutto la spesa per ecobonus e sismabonus che, per la parte finanziata dal Pnrr, ha più che doppiato le previsioni di erogazioni per il 2020-2022. Va sottolineato tuttavia che le due misure sono state attivate prima dell’avvio del Pnrr e sono attribuite ai beneficiari secondo regole e procedure stabilite al di fuori delle logiche di assegnazione delle risorse del Piano.
Guardando alle misure più propriamente riferite al Pnrr, gli interventi nel comparto “Infrastrutture e trasporti” hanno segnato un tasso di realizzazione relativamente elevato, del 60 per cento, certamente sostenuto dai grandi investimenti sulla rete ferroviaria. Maggiori ritardi nelle erogazioni rispetto alle previsioni si sono registrate nel programma Transizione 4.0 (realizzazione al 53 per cento), che ha l’obiettivo di incentivare gli investimenti nella digitalizzazione delle imprese attraverso il riconoscimento di crediti d’imposta. Il rallentamento della spesa su questo programma probabilmente riflette la frenata degli investimenti delle imprese nel 2022 per i colli di bottiglia sul lato dell’offerta nel mercato di microchip e per il deterioramento del quadro economico globale e domestico.
Gli interventi Pnrr su “Scuole innovative e sicurezza degli edifici scolastici” evidenziano un tasso di realizzazione di appena il 28 per cento, riconducibile prevalentemente a ritardi delle regioni nella predisposizione dei piani di edilizia scolastica che hanno contribuito a far slittare l’inizio dei lavori. Molto preoccupanti sono infine i ritardi nei settori di intervento della “Gestione risorse idriche – Riduzione rischio idrogeologico” e della “Digitalizzazione” con tassi di realizzazione tra il 12 e il 2 per cento.
Si tratta di prime evidenze sulle criticità dei vari ambiti del Pnrr che andrebbero verificate e confermate alla luce di un’informazione tempestiva e granulare dello stato di avanzamento della spesa per missioni/componenti/interventi. Da una maggiore trasparenza sull’attuazione del Piano guadagnerebbe certamente il dibattito politico, ma anche il coinvolgimento e la consapevolezza dell’opinione pubblica su una sfida essenziale per il futuro del paese come è il Pnrr.
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Savino
L’impressione è che i fondi non siano nelle mani giuste. Questa sarebbe un’ecatombe per l’Italia. L’accorato appello è a fare in modo che questi soldi arrivino e vengano spesi con puntualità, onestà ed efficienza.
Maurizio Cortesi
Sinceramente questo articolo mi conferma nella profonda avversione ed anzi il disgusto per la pianificazione e i pianificatori, veri tartufi dell’economia e soprattutto della politica: in una autentica Repubblica questi mostri burocratici sarebbero semplicemente incostituzionali. E mi torna il commento sprezzante del sottosegretario socialista Maurizio Sacconi all’allora Ministero del Tesoro (ero di passaggio li da settembre e me ne sono andato a febbraio dell’anno seguente) al crollo di Wall Street dell’autunno del 1987: “Questa è l’economia di carta!”. E che economia è questa dei piani con le annesse relazioni e variazioni, Def e Nadef e Regis ecc., se non labirinti di carte che servono a nutrire schiere di minotauri laureati?
B&B
Dobbiamo renderci conto che le pubbliche amministrazioni non sono in grado di sviluppare progetti perchè gli addetti, per la maggior parte, non sono competenti. I politici ancora meno, Draghi, da economista, se l’è svignata. Pertanto il PNRR sarà la conseguenza di tutte le carenze pubbliche e che nessuno vuole stigmatizzare.
Negli enti locali si assumono i raccomandati dalla politica, in genere, appena laureati per occupare posti burocratici che nulla hanno a che vedere con la pratica dell’ingegneria e dell’architettura che necessita di 10 anni post laurea per formare un professionista autonomo nelle scelte e con pratica di cantiere, che loro negli uffici non hanno mai visto.
Ad ogni modo la colpa dei ritardi non puo’ essere di questo governo. La Meloni non puo’ fare miracoli dopo che le sinistre hanno distrutto il paese.
Penso alla sanità gestita dal ministro Speranza che non si presenta mai a rispondere a render conto, come dimostrato da Formigli, del suo indecente operato.