L’Italia si avvia verso un rapporto debito-Pil tra il 160 e 170 per cento. È un problema anche con tassi di interesse molto bassi. Oggi è necessaria una politica fiscale espansiva, ma va fatta con programmi di spesa utili alla crescita di lungo periodo.
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I dissesti finanziari degli enti locali sono diffusi, con ovvie conseguenze negative per le comunità amministrate. L’integrazione tra l’enorme quantità di dati disponibili e l’intelligenza artificiale permette però di prevederli. E dunque di prevenirli.
Se la crisi politica dovesse precipitare, la Bce non sarà un argine per un eventuale attacco speculativo sul debito italiano. Gli acquisti di titoli pubblici della banca centrale riflettono la dimensione relativa dei paesi, non quella dei loro debiti.
L’Italia è rientrata nel ristretto gruppo dei paesi creditori verso l’estero. Pur con la pandemia, migliora la nostra posizione creditoria e, dunque, la stabilità finanziaria. Il programma di acquisti della Bce ha favorito le attività di imprese e famiglie.
Lo stato stanzia ingenti risorse per dare liquidità al sistema produttivo, ma continua a non pagare i propri debiti verso le imprese. Per spingere le amministrazioni a tenere comportamenti corretti, si dovrebbero prevedere sanzioni e penalizzazioni.
Quantitative easing e monetizzazione del debito sono profondamente diversi per natura e obiettivi. E soprattutto il secondo porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti dell’Europa di oggi: l’indipendenza della banca centrale.