Il Recovery Plan è il più importante piano di politica economica degli ultimi trenta anni. Ma la sua seconda versione è un documento politico senza analisi economica, con obiettivi contraddittori e che non corrisponde a quanto chiede la Commissione.
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Lo stato stanzia ingenti risorse per dare liquidità al sistema produttivo, ma continua a non pagare i propri debiti verso le imprese. Per spingere le amministrazioni a tenere comportamenti corretti, si dovrebbero prevedere sanzioni e penalizzazioni.
Quantitative easing e monetizzazione del debito sono profondamente diversi per natura e obiettivi. E soprattutto il secondo porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti dell’Europa di oggi: l’indipendenza della banca centrale.
Con la crisi causata dalla pandemia, torna in auge la proposta di cancellare il debito contratto per far fronte all’emergenza. Un’espressione vuota che nasconde un’idea distorta del ruolo della Bce. Con il rischio che i costi superino i benefici.
Per far fronte al Covid-19 e alle sue conseguenze è stato necessario un aumento consistente del volume delle emissioni di titoli. Per ora c’è il sostegno della Bce, poi servirà la fiducia degli investitori. Da consolidare attraverso una ripresa duratura.
I social impact bond prevedono che il ripagamento del titolo sia subordinato al raggiungimento di risultati prestabiliti. Potrebbero rivelarsi uno strumento utile per finanziare il processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni locali.
Parte dello spread sui rendimenti dei titoli pubblici è ascrivibile a un deficit sistematico di credibilità delle politiche italiane di riduzione del rapporto debito-Pil. Promesse meno ambiziose farebbero risparmiare miliardi di spesa per interessi.