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Categoria: Conti Pubblici Pagina 68 di 102

La morale della favola irlandese

Ci sono insegnamenti da trarre dalle recenti vicende dell’Irlanda. Intanto, non basta considerare quanto un paese cresce, occorre anche considerare perché cresce, poiché da questo dipende la sua capacità di onorare i suoi impegni finanziari. La crescita finanziata prevalentemente dal capitale estero si rivela intrinsecamente fragile. E certo, gli Ide sono meno facili da smobilitare, ma proprio per questo la necessità di remunerarli può essere una zavorra per un sistema economico per parecchio tempo.

 

My name is Bond, Eurobond

La proposta Tremonti-Juncker di istituire una nuova agenzia europea con il compito di creare un debito europeo che sostituisca gradualmente i debiti pubblici nazionali è una buona idea per realizzare infrastrutture e aumentare la liquidità dei mercati. Per essere politicamente realizzabile, richiede però la rinuncia alla sovranità fiscale. Il punto dolente è che diverrebbe operativa dopo il 2013: rischierebbe così di accelerare il default di tutti i paesi a rischio. Non è dunque una soluzione per la crisi di debito dell’Europa.

 

Un governo appeso a tre voti

Due anni e mezzo all’insegna della decisione di non decidere. Questa, in sintesi, la politica economica del Governo Berlusconi, confermato dai due rami del Parlamento ma appeso a una maggioranza risicata di tre voti alla Camera. La scelta di non fare nulla ha portato a una caduta complessiva del reddito nazionale del 6,5 per cento e del reddito pro-capite di più del 7 per cento. Ma ha anche evitato un ulteriore deterioramento del deficit pubblico. Soprattutto, però, il governo non ha realizzato nessuna riforma strutturale benché disponesse di una larga maggioranza in Parlamento. E così l’Italia ha perso altri trenta mesi senza il varo di provvedimenti indispensabili per riprendere a crescere.

 

Quanto costa salvare le banche

Il caso irlandese mette in luce che il costo dei salvataggi bancari può diventare determinante nel valutare la tenuta dei conti pubblici di un paese. Bisogna quindi saperlo misurare e tenerne conto nel rapporto debito/Pil, anche ai fini del nuovo Patto di stabilità in Europa. Una misurazione a valori di mercato ci mostra che l’Irlanda è il paese europeo nel quale l’onere, implicito nella garanzia di bail out del sistema bancario, è di gran lunga maggiore. L’Italia è quello che sta meglio tra i “periferici”. Ma la Germania è il paese più solido in Europa.

 

Perché non serve il vincolo sul debito

L’accordo tra i ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi dell’area euro sulla riforma del Patto di stabilità e crescita ribadisce che sarà rafforzato non solo il vincolo sul deficit ma anche quello sul debito. Che però sono legati fra loro. E dunque una adeguata diminuzione del primo è condizione sufficiente per ridurre il secondo. Mentre un irrigidimento del vincolo sul debito potrebbe avere diversi effetti negativi e non serve neanche a rassicurare i mercati.

 

Perché i nostri conti pubblici sono opachi

L’Open Budget Index classifica i paesi sulla base della quantità e qualità delle informazioni rese pubbliche su vari aspetti dei conti pubblici e del bilancio dello Stato. L’Italia vi compare per la prima volta e ottiene un punteggio non esaltante. Sono soprattutto i ritardi nella pubblicazione dei documenti a limitare la capacità della società civile, dei mezzi di comunicazione e talvolta del Parlamento stesso di influenzare e controllare l’operato del governo nella gestione delle finanze pubbliche. I miglioramenti già previsti.

 

Non sparate sui debitori

Punire i debitori, lasciandoli fallire, per ridurre le aspettative di salvataggi futuri può rivelarsi un’illusione. Anzi rischia di sortire l’effetto opposto. Chi credeva che condannando i banchieri di Lehman Brothers si sarebbe imposta maggiore disciplina sugli altri è rimasto deluso, perché la promessa implicita di salvataggio è aumentata. Al contrario, il salvataggio della Bear Stearns non ha portato a un aumento delle aspettative di bail-out. Bisogna tenere conto di questo quando si discute di Irlanda e altri paesi ad alto debito.

 

Irlanda: il contagio col contagocce

Si sono improvvisamente riacutizzati i timori sulla solvibilità di Irlanda e Portogallo. La maggiore preoccupazione di noi italiani riguarda il rischio di contagio. Ma il mercato dei Cds assegna oggi al fallimento dell’Italia nei prossimi cinque una probabilità notevolmente più bassa rispetto a quella di Irlanda e Portogallo. E l’impennata della percezione del rischio registrata a novembre non sembra avere significativamente contagiato il nostro paese. La cattiva notizia è che, negli ultimi giorni, la curva della probabilità di default dà segni di voler rialzare la testa.

 

Non tutti i debiti sono uguali

Il debito è davvero così centrale nella crisi e nella sua soluzione come si sostiene nei vertici internazionali e nelle discussioni da bar? Il livello del debito è importante perché è importante la distribuzione di quel debito. Insomma, non tutti i debiti sono creati uguali. E la spesa pubblica finanziata in deficit può permettere all’economia di evitare disoccupazione e deflazione, mentre gli agenti fortemente indebitati del settore privato risanano i loro bilanci. Lo Stato potrà rimborsare i suoi debiti una volta che la crisi di deleveraging sia passata.

 

Il maxiemendamento elettorale

Nel maxiemendamento alla Legge di stabilità la spesa aumenta mentre i finanziamenti sono rappresentati per lo più da entrate una tantum o aleatorie come i proventi dell’asta per il digitale, nettamente sovrastimati, e quelli dalla lotta all’evasione. Si potenzia ulteriormente il tesoretto (ormai di quasi tre miliardi di euro) gestito direttamente da Palazzo Chigi. Ci sono inoltre diverse poste che trasferiscono oneri sugli esercizi futuri. Insomma, è un maxiemendamento pre-elettorale. Che, senza sviluppo, toglie ulteriormente al rigore facendo aumentare l’indebitamento netto strutturale.

 

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