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Categoria: Banche e finanza Pagina 100 di 115

Partecipazioni bancarie, un segnale per il mercato

Varata all’ultimo Ecofin, la direttiva comunitaria sulle acquisizioni del capitale delle banche introduce criteri più oggettivi. Le nuove regole sono una integrazione e specificazione della “sana e prudente gestione”. E cercano di impedire alle Autorità nazionali di utilizzare i poteri di autorizzazione in modo illegittimo, come è spesso accaduto finora. Senza però abbassare la guardia di fronte alle sacrosante esigenze di tutela della qualità dei partecipanti al capitale delle banche. Ripercussioni anche sul nostro ordinamento.

Tre “capitoli” per il dissesto

Negli Stati Uniti le procedure fallimentari sono regolate dall’Us Bankruptcy Code. Tre i capitoli rilevanti. Il problema sostanziale nasce dal fatto che i comuni non possono essere liquidati sotto il Chapter 7. E se il piano di ristrutturazione non viene votato dai creditori la procedura è ambigua: il giudice fallimentare può, in teoria, imporre un aumento delle imposte, la vendita delle attività e dei cespiti, il taglio delle spese. Ma non è mai successo. La migliore garanzia per il creditore sembra essere il potere del governo locale di gestire alcune imposte.

Se il mercato non ha notizie

Le sanzioni della Consob alla Ifil, alla Giovanni Agnelli & C e ai loro vertici per manipolazione del mercato hanno provocato una reazione del gruppo torinese che suona pressappoco così: senza le operazioni incriminate non ci sarebbe la Fiat risanata e in ripresa. La maggior parte dell’informazione italiana si è allineata a questo giudizio. Ma davvero la mancata comunicazione al mercato di notizie rilevanti è servita al salvataggio? Per farsi un’opinione può servire una ricostruzione della complessa vicenda (sulla quale lavoce.info era già intervenuta), dalla stipula di un contratto derivato nel 2005 alla scoperta di un misterioso documento.

La class action all’italiana non aumenta la responsabilità dei produttori

Negli Stati Uniti le azioni collettive svolgono un ruolo molto importante per il risarcimento di danni causati da prodotti difettosi e fondate sulla responsabilità civile dei produttori. Basterà una legge sulle class action per diffondere anche in Italia una simile tradizione? Probabilmente no. Perché il regime di responsabilità oggettiva è stato introdotto in Europa nel 1985, ma raramente vi si è fatto ricorso. E restano notevoli le differenze con gli Usa nelle garanzie offerte dallo Stato sociale e nel costo di accesso alla giustizia.

Un passo avanti

La nuova organizzazione della vigilanza sui mercati finanziari realizza una reale semplificazione: vengono attribuite alla Banca d’Italia tutte le competenze di stabilità, alla Consob quelle sulla trasparenza e correttezza di comportamento degli intermediari, con la contemporanea soppressione di Isvap e Covip. Finalmente abolito anche il Cicr. Al suo posto compare un Comitato per la Stabilità finanziaria, a cui spettano gli interventi di coordinamento per fronteggiare eventuali crisi delle banche. Ma il pericolo è che alla fine abbia troppi poteri.

Parmalat: tre anni dopo

La lezione è servita? A tre anni dal default Parmalat, mentre sono ancora in corso le indagini e i processi per accertare le responsabilità, ricostruiamo la vicenda e ci interroghiamo sulla capacità di reazione del nostro sistema. La legge sul risparmio contiene luci ed ombre, ma occorre agire soprattutto sui controlli preventivi per evitare che quanto è successo si ripeta. C’è ancora molto da fare, poi, sul piano della tutela penale della trasparenza e veridicità dell’informazione societaria. Così come bisogna trovare strumenti di più facile e rapido accesso alla giustizia dei risparmiatori (la class action). E le regole sulla crisi di imprese devono essere razionalizzate e sottratte al controllo della pubblica amministrazione. Ma le norme non bastano. Ci vogliono incentivi microeconomici, che spingano i protagonisti del mercato finanziario a produrre efficienti sistemi di governance e a controllare i conflitti di interesse.

Un male oscuro chiamato conflitto di interessi

La risposta agli scandali finanziari è stata tardiva e non ha corretto i maggiori limiti del nuovo diritto societario. E’ intervenuta sul malfunzionamento del sistema di governance mediante il ricorso a norme di tipo imperativo a tutela della minoranza. Eppure anche in Parmalat vigeva il rispetto formale delle migliori regole di governo societario. Dietro il quale, però, l’azionista di controllo esercitava un potere assoluto. Bisogna favorire il disegno di adeguati incentivi microeconomici capaci di tenere sotto controllo il pervasivo conflitto di interesse.

Crisi d’impresa, crisi di regole

Fino al dicembre del 2003, l’Italia aveva un apparato di regole sufficientemente moderno per le imprese che, pagando regolarmente i creditori, erano governate dai loro azionisti. Per un eventuale crisi, scattavano però regole la cui origine era rintracciabile nel medioevo. Un panorama sconfortante, cambiato sotto i colpi di maglio del caso Parmalat. Ora occorre fare tesoro di quest’esperienza, unica e che tale deve restare, e razionalizzare la normativa per tutte le imprese, grandi, piccole e medie.

Quella schizofrenia ancora irrisolta

Mentre gli Usa introducevano sanzioni molto severe per colpire false informazioni e frodi nella gestione delle società commerciali, in Italia la riforma dei reati societari rendeva molto più difficile perseguire penalmente gli autori di simili reati. Anche la legge sulla tutela del risparmio non contiene nessuna significativa novità, se non un inutile aumento delle pene per gli illeciti penali e amministrativi. Serve invece una disciplina penale societaria ed economica ispirata a serietà ed equilibrio. Come ribadito dalla Corte di giustizia europea.

Class action in salsa italiana

Sono in discussione in Parlamento alcuni progetti di legge per introdurre anche in Italia una forma di class action. Si fondano, per lo più, su una logica differente da quella del modello americano: la legittimazione ad agire è attribuita solamente alle associazioni dei consumatori, alle associazioni dei professionisti e alle camere di commercio, ma non ai singoli danneggiati. Anche per alcuni vincoli imposti dalla Costituzione e dal diritto italiano. Che però potrebbero essere superati. Per esempio attraverso una clausola di “scadenza”, come in Germania.

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