A prima vista, il sistema fiscale britannico non sembra particolarmente vantaggioso, con un’aliquota marginale dell’imposta sui redditi del 40 per cento. Fondamentale è però la distinzione tra residenti e residenti non domiciliati. I primi sono soggetti a imposta sui redditi ovunque prodotti, i secondi sono tassati sui soli redditi realizzati nel Regno Unito o prodotti altrove e rimpatriati. Tutti gli altri restano sottratti a tassazione. Ed è vero che il Fisco italiano può contestare il trasferimento di residenza, se fittizio, come ha fatto con il campione delle due ruote. Ma ha l’onere della prova.
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I gruppi piramidali sono fonte di possibili abusi e per questo vanno fortemente scoraggiati. Un’operazione che difficilmente potrà passare da un semplice operare delle forze di mercato. Più consono affidarsi alla leva fiscale e a un più generale processo di riforma volto a sviluppare il sistema finanziario tramite una regolamentazione che di fatto ne incentivi una naturale evoluzione. Un intervento legislativo sembra necessario, non foss’altro che per evidenziare eventuali tipologie di comportamento opportunistico poste in essere dalle maggioranze.
L’esenzione Ici, come attualmente configurata, non appare legittima alla luce del divieto di aiuti di Stato. L’esperienza comunitaria è infatti rigorosa nel ritenere sufficiente il mero rafforzamento della posizione dell’impresa beneficiata rispetto all’inserimento sul mercato nazionale dei concorrenti comunitari. Ma è un problema destinato a impallidire rispetto alla questione delle agevolazioni Onlus. Un regime che detassa completamente il reddito d’impresa realizzato da soggetti che operano in settori di rilievo sociale.
La Francia non utilizza efficacemente le sue risorse di mano dopera. La scelta delle 35 ore di lavoro settimanale ha arrecato danni al paese, strangolando le attività. Ma la legge appena varata sulla soppressione degli oneri fiscali e dellimposta sul reddito delle ore straordinarie non è una soluzione efficace: giocherà a sfavore delle nuove assunzioni; e rischia di costare più del previsto perché molte aziende dichiareranno ore straordinarie fittizie per beneficiare dellassenza di prelievi.
Una scelta del genere dovrebbe prima essere sperimentata su alcuni settori.
Da almeno settant’anni il gettito dell’imposta di successione è in costante calo nei paesi Ocse. La tendenza si spiega con la sempre minore concentrazione della ricchezza e la sua diversa composizione, con il crescente ruolo del reddito da lavoro a scapito di quello da proprietà. In Italia il livello delle entrate è particolarmente moderato e stabile nel tempo. Anche per effetto di evasione ed elusione. La richiesta di riduzione si deve al fatto che nel comparto casa la differenza tra la ricchezza dell’elettore mediano e quella media è molto ridotta.
L’interpretazione dei risultati eccezionalmente positivi registrati dalle entrate tributarie nel 2006 è molto controversa. Tuttavia, qualche risposta si può dare guardando all’andamento del gettito Iva. Ciclo economico e manovre tributarie spiegano meno del 50 per cento dell’aumento. Mentre il miglioramento della tax compliance è confermato da diversi indicatori. E per la prima volta il livello di efficienza nella raccolta del tributo è in linea con quello degli altri paesi europei. Ma solo un impegno costante può garantire che sia un risultato duraturo.
Se è vero che l’Italia non riesce a sostenere la sua spesa pubblica in virtù della diffusa presenza di evasione, è anche vero che contrastare efficacemente il fenomeno porta la pressione fiscale “apparente” a un livello sensibilmente superiore alla media europea. E se lì si arrivasse, difficilmente il sistema economico potrebbe rimanere competitivo. La strada da intraprendere allora è una sola: ridurre sia l’evasione sia il carico fiscale. Di conseguenza, anche la spesa andrebbe tenuta sotto controllo con una strategia di medio periodo, chiara ed esplicita.
I lavoratori italiani non sembrano percepire il trattamento fiscale particolarmente favorevole attribuito alla previdenza complementare. I calcoli mostrano che già dopo dieci anni di contribuzione al fondo pensione il valore dell’investimento supera del 14,2 per cento quello ottenibile con una pensione “fai da te” conseguita acquistando titoli. Dopo trenta anni lo scarto è del 23,8 per cento. Il risparmio d’imposta è tanto più alto quanto più elevata è l’aliquota marginale Irpef. L’unico rischio è che in futuro questo regime venga rivisto.
Contrariamente a quanto si dice in questi giorni, lavoratori autonomi e piccole imprese pagano le loro imposte sul reddito effettivo. Mentre gli studi di settore sono solo uno strumento di accertamento. I nuovi indici di coerenza introdotti dalla Finanziaria 2007 servono a contrastare una duplice attività di “manipolazione” dei dati. Sono però diventati la testa di ariete per il tentativo di far crollare l’intero impianto degli studi di settore. Ma siamo sicuri che con un’evasione stimata attorno al 27 per cento del Pil, il nostro paese possa rinunciarvi?
Lotta allevasione
Il programma di governo del centrosinistra, per la parte relativa al fisco, indicava come priorità “la lotta allevasione, allelusione e allerosione”. Coerentemente, è stato attuato, con il decreto di luglio 2006 e con la Finanziaria 2007, un ampio insieme di norme volte, ad esempio, ad ampliare le informazioni messe a disposizione dellamministrazione finanziaria, a rafforzare la potestà e lattività di controllo, di accertamento e di sanzione da parte dellAmministrazione finanziaria, a prevenire o contrastare specifiche attività finalizzate allevasione fiscale, soprattutto nel campo dellIva, a potenziare gli studi di settore. Si tratta di norme tecnicamente complesse, la cui efficacia e proporzionalità, tenendo conto degli oneri di adempimento posti a carico dei contribuenti e di soggetti terzi, non sempre è stata adeguatamente valutata, tanto che in alcuni casi sono stati necessari aggiustamenti e correttivi. I risultati di queste azioni andranno attentamente monitorati.
Il cuneo fiscale per le aziende
Lipotizzata riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro è stata effettuata, per la componente a carico del datore di lavoro, operando sullIrap e articolando la misura in modo coerente con gli obiettivi indicati dal programma: incoraggiare lassunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, favorire loccupazione nelle zone depresse del paese, sostenere i livelli salariali delle fasce più deboli. Lesclusione di banche, assicurazioni e public utilities ha concentrato lintervento sulle imprese maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, ma ha aperto un contenzioso con la Commissione europea non ancora risolto.
Riforma Irpef
La volontà di ridurre anche la componente del cuneo a carico dei lavoratori ha portato a un intervento di riforma dellIrpef, che ha interessato il disegno delle aliquote, la trasformazione delle deduzioni per carichi di famiglia e redditi di lavoro in detrazioni, e il ridisegno degli assegni familiari. Si è trattato di un intervento redistributivo, che ha modificato di poco il peso complessivo dellIrpef, in aggregato.
Nonostante sia molto più numerosa la platea dei contribuenti avvantaggiati dalla riforma rispetto a quelli che pagheranno di più (stando ai dati delle dichiarazioni circa il 5 per cento, con redditi superiori ai 40mila euro), la riforma ha prodotto una diffusa insoddisfazione, che ne ha adombrato i lati positivi. Soprattutto, non ha risolto il problema degli incapienti (ossia di coloro che hanno redditi così bassi da non poter beneficiare delle detrazioni) e non ha aggredito, se non marginalmente, il nodo, sottolineato dal programma “della universalità del diritto a ricevere contributi alle responsabilità familiari, anche se in modo selettivo rispetto al reddito e alle condizioni economiche”. Gli assegni familiari continuano a essere riconosciuti ai soli lavoratori dipendenti, è ancora scarso il coordinamento fra detrazioni fiscali per carichi di famiglia e trasferimenti monetari alle famiglie, non è a regime unadeguata prova dei mezzi, con riferimento al nucleo familiare. Le questioni più importanti restano pertanto aperte.
Tassazione delle rendite finanziarie
Il programma del centrosinistra prevedeva la riforma della tassazione delle rendite finanziarie e la revisione del prelievo sul reddito di impresa, opportunamente coordinate fra di loro. Entrambi i terreni sono stati oggetto di studio di apposite commissioni ministeriali. La proposta di uniformare le aliquote della tassazione dei redditi finanziari a un livello intermedio fra le attuali aliquote del 12,5 e del 27 percento, promossa dal governo, ha però subito una battuta darresto in sede parlamentare, per divergenze anche allinterno della maggioranza, portando a una riformulazione del disegno di legge delega che si occupa ora di rendere il prelievo più omogeneo, sia pure senza, in prima istanza, intervenire sulle aliquote. Le proposte sulla tassazione del reddito di impresa sono al momento ancora in fase di elaborazione. Esse dovrebbero comunque basarsi su quanto è emerso dallampio lavoro di consultazione delle categorie interessate effettuato dalla commissione ministeriale, e che ha costituito una importante innovazione di metodo ai fini di impostare ipotesi di riforma.
Tassazione redditi immobiliari
Un altro terreno aperto è quello della tassazione dei redditi immobiliari.
Il programma prevedeva “una rivisitazione complessiva del sistema delle detrazioni fiscali, rivedendo le agevolazioni fiscali a favore del libero mercato e, contemporaneamente, incrementando la detassazione degli affitti a canone concordato” e “un intervento sulla fiscalità della casa che penalizzi lo sfitto, anche ai fini di un vero contrasto al canone nero e di una diversa modulazione dell’Ici”, da attuarsi congiuntamente alla revisione degli estimi catastali.
Queste proposte, originariamente inserite in un ampio piano di intervento per risolvere il problema “casa”, posto anche di recente fra le priorità di governo, non si sono ancora concretizzate in un disegno normativo, se non per quanto riguarda la revisione degli estimi catastali contenuta in un disegno di legge delega presentato dal governo. Permangono invece visioni diverse allinterno della maggioranza, anche in contrasto con gli impegni del programma, come la proposta di portare gli affitti percepiti anche sul libero mercato fuori dallIrpef, assoggettandoli a unaliquota del solo 20 per cento e di abolire o ridurre fortemente laliquota dellIci sulla “prima casa”.
Commento
Nel complesso il governo si è fino ad ora mosso in linea con il programma, ma alcune scelte particolarmente importanti, soprattutto per quanto riguarda il disegno delle imposte dirette, restano ancora da compiere. Il rischio è che la forte crescita delle entrate, in parte imprevista, alimenti, prima ancora di consolidarsi, le più disparate promesse di sgravi fiscali, portando a provvedimenti non sufficientemente meditati. È invece necessario che i margini di intervento che si aprono vengano prioritariamente utilizzati per portare a termine una riforma organica e compiuta, e quindi auspicabilmente più stabile, dellimposizione diretta.