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Come misurare le distorsioni dei media

In democrazia è cruciale sapere se esiste una distorsione nel sistema dei media perché è attraverso questi che i cittadini ricevono le informazioni che contribuiscono poi a formare le loro opinioni e il loro voto. Negli Stati Uniti una metodologia elaborata per misurare questa distorsione mostra che, a parte rare eccezioni, grandi giornali e network televisivi hanno un “pregiudizio” più o meno pronunciato pro-liberal. Sarebbe interessante applicare questo metodo al sistema dell’informazione in Italia. Ma per importarlo anche da noi, mancano del tutto i presupposti. Riccardo Puglisi propone un altro metodo per misurare le distorsioni dei media.

La Scala e lo struzzo

Quanto si è speso per l’operazione di restauro e ristrutturazione della Scala? Non è dato saperlo con precisione. Dovrebbe trattarsi di una cifra tra i 100 e i 150 milioni di euro. Pagati quasi interamente dai contribuenti, mentre La Scala è utilizzata quasi esclusivamente dai ceti più abbienti. Non si poteva quindi far contribuire maggiormente coloro che fruiranno del nuovo teatro? Bene, in ogni caso, non ignorare il problema nascondendo la testa sotto la sabbia.

Incontro dibattito de lavoce.info

LUNEDI’ 13 DICEMBRE 2004

 

 

UNIVERSITA’  BOCCONI,  via  Sarfatti 25,  Milano

AULA N12  (edificio “Velodromo”)

 

 ORE 11.00

 

 

 

 

 

Incontro  dibattito  organizzato  da  lavoce.info  dal titolo

 

IMPOVERIMENTO: DATI, PERCEZIONI E INFORMAZIONE

 

 

 

 

 

con la partecipazione di:

 

LUIGI BIGGERI  (Presidente Istat)

TITO BOERI  (Università Bocconi e lavoce.info)

ILVO DIAMANTI  (sociologo, editorialista di Repubblica)

DARIO DI VICO  (vice-direttore del Corriere della Sera *)

 

 

 

*Autore del 

libro “Profondo Italia” insieme ad Emiliano Fittipaldi 

Vola (basso) con Internet

I dati indicano che l’utilizzo dei buoni ai sedicenni per l’acquisto di un computer per l’anno 2003 è strettamente correlato con il possesso di un pc prima delle misure di incentivazione. Al programma hanno aderito soprattutto i ragazzi con più potere d’acquisto e che vivono nelle Regioni più ricche. Limitato invece l’effetto di alfabetizzazione addizionale. Per evitare che si ripetano situazioni simili, una parte delle scarse risorse pubbliche per l’innovazione dovrebbe essere utilizzata per valutare in anticipo gli effetti delle politiche che si intende attuare.

Un taglio poco consumato

La riforma fiscale per sostenere l’economia italiana? Un’indagine de lavoce.info mostra che se fosse varata a partire dal 1 gennaio 2005, un terzo della riduzione di imposte si tradurrebbe in aumento dei consumi, ma la gran parte del reddito aggiuntivo servirebbe per incrementare il risparmio o ridurre i debiti. Perché la riforma è percepita come transitoria. E nel 2005 potrebbe dare una “scossa” iniziale di soli 2,6 miliardi di euro, cioè lo 0,2 per cento del Pil. Prima di attuare la manovra, il Governo farebbe bene a studiarne meglio i probabili effetti.

Gli italiani e la riduzione delle imposte? Un’indagine de “la voce.info”

Un nostro sondaggio rivela che gli italiani non guardano con sfavore a un taglio delle imposte, ma non pensano che sia la principale priorità della politica di bilancio. Ridurre il debito pubblico e migliorare alcuni servizi sembrano obiettivi almeno altrettanto importanti. Dovendo intervenire sulle imposte, preferirebbero che la riduzione avesse un impatto immediato sui prezzi piuttosto che sui redditi. E per quanto riguarda l’Irpef, vorrebbero mantenere la progressività dell’imposta e concentrare gli sgravi sui meno abbienti.

Quando il mercato non salva il pluralismo

Nonostante lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione, i fenomeni di concentrazione restano molto diffusi. In Italia, ma non solo. Sono il risultato delle nuove modalità di concorrenza. Che ammettono solo pochi “vincitori” per la forte lievitazione dei costi dei programmi strettamente correlata ai futuri ricavi dai proventi pubblicitari. Quanto ai singoli operatori, gli incentivi a coprire più segmenti di mercato sono ostacolati dal ruolo dei media come potente strumento di lobbying e dalla stessa identificazione politica dei gruppi di comunicazione.

Regole, monitoraggi e sanzioni

In Italia il pluralismo politico in televisione è regolato dalla legge sulla par condicio. Nelle recenti campagne elettorali si sono rivelati punti critici gli spazi dei soggetti politici nei telegiornali e nella cronaca e il comportamento corretto e imparziale dei conduttori nella gestione dei programmi. Ma la normativa attuale è comunque una buona base. Non regolamentare questo campo significa infatti rischiare gravi squilibri. Soprattutto se le risorse delle emittenti sono molto concentrate e il controllo indiretto su quanto trasmesso quasi inevitabile.

Una regolamentazione per il pluralismo

Il controllo sulla creazione di gruppi multimediali su uno stesso o su più mercati evita concentrazioni non giustificate dalle dinamiche concorrenziali. Per radio e televisione lo strumento più utile è limitare il numero di licenze concesse a uno stesso operatore. Nella carta stampata esistono meno strumenti per frenare la concentrazione, spesso rilevante a livello locale. E poiché per televisioni e giornali gli interessi espressi dalla proprietà sono in parte ineliminabili, occorre pensare nelle fasi di campagna elettorale a una regolazione diretta, secondo criteri di par condicio.

La concentrazione nascosta

Per valutare il grado di concentrazione nel mercato della stampa quotidiana, i dati di diffusione a livello nazionale non sono un indicatore corretto. La competizione avviene prevalentemente su scala locale e dunque è più utile identificare il mercato di riferimento di ciascun giornale, ovvero l’insieme delle province nelle quali viene realizzata la maggior parte delle vendite. Si scopre così che la concentrazione effettiva è superiore a quanto comunemente si crede per la forte polarizzazione geografica della diffusione, anche dei cosiddetti quotidiani nazionali.

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