Grazie a tutte le lettrici ed a tutti i lettori. Compresi quelli che mi hanno scritto personalmente di persona.
Sulla Torino-Lione cito qualche numero. Alla fine degli anni Settanta la tratta Bussoleno-Salbertrand della attuale linea era a binario unico: 23 km con pendenze dal 27 al 30 per mille, che per i treni è tantissimo. I merci andavano su spesso in tripla trazione (due locomotive in testa e una in coda, senza radio né telefono, solo coi fischi). E passavano 10 Milioni di tonnellate di merci all’anno, adesso con la linea a due binari e pendenze più agevoli (26 per mille) siamo sugli 8 milioni. Sul Gottardo, quando si è deciso di progettare ( e poi di sottoporre a ben due referendum) la Galleria di base, passavano 26 milioni di tonnellate all’anno (di cui circa 4 milioni di traffico interno). Adesso sono poco meno. Sul Brennero siamo sui 6 milioni. Un recente studio commissionato da "Iniziativa da las Alps" alla società Metron di Brugg ha messo comunque in luce che senza provvedimenti di accompagnamento di tipo economico-normativo, solo il 5% o poco più dell’attuale traffico stradale attraverso il Tunnel del Gottardo passerà sui treni. Infatti il guadagno di tempo è stimato in circa 1 ora, che rispetto alle 6-12 ore che un carro tradizionale passa in uno scalo di smistamento è irrilevante. Le diminuzioni di costo di esercizio per le imprese ferroviarie saranno sensibili solo con il completamento del tunnel sotto il Monte Ceneri (Lugano-Bellinzona) e del Tunnel dello Zimmerberg (Zug-Thalwil) perché renderanno superfluo l’uso della doppia trazione oppure, in alternativa, circoleranno treni molto più pesanti con due locomotive.
Sugli investimenti infrastrutturali per le merci cito Union Pacific (quotata in borsa). Nei primi anni Ottanta, per cercare di contrastare il declino del traffico merci per ferrovia, UP studiò due progetti alternativi: portare la velocità massima dei treni merci da 60 miglia/ora (96 km/h) a 100 miglia/ora (161 km/h) su alcune direttrici transcontinentali oppure "alzare la bassa velocità" (15-30 miglia/ora) nei nodi e nei grandi scali, dove i treni impiegavano molte decine di minuti per entrare/uscire o semplicemente per transitare, con in più alcuni interventi mirati di tratti a doppio e triplo binario. Sembrerà strano a molti, ma il costo dell’intervento sulla bassa velocità era di un fattore 10 inferiore a quello sull’alta, dava risultati in meno tempo e, soprattutto, aumentava la velocità del sistema di un fattore molto più alto rispetto alle 100 miglia/ora. Così si è fatto, e UP è una delle "7 sorelle ferroviarie" che svolgono il traffico merci in Nordamerica, dopo avere assorbito MP, MKT, CNW, SP. La taglia media di un treno merci nel Nordamerica è di 8.000 tonnellate (da noi 800) ed è lungo almeno un miglio (1600 metri, da noi 400).
Sugli incentivi per i raccordi. Non so quante segherie in Molise vogliano il raccordo. Però non mi risulta che ANAS paghi le strade per le fabbriche. Se un imprenditore vuole il binario in fabbrica è giusto che lo paghi fino a raggiungere la ferrovia più vicina, eventualmente anche lo scambio. Ma è delirante pretendere che debba pagare tutti i segnali e le modifiche (anche cervellotiche) che RFI vuole per i propri impianti, compresi km e km di nuovo binario in affiancamento alla linea o la soppressione di Passaggi a Livello. Se poi il traffico del raccordato raggiunge livelli insostenibili per un raccordo tradizionale, RFI deve anticipare i costi dei miglioramenti dell’allacciamento e farli scontare in un congruo numero di anni (almeno 20) con il pedaggio per accedere alla fabbrica. Nel frattempo siamo in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci sulla legittimità del DPCM 7/7/2009 "Direttive a RFI sul trasferimento di Impianti merci a Trenitalia" MAI PUBBLICATO IN GU ed impugnato da Fercargo, l’associazione degli operatori privati, che ha fatto avviare anche una procedura di pre-infrazione della Commissione.
Sugli stipendi dei ferrovieri (FS e non, anche se ho alcuni numeri) preferirei non pronunciarmi, ma segnalo che i dipendenti di Omnitel NON avevano il contratto dei telefonici, ma quello dei metalmeccanici. Forse a qualcuno fa schifo che i costi telefonici in 10 anni siano calati del 65%? E sono certo che i nuovi operatori "elettrici" non applicano quello di ENEL, e nemmeno quello Federgasacqua. Non mi sembra che i relativi dipendenti stiano morendo di fame. I concessionari privati delle "Autolinee Ministeriali" applicano il contratto degli autoferrotranvieri e non lavorano certo in perdita, anzi.
Sul Ponte sullo Stretto osservo un particolare. Il pericolo più grave per una costruzione del gener (ferroviariamente sarebbe un unicum, non esistono ponti ferroviari sospesi così lunghi, credo al massimo arrivino ad un quarto della lunghezza) è la stabilità aeroelastica, non quella sismica. Orbene le simulazioni le ha fatte un noto professore del Politecnico di Milano, che fu anche perito del PM nel disastro di Piacenza del 12 gennaio 1997. Dato che in quel procedimento ero perito di parte lesa, ricordo benissimo che il suddetto prof. fornì al PM una simulazione alcalcolatore del ribaltamento del Pendolino che faceva alcune semplificazioni più che discutibili. Chiesi al pm tramite l’avvocato di avere copia del programma di simulazione, ma il prof. si rifiutò di consegnarla adducendo motivi di "segreto professionale e copyright". Da quella volta evito accuratamente la prima carrozza dei Pendolini.
Sugli incidenti stradali ricordo che la maggior parte avviene su strade ordinarie extraurbane, al secondo posto le strade urbane. Avere introdotto a tappeto il cd "Tutor" in autostrada ha fatto calare verticalmente il numero di incidenti e di morti su quelle infrastrutture. Il preconsuntivo dei morti del 2010 mi risulta sui 4000 per tutta Italia, erano 4237 nel 2009, di cui 667 pedoni e circa 600 ciclisti.
Sull’a.d. del gruppo FS ricordo che è anche sindaco di un Comune del Reatino, evidentemente cercava uno svago per il fine-settimana. Lo conobbi nella seconda metà degli anni Ottanta quando era Segretario Regionale della Filt-CGIL dell’Emilia-Romagna. Mi fece una strana impressione: in un ufficio pieno di carte e volumi, anche sulla scrivania, era tirato a lucido in doppiopetto blu scuro e cravatta di marca. Molto strano come sindacalista, pensai, soprattutto di ferrovieri. E non mi sembrò molto preparato sulla storia delle ferrovie e sulle condizioni operative dell’esercizio.
Sui macchinisti di NTV (auguro un successo clamoroso a entrambi) ricordo che questa impresa ha alle spalle ingenti capitali e che ha potuto usufruire per la formazione dei propri dipendenti di istruttori accreditati e di locomotive di Nordcargo (gruppo LeNord) nonché di un congruo numero di istruttori e di macchinisti pensionati del gruppo FS o congedati dal Genio Ferrovieri. Come d’altronde fatto da quasi tutte le nuove imprese. Non credo che sia necessario istruire un macchinista per 18 mesi. Il regolamento segnali è molto più semplice del codice della strada e se in tre mesi fate la patente E e potete guidare un Tir di 44 ton o un autobus snodato con 150 persone nel traffico urbano, onestamente non vedo perché ci sia questa discriminazione. Inoltre la patente E vale in tutta Europa, la patente F (ferroviaria) ancora no, anche se la UE lo vuole almeno per le linee a standard ETCS. Ovviamente RFI ha attrezzato solo le linee AV con l’ETCS, sulle tradizionali niente, nemmeno lungo i corridoi (Assi) della rete Transeuropea. Sospetto che anche su questo corriamo senza freni verso una procedura di infrazione. Una più una meno ormai…
Sulle stazioni con capostazione segnalo che io parlavo di scali che fanno da 600.000 a 1 Milione di tonnellate all’anno. In una stazione che faceva tre carri al giorno ci sono "nato", ricordo che nei primi anni Ottanta c’erano 4 ferrovieri: capostazione, deviatore, assistente e capo gestione; a volte i carri erano anche 5 o 6, non si faceva marketing, si curavano le aiuole. Non rimpiango questa ferrovia. Ma oggi lo scalo è un parcheggio, la stazione è telecomandata da 200 km di distanza, la biglietteria è aperta 6 ore al giorno nei feriali. Se volete spedire o ricevere per ferrovia ( fabbriche ce ne sono molte, anche una di fama internazionale, la LEITNER) dovete andare a 70 km di distanza. Se fate traffico intermodale dovete andare a 120 km. Ma negli anni Sessanta andavano via da lì treni interi di trattori. E di legname da costruzione.
Sul Certificato di Sicurezza non so come spiegarlo in maniera elementare: all’estero è UNICO per tutta la rete di un Gestore, dato che il Regolamento Segnali è UNICO per tutta la rete così come il Regolamento Circolazione Treni e tutti gli altri. In Italia no, e la sicurezza non c’entra niente. ANSF ha ereditato da RFI una serie zeppe ridicole quando non farsesche che una qualsiasi autorità Antitrust seria avrebbe sottoposto a sanzioni draconiane, un’autorità seria appunto. Sulla sicurezza dopo Viareggio segnalo che nessun proprietario di carri in Europa ha adottato provvedimenti come quello citato. Il problema della rottura degli assi è vecchio come la ferrovia, e comunque ancora non sappiamo COSA ha bucato la cisterna (ne sono sviate 9, 5 si sono ribaltate ed una sola si è bucata). Da tempo esistono apparecchiature "portatili" per il controllo non distruttivo degli assili (a ultrasuoni), ma spesso sono buttate in un angolo, e poi faceva acqua il controllo di qualità in acciaieria. Il problema però non sono i treni, è il GPL. Nel 1974 in Spagna una camion con rimorchio carico di GPL si ribaltò su una strada costiera vicino ad un campeggio, ci furono se non ricordo male quasi 200 morti. Ma il GPL ha continuato a girare impunemente ovunque.
Infine credo che il trasporto di merci, sia esso su camion, aereo, nave, carretto o treno sia un fenomeno economico ed in quanto tale debba rispettare determinate regole a garanzia della salute pubblica e della concorrenza, dopodiché vinca il migliore. Non possiamo tornare ai tempi della DDR o della Romania di Ceaucescu (io le ho viste) dove tutto andava per ferrovia, anche per 20 km. Non poteva durare.
Non mi scandalizzo se qualcuno vuole fare i soldi con le merci per ferrovia. Però sono indignato che qualcun altro distrugga un patrimonio costruito dai nostri bisnonni, nonni e padri pur di non metterlo a disposizione dei concorrenti. Non solo perché si spaccia di sinistra e perché certi ambienti della sinistra continuano a coprirlo.