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Categoria: Infrastrutture e trasporti Pagina 48 di 58

UN PIANO A BASSA VELOCITA’

È sempre stato costume delle Ferrovie italiane preannunciare i progetti per le grandi opere infrastrutturali (raddoppio delle linee esistenti, realizzazione delle linee AV/AC, elettrificazioni, realizzazioni di nuovi sistemi per la sicurezza della circolazione e quant’altro) senza mai puntualizzare  i reali benefici che sarebbero stati offerti ai viaggiatori con la sua realizzazione. Si è sempre parlato approssimativamente di tutto come se la durata del tragitto di un treno fosse un ordine di grandezza e non già un tempo preciso. Così facendo, però, non c’è speranza di centrare gli ambiziosi obiettivi del Piano industriale.

LE GRANDI OPERETTE

Le grandi opere della Legge Obiettivo del governo Berlusconi (con l’eccezione del Ponte sullo Stretto), sono state fatte proprie dall’attuale governo, malgrado nel programma elettorale di quest’ultimo figurasse l’intenzione di mostrare chiari segnali discontinuità rispetto all’approccio da shopping list dell’esecutivo precedente. I fondi però sono pochi e alcune opere devono essere rinviate o cancellate dalla lista. Anche se si tratta di opere poco utili, le proteste sono vibrate. Meglio lasciare che gli enti locali che protestano se le finanzino da soli.

STRETTO DI MESSINA, LARGO DI MANICA

Ha senso mantenere in attività  la Stretto di Messina spa? E’ un’impresa interamente in mano pubblica, costituita per promuovere e coordinare la costruzione del famoso Ponte. Ovvero di un progetto che è stato accantonato. Ma anche se si volesse riprenderlo, questa società  non sarebbe necessaria perché non è operativa, e la progettazione e costruzione del Ponte sono in mano ad altre imprese. In compenso, secondo il bilancio 2006, tra dipendenti, amministratori, affitti e varie altre voci l’intero carrozzone costa circa 21milioni di euro l’anno.

E ROMA ASPETTA ANCORA IL TAXI

Il decreto Bersani sulla liberalizzazione delle licenze di taxi mirava a introdurre principi di mercato nel sistema. Il decisore pubblico avrebbe esercitato il proprio controllo attraverso il sistema tariffario. A Roma si è scelta una strada diversa. Che finisce per scontentare tutti. E soprattutto si traduce in costi sociali estremamente elevati: dalle attese prolungate alle richieste di aumenti tariffari volti a ricostituire la rendita o valore implicito della licenza, ai comportamenti di free riding e a una conflittualità permanente che penalizza la città.

A che serve Malpensa

Che ne sarà dello scalo lombardo, tra minacce di abbandono di Alitalia e offerte miliardarie di Ryanair? Intanto, lo sviluppo del sistema nazionale di mobilità richiede infrastrutture efficienti. E nella deludente prestazione di Malpensa in termini di quote di mercato, qualche responsabilità ce l’ha forse anche la Sea. E serve davvero un hub, se i dati mostrano che in tutta Europa gli aeroporti al di sotto dei 10 milioni di passeggeri crescono assai di più dei grandi? La questione degli slot, unico asset di valore della compagnia di bandiera.

A volte ritornano: la reincarnazione della Legge Obiettivo

Il programma elettorale (2006) dell’Unione di centro-sinistra proponeva una modifica profonda della Legge Obiettivo, varata dal Governo di centro-destra. Oggi la logica di quella legge viene confermata dall’Allegato infrastrutture al Dpef. Elenchi di opere prioritarie, la cui priorità non è mai stata valutata; venti di finanza creativa; evocazione della “golden rule” e mega-finanziamenti a F.S.. Qualche ipotesi sul perché le cose vadano in questo modo.

Come Air France sorvolò la crisi

Il fallimento della procedura d’asta di Alitalia rilancia l’interesse per l’esperienza di Air France. Non solo perché il vettore transalpino ritorna in auge come il partner più probabile per rilevare la nostra compagnia di bandiera. Ma soprattutto perché più di dieci anni fa ai francesi riuscì il colpo d’ala per uscire dalla crisi. Grazie a una strategia fatta di soppressione di rotte, riduzione dei costi e miglioramento della produttività. E forte di un sistema di tariffe diversificate secondo le condizioni del mercato e della scommessa su un unico hub.

Dossier: cronaca di un fallimento annunciato

L’asta per Alitalia è ufficialmente fallita. Almeno, a suo tempo sapevamo privatizzare, oggi sembra che neppure questo sia vero. Ma è un problema di regole dell’asta, o semplicemente si cercava di vendere un oggetto che non ha mercato? Quale che sia la risposta, a queste condizioni nessuno acquista.
Cronaca di una morte annunciata? Speriamo di no, ma da tempo scriviamo che la situazione è insostenibile, e oggi il mercato lo ha confermato: di seguito raccogliamo alcuni dei nostri contributi degli ultimi mesi.

Alitalia: un prezzo troppo elevato. Per il paese

Per vendere Alitalia si rischia che a pagare siano ancora una volta i contribuenti. Per “salvare” i privilegi di qualche migliaio di lavoratori, spesso assunti per ragioni clientelari e pagati stipendi fuori mercato. E se a comprare sarà AirOne, rischiano di pagare anche i consumatori, che vedranno scomparire la concorrenza tra Linate e Fiumicino. Un ulteriore costo sarà poi la perdita di reputazione dell’Autorità antitrust, nel caso decida di non intervenire. Sembra un gioco a somma molto negativa.

La telenovela dei “requisiti di sistema”

Pur adottate nel 2005 con un decreto legge, e quindi con caratteristiche di necessità e urgenza, le norme sui requisiti di sistema in campo aereo restano lettera morta. Manca infatti la direttiva interministeriale sui criteri attuativi. Eppure la materia non è poi così complessa né si può invocare la scappatoia del problema della catena regolatoria, che pure esiste. Il risultato è il congelamento della delibera del 2000 che invece iniziava a dare i suoi frutti. E quando finalmente arriverà la direttiva, non sarà comunque immediatamente applicabile.

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