L’uguaglianza tra uomini e donne è stato un obiettivo fondamentale in Cina. Ma con la politica del figlio unico le donne sono state discriminate ancor prima di nascere. E la loro situazione continua a peggiorare. Con gravi conseguenze sociali ed economiche.
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Pechino è ormai una potenza economica globale non solo commerciale, ma anche finanziaria. Ha costruito una rete molto sofisticata di accordi, istituzioni e transazioni finanziarie che hanno l’obiettivo di creare un’area parallela a quella del dollaro.
I fatti del 6 gennaio a Washington sono destinati a passare alla storia e a lasciare una ferita profonda nella democrazia Usa. E, mentre ci si chiede cosa farà ora Trump, l’unica certezza è che quello ereditato da Biden è un paese orribilmente diviso.
Il governo cinese ha annunciato di aver eradicato la povertà assoluta nel paese. I metodi utilizzati per raggiungere i risultati lasciano però spazio alle critiche, a partire dal dislocamento forzato. Ora la sfida è su rischi di ricadute e disuguaglianze.
Le restrizioni alla protezione dei richiedenti asilo, il rifiuto di lasciarli transitare, la rarefazione dei canali di regolarizzazione incancreniscono i problemi, non li risolvono. E le democrazie liberali rischiano di cadere in una spirale repressiva.
In caso di larga vittoria dello Scottish National Party alle elezioni parlamentari, il governo di Nicola Sturgeon con ogni probabilità chiederà a Londra di indire un nuovo referendum sull’indipendenza dopo quello fallito nel 2014. Cosa aspettarsi?
Anche nel 2020 la Cina sarà uno dei pochi paesi al mondo a registrare una crescita del Pil vicina al 2 per cento. Continua dunque la lunga cavalcata dell’economia cinese alla rincorsa del primato mondiale. La strategia per superare gli Usa entro il 2030.
Una pessima gestione della pandemia e delle sue conseguenze economiche, lo spettro di una Brexit senza accordo e le aspre lotte nella cerchia del primo ministro non minano la popolarità del governo Johnson. Perché anche l’opposizione è alla deriva.
Il Wto rappresenta il più importante foro negoziale per le relazioni commerciali multilaterali a livello internazionale. Da alcuni anni però il suo ruolo viene messo in discussione. E anche l’elezione del nuovo direttore diventa così un banco di prova.