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Categoria: Stato e istituzioni Pagina 57 di 84

UNA PROPOSTA INDECENTE

La proposta ABC (Alfano-Bersani-Casini) per un nuovo sistema di finanziamento della politica si limita ad aggiungere qualche regola di trasparenza. Non basta. Anzitutto bisogna capire qual è il livello adeguato di risorse necessarie, se è vero che i partiti hanno speso negli ultimi 15 anni  circa un quarto dei finanziamenti ricevuti. Trattandosi di rimborso spese, tali spese vanno documentate e i fondi vanno ripartiti in base ai voti ricevuti dalle liste. Se non bastano, dovranno provvedere iscritti e simpatizzanti stabilendo però un tetto alle singole donazioni.

I SOLDI E I PARTITI: SEPARARE LA FINANZA DALLA POLITICA

Sull’onda degli ultimi scandali, si torna a parlare di riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Tutte le proposte finora presentate in Parlamento cercano di ridurre i flussi di finanziamento e di commisurarli a quello che realmente si è speso. Ma forse sarebbe meglio recidere il legame tra partito e finanza, affidando a un soggetto terzo la gestione dei fondi. Comporterebbe una riduzione dell’autonomia dei partiti, ma renderebbe più indipendente e oggettiva la funzione di gestione finanziaria, introducendo un filtro più chiaro con la funzione di indirizzo politico.

UN FINANZIAMENTO DA RIPENSARE

Gli scandali legati al finanziamenti dei partiti non ci sono solo in Italia. E d’altra parte anche un finanziamento solo privato comporta dei rischi, primo fra tutti la “cattura” del legislatore da parte di lobby potenti e danarose. E allora la soluzione migliore è pensare a un sistema fondato su un’Autorità indipendente dal mandato ampio, con meccanismi di controllo più rigidi di quelli attuali, che preveda il rimborso sul numero di voti effettivamente ottenuto da ciascun partito e incentivi le piccole donazioni private.

L’ABC DELLA RIFORMA ELETTORALE

I partiti che sostengono il governo Monti sembrano aver trovato l’accordo su una riforma della legge elettorale. Prevede sostanzialmente il ritorno al proporzionale e cancella l’obbligo di formare coalizioni pre-elettorali. Il rischio è rendere ancora più frammentato il quadro politico, portando all’ingovernabilità del sistema e alla moltiplicazione dei poteri di veto. Per evitarlo, servono soglie di sbarramento effettive. E va mantenuta una leva maggioritaria che spinga comunque all’aggregazione delle forze politiche. Come migliorare la qualità del personale politico.

La risposta ai commenti

Desideriamo ringraziare i lettori per l’interesse dimostrato nell’articolo e per i commenti inviati. Abbiamo cercato di riassumere i molti commenti in tre categorie. Tuttavia rimandiamo il lettore interessato al lavoro originale, che include una molteplicità di controlli di robustezza dei principali risultati dell’analisi che, per ovvi motivi di spazio, non hanno potuto essere discussi nel nostro intervento su LaVoce.info.

1) Grafico illustrante la correlazione negativa tra adozione di pc pro capite e grado di rigidità del mercato del lavoro. Innanzitutto ci preme sottolineare come il grafico riporti una correlazione e non necessariamente un rapporto di causa-effetto. In particolare, ci sembra utile notare due punti. A) L’evidenza che riportiamo costituisce una delle motivazioni/premesse del nostro lavoro, che trae spunto da una letteratura già abbastanza matura che riporta l’esistenza di robuste correlazioni negative tra rigidità del mercato del lavoro e tasso di adozione di nuove tecnologie, come ad esempio la spesa in ICT. Nel nostro working paper citiamo alcuni di questi lavori, e ad essi rimandiamo i lettori interessati. Lo scopo del nostro lavoro, lo ricordiamo, è quello di verificare se il grado di rigidità del mercato del lavoro influenzi la crescita nei settori ad alta intensità di capitale umano.  B) La correlazione tra adozione di pc ed epl è statisticamente robusta, ed è stata ottenuta da una regressione nella quale abbiamo tenuto conto del diverso grado di sviluppo economico dei paesi (pil pro capite), del capitale umano medio della popolazione (anni medi di istruzione) e di ogni possibile variabile non osservata costante nel tempo (es: istituzioni, cultura imprenditoriale del paese, composizione settoriale, etc.) che influenza sia il tasso di adozione dei computer che il grado di rigidità del mercato del lavoro.

2) Specializzazione produttiva in settori maturi e altre determinanti della crescita: riteniamo che occorra favorire la specializzazione del paese verso settori più dinamici, tenuto conto del fatto che i settori maturi e tradizionali non garantiscono una crescita adeguata della produttività e sono anche maggiormente esposti alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo: per fare questo occorre, tra le altre cose, favorire la mobilità dei lavoratori, fornendo loro, nello stesso tempo, una rete adeguata di protezione, sia in termini di sostegno temporaneo del reddito  che di formazione continua. Infine siamo d’accordo con chi ha sostenuto che al fine di accrescere lo sviluppo dei settori più dinamici sia imprescindibile accrescere il livello medio di istruzione della popolazione: infatti, nel nostro working paper, in linea con risultati già consolidati in letteratura, teniamo conto adeguatamente di questo effetto ma mostriamo anche come possa essere altrettanto importante accrescere la mobilità del lavoro di cui abbiamo parlato sopra.  Abbiamo inoltre controllato per tutta una serie di variabili a livello di paese che potrebbero spiegare l’espansione dei settori ad alta intensità di capitale umano, tra cui gli investimenti in capitale fisico, gli investimenti in ricerca e sviluppo, il capitale umano medio della forza lavoro e la sua crescita nel periodo, la forza sindacale, il reddito pro capite, lo sviluppo finanziario (fondamentale per favorire il finanziamento dei settori più innovativi), la qualità del sistema giudiziario.

3) Forme contrattuali precarie e regimi di protezione dell’impiego: il fatto che in Italia, ancora più che in altri paesi, la maggior parte delle nuove assunzioni siano a tempo determinato, co.co.co., etc., e caratterizzate da bassi salari, potrebbe essere un effetto collaterale di una eccessiva regolamentazione di una parte del mercato del lavoro, che è quella catturata dal nostro indice di protezione dell’occupazione. Nel working paper (a cui rinviamo per una discussione più dettagliata) discutiamo la robustezza dei nostri risultati alla luce di queste considerazioni utilizzando diversi indici proposti in letteratura, sia OCSE che non-OCSE, con l’obiettivo di  tener conto della presenza di lavoratori precari e della regolamentazione dei licenziamenti collettivi. In particolare, l’indice riportato in figura è derivato dall’indice OCSE ed è stato utilizzato in precedenti analisi empiriche a cui rimandiamo per approfondimenti. Vogliamo sottolineare come nessuno dei risultati principali dipenda dal particolare indice di regolamentazione del mercato del lavoro utilizzato.

CRESCERE IMPARANDO: UNA ROAD MAP PER LA CULTURA

Investire nella cultura, con strategie di lungo periodo, serve alla crescita. Non a caso ci aveva già pensato Franklin Delano Roosevelt ai tempi della grande depressione. Dopo la dissennata politica dei tagli orizzontali, con scarse risorse pubbliche a disposizione, si dovrà definire una governance indipendente, capace di garantire una buona selezione dei progetti, evitando di cadere nelle pressioni degli interessi corporativi, e capace di fare rete con tutti gli attori del settore. Compresi i privati, come le fondazioni bancarie, e i produttori di saperi, come le università.

BOCCONI GHIOTTI E AMARI NELLO SPEZZATINO TORINESE

Il comune di Torino ha iniziato l’iter per la cessione del 40 per cento di alcune delle sue aziende partecipate, con un possibile incasso futuro stimato attorno ai 200 milioni di euro. È un’operazione che coinvolge più attori: fondazioni bancarie locali, altri potenziali acquirenti e utenti, che non sono solo i torinesi. Il boccone più ambito è Trm, la società per il trattamento dei rifiuti. In futuro, dunque, il comune di Torino sposterà una parte del proprio ruolo virtuale di regolatore a una holding. Ed è a questa e alla qualità del suo apparato che i cittadini dovranno guardare.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio tutti i lettori dell’attenzione, e rispondo ai commenti più critici.

A Pietro il Cancelliere: conosco bene il problema di understaffing degli uffici giudiziari. Il personale invecchia e va in pensione, e in assenza di ricambio è diminuito del 20% almeno negli ultimi dieci anni. Il Ministero della Giustizia dovrebbe bandire concorsi? Giusto. Ma è verosimile, in tempi di crisi economica? Per nulla. E anche se venisse bandito un concorso nazionale, servirebbe questo a coprire i posti nel Nord Italia, visto che il pubblico impiego è appealing soprattutto per i meridionali? Difficile. 

A Franco Cantarano: rispondo che le grandi sedi metropolitane dovrebbero piuttosto essere deconcentrate: tutte le grandi città del mondo hanno tribunali di quartiere. Quale beneficio avrà mai il Tribunale di Roma – un monstre di otto sedi e con oltre duemila dipendenti – dalla soppressione della piccola, ma efficiente e ben tenuta, Sezione Distaccata di Ostia?  

A Paolo, che esprime l’idea radicata che la Giustizia sia un “monopolio naturale”, faccio notare che in realtà sono i sistemi economici e politici ad essere in concorrenza tra loro, e la giustizia con essi. Nel momento in cui un’impresa si localizza in un dato territorio, valuta tutte le infrastrutture, fisiche e non, su cui può contare, e tra queste ultime c’è certamente la tutela dei diritti. Quindi sì, in qualche modo si può ‘scegliere’ anche un tribunale.

I più dubbiosi, mi sembra, hanno ad oggetto non tanto la mia proposta, ma  l’idea stessa di federalismo, e la possibilità di trovare un soddisfacente punto di equilibrio tra Stato ed Enti territoriali (a Alfonso lavanna, a Bellavita).

In particolare, a Damiano Mereta:  è ben possibile che percorrere interamente questa strada potrebbe “aggravare la disparità … tra i cittadini di regioni virtuose e quelli di regioni meno capaci”, ma non credo che i diritti dei cittadini si tutelino meglio tenendo ferme le regioni più evolute, e allineandole tutte al minimo comun denominatore. Il senso dell’operazione federalista è piuttosto di liberare energie, scatenare la competitività e l’emulazione.
I dubbi sull’efficacia e sull’applicabilità delle ricette federaliste al nostro Paese sono ben legittimi, ma la Costituzione vigente offre non solo vincoli, ma anche opportunità: perché non approfittarne?
Ad esempio, essa, sin dal testo originario del 1948, prevede all’art. 106 la possibilità di eleggere i giudici. Se ciò avvenisse, i giudici di pace sarebbero “pressati dalla politica”, come dice Franco Cantarano, o non maggiormente soggetti a un controllo democratico? Non lo so, ma domando: che senso ha tenere delle norme nella Costituzione, e poi non attuarle?
Insomma, è possibile dare ai problemi della nostra Giustizia una risposta più creativa del solito “tagli, tagli, e ancora tagli?”

QUEL DOPPIO TURNO CHE MIGLIORA LA VITA *

In tempo di governo dei tecnici, i partiti tornano a discutere di riforma del sistema elettorale, spesso mescolando considerazioni sulla bontà di ciascuna particolare formula con calcoli di convenienza. Un’analisi svolta di recente sui comuni italiani mostra però che il sistema a doppio turno comporta una serie di vantaggi rispetto al turno unico. Ad esempio, favorisce la partecipazione elettorale, la rappresentatività negli organismi elettivi, la qualità della compagine di governo, la qualità delle politiche poste in atto.

FEDERALISMO DIFFERENZIATO PER LA GIUSTIZIA

È possibile tagliare il costo che i piccoli uffici giudiziari rappresentano per lo Stato e al tempo stesso salvare la giustizia di prossimità? Sì, chiedendo agli enti locali di assumerne la gestione diretta. Le Regioni sono interessate a una giustizia civile veloce ed efficace a sostegno del tessuto delle loro imprese. E, soprattutto al Nord, dispongono della risorsa che oggi manca negli uffici giudiziari: il personale radicato sul territorio. Per le Regioni è l’occasione di assumersi gli onori e gli oneri del federalismo. E di dimostrare di saper fare di più e meglio dello Stato.

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