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Deficit e conflitti

I numeri sulla sanità dimostrano che nonostante i disavanzi perenni e gli scontri tra governi la spesa sanitaria non è fuori controllo. Al contrario, i dati parlano di una capacità del sistema di regolarsi, mantenendo spesa e servizi a livelli accettabili. I deficit sono almeno in parte il risultato di un gioco strategico tra Stato e Regioni, insito nel modello di organizzazione e finanziamento del sistema. C’è evidenza empirica di un ruolo delle aspettative nel determinare i livelli di spesa locale.

Il pomo della discordia

Il finanziamento della spesa sanitaria è la fonte principale dello scontro in atto tra Stato e Regioni. I governi locali giudicano le risorse per la sanità insufficienti. Il Governo risponde che sono le Regioni a non sapere gestire i fondi. Il conflitto preoccupa gli osservatori internazionali, anche in vista dell’estensione del modello alle altre materie previste dalla devolution. Ma il contrasto è endemico al sistema e i risultati non così preoccupanti. Il vero problema è la contraddizione sempre più stridente tra federalismo annunciato e realtà dei fatti.

Le mezze verità sul Mezzogiorno

Gli obiettivi qualitativi e quantitativi previsti nelle linee programmatiche per il Mezzogiorno non sono stati raggiunti. Siamo lontani dal destinare al Sud il 45 per cento delle spese complessive in conto capitale. L’addizionalità delle risorse e la qualità degli investimenti non sono stati garantiti. Invece di riconoscere gli errori di programmazione e le responsabilità delle amministrazioni locali, ci si compiace di aver evitato finora il disimpegno automatico, distogliendo così l’attenzione dal basso livello di spesa.

Ma i problemi restano

Le aree più deboli del paese si sviluppano, ma il loro è uno sviluppo “frenato”. Perché le politiche territoriali non sono ancora riuscite a innescare un circuito virtuoso di crescita endogena. I motivi sono politici più che tecnici. Non c’è consenso infatti nel considerare le politiche di sviluppo territoriale come un tassello essenziale del rilancio dell’intero paese. Sono forti invece le tentazioni per un ritorno ai trasferimenti a imprese e cittadini, elettoralmente più paganti. Mentre la riforma costituzionale del 2001 ha contribuito a ridurre le risorse.

Tre punti per la tutela del risparmio

Un regime di regolamentazione del risparmio dovrebbe essere coerente con il sistema che si intende controllare. Nel caso italiano sono quindi tre le opzioni di intervento: la revisione del nuovo diritto societario, la divaricazione degl’interessi tra amministratori e proprietari e organi di controllo e l’inasprimento delle sanzioni. Solo lÂ’ultimo, però, è rapidamente attuabile. Non serve invece la definizione di nuovi reati, soprattutto se ricordano troppo le grida manzoniane.

Scheda di partecipazione

Scheda di partecipazione 31 Marzo 2004

Il Sud cresce

Il Mezzogiorno si sviluppa più del resto del paese, in controtendenza con quanto accade in Europa, dove invece aumentano i divari infra-nazionali. In particolare, migliora la qualità e l’efficacia dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Sembra quindi che abbiano successo le politiche economiche degli ultimi anni volte a ridurre il peso dei trasferimenti a favore della spesa per infrastrutture. Mentre le amministrazioni locali hanno imparato a valutare non solo la quantità delle risorse, ma anche l’efficacia dei progetti.

In crisi di identità

D’Amato lascia una associazione in crisi di identità. Dall’apertura a nuovi comparti sono nate forti contraddizioni e l’impossibilità di conciliare interessi troppo diversi, come quelli delle imprese di Stato e di quelle esposte alla concorrenza. Né maggior fortuna ha avuto il tentativo di rilanciare Confindustria come soggetto politico. Per continuare a vivere, l’organizzazione dovrà valorizzare interessi generali degli imprenditori e la loro immagine nel paese, offrendo rappresentanza alle aspirazioni delle piccole imprese a diventare più grandi. Banchi di prova le politiche dell’immigrazione, il decentramento della contrattazione e i conflitti di interesse nel governo delle imprese.

La scelta di Confindustria

Sotto la presidenza D’Amato, la Confindustria ha seguito una politica volta a ridimensionare spazio e ruolo delle relazioni sindacali e a derubricare il metodo della concertazione, ritenuto troppo macchinoso nel nuovo contesto competitivo. Questa strategia, in parte rivista nell’ultima fase, ha però prodotto un forte inasprimento della conflittualità e risultati incerti. Emblematica la vicenda dell’articolo 18. Per il nuovo gruppo dirigente si pone quindi un problema di generale ridefinizione della strategia di relazioni industriali.

Il tallone di Luca

La questione organizzativa è il primo problema per il nuovo presidente di Confindustria. Significa affrontare questioni di democrazia interna di lungo e breve periodo. Dal rapporto tra grande e piccola industria a quello tra associazioni territoriali e categoriali, al federalismo associativo. Ma anche risolvere il dilemma se essere un’azienda che offre servizi o una associazione di rappresentanza. Se non lo farà, riaffioreranno le divisioni che per il momento è riuscito a ricucire.

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