Nel suo Rapporto di aprile il Fondo monetario internazionale conferma le rosee previsioni di crescita formulate negli ultimi mesi. Ma i primi dati 2018 su produzione industriale, immatricolazioni di auto e previsioni dei manager sono in frenata, in Italia e anche in Europa.
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Una semplice revisione del terzo scaglione Irpef potrebbe alleviare il carico fiscale delle classi medie. Non avrebbe alcun effetto sulla distribuzione del reddito. E il costo sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alla flat tax di Lega e Forza Italia.
I numeri relativi alla povertà in Italia sono preoccupanti, ma il reddito di cittadinanza potrebbe rivelarsi un problema, più che una soluzione. Perché un trasferimento generoso può scoraggiare l’attivazione lavorativa. E favorire il lavoro nero.
Oggi per un medesimo settore coesistono molti contratti collettivi. Per garantire i diritti minimi dei lavoratori è perciò indispensabile selezionare quelli comparativamente più rappresentativi. Per farlo, serve la collaborazione tra le istituzioni.
In un mondo in cui gli operatori di servizio utilizzano contemporaneamente molte infrastrutture di rete, si attenuano le ragioni per l’integrazione verticale nelle telecomunicazioni. Su questo scenario del prossimo futuro si innesta la vicenda Telecom.
Per funzionare, il reddito di cittadinanza ha bisogno di centri per l’impiego efficienti, in grado di proporre seri percorsi di inserimento al lavoro. Le risorse necessarie potrebbero essere inferiori al previsto, purché siano costanti nel tempo.
Forme di partecipazione dei lavoratori nella gestione di società private sono presenti in diversi paesi europei. Anche in Italia potrebbe contribuire a migliorare la cooperazione tra le parti sociali. Ma non esiste un modello unico per realizzarla.
Una maggiore protezione dell’impiego dovrebbe favorire relazioni di lungo periodo e quindi l’investimento in formazione. Ma potrebbe anche indurre le imprese a utilizzare di più i contratti a termine, riducendo l’interesse a formare la forza lavoro.
In Europa ci sono oggi circa 9 mila chilometri di linee ad alta velocità, concentrate per lo più nei quattro stati più grandi. L’Italia è il paese dove il traffico cresce di più. Sarà merito del fatto che solo da noi ci sono due operatori in concorrenza?