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ANCHE MONTI CI PROVA: UN PIANO INFRASTRUTTURE

Negli ultimi venti anni sono stati annunciati diversi piani di rilancio della spesa per infrastrutture. Nessuno è stato realizzato o ha avuto effetti significativi. Ora ci prova il governo Monti. Seppure a risorse pubbliche date, l’obiettivo è l’accelerazione della spesa per la realizzazione di opere che dovrebbero favorire la crescita del paese. L’operazione è però impostata con dati e criteri inadeguati, da rivedere radicalmente. Iniziando dal difficile esercizio di ricostruire la spesa fin qui sostenuta dalle amministrazioni pubbliche. Per non ricadere negli errori del passato.

RIFORMA ELETTORALE: IL MOMENTO È QUESTO

Obiettivo di una nuova legge elettorale dovrebbe essere quello di consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti. Rispetto alle liste bloccate, il ritorno ai collegi uninominali, con doppio turno, sarebbe un netto miglioramento. Ma non basta. È necessario ridisegnare le circoscrizioni per aumentare la competizione. E forse è il momento giusto per vincere le ovvie resistenze dei partiti, per le difficoltà in cui tutti si dibattono. E i cittadini dovrebbero mobilitarsi per riappropriarsi del proprio diritto di scelta su parlamentari e governi.

CALCIOPOLI SVUOTA GLI STADI

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IL MULINO INCONTRA LAVOCE

MULTITASKING NELLA GIUSTIZIA

Fare troppe cose insieme non è produttivo. Anche per i giudici, che si trovano spesso ad affrontare contemporaneamente centinaia di cause. Una sperimentazione condotta presso la Corte di appello sezione lavoro di Roma mostra che se il magistrato si concentra su un numero molto minore di controversie si ottengono netti miglioramenti, con circa il 20 per cento in più di casi esauriti al mese rispetto ai collegi non sperimentali. È un risultato importante: per le aziende e i lavoratori significa una più veloce definizione dei procedimenti. E per lo Stato risparmi sui risarcimenti.

I DATI PER UNA SPENDING REVIEW SANITARIA IN EUROPA

Chi si oppone all’austerità fiscale sostiene che l’aumento della spesa pubblica e l’accumulo dei debiti pubblici successivi sono il risultato e non la causa della crisi attuale. Può allora essere utile guardare i dati di spesa per la sanità pubblica, che non dipende dalla crisi, ma da vari altri fattori, demografici in primo luogo. Questa spesa è aumentata in media del 50 per cento nell’area euro e solo del 26 per cento in Germania.. L’Italia ha fatto meglio di molti altri paesi, ma comunque peggio dei tedeschi. Un elemento di riflessione per la spending review europea e italiana in corso.

Da quando c’è  l’euro, la spesa pubblica è letteralmente esplosa in tutti i paesi dell’euro zona tranne che in Germania. In alcuni casi (Spagna, Irlanda)  l’esplosione è avvenuta insieme con e a causa della grande recessione 2008-09 che ha prodotto la necessità di salvataggi bancari, sussidi di disoccupazione, assistenza sociale ai nuovi poveri. E infatti chi si oppone all’austerità fiscale – il Nobel Paul Krugman, l’editor economico del Financial Times Martin Wolfe e molti economisti italiani – sostiene con qualche ragione che l’umento della spesa pubblica e l’accumulo dei debiti pubblici successivi sono il risultato piuttosto che la causa della crisi attuale.

LA SPESA PER LA SALUTE NON DIPENDE DALLA CRISI

C’ è però una voce della spesa pubblica che dovrebbe essere relativamente indipendente dalla crisi dell’economia: si tratta della spesa sanitaria. La sua evoluzione è infatti il risultato di vari fattori: prima di tutto della demografia, del prezzo dei farmaci e del costo della tecnologia necessaria per erogare i servizi sanitari oltre che dell’organizzazione del lavoro in campo sanitario e delle legislazioni nazionali. La crisi con la spesa sanitaria non c’entra. Guardare a ciò che è successo alla spesa sanitaria è dunque utile per capire in che senso e quali paesi dell’eurozona – esposti più o meno a simili trend di invecchiamento della popolazione e al progresso tecnologico in campo farmaceutico e medicale – sono stati un po’ troppo generosi con le loro spese. I dati rappresentano utili elementi per la spending review europea (e italiana) oggi in corso. E i dati sulla spesa sanitaria parlano chiaro. Come si vede nelle figure 1 e 2, i numeri per la sanità tendono a riprodurre i trend della spesa complessiva. Dal 2001 fino al 2010, la spesa sanitaria nellÂ’eurozona è aumentata del 51 per cento in euro correnti, corrispondenti a un aumento di poco più di un punto in percentuale sul Pil. Nello stesso periodo di tempo, la spesa sanitaria tedesca è aumentata solo del 26 per cento (+0,5 in percentuale sul Pil tedesco: dal 6,7 al 7,2 per cento). Nel resto dell’eurozona senza la Germania, la spesa sanitaria è invece aumentata del 64 per cento (+1,3 per cento sul Pil degli altri 16 paesi, dal 6,3 al 7,6 per cento). Nei paesi oggi sull’orlo del default, la spesa sanitaria è aumentata del 128 per cento in Grecia (+2,4 in percentuale sul Pil), del 96 per cento in Spagna (+1,4 in percentuale sul Pil), dell’83 per cento in Irlanda (+2,3 sul Pil) e solo del 40 per cento in Portogallo (+0,6 sul Pìl). In Francia la spesa è aumentata del 42 per cento, cioè di poco meno di un punto in percentuale rispetto al Pil.

LO SPAZIO PER I TAGLI DELLA SPENDING REVIEW

E in Italia? La spesa sanitaria italiana, oggi al centro dellÂ’’attenzione della spending review del governo, è aumentata meno che nell’Â’eurozona ma due volte più che in Germania, con un aumento del 50 per cento dal 2001, salendo dal 6,3 al 7,6 per cento del Pil (cioè di 1,3 punti). Tutto ciò mentre la frazione di persone anziane (sopra i 65 anni) in Italia e Germania è la stessa: 21 per cento del totale. Non cÂ’’è dubbio che dieci anni fa, in Italia e nel resto dell’Â’Europa, la spesa pubblica sanitaria fosse più bassa che in Germania. Ma la crescita della spesa sanitaria degli ultimi dieci anni in presenza di simili shock demografici e tecnologici è un dato difficile da smentire. Buon lavoro, commissario Bondi.

Figura 1: Crescita della spesa sanitaria (in euro correnti) nei paesi europei, punti percentuali

Figura 2: Aumento della spesa sanitaria nei paesi europei (in percentuale sul Pil)

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INVALSI SENZA BARARE

I test Invalsi sono un momento imprescindibile nella valutazione dell’istruzione in Italia. Ma uno studio mostra che nelle scuole dove era prevista la presenza di un osservatore esterno il tasso medio di risposte esatte si riduce. Non solo nella classe monitorata, ma in tutta la scuola. Accade in particolare al Sud. Le spiegazioni possono essere diverse, ma in quelle classi è anche meno probabile che molti studenti diano risposte simili, come invece avviene spesso in presenza di comportamenti scorretti. È un effetto di cui tener conto nel valutare i risultati.

GREXIT, VALE LA PENA USCIRE DALL’EURO?

La Grecia non riesce a ripagare il suo debito pubblico e, in assenza di ulteriori rifinanziamenti, si troverà nellÂ’’incapacità di pagare stipendi e pensioni. Cresce la voglia di un ritorno alla dracma, che comporterebbe indubbiamente un recupero di competitività internazionale per i prodotti greci. Ma non risolverebbe i problemi di lungo periodo, come quello dellÂ’’esile base produttiva e di un bilancio statale fuori controllo. E, anche nell’Â’immediato, i risparmi dei greci sarebbero fortemente svalutati e le banche dovrebbero probabilmente essere nazionalizzate.

 

Il CREDITO SCOMPARSO

La stretta creditizia in Italia è confermata dai dati più recenti della Banca d’Italia. A marzo, i prestiti alle imprese non finanziarie sono rimasti fermi, in rallentamento quelli alle famiglie. Una situazione condivisa con altri paesi in difficoltà, mentre aziende e famiglie del Nord Europa non subiscono le stesse restrizioni. Il sistema bancario italiano dovrebbe prestare una maggiore attenzione all’economia reale. Per interrompere quel circolo vizioso che porta aziende solide, ma illiquide, al fallimento, con conseguente peggioramento delle sofferenze. 

MOBILITÀ SOCIALE: IN ITALIA È FERMA

Il Rapporto Istat 2012 evidenzia un netto peggioramento delle opportunità di riuscita sociale e occupazionale dei giovani. Per tutto il ventesimo secolo la mobilità sociale in Italia è stata piuttosto elevata e ha accompagnato il periodo della crescita economica. Ora molti giovani, seppure istruiti, hanno un lavoro che li colloca in una classe sociale più bassa di quella del padre. Serve più meritocrazia nella selezione per le varie posizioni occupazionali. Ma anche politiche pubbliche per emancipare i giovani dalla troppo lunga dipendenza materiale dalla famiglia d’origine.

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