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I RISCHI DELLA REGOLAMENTAZIONE DEI RATING *

Il 1º settembre 2010, l’Unione Europea ha introdotto la regolamentazione sulle agenzie di rating, contenente una serie di disposizioni per disciplinare l’integrità e la trasparenza del processo di rating, e attribuito all’Emsa ampi poteri di ispezione delle agenzie registrate e di comminazione di pesanti sanzioni in caso di violazione.
Tuttavia, alcune delle nuove proposte della Commissione recentemente presentate non solo sortirebbero l’effetto opposto all’obiettivo dichiarato di trasparenza, integrità e maggiore concorrenza, ma avrebbero anche conseguenze deleterie per gli investitori e i mercati dei capitali europei.
Si tratta infatti di proposte non in linea con la regolamentazione sul rating in vigore fuori dall’Unione Europea, che rischiano di danneggiare il processo di valutazione, di pricing e di allocazione del capitale di debito degli emittenti europei. La conseguenza ultima sarebbe un isolamento di fatto del mercato dei capitali europeo, e dunque una forte penalizzazione delle società dell’area.

GLI EFFETTI INDESIDERATI

In particolare, quattro delle misure proposte generano effetti controproducenti:
Rotazione obbligatoria delle agenzie di rating
: ogni tre anni gli emittenti societari (sono esclusi i paesi sovrani) dovranno sostituire le agenzie di rating in base a una regola di rotazione. Gli emittenti frequenti dovranno provvedere in tal senso ogni dodici mesi. Laddove un emittente abbia due o più rating, dovrà rinunciare a uno di essi dopo tre anni e potrà quindi affidare l’incarico a un’altra agenzia per un ulteriore triennio. L’obbligo di rotazione comprometterebbe la qualità dei rating, dato che ogni agenzia dovrebbe solo aspettare che arrivi il suo turno, e soprattutto la stabilità dei rating, che cambierebbero ogni qual volta cambia l’agenzia per effetto dell’applicazione di criteri differenti. Tutto ciò con ovvie conseguenze sulla capacità per le società europee di accedere ai mercati globali dei capitali.
Nuova norma discriminatoria in materia di responsabilità civile
: l’istituzione di tale norma per le agenzie di rating registrate in Europa, le incoraggerebbe a evitare di assegnare rating a emittenti relativamente rischiosi (ad esempio, società più piccole) e le renderebbe una “polizza di assicurazione” per gli investitori,  incentivati a fare un affidamento eccessivo sugli stessi rating. Questo sarebbe in aperta contrapposizione con l’obiettivo, dichiarato dalla Commissione, di incoraggiare gli investitori a condurre una propria analisi e a far minor affidamento sul rating.
Intervento regolamentare sui rating
: l’approvazione regolamentare delle modifiche proposte ai criteri o metodologie e la standardizzazione delle scale e definizioni di rating danneggerebbero l’indipendenza e la qualità dei rating europei. Le metodologie e i criteri adottati da ogni singola agenzia riflettono infatti una visione e un’esperienza  esclusiva sulle modalità di valutazione del merito di credito .
Restrizioni in materia di azionariato
: il divieto per le agenzie, che hanno in comune azionisti con il 5 per cento o più del capitale, di svolgere attività di rating, può causare importanti interruzioni nella copertura di rating ed esacerbare l’incertezza del mercato. Molte agenzie di rating sono partecipate da entità quotate e non possono decidere chi acquista o vende il relativo capitale. I loro portafogli di investimento, inoltre, possono variare da un giorno all’altro in misura significativa, in un modo impossibile da prevedere e senza che le agenzie di rating ne siano a conoscenza.

COSA FARE

D’altra parte, una serie di altre misure proposte dalla Commissione e alle quali siamo favorevoli, potrebbero contribuire a stabilizzare i mercati dei capitali europei. Tra tali misure figurano:
Riduzione dell’eccessiva dipendenza e dell’automatismo dei rating, eliminando dalle regolamentazioni UE – come Basilea 2 e 3 – l’obbligo di utilizzare i rating (ove tale obbligo potrebbe indurre a riporre sui rating un affidamento di tipo meccanico) e imponendo agli investitori di procedere a una propria analisi del rischio di credito piuttosto che basarsi esclusivamente sui rating.
Rafforzamento della trasparenza
: comunicazione di tutti i rating pubblici, ivi compresi gli outlook, su base non selettiva e obbligo per le agenzie di rating di fornire informazioni pubbliche sulle metodologie, i modelli e le principali ipotesi  utilizzate.
Rafforzamento dell’integrità
: ulteriori garanzie a tutela dell’indipendenza dei rating, come il disallineamento tra retribuzione degli analisti e fatturato derivante dalle attività di rating di cui gli stessi si occupano.
Valorizzazione della performance
: maggiore diffusione pubblica della performance dei rating attraverso un registro centrale, gestito dall’Esma, contenente i dati relativi all’incidenza delle insolvenze e alle modifiche dei rating a vari livelli di rating.
Le conseguenze indesiderate di alcune proposte della Commissione per gli emittenti, gli investitori e l’intera economia europea sono potenzialmente gravi. Prima di attuarle, è importante valutarne compiutamente il probabile impatto ed esaminare l’attuale sistema di supervisione in essere nell’Unione Europea, che si occupa direttamente di indicare alle agenzie di rating registrate le modalità da utilizzare per migliorare l’indipendenza, la qualità e la trasparenza dei relativi rating.

 

* Maria Pierdicchi è managing director, responsabile Sud-Europa, di Standard and Poor’s

I PRESTITI DELLA BCE E LA STRETTA SUL CREDITO

Il 29 febbraio la Bce presta 530 miliardi per tre anni alle banche europee, una somma simile a quella già elargita in dicembre. Soldi che serviranno a finanziare le imprese e le famiglie? L’esperienza del prestito precedente fa pensare di no. Quell’operazione è servita a sostenere la domanda di titoli di Stato. Se la Bce assumesse il ruolo di prestatore di ultima istanza, favorirebbe la ripresa della raccolta bancaria tramite i canali normali. Ora, al contrario, l’economia continua a subire una pesante stretta del credito, che finirà per aggravare la recessione in atto.

QUANDO LE PROCEDURE CANCELLANO IL MERITO

La selezione dei ricercatori e degli scienziati più capaci ed eccellenti rappresenta uno dei meccanismi più importanti per far progredire la ricerca scientifica. In Italia i concorsi universitari sono stati frequentemente oggetto di forti critiche sia per le modalità di selezione delle commissioni che per non aver scelto candidati eccellenti con  criteri di merito condivisi dalla comunità scientifica.
Esiste a nostro avviso un altro aspetto, sconosciuto a gran parte del pubblico, ma estremamente rilevante nel determinare se un concorso va a buon fine o meno: il  funzionamento delle “procedure concorsuali”.

I PROSSIMI CENTO GIORNI DEL GOVERNO MONTI

Il giudizio più importante sull’operato del governo Monti nei suoi primi cento giorni è quello dei mercati. E ci dice che lo spread tra Italia e Germania sui titoli decennali è sceso del 30 per cento mentre si è dimezzato quello fra Italia e Spagna. Ora l’azione deve passare dalla gestione dell’emergenza alle scelte davvero importanti che rilancino la crescita economica del nostro paese. A partire dai due terreni sin qui prescelti: mercato del lavoro e liberalizzazioni. Con riforme che eliminino la dualità del primo ed estendano le seconde ad altri comparti, come banche e assicurazioni.

QUANTA CONFUSIONE SU BASILEA *

I limiti della regolamentazione finanziaria emersi nella crisi globale hanno riacceso il dibattito su quale sia il modo più efficace per regolamentare le banche. Ma è ragionevole continuare con un’architettura proporzionata ai rischi assunti dalle banche? Bisogna concentrarsi su quattro aspetti: tenere distinto il rischio di credito da quello di liquidità; non sottovalutare la dimensione temporale degli eventi; considerare il ruolo dell’arbitraggio regolamentare e il valore informativo della regolamentazione. Oltre alla capacità di imporne il rispetto.

BOCCONI GHIOTTI E AMARI NELLO SPEZZATINO TORINESE

Il comune di Torino ha iniziato l’iter per la cessione del 40 per cento di alcune delle sue aziende partecipate, con un possibile incasso futuro stimato attorno ai 200 milioni di euro. È un’operazione che coinvolge più attori: fondazioni bancarie locali, altri potenziali acquirenti e utenti, che non sono solo i torinesi. Il boccone più ambito è Trm, la società per il trattamento dei rifiuti. In futuro, dunque, il comune di Torino sposterà una parte del proprio ruolo virtuale di regolatore a una holding. Ed è a questa e alla qualità del suo apparato che i cittadini dovranno guardare.

LA TORINO-LIONE SI FA LOW COST: PERCHÉ SOLO ORA?

Il progetto originale della nuova linea Torino- Lione prevedeva 25 miliardi circa di costo totale, caratteristiche di alta velocità con ritorni finanziari trascurabili e mai esplicitati. Ora il progetto è suddiviso per fasi: all’inizio si costruirà la sola galleria di base. Il completamento della linea avverrà in funzione della reale crescita del traffico, quindi probabilmente mai. Scende di conseguenza l’investimento dell’Italia, intorno ai 3 miliardi e mezzo. Ma sulla base dell’analisi costi-benefici è una decisione saggia? E se sì, perché non è stata presa prima?

OPEN SERVICE NELL’AGENDA DIGITALE

Il tema degli open data ha risvolti tecnici e organizzativi piuttosto complessi. Se il concetto fosse esteso per realizzare degli open service, il risultato sarebbe particolarmente importante. Perché attraverso la condivisione intelligente e standardizzata di dati e funzioni elementari potrebbe costituire un volano per lo sviluppo di servizi evoluti al cittadino e alle imprese. Sarebbe una svolta epocale per le amministrazioni pubbliche. E servirebbe a stimolare quella domanda di banda larga che spesso appare ancora debole e immatura. (Read the english version).

ATTENTI ALL’OPA PER DELISTING

I bassi prezzi dei titoli di Borsa caratteristici di questo periodo fanno sì che un certo numero di società pensi al delisting. Ma all’azionista di minoranza conviene aderire alle Opa lanciate con questo scopo? Una risposta generale non è semplice. Tuttavia, spesso l’investitore marginale tende a guardare al passato nel decidere se accettare o meno l’offerta del controllante. E dà troppa importanza al prezzo corrente delle azioni, senza interrogarsi sulle prospettive future dell’impresa. È un errore. Cosa succede se non si raggiunge la soglia di adesione obbligatoria all’Opa.

UN AUMENTO EQUO DELLE TASSE UNIVERSITARIE

Ringrazio Andrea Ichino e Daniele Terlizzese per la loro risposta puntuale al commento critico all’articolo di Daniele Checchi e Marco Leonardi. Nella possibile riforma strutturale che andrò a proporre terrò in considerazione, sottolineando punto per punto, gli elementi portati alla luce da Ichino-Terlizzese.
Questa mia ipotetica proposta di riforma del sistema universitario italiano si basa sull’idea che, allo stato attuale dei fatti, ulteriori modifiche marginali alla vigente struttura avrebbero costi (sia di implementazione che di accettazione sociale) molto superiori agli eventuali benefici. D’altro canto i benefici derivanti dal ridisegnare ex-novo l’intero sistema avrebbero verosimilmente luogo solo dopo diverso tempo. Da qui l’idea di una possibile ristrutturazione del solo sistema di tassazione che faccia da base a nuove migliorie come, ad esempio, quelle illustrate dai due autori sopracitati che ben si integrerebbero con il mio modello teorico.

VECCHI GLI ATENEI, VECCHI GLI STUDENTI

Per decidere in quale modo riformare l’attuale sistema di rette universitarie  bisogna concentrarsi su quelle che sono le principali inefficienze dell’attuale sistema. Una criticità da cui partire è, a mio avviso, l’elevatissimo numero di studenti fuori corso. Parlando dei soli corsi di studio triennali nel 2010 il 40% degli studenti era iscritto fuori corso e il 60% si era laureato oltre i tre anni canonici. Non bastassero questi dati, di per sé preoccupanti, va detto che solo il 13% degli iscritti risulta avere un’età inferiore ai 22 anni, mentre il 34% ha più di 27 anni. Il dato che però desta maggiore perplessità è che il 27% delle facoltà in Italia non abbia nel 2010 alcuno studente laureatosi con meno di 22 anni: ciò significa che più di un corso di laurea su quattro produce solo studenti “vecchi”. Non c’è da stupirsi dunque se si parli dell’università italiana come di un vero e proprio parcheggio.

LA PROPOSTA

Personalmente credo che un buon sistema di incentivi potrebbe ridurre queste inefficienze. Quello che propongo qui è infatti un modello che riduca parallelamente il numero di studenti fuori corso,  concentrando gli abbandoni solo dopo i primissimi anni dall’immatricolazione.
Una possibile soluzione sarebbe quella di alzare le “rette relative”, ovvero la quota di retta a carico dello studente che attualmente è di circa il 20% a fronte del 80% finanziato dallo stato. Ad esempio, queste quote potrebbero invertirsi:  il che equivarrebbe, secondo le ultime stime di Federconsumatori a far pagare circa 5000 euro ad ogni studenti e i restanti 1000 allo stato. Con i soldi così risparmiati sarebbe possibile istituire nuove borse di studio sia per chi non ha la possibilità di affrontare le spese universitarie sia per gli studenti meritevoli.
Il sistema di incentivi potrebbe essere strutturato in modo che, dopo aver sostenuto un test d’ammissione per l’immatricolazione, alla fine di ogni anno accademico la retta venga parzialmente rimborsata in funzione della media dei voti ottenuta dallo studente. Una media del 30 e lode su tutti gli esami dell’anno equivarrebbe a una completa esenzione dalla tassa. Di fatto questo comporterebbe per gli studenti bravi la necessità di ottenere un prestito solo per il primo anno, andando a pagare in media meno di quanto non paghino nel sistema attuale. Questo invece non varrebbe per gli studenti meno bravi, che dovrebbero confrontare la nuova spesa universitaria, superiore a quella del sistema vigente, con i rendimenti attesi dell’istruzione terziaria. L’incentivo economico, inoltre, concentrerebbe gli abbandoni solo nei primi anni ed eviterebbe non solo le situazioni estreme (anche se attualmente piuttosto ordinarie) di studenti che si ritirano dopo 6-7 anni passati fuori corso ma anche lo stesso numero complessivo di studenti fuori corso. Ovviamente continuano a valere le considerazioni sull’avversione al rischio già ben illustrate da Andrea Ichino e Daniele Terlizzese nella loro risposta che menzionavo prima.
Nella retta così strutturata sarebbero compresi infine tutti i servizi offerti tipicamente dall’università, quali lezioni, accesso alle strutture ecc…, ma un solo tentativo di esame. Dal secondo tentativo lo studente dovrà pagare un supplemento per ogni volta che lo sosterrà. I supplementi in questione potrebbero essere strutturati in diversi modi: potrebbero essere delle tasse fisse per ripagare i costi di gestione oppure potrebbero essere anch’essi funzione della media ottenuta in precedenza e/o del numero di volte che si tenta il medesimo esame. Questi però sarebbero solamente un inasprimento aggiuntivo del sistema di incentivi, in quanto è verificabile che il solo rimborsare la retta universitaria anno per anno in funzione della media ottenuta, aumentandone però l’entità, sarebbe di per sé sufficiente ad ottenere sensibili miglioramenti per le problematiche qui trattate.
Una trattazione più analitica sia dei dati sopraesposti che del modello in questione è disponibile nel file allegato.

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